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Autore: Estranea    13/08/2007    3 recensioni
Inseguito da una moltitudine di persone. Uomini, donne, anche bambini. Molti di loro non disdegnarono l’idea di portarsi dietro i loro cani. Erano inferociti, si sentiva come un accusato di stregoneria inseguito dalla città armata di fiaccole e forconi. Solo che questi erano armati di fucili e spranghe. Non sapeva nemmeno come aveva fatto ad entrare in questo tunnel, sapeva solo che si era ritrovato l’entrata davanti, e senza pensarci su, decise di entrarvi.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Espiazione

 

Quella notte ebbe gli incubi. Incubi talmente spaventosi che non era più completamente certo che si trattasse soltanto di sogni o di terribile realtà.

Non sognò mostri né demoni, ma soprattutto, lui era nel pieno d’ogni sua capacità, anche se la paura gliele aveva notevolmente ridotte. L’unica cosa che lo spingeva ad andare avanti era l’istinto di sopravvivenza.

Cosa sognò di così terribile, al punto di perdersi e non riuscire più a tornare indietro? Tornare indietro, sì perché si era ritrovato in una sorta di galleria, buia e umida, che nonostante non presentasse deviazioni d’alcuna sorta, arrivò ad un punto che andare sempre diritto o tornare indietro era esattamente la stessa cosa.

Quella notte si ritrovò inseguito. Inseguito da una moltitudine di persone. Uomini, donne, anche bambini. Molti di loro non disdegnarono l’idea di portarsi dietro i loro cani. Erano inferociti, si sentiva come un accusato di stregoneria inseguito dalla città armata di fiaccole e forconi. Solo che questi erano armati di fucili e spranghe.

Non sapeva nemmeno come aveva fatto ad entrare in questo tunnel, sapeva solo che si era ritrovato l’entrata davanti, e senza pensarci su, decise di entrarvi. Si stupì non poco nel constatare che tutta quella gente non osò seguirlo, e tirò un sospiro di sollievo.

Ma durò poco, per nostra fortuna, forse cominciava a capire perché fosse così dannatamente solo lì dentro.

Lì regnava il buio e l’umidità, il tunnel era sempre uguale da qualunque direzione si guardasse, mattoni su mattoni, grate dopo grate, e qualche tenue fiaccola ad intervalli più o meno regolari. Non riuscì assolutamente a capire come aveva fatto a perdersi. Cosa più strana, è che lì ciò che assolutamente mancava, era il silenzio. Arrivò a desiderarlo ardentemente, pur di non sentire ciò che sentiva.

Non erano solo rumori, quanto piuttosto grida. Grida disperate, pianti isterici e ghigni malefici. Il tutto accompagnato da rumori d’ogni sorta, rumori quasi indefinibili. Pensò di riconoscere un rumore metallico, come di catene trascinate, ma non ne era completamente sicuro, e non era neanche tanto sicuro di volerlo sapere.

Continuò a vagare, nella vana speranza di trovare un’uscita. Non era sua intenzione indagare su ciò che sentiva, credette di riconoscere in quei rumori grida di disperazione invocanti perdono, motivo in più per ignorare il tutto.

Perché lui era fatto così. Non era mai stato perdonato da nessuno. Nessuno volle ascoltare il perché lui avesse deciso di picchiare in modo tanto brutale un bambino, fino ad ucciderlo. A nessuno importò che il bambino fosse suo figlio. Alla stessa maniera, lo ignorarono, quando cercò di avere ragione, ricordando a tutti i suoi diritti di padre. Allo stesso modo, non fu perdonato di aver picchiato anche sua moglie, e nemmeno quando violentò una bambina.

"Sei malato" gli dissero. In realtà pensavano (e lui lo sapeva bene) "meriti di morire". Ma per lui l’importante era rappresentato soltanto dal soddisfare i propri bisogni, gli altri non esistevano.

La sua vita, pensava. Ecco com’era la sua vita. Basata sul "più forte vince", calpestando tutto il resto. In fondo lui stesso era stato un debole, ecco perché era cambiato.

Cambiato?

No. Lui era ancora un debole.

Era diventato ancora più debole.

L’uomo è libero di agire. Non viene imposto nessun freno ai suoi desideri. Deve sapere controllarsi, e se non è in grado di farlo, deve subirne le conseguenze.

Questa era la sua punizione. Una punizione eterna, anche se lui non lo sapeva. Avrebbe avuto davanti l’eternità per pensare alla sua vita. Quel tunnel era il luogo ideale, nessuna distrazione.

Pentirsi? Oh no, probabilmente non l’avrebbe mai fatto. Allora perché quel luogo? Se non per espiare le proprie colpe?

Le colpe. Sì le avrebbe espiate in eterno. Peccato che lui non lo sapeva. E probabilmente non l’avrebbe mai capito.

  
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