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Autore: Trillo Sbadiglio    23/01/2013    1 recensioni
"«Dimmelo un'altra volta, ti prego» gli chiese con le lacrime agli occhi. «Non è affatto divertente Scorp. Ed è già abbastanza umiliante senza che ti ci metta anche tu» rispose l'altro con voce seccata, ma con gli angoli della bocca impercettibilmente sollevati. «Certo che è divertente, non dire scemenze. Dovevi vedere la tua faccia, quando ti sei accorto di essere vestito da coniglio pasquale»
[...]
Arrivata al suo palazzo si promise che la casa dove sarebbe andata a vivere con sua sorella non sarebbe stata quella. Sicuramente non sarebbe stata al quarto piano senza ascensore. 'Fossi atletica, almeno'. Al primo piano si ritrovò sbuffante per il disappunto; al quarto ansimante per la fatica. Si trascinò fino alla porta, maledicendo tutti quelli che avevano contribuito alla costruzione di un edificio con più di due piani senza nemmeno uno straccio di montacarichi. 'La cosa più triste è che anche quell'obeso di Anacleto è più veloce di me'."
 
Una nuova generazione alle prese con amicizie e avventure. Una ragazza dal passato misterioso. Potter, Weasley e Malfoy ancora una volta alle prese con un pericolo sconosciuto. Mescolate il tutto e aggiungete cantanti stonati, amiche curiose e gatti davvero antipatici: "Dietro lo specchio" è servito!
Sbadiglio
Genere: Avventura, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 4

La solitudine no che non è un affare


La solitudine no che non è un affare,
ti fa credere di risparmiare
e invece non è che uno sperpero
di stagioni inutili
e di anni andati via
davanti a un calendario
e la colpa è soltanto mia

Samuele Bersani Come due somari

 

Da qualche giorno il proprietario del locale dove lavorava Alexandra aveva assunto a ore un un uomo di guardia alla porta. John aveva assicurato a tutti che il motivo non fosse la tentata aggressione a Clara, ma una precauzione contro i ladri. Peccato che l' Alan a dale’s pub non abbia mai subito una rapina. Il signor Seabury è davvero una bella persona: fa tutto questo per far sentire Clara più serena. Fortuna che è un caro amico della sua famiglia pensò Alexandra, lanciando una rapida occhiata al buttafuori. Maturava sempre più la convinzione che fosse stato creato in laboratorio, tanto era grosso. In più non l'aveva mai sentito pronunciare più delle due famose parole che ripeteva quando qualcuno non gli andava a genio: «Tu no». Non aveva bisogno d'altro per convincere il tipo in questione a girare a largo. Chiunque non avrebbe bisogno d'altro, se fosse così massiccio. Basta che ti sfiori e come minimo entri in coma osservò, notando i grossi bicipiti che spuntavano dalla maglietta. Prese le ordinazioni ad un tavolo e si diresse nella cucina, contemplando pigramente il pub. Nel complesso era più che accettabile. Era formato da un'unica, ampia sala circolare, e il legno era il materiale dominante: il pavimento rossiccio era composto dal legno scuro del parquet e dei pannelli più chiari dividevano orizzontalmente in due le pareti. L'illuminazione era calda ed avvolgente, le sedie comode e il cibo discreto. Era abbastanza conosciuto nella zona per la possibilità di esibizione per le band amatoriali. Forse proprio il fatto che qualunque gruppetto di adolescenti scalmanati potesse salire sul piccolo palco aveva contribuito alla scarsa partecipazione alle serate da parte degli abitanti del quartiere. Una voce d'un tratto attirò la sua attenzione: «Alex, vieni qui! Ti voglio presentare dei miei amici». La ragazza sbuffò e si avviò con aria depressa verso la fonte del suono. Dalla sera dell'incidente, i rapporti con Clara stavano migliorando. Devo ammettere che non è l'ochetta che pensavo. La ragazza cercava di diventare sua amica e di ricompensarla in qualche modo per esser stata difesa. Con suo grande disappunto, però, questo comportava frequenti presentazioni a chiunque Clara conoscesse, la maggior parte dei quali erano tra quelli che lei definiva “i principali motivi per cui sono single”. Clara deve assolutamente mettere in discussione i criteri con cui si sceglie le amicizie. In particolare, quelle maschili rifletté mentre giungeva al tavolo da cui la stava chiamando. La prima cosa che notò, fu che mai aveva visto tante persone con i capelli rossi messe insieme. E dovevano appartenere ad un'unica famiglia, visti i tratti che ricorrevano quasi in tutti. La ragazza la presentò al tavolo, dove iniziò un giro di nomi che Alexandra pensò non avrebbe memorizzato nemmeno in un mese. Due visi però non le risultarono affatto estranei. Sono i tipi della fermata dell'autobus considerò meravigliata. Anche loro dovevano averla riconosciuta, perché le lanciarono uno sguardo imbarazzato prima di mettersi a osservare con interesse la tovaglia. Clara, accorgendosi di quello scambio, le chiese stupita: «Conosci già Albus e Scorpius?». «Ci siamo solo visti alla fermata dell'autobus qualche giorno fa» disse lei disinvolta. Poi si rivolse agli altri: «Mi dovete scusare, ma devo andare a prendere le ordinazioni agli altri tavoli. Oggi ci sono davvero moltissimi clienti. È stato un piacere conoscervi». Schizzò verso la cucina, seguita poco dopo da Clara. «Era lei vero?» sussurrò Rose ai due amici che, nel pomeriggio, le avevano raccontato di Alexandra. «La ragazza dell'orfanotrofio, intendo». Seguendo la sua esile figura con gli occhi Scorpius rispose: «Già, non hai sentito cos'ha detto all'amica di James? Credi che dovremmo scusarci?». A questo punto furono interrotti dalla voce di Fred, che presentava la band e la prima canzone, stringendo in mano quello che Albus continuava a chiamare “citofono”. Come disse Lily a fine serata, erano davvero migliorati dai tempi in cui suonavano nel garage dei Potter. Ma, come aggiunse malignamente Roxanne, la differenza forse stava nel fatto che tutti i bicchieri della sala erano ancora integri. Ad ogni modo, quando James e gli altri scesero dal palco, li accolse uno scroscio di applausi. Passarono le ore successive a ridere e scherzare – o, nel caso di James, a parlare fitto fitto con Clara ogni volta che si presentava l'occasione - fin quando il locale non divenne semi-vuoto. Poco dopo le macchine turchesi dei loro genitori apparvero lì fuori, come per magia, per riportarli alle rispettive case. Albus e Scorpius stavano aspettando il loro turno per entrare in macchina, quando notarono che un grosso gatto bianco e nero si stava avvicinando, illuminato dalla luce di un lampione. Albus si chinò e avvicinò la mano al muso del felino, per accarezzarlo. «Non te lo consiglio» lo avvertì una voce alle loro spalle. Entrambi si voltarono e Alexandra continuò: «Non è molto socievole con gli estranei. Non è molto socievole con nessuno, per dirla tutta». Poi si rivolse al gatto borbottando: «Anacleto! Quante volte ti ho detto che non devi seguirmi? So cavarmela splendidamente anche senza di te». I due rimasero a guardarla impacciati. Poi Albus disse incerto: «Ci dispiace per l'altro giorno...». Ma lei non lo fece finire. «Non preoccupatevi. Dovevamo entrare per essere sicure di non farci sentire da mezzo quartiere». Dopo qualche altro imbarazzante secondo di silenzio continuò, concedendo loro un mezzo sorriso: «Beh, ora devo proprio andare. Buonanotte». Riprese a camminare sul marciapiede poco illuminato, dopo aver lanciato un veloce gesto di saluto, con il gatto al suo fianco. Arrivata al suo palazzo si promise che la casa dove sarebbe andata a vivere con sua sorella non sarebbe stata quella. Sicuramente non sarebbe stata al quarto piano senza ascensore. Fossi atletica, almeno. Al primo piano si ritrovò sbuffante per il disappunto; al quarto ansimante per la fatica. Si trascinò fino alla porta, maledicendo tutti quelli che avevano contribuito alla costruzione di un edificio con più di due piani senza nemmeno uno straccio di montacarichi. La cosa più triste è che anche quell'obeso di Anacleto è più veloce di me si disse facendo scivolare la chiave nella serratura e aprendo la porta. A tastoni cercò l'interruttore della luce dell'ingresso. La lampadina si accese con uno scatto, illuminando lo strettissimo corridoio che portava alla cucina, che era insieme salone e camera da letto. Da lì un'altra porta conduceva al bagno e un'altra ancora ad un minuscolo sgabuzzino. Le pareti dell'appartamento erano ricoperte da un'orribile carta da parati verdognola, più scura nei punti in cui i precedenti affittuari avevano posto quadri e poster. In quel momento i muri erano spogli, eccetto lo spazio per una singola fotografia appesa sopra il divano letto. Alexandra si lasciò cadere a peso morto su una sedia, e si mise a contare svogliatamente le mance della serata. In cinque mesi era riuscita a racimolare un discreto gruzzoletto che avrebbe permesso a sua sorella di frequentare una scuola decente. Finalmente giunse il momento di mettersi a dormire. Indossò il pigiama enorme che era stato di suo padre e si sistemò sotto le coperte. Stava per addormentarsi, quando ripensò ai due strani ragazzi della fermata dell'autobus. Me li ritrovo dappertutto ma...non credo siano male, come persone rifletté scansando con una manata Anacleto dalle sue scarpe, dove evidentemente si stava per accomodare. Il ragazzo biondo ha un certo non so che. Voglio dire, non è che abbia questo gran fisico, però non è male. È magro, e ha un sorriso gentile. Chissà di che colore sono i suoi occhi... Pensò a come sarebbe stato essere loro amica. Da lontano le erano sembrati simpatici, o per lo meno divertenti, visto che avevano fatto ridere a crepapelle, per tutta la sera, una delle ragazze dai capelli rossicci accanto a loro. Ma l'amicizia su cosa si basa? Sulla fiducia. E io non potrei mai raccontar loro alcune cose importanti di me. Dovrei mentire. Molto meglio la solitudine. Probabilmente li avrebbe incontrati ancora, visto che si era accorta delle occhiate che James e Clara si scambiavano. Se lui ritorna, forse lo accompagneranno. Ma alla fine non li rivedrò più. E stare da sola si rivelerà la scelta più saggia. A quel punto chiuse gli occhi e attese che il sonno la avvolgesse nelle sue spire. Non sei mai stata granché nel mentire a te stessa, eh? disse una vocina nella sua testa. Cosa hai imparato in cinque mesi, Alexandra? Sai che la solitudine non è un affare.

*

Il mattino colse Scorpius troppo presto per i suoi gusti. La sera prima erano ritornati davvero tardi e si erano completamente dimenticati di chiudere le imposte delle finestre. Perciò, verso le sei, un raggio di sole dispettoso aveva deciso di girovagare per la stanza, fino a piantarsi sul suo cuscino. Dormi, dormi, dormi ripeté a se stesso, dopo aver tirato le tende. Ma ormai era totalmente sveglio. Rassegnato, si diresse verso la cucina, senza far rumore, per non svegliare il suo amico. Arrivato lì si stupì di trovare la madre di Albus, intenta a fare velocemente colazione. «Buongiorno Scorpius. Come mai così presto?» lo salutò Ginny, mentre si scottava la lingua con un caffè. Il ragazzo notò che sembrava distratta e molto tesa. «Non riuscivo a dormire. Il sole mi ha svegliato, e addio sonno» le rispose, sedendosi e servendosi del porridge. «E tu, come mai così presto, il sabato mattina?». A quel punto lei si scurì in volto e si pronunciò seria: «C'è stata una richiesta di soccorso dalle parti di Hyde Park, qualche ora fa. Non so ancora chiaramente che cosa sia successo, ma pare ci sia stato un attacco ad un quartiere di maghi. Harry era di turno, ieri notte, e mi ha mandato un gufo solo ora». Piuttosto tesa si alzo e ammonì il ragazzo: «Forse per oggi sarà meglio che voi non andiate dai miei. Probabilmente saranno loro a raggiungervi. Io devo andare in redazione, se vi servisse qualsiasi cosa: magari lì rimedierò delle informazioni utili». Appellò la sua borsa e gli rivolse un sorriso tirato. «Non allarmarti troppo comunque: gli Auror ricevono chiamate del genere molto spesso. Alcune persone proprio non riescono ad abituarsi all'idea di vivere in pace». Prima di uscire, accorgendosi dell'aria stralunata del ragazzo, gli promise che avrebbero mandato un gufo, quando avesse saputo qualcosa di più. Scorpius finì di fare colazione, spedì una lettera a suo padre, e si mise a riflettere su chi poteva essere il responsabile degli attacchi. Alle otto, stanco di torturarsi con pensieri poco produttivi, decise che era ora di svegliare Albus e Rose – che da una settimana dormiva da loro, nonostante abitasse nell'abitazione a fianco - per riferire gli eventi della mattina. Appena alzati, i due sembravano aver una gran voglia di strangolarlo, ma gli rivolsero tutta la propria attenzione quando capirono la gravità di ciò che era accaduto. «Secondo voi chi può essere stato?» disse Scorpius, rivolgendo loro la stessa domanda che aveva posto a se stesso. Rose rispose preoccupata: «Non so. Non può essere di nuovo come vent'anni fa, giusto? Voglio dire, Voldemort è morto, e ciò che rimaneva dei Mangiamorte è ad Azkaban». «Non allarmiamoci, d'accordo?» disse Albus, cercando di ragionare con lucidità. «Ogni volta che accade qualcosa del genere, tutti si agitano e ci mettono al sicuro. Papà ha detto che le notizie non erano chiare Ci hanno detto di rimanere a casa solo come precauzione. Non vogliono perdere nessun altro della famiglia» terminò, riferendosi con tristezza a suo zio Fred. Un gufo attirò la loro attenzione, beccando sul vetro finché non andarono ad aprirgli la finestra. «È Lancillotto, il gufo di nonno Arthur!» esclamò Rose, mentre lo liberava dalla lettera «La nonna dice che tra poco saranno tutti da noi». «Come sarebbe?» disse Scorpius dubbioso «Voglio dire, questa casa ha solo tre piani, non ce la farà ad accoglierci tutti». Albus bisbigliò misterioso: «Questo lo credi tu». Quindi si rivolse alla cugina, imitando alla perfezione il loro zio Percy: «Rose credo sia ora di iniziare il giovane Scorpius ai misteri di questa casa» e, con atteggiamento pomposo si diresse verso le scale, seguito dagli altri due. «Fai quasi paura quando fai così, lo sai Al?» disse Rose felice che la conversazione si fosse un po’ alleggerita. Arrivati in salotto, Albus iniziò a raccontare: «All'epoca della prima guerra, non c'era quasi nessun posto sicuro in Gran Bretagna». In quel momento si trovavano di fronte alla libreria che prendeva tutta una parete della stanza circolare. «Così, alcuni resero sicura la loro casa attraverso incantesimi, come ad esempio l'Incanto Fidelius. Ma c'era sempre la possibilità che venisse scoperto chi fosse il Custode Segreto, come è successo per i nonni di Al. C’era sempre la possibilità che il fattore umano facesse crollare l’incantesimo» continuò Rose. «Molte famiglie di maghi, allora, si ingegnarono per rendere le loro abitazioni più sicure. Il vecchio proprietario di questa casa fu abbastanza furbo da non far scoprire la sua famiglia durante le due guerre. Conosci il libro "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie" ?» proseguì Albus prendendo un volume dalla libreria. «In breve, è il racconto di una ragazzina che si ritrova in un strano mondo sotterraneo, mentre rincorre un coniglio bianco che ha un grosso orologio da taschino». Scorpius storse il naso. Che cosa c'entra questo, ora? «In realtà è davvero riduttiva la trama di Albus, ma tocca i punti della trama che ci interessano» puntualizzò la ragazza, prendendo il piccolo orologio da taschino che Albus le porgeva. «Avanti Al» disse poi al cugino. Albus aprì il libro e inizio a leggere, mentre la ragazza esplorava attentamente il pavimento sottostante alla libreria. Quindi, senza alcuna motivazione evidente, posizionò l'orologio a terra su un punto preciso. Un'area circolare scomparve all’istante, lasciando spazio a un grande foro nel pavimento, sufficientemente ampio da permettere il passaggio di una persona alla volta. Scorpius lo fissava stupito. «Forte» sussurrò. «Solo le persone che vivono qui possono aprirlo e un incantesimo proibisce a chiunque di tradire o rivelarlo a chi non è bendisposto verso la famiglia di questa casa. Rose ha potuto farlo perché le ho dato io l'orologio» disse Albus. «Forza, andiamo» li invitò, e si fece scivolare nell'apertura, seguito dagli altri due. La discesa non fu particolarmente ripida, ma impiegarono qualche secondo per arrivare a un ampio corridoio, da cui si aprivano le entrate di quelle che sembravano stanza da letto. Tutti gli spazi erano illuminati dai caldi raggi del sole che filtravano da spaziose finestre. «È un bel po' che non vengo qui: da piccoli ci giocavamo sempre a nascondino. Almeno finché James non mi ci ha chiuso dentro per una giornata intera, pensando che fosse divertente. La mamma si è arrabbiata così tanto che è rimasto in punizione per due mesi». Ridacchiò e fece strada ad uno Scorpius piuttosto rapito. «Ehi, che hai? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Se avessi saputo che ti avrebbe fatto quest'effetto ti avrei organizzato un set fotografico» ridacchiò Rose. «Bene diamoci da fare. Gli altri arriveranno tra poco» annunciò suo cugino prendendo da un armadio un gran numero di lenzuola e iniziando a stenderle sui numerosi letti della prima stanza.

 

 

 

N.d.A.

Ciao a tutte e a tutti,

innanzitutto mi scuso per il ritardo...sono imperdonabile! Poi un super grazie a _Elly che ha recensito per la seconda volta (sei mitica!) e a tutti quelli che hanno letto. Ed ora alcune precisazioni:

  • il nome del locale dove lavorano Alexandra e Claire, l'Alan a dale’s pub, deve il suo nome ad un personaggio della leggenda di Robin Hood;

  • il signor Seabury, per chi non avesse capito, è John il proprietario;

  • il libro a cui si riferisce Albus (Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie) è di Lewis Carroll.

Un saluto a tutti,

Sbadiglio

  
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