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Autore: karman    22/01/2013    3 recensioni
Isabella è un'insegnante con un passato doloroso, indecisoni e tormenti per il futuro. Fuggita dal suo paese per ricominciare si troverà ad affrontare la nascita di una nuova amicizia e di un nuovo semtimento per un suo collega, Edward, professore estremamente gentile e premuroso. Ma anche la vita di Edward non è stata tutta rose e fiori e i due troveranno nella loro amicizia il sostegno per andare avanti, per veder sorgere una "nuova alba" e vedere la loro amicizia tramutata irrimediabilmente in amore. Anche se alcuni eventi sul loro cammino impediranno di poter vivere da subito una storia felice, il loro amore dimostrerà l'indissolubilità di un legame nato per farli stare insieme.
Tratto dalla storia:"Ero pronta per ricominciare.
Ma lo ero veramente?
In realtà forse stavo solo scappando, dal mio Paese, dal mio lavoro, dalla mia storia.
Ma ne avevo bisogno.
Sentivo la necessità di resettare tutto e ripartire."
..........
"L’incontro terminò, la preside ci congedò e accadde quello che avrebbe modificato la mia permanenza in quella scuola: il professor Cullen si alzò e si avvicinò rivolgendomi un lieve saluto e un sorriso da far incantare gli angeli. "
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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CAPITOLO 52

“Interruzioni: seconda parte”

 

 

Bella, amore, è meglio andare a letto...” una voce dolce, in lontananza mi ridestò dal mio sonno. Per un attimo non capii né dov’ero né quanto tempo fosse passato. Solo una cosa era certa: Edward era accanto a me, sapevo di essere appoggiata al suo torace e potevo sentire anche il battito del suo cuore in quella posizione.

Aprii a fatica gli occhi, le lacrime versate probabilmente qualche ora prima erano scomparse lascandomi le palpebre pesanti e gonfie. Poi ad un tratto ricordai: a causa di Jacob avevo confessato tutto del mio passato a Ed abbattendo così anche l’ultima barriera tra noi.

E lui sembrava aver accettato la cosa nel modo migliore, consolandomi e stingendomi a sé.

Mi sollevai puntellandomi su un gomito e appoggiando l’altra mano sul suo petto, poi presi coraggio e sollevai il viso fino ad incontrare i suoi occhi. Mi guardò molto intensamente e lo sentii parlare di nuovo, come poco prima nel dormiveglia:

« Non pensi che saresti più comoda a letto?» un lieve sorriso gli si dipinse sul volto mentre con una mano mi accarezzava il mio.

« Scusa, mi devo essere addormentata, mi dispiace ti ho schiacciato…»

« Non scherzare, sei leggera come una piuma, vieni ti accompagno in camera» mi fece scendere dal suo fianco e si alzò porgendomi la mano.

« Ma quanto ho dormito?»

« Solo qualche ora, è notte fonda, ma penso che per evitare una bella emicrania ci convenga riposare nel modo giusto» sorrise e mi aiutò ad alzarmi.

Mi misi prima seduta, per evitare che la stanza continuasse a girare: effettivamente mi sentivo come in un dopo sbornia. Presi di nuovo il respiro prima di alzare gli occhi verso Edward e afferrare la sua mano. In quel momento non mi resi pienamente conto della situazione  e mi avrebbe potuto condurre anche all’altro capo del mondo, ma mi fidavo, mi appoggiai a lui lasciandomi trasportare. Entrammo insieme nella mia camera e senza svestirmi mi lasciai andare sul materasso. Edward prese una coperta calda e si stese accanto a me.

« Edward se vuoi puoi andare a riposare nel tuo appartamento» non me la sentivo di continuare a tenerlo lì, sapendo che sarebbe potuta essere anche una notte insonne per me.

« Non scherzare, ti sono rimasto accanto in situazioni molto più tranquille, non ti lascerò certo stanotte» lo fissai con uno sguardo completamente sognante, ma cosa avevo fatto per meritarmi un uomo così?

Forse per tutto quello che avevo sofferto, anche a causa mia, la vita mi stava ripagando con la sua splendida compagnia. Ci stringemmo come poco prima nel divano, e cercai di trarre dal calore del corpo di Edward la forza per riaddormentarmi nuovamente.

Ma probabilmente la giornata non mi aiutò: l’agitazione per quello che era accaduto mi impedì di chiudere occhio e purtroppo fu la stessa cosa per lui. All’ennesimo sospiro e movimento nel letto lo sentii girarsi verso di me e chiedermi come stavo:

« Bene, ma non riesco proprio a chiudere occhio, forse dovrei prendere qualcosa…»

« No – si alzò su un gomito e mi fissò negli occhi sovrastandomi con il suo corpo – non te lo permetterò, altrimenti i tuoi sforzi di questi giorni risulteranno vani e inutili. Non puoi farti condizionare dalle parole di una persona che ha solo del rancore nei confronti del mondo. Affidati a me e vedrai che tutto andrà bene...» lo fissai intensamente con gli occhi lucidi, accarezzandogli il viso caldo e lasciandogli un lieve bacio sulle labbra.

Distolsi lo sguardo e mi girai su un fianco, porgendogli la schiena e nel giro di qualche secondo lo sentii appoggiarsi a me come a volermi proteggere con tutto il suo corpo. Sentii il suo viso insinuarsi tra i miei capelli fino ad arrivare alla pelle del collo, dove sentivo il suo respiro caldo. Dopo alcuni minuti di silenzio in questa posizione lo sentii sospirare, sapevo che avrebbe voluto chiedere, parlare, visto che la nostra conversazione di qualche ora prima non era stata approfondita a causa del mio stato emotivo, e lo lasciai fare.

« Bella?»

« Mmmhhh»

« Stavi dormendo, ti ho svegliata?»

« No….non riesco» mi girai tra le sue braccia, fino a trovarmi faccia a faccia con lui e ricambiai l’abbraccio stringendolo a mia volta dal punto vita e incatenando le mie gambe alle sue in una morsa veramente coinvolgente.

« Hai voglia di parlare? » mi staccai leggermente e lo fissai negli occhi. No, non mi andava, ma sapevo che lui lo desiderava e in fondo avrebbe fatto bene anche a me: lasciai che fosse lui a chiedere, in fondo il puzzle della mia vita si stava componendo.

« Bella…ma come è potuto succedere…due volte….e la seconda…» sapevo che aveva timore di chiedermi certe cose che potevano turbarmi, ma decisi comunque di rispondere.

« Non lo so in realtà, nemmeno i medici hanno saputo dire con certezza…probabilmente ho difficoltà a…potare avanti una gravidanza..» nel dire queste parole avevo dovuto deglutire più volte per assopire il magone. Sentii la tensione di Edward e cercai di rincuorarlo:

« Va tutto bene ora, forse la cosa peggiore è sapere che forse non potrò più…..»

« Ma, sei sicura?»

« Sì, dopo la seconda gravidanza si sono accorti che c’era qualcosa che non andava nel mio ciclo, il medico si è accorto che andava e veniva senza apparente motivo ed è arrivato alla conclusione che sia una forma di sterilità, tanto che con il passare del tempo potrebbe scomparire del tutto e allora…….non avrei più speranze…» un singhiozzo mi riscosse e sentii le sue mani prendermi il volto.

« Mi dispiace, non avrei dovuto..»

« Non fa niente, devo imparare a conviverci e voglio che tu sappia tutto, anche perché mi ci devo rassegnare»

« Non è detto, ci può sempre essere una speranza…» e mi baciò sulle labbra e poi sulla fronte. Sorrisi lievemente: conoscevo il suo stato d’animo, anche io i primi tempi mi ero tenuta delle flebili illusioni, ma poi piano piano mi ci ero abituata.

« Come ha potuto James lasciarti sola in quel momento?» abbassai lo sguardo consapevole che quello che stavo per dirgli lo avrebbe lasciato sconcertato, almeno in parte:

« Edward, James non ha mai saputo della gravidanza…o almeno…non tutto».

Alzò leggermente la testa dal cuscino e come avevo previsto mi guardò abbastanza stralunato:

« Cosa significa? Che non gli hai detto di essere incinta in modo che si prendesse le sue responsabilità?»

« Era un momento difficile, ti dico la verità, sapevo che tra noi erano cambiate molte cose, ci vedevamo poco e avevo capito che anche con una gravidanza non sarebbe cambiato nulla, anzi probabilmente mi avrebbe accusato di volerlo incastrare. In realtà quando scoprii di essere incinta ero al settimo cielo e lo cercai per dirglielo, ma mi ritrovai faccia a faccia con la moglie – non potei fare a meno di abbassare lo sguardo –  mi accusò di provare qualcosa per suo marito e mi disse chiaramente che avrei dovuto lasciarlo in pace. Ti confesso che per la prima volta mi sono sentita in difficoltà, mi resi conto che ormai i miei sentimenti per lui non erano più gli stessi e in quel momento mi vedevo solo come l’amante rovina famiglie che si ostinava a rimanere a tutti i costi. Mi ripromisi di parlargliene, ma poi non si fece più vivo, facendomi capire che la nostra storia non aveva più la priorità e decisi che mi sarei dedicata completamente solo al mio bambino»

« Avresti potuto dirglielo quando…..è successo»

« E chi ne aveva la forza? Mi ritrovai in depressione, senza più nemmeno la voglia di andare avanti, perché la cosa a cui tenevo di più mi era stata portata via e in più il medico mi aveva informata che la mia situazione non mi avrebbe più potuto permettere di avere altre possibilità…in quel momento James era il mio ultimo pensiero…»

« Scusa, hai ragione avrei dovuto capire, ma…io avrei voluto saperlo»

« Molto spesso certe situazioni della vita ti costringono a tenere nascoste molte cose, per evitare di soffrire ancora di più»

« Ma le persone possono stupire…»

« E se anche glielo avessi detto cosa sarebbe successo? Magari si sarebbe preso le sue responsabilità lasciando la moglie, ma sono convinta che questo avrebbe contribuito a distruggere il nostro rapporto ormai logoro. Comunque dopo qualche tempo gli dissi che ero rimasta incinta e che lo avevo perduto subito, ma gli feci intendere che era andata come la volta precedente. Lui mi consolò momentaneamente e poi mi disse che vista la situazione forse era stato meglio così. Ti rendi conto?»

Probabilmente comprese il mio punto di vista perché non ribatté altro.

« E tuo padre come l’ha presa?» questo era per me un altro motivo di grande rimorso.

« Charlie non ha mai saputo nulla, non me la sono proprio sentita…»

« Ma ti sarebbe stato accanto, avresti almeno potuto…»

« E con che coraggio? Lui non ha mai saputo di me e James e cosa gli avrei potuto dire “ciao papà, lo sai sono incinta di un uomo spostato, che frequento da sette anni, ma che è meglio non sappia nulla? Non ce l’avrei più fatta a guardarlo in faccia»

« Ma come hai fatto da sola…» sorrisi sarcastica.

« Beh, il modo lo hai visto, con i farmaci e in più ero sotto controllo con la psicoterapia. Ci ho messo quasi un anno a elaborare il dolore: ogni piccola cosa era motivo per farmi prendere quegli attacchi di ansia di cui sei stato testimone.

Ero solita svenire o sopportare attacchi di tachicardia veramente forti. Quelli che hai visto tu sono stati all’acqua di rose rispetto a ciò che mi capitava: nella maggior parte dei casi se non svenivo per il senso di oppressione mi ritrovavo stesa sul pavimento a piangere e gridare dal dolore. Credo proprio di aver visto in faccia la pazzia. E’ da poco più di un anno che posso dire di stare bene…» un sospiro mi uscì quasi a voler terminare lì questo tipo di conversazione.

« Mi dispiace così tanto amore mio, sei rimasta sola ad affrontare tutto» lo sentii sussurrare al mio orecchio.

« Non farlo!» lo scostai leggermente

« Cosa?»

« Non compatirmi…l’ho già fatto a sufficienza io, voglio altro ora dalla vita» lo guardai con un’intensità profonda. Mi prese il viso con le mani e mi soffiò sulle labbra:

« Dimmi cosa vuoi allora..» in quel momento, nonostante fosse una situazione insolita, nonostante fosse emerso il mio doloroso passato, il cuore accelerò, il respirò si fece pesante e andò ad infrangersi sulla sua bocca a pochi centimetri dalla mia. Strinsi la presa sulla sua schiena e spontaneamente intrecciai le gambe con le sue. Ero distrutta fisicamente ed emotivamente, ma volevo trasmettergli il mio sentimento in quel momento.

« Te….vorrei essere felice con te» lo avevo detto ed era quello che desideravo. Non rispose nulla, ma azzerò la distanza fra le nostre bocche; le sue labbra calde sulle mie lasciarono una scia umida e poi si spostarono sul mio naso e sui miei occhi.

« E allora farò in modo che succeda…..ora dormiamo ti va?»

Non risposi, ma mi accoccolai su di lui e mi beai del suo profumo e dei suoi respiri.

 

 

Il mattino dopo fu veramente difficile aprire gli occhi: quando riuscii a farlo mi resi conto che ero sola nel letto e il rumore della doccia mi fece capire che Edward si era alzato e si stava probabilmente preparando per andare a lezione.

Mi scoprii e mi misi a sedere sul bordo del letto soffermandomi quasi in trance a fissare i miei piedi che penzolavano lievemente vicino a pavimento: ripensai a quello che avevo detto a Edward prima che si addormentasse, ed era vero. Volevo lui e più tempo passavamo insieme più si radicava in me la consapevolezza che lo avrei voluto per tutta la vita.

Una voce calda mi ridestò, ma quando alzai lo sguardo niente mi preparò alla visione che mi si parò davanti: Edward era sulla soglia della porta con un pantalone della tuta e a torso nudo intento a frizionarsi con un asciugamano i capelli bagnanti. Quando mi vide un sorriso si accese sul suo volto e io non potei fare a meno di ricambiare, anche se in quel momento tutta la mia attenzione era focalizzata sulla sua bellezza:

« Ti sei svegliata? Come ti senti?» senza esitazione mi si avvicinò e una volta seduto mi fece sporgere il viso nella sua direzione per lasciarmi un tenero bacio sulle labbra. Chiusi gli occhi beandomi del contatto, poi ritornai in me e gli dissi di stare tranquillo, sarei stata bene.

« Perché  non ti prendi un giorno di riposo e resti qui, appena finisco a lezione ti raggiungo e potremmo stare insieme?» capivo le sue intenzioni, ma già in passato mi ero dovuta scontrare con la dura realtà e anche se malandata ero riuscita ad alzarmi.

« Preferisco andare al lavoro, mi aiuterà a distrarmi» lo fermai prima che potesse ribattere, afferrandogli il viso con entrambe le mani e sussurrando dolcemente a pochi centimetri dal suo volto, « so quello che pensi e so anche che vuoi assicurarti che io stia bene, ma so quello che faccio: ho bisogno di tornare alla mia realtà attuale e non posso farlo rimanendo chiusa in un appartamento a rimuginare su cosa già affrontate».

Mise le mani sui miei polsi, poi chiudendo gli occhi le baciò ripetutamente: « e tu saresti quella debole?» era così dolce e aveva così tanta fiducia in me che quasi mi commoveva.

Mi alzai malvolentieri dal letto e ci accordammo per trovarci al piano inferiore, pronti per andare al lavoro. Quella mattina cercai d fare i miei gesti in modo meccanico senza pensare troppo a quello che era successo, per non rischiare di fronte ai miei studenti: cercai di essere tranquilla a lezione e mi beai della sua presenza ogniqualvolta si presentava da me. Provai a pensare al nostro weekend, per focalizzarmi su qualcosa che sapevo sarebbe stato estremamente piacevole, al di là di qualsiasi risvolto.

Al termine della mattinata raccolsi le mie cose per rientrare a casa: sapevo che Edward aveva ancora un’ora di lezione e per quello lo avrei salutato nella sua aula, per poi andare a riposare. Ero quasi sul punto di andarmene quando mi sentii chiamare:

« Isabella» il mio sguardo divenne probabilmente di puro terrore nel vedere Jacob sulla soglia dell’ aula: istintivamente cercai di allungare lo sguardo sperando nell’arrivo di Edward, ma le sue parole mi bloccarono.

« Edward è a lezione, io dovrei…» non lo lasciai finire, lo guardai con odio e cercai di aggirarlo per uscire, ma mi sentii trattenere per un braccio.

« Aspetta ti prego..»

« Lasciami, non c’è niente che tu possa dire o fare, non sopporto nemmeno di vederti e se Edward sapesse che sei qui….»

« Lo sa, mi ha mandato lui» mi gelai sul posto. Proprio non capivo, il suo tono era meno acido, quasi dispiaciuto.

« A dire la verità mi ha quasi obbligato lui a venire per…..volevo chiederti scusa…ho esagerato, anche se lo odio per quello che mi ha fatto in passato, non dovrei prendermela con te e poi mi ha spiegato….non avrei dovuto, sono stato…..»

« Stai zitto!! – ero furiosa, mi aveva costretto ad ascoltare i suoi insulti, le sue illazioni e ora veniva a chiedermi scusa? – non accetterò mai le tue scuse. Qualsiasi cosa ti sia capitata in passato non ti autorizza a cercare di distruggere le vite degli altri. Non hai pensato nemmeno per un momento a cosa avresti potuto causare, a come sono stata io: hai avuto le tue informazioni, le hai elaborate superficialmente solo per il tuo disprezzo e la tua sete di vendetta verso Edward, senza pensare alle conseguenze» mi avvicinai a lui con disprezzo, gli occhi sgrananti che fissavano i suoi dimessi.

Non avrei perdonato, non in quel momento: « se proprio ti interessano i fatti miei, ne ho persi due di bambini e non ne avrò più e questo mi ha distrutto la vita negli ultimi due anni e la prossima volta, prima di usare notizie del genere per il tuo tornaconto personale, pensa ai danni che puoi creare. Come vedi qui non sei l’unico che ha sofferto»

Gli avevo sputato in faccia tutto con rabbia e lo scansai bruscamente per uscire dalla stanza.

«E ringrazia Edward che si è limitato ad importi di venire a chiedermi scusa: la prossima volta gli dirò di prenderti a pugni» mi allontanai velocemente da lì per andare nel mio appartamento.

Nel tragitto mi fermai nell’aula di Edward per chiedere spiegazioni su Jacob: quando mi vide capì subito dal mio sguardo che gli avevo parlato. Mi rispose che lo aveva incontrato e prima di lasciarsi prendere dalla frenesia di farlo a pezzi, aveva ragionato e gli aveva detto quanto male mi avessero fatto le sue parole. Aveva giocato sui suoi sensi di colpa visto i tentativi passati e inutili si avvicinarsi a me.

Si scusò per avermelo mandato ma quando lo aveva incontrato la voglia di mettergli le mani addosso era stata troppo forte, poi però aveva giocato la carta della minaccia – quella di andare dalla preside ad accusarlo di ingiurie – a meno di un suo allontanamento da me, da noi e delle scuse. Anche se sapeva benissimo che non sarebbero state del tutto sincere. Lo ringraziai, ma gli chiesi per il futuro di tenerlo più lontano possibile.

« Ti capisco» mi rispose  e subito dopo gli annunciai che sarei andata a riposarmi e che per quella sera sarebbe stato meglio non vederci.

« Sei arrabbiata con me?» lo guardai stupita, nonostante l’odio che nutrivo per Jacob mai mi sarebbe passato per la mente di incolpare lui, anzi avevo apprezzato il fatto che si fosse prodigato per me, nonostante non volesse averci niente a che fare.

« Non potrei mai» gli risposi, accarezzandogli lievemente una guancia.

« Sei sicura? Te la senti di stare da sola?» lo tranquillizzai dicendogli che mi sarei presa un momento per me e, se avessi avuto bisogno, lui sarebbe stato il primo da cui sarei andata.

« Penso che mi farò una bella doccia e me ne andrò a letto, di solito dopo giornate come quella di ieri cado quasi in letargo». Lo salutai con un lungo bacio sulle labbra e una volta staccati mi beai di un ultimo contatto strofinando il naso sul suo profilo, inspirando il profumo della sua pelle e allontanandomi a malincuore dal suo corpo e dalle sue mani saldamente ancorate ai miei fianchi. Prima di uscire dalla sua aula mi voltai e lo guardai intensamente mimandogli con le labbra un “ti amo” di saluto, poi mi recai a casa e dopo un lungo bagno e un abito comodo mi distesi sul letto per riposare il più a lungo possibile.

 

 

Mi svegliai di soprassalto, ansante e sudata. Per tutto il tempo del mio riposo, sogni e incubi mi avevano accompagnato.

Ricordavo immagini di James e delle mie esperienze passate più negative, mi sembrava di poter percepire nuovamente il dolore nel petto al ricordo di ciò che avevo perso e lasciato e l’ultimo e più terribile incubo della notte, quello che mi portò a svegliarmi di soprassalto tra le lacrime: Edward che scompariva davanti ai miei occhi, con lo sguardo triste e rassegnato. Si stava allontanando da me dopo avermi lasciato un’ultima carezza sul viso.

Seduta sul letto cercai di riportare la mente alla realtà, provai a regolarizzare il respiro e mi resi conto più che mai che per stare bene sarei dovuta essere con lui.

Non volevo svegliarlo per farlo venire da me, così mi alzai e iniziai a girovagare per casa. Mi soffermai con lo sguardo sulla penisola dell’angolo cottura: in un cestino al centro c’erano le chiavi dell’appartamento di Edward, che mi aveva lasciato solo qualche giorno prima, così come lui aveva quelle del mio.

La mia mente si sintonizzò subito sui ricordi delle serate passate accanto a lui e mi resi conto che era ciò che desideravo anche in quel momento: volevo stringermi a lui e sentire il suo corpo caldo accanto, che infondeva sicurezza e amore al mio.

Non mi curai dell’orario e dell’abbigliamento: presi le chiavi e mi avviai alla porta. Uscii nel corridoio lentamente, senza pensare alla presenza degli studenti: in realtà lo stabile era deserto e aleggiava nell’aria il silenzio della notte. Salii le scale che mi dividevano dal piano superiore, l’unico suono era il rumore attutito dei miei piedi scalzi sul tappeto: l’aria era fresca nel corridoio e alcuni brividi formarono uno strato di pelle d’oca sulle mie braccia e le mie gambe, coperte solo da una maglietta e un pantalone della tuta.

Quando mi trovai di fronte alla sua porta mi fermai a pensare se fosse il caso di entrare senza bussare, ma vista l’ora avrei potuto spaventarlo meno utilizzando le chiavi. Mi resi conto, mentre infilavo le chiavi nella serratura che le mani mi tremavano leggermente, vuoi per lo shock del risveglio, un po’ per la bassa temperatura e forse anche per il fatto di trovarmi nell’appartamento di Ed a sua insaputa. Ma nella mia mente in quel momento avevo solo lui e l’immenso desiderio di stargli accanto.

Appena aprii la porta, l’intenso calore dell’appartamento e il profumo che aleggiava mi invase donandomi una familiare sensazione di protezione. Chiusi lentamente la porta alle mie spalle e mi diressi in punta di piedi e nel buio dell’appartamento verso la camera, guidata dalla fioca luce dell’abajour. Forse era ancora sveglio o stava dormendo da poco e per un attimo fui tentata di tornare indietro per non disturbarlo.

Quando fui sulla porta della stanza, però non potei fare altro che fermarmi a guardarlo: era appoggiato con la schiena alla testata del letto, gli occhi chiusi e un libro sfuggito dalle mani probabilmente a causa del sonno. In quel momento mi resi conto che non era solo il suo calore o la sua vicinanza che desideravo: io volevo stare con lui e sentirmi sua.

Presi un bel respiro come a voler incamerare il coraggio e mi avvicinai al letto salendo lentamente con un ginocchio: mi chinai ad accarezzarli il viso e a scostargli una ciocca di capelli ramati ricaduta sulla fronte e poi, distendendomi accanto a lui, lo baciai lievemente sulle labbra. Il mio intento non sarebbe stato quello di svegliarlo e per un attimo mi pentii di averlo fatto, perché il mio coraggio nell’avvicinarmi con l’intenzione di stare con lui era svanito. Ma quando aprì gli occhi e si rese conto che ero accanto a lui, qualcosa in me scattò, il cuore iniziò a battere furiosamente e il respiro a velocizzarsi.

« Bella cosa ci fai qui? Stai bene?» il mio respiro cominciò a farsi più frequente e mi limitai ad annuire per paura che le sensazioni che provavo accanto a lui mi incrinassero la voce. Capii dal suo sguardo che non si sarebbe limitato ad accettare la mia risposta silenziosa.

Si scostò con la schiena dal letto e si posizionò ruotando il busto per essere di fronte a me: portò la sua mano alla base della mia nuca, tra i miei capelli, accarezzandomi dolcemente:

« Bella, amore, sei pallida e accaldata, sicuro che sia tutto ok?» annuii nuovamente, ma sapevo che avrei dovuto dire qualcosa per non insospettirlo.

« Sto bene…avevo solo voglia di stare con te»

« Hai avuto ancora incubi?» la capacità di quest’uomo di leggermi nel cuore e nella mente certe volte mi faceva quasi paura. Alzai lo sguardo e avvicinai di più il volto al suo:

« Sì, ma ora sto bene….qui…accanto a te» e lo guardai negli occhi con uno sguardo deciso sul mio desiderio di stargli accanto.

« Lo sapevo che non sarebbe stato salutare lasciarti sola» il tono leggermente alterato, quasi più con se stesso che con me, per essersi lasciato convincere. Cercai comunque di tranquillizzarlo accarezzandogli a mia volta il viso e scendendo con la mano sul collo, nella porzione di pelle dietro l’orecchio, dove avrei desiderato più che mai lasciare una scia con la lingua.

« Va tutto bene, basta che….non mi lasci…»

« Non lo farei mai» mi sussurrò avvicinandosi e soffiando le ultime parole talmente vicine alla mia bocca che le nostre labbra non poterono fare a meno di incollarsi. Ma questa volta il bacio fu diverso: altre volte c’era stato desiderio profondo, ma la passione che in quel momento bruciava nel profondo della mia anima mi percorse con un brivido dalla schiena alla punta dei capelli.

Edward non diede segno di volersi staccare da me e in quel momento non glielo avrei assolutamente permesso: mi teneva saldamente ancorata a se con la mano tra i capelli, a cui ben presto aggiunse anche l’altra.

Ansiti silenziosi e il rumore dei nostri baci soffocati arrivavano alle mie orecchie, tanto che riuscii a prendere coraggio per cercare di sovrastarlo: le mie mani che prima gli accarezzavano dolcemente il collo iniziarono a scendere fino ad arrivare al suo torace e cercai di ribaltare le posizioni, spingendomi lentamente su di lui e facendolo distendere, per poi sdraiami sul suo petto, sempre senza interrompere il contatto delle nostre labbra.

Sentivo il suo sapore sulla mia lingua, intrecciata alla sua e la cosa mi stava portando in uno stato di eccitazione raramente provato prima. In cuor mio pregai che non mi respingesse ancora a causa delle sue premure nei miei confronti o questa volta mi sarei sentita veramente in imbarazzo per la mia audacia.

Quando ormai bisognosi d’aria, ci allontanammo leggermente, potei sentire il mio nome uscire flebilmente dalle sue labbra, ma non gli diedi tempo di ribattere: alzandomi leggermente iniziai a baciare ogni angolo del suo splendido volto, fino a soffermarmi sulle sue labbra, che iniziai a mordicchiare, ad accarezzare con la lingua e con i polpastrelli.

I nostri sospiri ormai saturavano l’aria e le sue mani si ancorarono ai miei fianchi con un’intensità che raramente gli avevo sentito. Poi lente si posizionarono sotto la mia maglietta per accarezzarmi dolcemente la schiena: e in quel momento la mia razionalità partì definitivamente per lidi lontani e per un attimo mi sentii sicura di me stessa e del fatto che questa volta avrei avuto ciò che tanto desideravo.

Passarono minuti interminabili, appoggiata a lui, a baciare ogni porzione del suo viso e del suo collo, mentre le sue mani vagavano delicate senza mai osare, quando la sua voce chiara e forte mi ridestò da quegli attimi così intensi:

« Bella….cosa??» aveva intuito le mie intenzioni, ma non esitai questa volta, mi staccai da lui allontanandomi leggermente e lo fissai intensamente.

« Non mi allontanare anche questa volta, non respingermi…ti prego» lo vidi socchiudere gli occhi e poi fissarmi la bocca. La sua voce calda mi arrivò al cuore:

« Non avevo nessuna intenzione di farlo…» nel sentire quelle parole mi ributtai a capofitto sulle sue labbra e il suo corpo, stringendolo ancora di più e gioendo in cuor mio per aver percepito in lui la stessa urgenza e lo stesso desiderio che provavo io.

Mi alzai seduta, portandolo con me, e mi sistemai con le gambe ai lati dei suoi fianchi; anche vestiti quella posizione non avrebbe dato adito a nessun fraintendimento su quello che sarebbe potuto succedere. Le sue mani mi strinsero ancora di più e le sentii vagare fino alla curva della schiena e ai fianchi trasmettendomi il loro calore.

Approfittando di un momento in cui le nostre bocche non erano incollate, lo sentii indugiare sul bordo della mia maglietta e, senza parole, lo aiutai a sfilarla.

« Sei bellissima» in quel momento, nonostante avessi i suoi occhi puntati addosso, in un’espressione quasi famelica, le sue parole non mi fecero percepire l’imbarazzo di trovarmi per la prima volta in intimo di fronte a lui. Continuai a baciarlo accarezzandogli i capelli e beandomi delle sue labbra sul mio collo e delle sue mani sulla mia schiena ormai scoperta.

In pochi secondi mi ritrovai con la schiena sul materasso, il suo corpo premuto sul mio: gli accarezzai i muscoli delle spalle, tesi nello sforzo di non pesarmi e continuai a baciarlo.

I nostri sospiri accompagnarono qualcosa di nuovo: gemiti per il contatto dei nostri corpi, delle nostre mani sulla pelle, per la sua maglia sfilata e gettata chissà dove, per i suoi respiri infranti sul mio collo, per i miei baci sul suo petto ormai nudo.

Le sue mani mi accarezzarono dolci ogni parte del viso, fino a scendere sul collo sulle spalle e sempre più giù, fino a lambire l’elastico della tuta, che in quel momento più che mai, desiderai che togliesse. Durante ogni suo gesto, quando non eravamo impegnati a baciarci, i suoi occhi erano puntati nei miei, a trasmettermi una carica sensuale mai provata prima.

Ero certa in quel momento che la mia decisone, il mio azzardo erano stati la scelta giusta e che solo con lui, tra le sue braccia, avrei potuto vivere felice e alleggerire tutte le mie pene.

Quando ormai il suo corpo era sul mio e le mani avevano iniziato ad accarezzare lascivamente una mia gamba piegata lungo il suo fianco, fasciata ancora dai pantaloni della tuta, il suo cellulare squillò, sorprendendoci e costringendoci a interrompere quel momento. Lo vidi alzare lo sguardo un attimo e poi rituffarsi nei miei occhi, dando dimostrazione che non era interessato a nulla che non fossi io e tantomeno ad interrompere quello che stava avvenendo fra noi.

Il telefono smise di squillare e Edward riprese a baciarmi con passione fino a che la luce del display e la suoneria ci interruppero nuovamente:

« Ed, forse è meglio che rispondi»

« Chiunque sia si stancherà» la sua bocca sul mio collo, le sue mani sui miei fianchi.

Non so come, ma riuscii in quel momento a razionalizzare: era notte e a meno di uno scherzo, nessuno avrebbe chiamato se non fosse stato importante. Non so come riuscii a richiamare la sua attenzione:

« Edward forse è importante: guarda almeno chi è…» risposi con il respiro affannato.

Lo vidi fissarmi e allungare una mano sul comodino alle mie spalle. Mi sembrò di sentire anche un leggero sbuffo e non potei fare altro che compiacermi del fatto che un’interruzione in quel frangente gli desse così fastidio, viste tutte le volte che si era “trattenuto” con me. Lo guardai mentre leggeva il numero sul display e avviava la comunicazione:

« Roaslie cosa c’è? Spero per te che sia importante…» cosa era accaduto per portare la sorella a chiamarlo in piena notte? Istintivamente pensai che fosse accaduto qualcosa ad Emmet. Ma poi lo vidi rabbuiarsi.

« Rose che succede? Non mi sembra proprio tu stia bene…come? Sì Bella è qui con me, ma non puoi aspettare domattina?...ok, ok cerca di calmarti te la passo» mi porse l’apparecchio con uno sguardo alquanto scocciato, ma nello stesso tempo dubbioso.

Appena presi il telefono la voce tremante di Rose mi giunse all’orecchio: stava piangendo, anzi singhiozzando e la preoccupazione si fece spazio in me.

« Rosalie cosa succede? – Nessuna  risposta solo singhiozzi dall’altra parte – è accaduto qualcosa ad Emmet?»

« No» finalmente la sua voce tremante mi arrivò, come fosse dall’altro capo del mondo.

« Ho bisogno di te… credo di essere nei guai»

« Cosa posso fare?» non me la sentii di sottovalutare o ignorare la sua richiesta.

« Puoi venire qui? Ti prego».

In quel momento guardai l’uomo splendido di fronte a me: si era alzato sulle ginocchia lasciandomi la possibilità di mettermi seduta.

I capelli spettinati dalle mie carezze, gli occhi lucidi per l’eccitazione, il torace nudo che si alzava rapidamente e il respiro ancora frettoloso. E una chiara nota di disappunto mista a preoccupazione negli occhi.

Ormai eravamo stati interrotti e non saremmo più riusciti a ricreare la stessa atmosfera di pochi attimi prima…e poi non avrei potuto ignorare una richiesta di quel genere, così a malincuore le risposi che sarei andata da lei in cinque minuti.

« Grazie Bella e vieni sola, non voglio che si preoccupi…ti prego» interrompemmo la comunicazione e sospirando annunciai a Edward che sua sorella aveva bisogno di me.

« Vengo con te»

«No! – lo fermai – preferisce che vada solo io, non credo sia nulla di importante e non vuole probabilmente farti preoccupare» in realtà non avevo la minima idea di cosa fosse accaduto, ma era chiaro che avesse bisogno di me e non di lui, o non volesse coinvolgerlo.

« Se le ha fatto qualcosa Emmet, lo uccido!»

« Non credo centri Emmet, ma ora è meglio che vada, ti saprò dire qualcosa di più quando avrò parlato con lei, fidati di me» feci il gesto di alzarmi dal letto per recuperare la mia maglietta, ma la sua mano calda e forte mi prese dal punto vita riportandomi sul letto, inginocchiata di fonte a lui:

« Mi dispiace così tanto» disse avvicinando le nostre labbra.

« Ci rifaremo presto» risposi accarezzandogli i capelli e lasciando un dolce bacio all’angolo della bocca, tramutato da lui in qualcosa di più passionale.

A malincuore mi alzai dal letto, uscii dall’appartamento di Edward e mi recai nel mio per cambiarmi e andare da Rosalie nel tentativo di capire cosa l’aveva spinta a quella chiamata, che aveva interrotto una delle notti più intense della mia vita

 

 

 

  
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