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Autore: goldenfish    23/01/2013    2 recensioni
"Se un giorno dovessi morire, tutto ciò che mi appartiene sarà tuo David, tutto, tranne il mio cuore."
Un pacco arriva nella dimora di David, è un pacco fatto di carta da giornale, è piccolo e morbido.
Ma David sa bene a chi appartengono quei pochi vestiti e quella collana di topazio, appartengono a lei, l'unica donna che avrebbe mai amato, così crudele da spezzargli il cuore.
Il pacchetto contiene un foglio scritto a mano: una firma "Dita di cristallo".
L'ossessione per la misteriosa figura che gli ha annunciato la morte della sua amata, lo perseguiterà costringendolo ad una frenetica caccia all'uomo. O in questo caso, alla Morte.
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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nda: ormai scrivo per me e per quei 4/5 personaggi che hanno il coraggio di seguire questa storia. Mi appello a voi: vi prego di recensirla, perchè ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensate sia in negativo che in positivo, per il semplice fatto che mi sta molto a cuore come racconto.
I need You

_Golden

 

6.Bacio

Erano circa le 4 di mattina e ci si poteva deliziare con i primi raggi dell'alba che illuminavano i notri visi stanchi e stravolti.
Sorrisi ad Atrèe, quel giovane uomo m'ispirava simpatia e mi dava l'idea che sotto quell'aspetto trascurato e anonimo, battesse un cuore forte che non è capace di arrendersi.
Lui assottigliò le labbra costringendole in un sorriso forzato che sapeva di amaro e con un cenno della testa mi salutò.
Atrèe s'incamminò nella direzione opposta alla mia.
"Dove ci vediamo?" gli gridai.
Non rispose.
"Allora oggi alle 17 circa!"
Non mi rispose.

Sperai che avesse sentito, ma non ne ero così sicuro così lo rincorsi e lo fermai per un braccio.
Lui lo tolse bruscamente e mi guardò con aria incredula mista a irritazione
"Cosa fai?"
"Scusa, volevo assicurarmi che avessi sentito"
"Non sai il detto 'chi tace acconsente'?"
"Scusa, io non volevo... ti devo accompagnare a casa?" chiesi per abbonirlo un po',
"No, grazie" rispose lui seccato "e per favore non farti più vedere
, continua la tua ricerca senza di me!"
Rimasi allibito.
 Gli domandai del motivo della sua collera nei miei confronti e lui mi rise sprezzante.


Atrèe proprio non sopportava quel ragazzo, tutto di lui emanava felicità e coraggio, a lui sempre mancati
. Perchè avesse accettato di aiutarlo gli era ancora ignoto, ma la possibilità di tirarsi indietro l'aveva presa al volo; non potevano essere compatibili e la rabbia che gli cresceva dentro ogni volta che lo guardava sembrava soffocarlo e si era fatta  ingestibile. Era meglio per tutti e due che le loro vite prendessero strade parallele.
Fu questo ciò che gli disse, mentre gli occhi verdi di David strasudavano
incredulità e tristezza, Atrèe era sicuro di averlo offeso e si congratulò con se stesso: era questo a cui aspirava.
Si preparò psicologicamente ad un insulto o comunque a una qualche risposta da parte del ragazzo e, affinchè questa fosse il più possibile dura e feroce, assunse anche un atteggiamento di superiorità e uno sguardo di sfida, tagliente come un pezzo di vetro.
David invece si limitò a sorridergli, stanco e rassegnato.
Non era concepibile per lui che quel fottuto ragazzino potesse sorridere dopo tutto quello che gli aveva detto, l'invidia nei suoi confronti
lo fece innervosire a tal punto da decidere di umiliarlo in altro modo, se le sue corazze erano impassibili di fronte alle offese non lo sarebbero state altrettanto di fronte ad un'umiliazione diretta, di quelle che lasciano il segno, di quelle per cui si perde il sonno.
Questa volta non avrebbe fallito e David lo avrebbe odiato.

Atrèe ammorbidì la sua espressione.
Prese il giovane viso di David tra le sue mani e lo baciò.

Che quel gesto fosse una lama a doppio taglio, Atrèe lo sapeva bene, ma per lui ormai non aveva più alcun senso: la sua esistenza era troppo vuota e quell'esperienza sarebbe stata una sola tra le tante. Senza alcun peso.

Eppure si sbagliava.

Le labbra che trovò non erano schifite, nè si ritrassero
.

Erano avide. E sapevano di miele.




Non sapevo il perchè lo avesse fatto, ma lo avevo intuito, sentivo l'odio che quel bacio mi trasmetteva.
Intuivo che lo avesse fatto per umiliarmi in qualche modo e, in un certo senso, ci era riuscito eppure mi eccitava.
Era un bacio malato e peccaminoso, ma erotico.
Sentivo ogni fibra del mio corpo vibrare. Il contatto con quel corpo fremente di desiderio almeno quanto il mio, mi faceva desiderare sempre di più quelle labbra dal sapore stantio e di morte.
Quando insinuò la linguà tra le mie labbra dovetti staccarmi:mi mancava il fiato. Ma poi quando reincontrai i suoi occhi carichi di desideri mi riconcessi.
Prima di allora non ero mai stato con un uomo,nè mai, prima di allora, lo avevo desiderato.
Ma come diceva sempre mia madre 'Come fai a dire che non lo desideri se non lo hai mai provato?'

"Forse è per questo che cercavo di tenerti alla larga, tu David sei il mio esatto opposto, e come tale ti odio e ti amo allo stesso tempo."
Non dissi nulla.

A volte un silenzio vale più di mille parole.

"Allora alle 17 qui?" chiesi come in trance.
"Non so se ci sarò. Ma tu aspettami." rispose, questa volta con un sorriso sincero.

Sapevo che non avrei mai dovuto avvicinarmi a quella ragazza dalla treccia color rame.

Non era amore, lo sapevo, o quanto meno era ancora troppo presto da dire, ma ero sicuro che in quell'attimo l'aria era così densa di sentimenti e passione da poter essere toccata.
Rimasi li a fissare il vuoto, mentre la nebbia mattutina risucchiava il leggero corpo che fino a qualche minuto fa era stato la causa di tanto erotismo e eccitazione.

Le labbra, ancora calde, mi pulsavano leggermente.


"Cosa significa amare?"
"Esattamente non lo so, di una cosa sono sicuro però: quando ami qualcuno saresti pronto a morire per lui"
"Penso di amarti"
"Amare è difficile, saresti pronta ad amare uno come me?"
"Si"
Le sfiorò leggermente le mani: fredde come il ghiaccio, mentre la guardava con rassegnazione e malinconia.
"Ti prometto che ti amerò per sempre"
"Non promettere cose che non puoi mantenere"

Si sentì uno scricchiolio. Come quando un vetro, o un cristallo, si rompe.

"Scusa, non volevo rompertelo" disse Elèonore con aria colpevole.
"Oh, non ti preoccupare, è tutto così fragile qui... ormai ci sono abituato e non provo più nulla."
Le sorrise con tenerezza, poi le chiese di chiamare il signor Francisco Moliner per sistemare il danno.
Ubbidì senza battere ciglio.
Qualunque cosa dicesse, lei ormai gli aveva regalato il suo cuore e lui non poteva fare altro che accettarlo. Poteva, però, decidere come trattarlo: se coservarlo nel panno di seta o in quello di iuta, a Elèonore non sarebbe interessato.
Era a questo che pensava mentre si girava tra le mani il ciondolo di topazio che lui le aveva reagalato "Signor Moliner, è successo di nuovo".
L'uomo, di origine ispanico-italiche, si passò una mano tra i folti capelli neri e sbuffò.










  
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