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Autore: evenstar    23/01/2013    3 recensioni
Dovete sapere che Tony Stark è sì un genio, un miliardario e un filantropo (il playboy lo aveva lasciato da parte da quando aveva iniziato una relazione stabile con Pepper Potts, per la buona pace domestica) ma in fondo è anche una persona normale e, in quanto tale, molto spesso passa dei normali sabati pomeriggio in casa.
Questo di cui stiamo per parlare era proprio uno di quei giorni.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Natasha Romanoff, Phil Coulson, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo qui. Oggi è stata una giornata devastante, all'interno di una settimana devastante, che conclude un mese... devastante, per cui avevo bisogno di risollevarmi il morale. A voi giudicare ma, ad esclusione del Tennis che è stato il primo e a cui sono particolarmente affezionata, questo capitolo è il mio preferito. Mi sono divertita un mondo a scriverlo e ogni tanto me lo vado a rileggere e subito dopo accendo la wii e faccio un paio di round.
Spero che anche a voi possa piacere e vi possa regalare qualche minuto di divertimento.
Fatemi sapere che ve ne pare.
Ciao  


Pepper entrò in casa come una furia rossa, volando letteralmente verso le scale che portavano nel seminterrato e fermandosi precisamente sull’orlo dell’ultimo scalino. Osservò con rabbia il fondo dei gradini e il buio che vi aleggiava, prese un respiro profondo e poi lo fece. – ANTONY EDWARD STARK – urlò con quanto fiato e rabbia aveva in corpo, e in quel momento ne aveva decisamente tanta di rabbia. E anche di fiato a giudicare dal fatto che, nonostante le porte a vetri insonorizzate che chiudevano il laboratorio di Tony, lui sentì qualcosa. Si agitò sulla sedia posando il cacciavite e fissò le scale. Aveva decisamente sentito qualcosa, qualcosa che assomigliava preoccupantemente al suo nome urlato dal piano di sopra, ma non era possibile. Avevano un interfono perfettamente funzionante quindi perché sgolarsi dalle scale per chiamarlo?
- STARK – il suono si ripeté nuovamente, spingendo Tony a premere il pulsante dell’interfono.
- Pepper? – chiese timidamente.
- STARK – questa volta il suono venne dall’interfono, amplificato dal volume al massimo. Tony si coprì le orecchie con le mani mentre l’eco della soave voce della sua ragazza si spegneva lentamente. Molto lentamente.
- Oddio, Pepper. Che diavolo succede? – chiese sempre parlando all’interfono.
- ALZATI DA QUELLA SEDIA E VEDI DI PORTARE IMMEDIATAMENTE IL TUO FONDOSCHIENA QUASSU’.
Tony impallidì. Aveva visto Pepper agitata, arrabbiata, furiosa molte volte da quando si conoscevano e sempre, sempre aveva avuto un buon motivo per esserlo. Ad essere del tutto onesti, diciamo nel 99,9% delle volte che era successo, era stato per colpa sua. Ma mai una volta, in più di dieci anni di convivenza, l’aveva sentita urlare giù per le scale e, cosa decisamente ancora più preoccupante, mai in vita sua l’aveva chiamato con il suo nome completo. Diavolo, non sapeva neanche che lei sapesse il suo nome completo. Tony si spettinò i capelli in un gesto automatico, alzandosi quanto più lentamente possibile dalla sedia. Non aveva nessuna voglia di salire a vedere cosa stava succedendo ma sapeva perfettamente che ignorare una tale dolce richiesta sarebbe stato peggio. Si prese i trenta secondi necessari per salire le scale di tempo per cercare di capire cosa potesse aver combinato questa volta. Ripensò alla sua giornata. La sveglia era suonata alle 7 del mattino, come sempre. Pepper l’aveva spenta e si era girata verso di lui mugugnando qualcosa a proposito di doversi alzarsi dal letto. Lui l’aveva ignorata, come sempre, agganciandole la vita mentre lei tentava di alzarsi e riportandola a letto. Poi beh, poi erano stati fuochi d’artificio, Tony sorrise ripensandoci. Alle 8 e mezza lei era uscita di casa ricordandogli la riunione del consiglio di amministrazione delle 3 del pomeriggio a cui doveva per forza partecipare, per salvarla dall’assalto dei soci. Il resto della giornata era passato tranquillamente vedendolo sommerso dal lavoro in laboratorio. Fino a quel momento.
Cavolo.
Tony fissò l’orologio digitale che aveva al polso. Le 6 del pomeriggio.
Decisamente cavolo.
Era morto.
Tony era sempre stata una persona ottimista e, salendo gli ultimi scalini e iniziando già ad intravedere le gambe di Pepper che comparivano dietro alla curva delle scale, pensò che almeno sapeva perché sarebbe morto. Non per una ferita letale, un alieno cattivo o qualche altro genere di azione eroica. No. Sarebbe stato un banale, ordinario, consueto omicidio domestico.
Rimaneva un’unica possibilità di salvezza: l’espressione da cucciolo abbandonato.
Poteva funzionare, lo sapeva, funzionava sempre con lei, ma questo avrebbe voluto dire riuscire ad arrivarle abbastanza vicino perché la vedesse. Era una vera sfida da supereroe.
Nel momento in cui comparve nel salotto la vide attenderlo con le braccia strette al corpo, un’espressione di odio negli occhi e il volto arrossato dalla rabbia. Nonostante tutto ciò il cervello malato di Tony riuscì solo a pensare a quanto poteva essere sexy la sua Pepper furibonda e così, ovviamente, si dimenticò di assumere l’espressione contrita che si era prefisso e invece gli si formò sul volto la sua peggiore espressione da playboy,  e questa non fece che peggiorare la situazione.
- Ti ho chiesto troppo?
Tony iniziò a rispondere ma fu bloccato dalla sfuriata di Pepper. – Non mi pare di averti chiesto troppo, no? Non ti ho mai chiesto di venire in ufficio tutti i giorni, non ti ho chiesto di gestire la tua azienda, non ti ho mai chiesto di prendere decisioni attive. TI HO SOLO CHIESTO DI SALVARMI DA QUEGLI SQUALI DEL CONSIGLIO!
- Pepper mi sono….
- Te l’ho ricordato questa mattina, com’è possibile che tu sia in grado di progettare reattori futuristici e non sia in grado di ricordarti un orario?
- Mi sono messo a lavorare e…
- NON FARLO. Almeno abbi il buon gusto di NON CERCARE SCUSE.
- Va bene.
- E non darmi ragione!
- Come? – chiese ora confuso.
- Non fare l’accondiscendente con me solo per cercare di evitarti la sfuriata. Lo so che non ti interessa niente di avermi lasciato là da sola.
- Non è vero, mi dispiace. Davvero – rispose lui approfittando dell’attimo di debolezza della donna, che in effetti stava riprendendo fiato e aveva momentaneamente abbassato lo sguardo assassino, per mettere su quella famosa espressione cucciolosa.
- E non guardarmi con quella faccia, non ci provare neanche a farmi sentire in colpa. E’ colpa tua! – gli urlò ancora contro ben sapendo che, nel momento in cui Tony avesse iniziato a fare l’espressione contrita, lei ci sarebbe pienamente cascata. Non era mai stata in grado di dirgli di no quando la guardava con quegli occhioni nocciola, neanche quando non era altro che il suo capo (se mai era stato solo quello), figurarsi adesso. E questa volta non aveva nessuna intenzione di lasciare correre.
- Scusa, ma cosa posso fare? – le chiese confuso. – Non posso darti ragione, non posso darti spiegazioni. Dimmi che cosa diavolo vuoi che faccia, insomma! – le ribadì un po’ brusco visto che anche a lui cominciavano a andare di traverso i sentimenti.
- Non alzare la voce con me, Tony.
- NON STO alzando la voce! – rispose iniziando veramente ad alzare la voce, ma non mancando di notare che almeno erano tornati al “Tony”.
- Si che lo stai facendo!
- E allora dimmi tu, che cosa posso fare?
- Una cosa che non ti viene MAI in mente di fare, ad esempio. L’unica cosa che dovresti fare. L’unica cosa che sarebbe venuta spontanea a qualunque appartenente al genere umano non fosse assolutamente innamorato solo di se stesso.
- COSA?
- Sforzati.
Tony ammutolì capendo improvvisamente cosa gli stesse chiedendo. Oh si, per qualunque altra persona sarebbe stata una cosa abbastanza semplice e che, con due semplici parole, avrebbe riportato la pace domestica nell’arco di mezzo secondo. Ma lui non era come gli altri. Aveva sempre avuto questa incapacità intrinseca di ammettere di aver torto e mai una volta, neanche con lei, era riuscito a scusarsi. A suo merito va detto che una volta ci aveva anche provato, ottenendo come unico risultato la minaccia di prendersi qualcosa di molto pesante direttamente in testa.
- Ci siamo arrivati, vedo – gli disse Pepper quando vide che lui ammutoliva e cominciava a fissarsi le scarpe.
- Ok, ok – sbottò. – Hai ragione avevo promesso che ti avrei accompagnato a quella maledettissima riunione…
- … e…
- … e mi dispiace di non esserci stato…
- … e…
- … e… a mia discolpa comunque stavo… e poi JARVIS…e comunque non mi sembrava… e insomma…
Tony lo vide arrivare molto bene, vide Pepper che si chinava sul divano e afferrava qualcosa, la vide tirare indietro il braccio e caricare il tiro, e la vide mollare l’oggetto che fece una parabola discendente verso di lui. Quello che Tony non vide fu cosa, esattamente, la ragazza gli stava lanciando addosso e quindi il suo istinto ebbe il sopravvento e lui si mosse di lato, per evitare di essere preso in pieno. Va detto che, probabilmente, se si fosse accorto che quello che stava volando verso di lui era solo un cuscino non si sarebbe dato molta pena di scansarlo. Se lo sarebbe preso giustamente in faccia, lei si sarebbe sfogata e avrebbero finito per riappacificarsi (nei pensieri di Tony proprio su quel divano, magari appoggiati a quel cuscino). Invece scartò di lato evitando effettivamente l’impatto con il cuscino, che si perse giù per le scale, ma andando ad urtare contro una borsa lasciata in un angolo, inciampandoci sopra e finendo per caracollare per terra, prendendo quindi anche una sonora testata contro il muro.
Per fortuna Tony Stark aveva la testa dura.
Pepper emise un mezzo gemito e si precipitò verso di lui, sentendosi assolutamente in colpa e notando anche, con suo immenso disappunto, che la rabbia stava scemando sostituita dalla preoccupazione che si fosse rotto quella sua testaccia. Rimaneva, per fortuna, la rabbia contro il consiglio di amministrazione che quel pomeriggio l’aveva massacrata di domande, e quella se la tenne ben stretta per potersi poi lamentare di nuovo dopo, una volta stabilito che Tony era ancora tutto intero. – Oh mio dio, Tony. Stai bene?
- Uhm – biascicò lui massaggiandosi la nuca.
- Non è che hai una commozione cerebrale o qualcos’altro, vero?
- Potrebbe essere – mugugnò lui, cercando di alzarsi in piedi.
- Sai chi sono?
- Pepper, mai stata più Pepper di oggi, davvero! – rispose lui rimettendosi in piedi e, vedendo l’espressione contrita e preoccupata di lei, sforzandosi di farle un sorriso. – Sto bene, tranquilla. Ho la testa dura.
- Si, quello lo so. Mi dispiace, Tony. Ti avevo tirato solo un cuscino!
- Eh, ad accorgersene prima…
- Vieni in cucina, ci mettiamo del ghiaccio sopra.
Pepper prese un panetto di ghiaccio e glielo mise sulla nuca mentre Tony si sedeva su una sedia. - Si può sapere che cosa diavolo ti hanno fatto oggi per farti perdere così le staffe? – le chiese osservandola lasciarsi cadere sconsolata su una sedia vicino a lui, sempre tenendogli il ghiaccio in testa.
- Sempre le solite cose, lo sai.
- Se l’avessi saputo non te lo avrei chiesto.
- E’ sempre la solita storia, finché faccio tutto il lavoro ma rimango nell’ombra va tutto bene, ma quando mi lasci in pasto a quegli squali… mettono in dubbio le mie capacità. Credono che io stia lì solo perché vengo a letto con te.
- Ma…
- Lo so! – disse lei mettendosi il ghiaccio sulla fronte, cercando di alleviare il suo mal di testa e tralasciando momentaneamente quello di Tony. - Neanche lo sanno che in effetti vengo a letto con te! Ti rendi conto di quello che succederà quando lo verranno a sapere? Perché prima o poi lo verranno a sapere…
Tony le tolse il ghiaccio dalle mani che stavano ancora tremando di rabbia e se lo rimise in testa, le fece alzare gli occhi e la fissò con un sorriso. – Credo che sia decisamente il momento di chiarire la situazione.
- Cosa?
- Sono stufo di questa situazione, Peps. Ufficializziamo la cosa e al diavolo tutti gli altri. Diamogli qualcosa di cui sparlare!
- Ma…
- Niente ma, sei stressata. Non mi piace vederti stressata. Basta così.
- Sei sicuro? – chiese fissandolo negli occhi.
- Al momento sono sicuro di tre cose: primo basta nascondersi, - cominciò ad enumerare sulle dita. – Secondo, devi assolutamente scaricare questo stress su qualcosa che non sia la mia testa. E terzo – continuò scattando in avanti e posandole un bacio sulle labbra. – Questo era la terza cosa – disse ridendo.
Pepper sorrise a sua volta. – D’accordo allora cosa posso usare come pungiball? Non pensare che salga sul ring con te, Stark. Non ho il fisico per certe cose e soprattutto non lo farei mai dopo averti causato una quasi commozione cerebrale.
Tony ci pensò un po’ su. Boxe, la ragazza aveva decisamente ragione, niente come tirare un paio di pugni poteva distendere i nervi e lui lo sapeva molto bene, d’altra parte aveva anche ragione sul fatto che non aveva il fisico, anche con tutte le protezioni possibili avrebbe avuto troppa paura di farle male, e lei avrebbe di sicuro finito per rompersi un polso cercando di tirare qualche gancio. E quindi?
Un sorriso furbo gli si disegnò sulle labbra nel momento in cui un’insana idea gli veniva alla mente. In fondo, perché no?
- Con me, Potts – disse scendendo dalla sedia e dirigendosi verso il salotto.
- Che cos’hai in mente? – gli chiese seguendolo con aria scettica.
- Boxe.
- Boxe? No, scordatelo.
- Wii boxe – le disse accendendo la televisione.
- Eh?
- Wii, è divertente, vedrai. E rilassante. Davvero.
Pepper crollò sul divano. – Wii? No ti prego, non ancora quella cosa!
- In piedi, coraggio – le disse mettendosi a montare un aggeggio all’altro aggeggio che avevano usato fino a quel momento. – Non ho intenzione di andare a letto con una furia rossa arrabbiata che ha già attentato alla mia vita una volta, questa sera.
- Ti ho tirato un cuscino, il resto lo hai fatto da solo – gli ricordò lei. – E comunque non mi pare che la “furia rossa” ti sia mai dispiaciuta, prima.
Tony le lanciò un’occhiata deliziata. – Concordo. Ma non è mai stata arrabbiata, prima. Vieni.
 Pepper si mise in piedi e gli si affiancò, prendendo in mano i due controller che le venivano porti. – Progrediamo, vedo. Sono stata promossa a due telecomandi.
- Controller.
- Sì, quello che è - rispose senza entusiasmo. – E quello che sarebbe? – chiese fissando sbigottita una figuretta dai capelli rossi e gli occhi azzurri che le assomigliava in maniera inquietante.
- Il tuo mii, mi pare ovvio. Non potevi continuare a giocare come ospite.
- Ma quando…?
- Qualche giorno fa, avevo l’impressione che ci sarebbe servito. Anche perché domani Rodey viene a fare un doppio a tennis.
- COSA?
Tony rise. – Bene, ora che sei carica non devi fare altro che… picchiare – le disse muovendo il braccio destro e facendo volare un colpo diretto al mii di Pepper. – Più o meno così.
- Ma sei fuori? Mi hai colpito – disse lei, ancora presa nel rimirare il suo alter ego virtuale che indossava una bella tutina rossa, abbinata ad un paio di leggins neri molto trendy. Rabbrividì quando la vide svirgolare di lato, colpita da un gancio destro.
- E’ boxe Pepper, il concetto è quello – rispose passando ad un gancio sinistro.
- Piantala di colpirmi! – rimbrottò lei.
- E tu para.
- E come diavolo faccio?
- Metti le mani davanti al volto.
Pepper eseguì e il suo mii parò il successivo assalto di Tony.
- Coraggio, picchia – le disse.
- Ma non so… mi sembra una cosa così strana – gli rispose muovendo piano la mano verso la TV e vedendo un lieve movimento anche del mii, che però non arrecò nessun danno.
- E dai, è un gioco!
La ragazza mosse più forte il braccio sentendo un briciolo della tensione che aveva in corpo andarsene con quel pugno. Sorrise e provò con l’altro braccio, un po’ più forte.
- Ecco, così. Bravissima! Fai finta che sia uno di quegli idioti del consiglio!
- Tony… – gli disse sparando finalmente un diretto di destro che fece ondeggiare il mii del compagno. – Tu sei… - continuò con l’altro braccio, sempre più forte. – Uno …. – ansimò per lo sforzo e l’agitazione. – Del consiglio! – concluse mentre il mii di Tony andava al tappeto e lui si voltava a guardarla, impressionato.
- Grazie per avermi evitato l’idiota – le disse ridendo e rimettendosi in posizione. – Serve?
- Oh, si che serve – rispose lei cominciando a sferrare pugni a destra e sinistra senza più ritmo, semplicemente agitandosi scompostamente ma sentendo che, tutte le volte che sferrava un diretto, una buona parte dello stress le scivolava di dosso.
Tony rimase sostanzialmente fermo ad incassare i colpi, sogghignando della furia di Pepper e ringraziando mentalmente la sua idea, e la wii. Un paio di volte il suo mii andò al tappeto e Pepper si mosse inquieta aspettando che si rialzasse, solo per ricominciare picchiare duro.
- Vai piccola, spacca! – mormorò con soddisfazione l’uomo senza che lei se ne accorgesse.
Mezz’ora dopo la ragazza crollò sul divano con il fiatone e le braccia doloranti per lo sforzo a cui le aveva sottoposte, decisamente più tranquilla. – Lo ammetto, Tony, per una volta hai avuto un’idea davvero brillante.
- Ho sempre idee brillanti.
Pepper alzò un sopracciglio, guardandolo dubbiosa.
- Con qualche pecca nella realizzazione, forse. Ma idee sempre molto brillanti – disse sorridendo.
- Scusa per la testa – gli disse appoggiando la sua, di testa, contro il suo torace.
- Me lo meritavo.
Pepper sospirò.
- A che pensi?
- Domani sarò da capo, lo sai vero?
- Tanto per cominciare pensiamo ad oggi. Ti preparo un bagno bollente e poi ci mettiamo sotto le coperte. Oggi andiamo a letto presto. Che ne dici? 
La ragazza mugugnò. – Sarebbe fantastico.
- E domani ti accompagno in ufficio e finiamo questa pagliacciata una volta per tutte.
- Davvero lo farai?
- Promesso.
- Grazie, signor Stark. Lo apprezzo davvero.
- Non c’è di che, signorina Potts - rispose lui stringendola a sé. 

  
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