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Autore: AlessiaDettaAlex    24/01/2013    5 recensioni
Storia interamente revisionata (8/11/2017)
È la storia di una diciottenne. Una giovane che si scopre innamorata della sua migliore amica e non riesce ad accettarlo. Quindi se vi aspettate farfalle, rose e fiori è il racconto sbagliato. Questa che sto scrivendo è piuttosto la storia di dolore e tragedia di una ragazza che ne amava un'altra.
Trecento metri è la distanza che separa le loro case. Ma la verità è che alla fine di questo racconto Alex ne avverte molta di più.
"Lo conoscevo a memoria il profumo di Lyn. Era profumo di casa, un odore che mi faceva sciogliere il cuore. Se chiudo gli occhi e mi concentro riesco a sentirlo anche adesso, a più di un anno di distanza."
[Capitolo 5]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 o Propositi scolastici

Primo giorno di scuola. L’ultimo della mia vita, a meno che non fossi stata bocciata alla maturità. Quando arrivai alla fermata dell’autobus Lyn era già lì ad aspettarmi.
«Pronta a ricominciare?» le chiesi, sicura di sapere la risposta.
«Assolutamente no»
Centro!
«E tu pronta ad iniziare il quinto anno?» chiese a sua volta.
«Più o meno!»
Arrivò l’autobus e ci sedemmo ai soliti posti. Lei cominciò a raccontarmi di tutto quello che aveva scoperto su Riccardo. Sarei voluta scendere dall’autobus in quel momento, piuttosto. Era veramente troppo prolissa quando parlava di ragazzi! Un argomento che, al pari degli smalti, neanche mi entusiasmava così tanto. Ma essendo io la sua migliore amica era giusto che ne parlasse con me.
Di tanto in tanto annuivo, giusto per farle capire che la stavo seguendo, e sorridevo alla vista dei suoi occhi luminosi al pensiero di quel ragazzo sconosciuto. Pensai che si era presa proprio una bella cotta. Mi appariva davvero ingenua in quei momenti.
«Secondo te come faccio a parlarci?» mi domandò improvvisamente.
Io rimasi un attimo senza parole, non aspettandomi la domanda.
«Non ne ho la più pallida idea. Non è che puoi andare lì, davanti alla classe di uno del quinto e semplicemente presentarti»
«Eh, appunto» si lamentò.
«Non lo so… ma non lo spiare troppo quando sei a scuola! Ricorda che stai lì per studiare!» la ammonii io, atteggiandomi da mamma.
Lei sbuffò e fece segno d’assenso con poca convinzione. Io le diedi una spintarella scherzosa con la spalla e lei mi sorrise.
Fu in quel momento che mi accorsi che la mia fermata era ormai giunta. La salutai con un rapido bacio sulla guancia e mi fiondai verso le porte dell’autobus evitando per poco di rimanerci incastrata. Iniziavo bene.

Il telefono di casa squillò e mi bastò un’occhiata per riconoscerne il numero: Giorgia. Sinceramente, dopo un difficile inizio di scuola – tutti i professori si erano già lanciati nelle spiegazioni, ansiati dagli assurdi programmi scolastici – mi serviva proprio una chiacchierata con la mia socia in follie preferita.
«Pronto!»
«Ohi Alex, com’è andata stamattina?»
«Arrivi sempre dritta al punto tu, eh? Non c’è male, ma sento già di star per impazzire»
Lei rise di gusto. Cosa ci trovasse di divertente non me lo sapevo spiegare.
«Mai peggio di me, mia cara! Pensa, primo giorno di scuola e mi sono già ammalata»
«Come scusa?» esclamai un po’ troppo forte io.
«Alla quarta ora mi hanno riportato a casa quasi in ambulanza per un potente attacco di virus intestinale!»
Lo diceva ridendo. Non posso tutt’ora crederci.
«Ma che schifo! Pensi che si attaccherà via telefono? Presto, allontanati dal ricevitore!»
«Probabilmente sì, quindi preparati»
Io sospirai con disappunto. Riusciva a scherzare anche da malata.
«Comunque il reale motivo per cui ti chiamavo è che, appena starò meglio, voglio studiare con te tutti i pomeriggi! Così ci prepariamo per bene per la maturità»
«Ci sto! Io non vedo l’ora di fare l’esame; credo che ci divertiremo un sacco»
«Senza alcun dubbio!» rispose allegra lei.
Quindi ci salutammo, dandoci appuntamento per i prossimi giorni.
Su questo andavamo proprio d’accordo. Ci aspettavamo entrambe grandi cose dalla maturità; sarebbe stato bello viverla come possibilità di dimostrare ai professori quello che eravamo davvero. Ecco, per noi la maturità non era obbligo, fatica o lotta contro gli insegnanti. Almeno a me, di tutto questo, non fregava niente. Io volevo solo dimostrare ai miei professori di essere cresciuta davvero in questi cinque anni. Volevo dimostrargli di essere diventata grande, anche grazie a loro. L’esame della maturità sarebbe stata la ciliegina sulla torta di un anno pieno di grandi scoperte e gioie. Non volevo perdermi niente di quello che la scuola avrebbe avuto da propormi.
Il telefono squillò di nuovo; e stavolta era un numero che conoscevo molto meglio di quello di Giorgia.
«Pronto, Lyn!»
«Alex! Lo sai che se i volti di un ragazzo e una ragazza stanno a meno di dieci centimetri di distanza scatta il bacio?»
«È una probabilità che ti sei appena inventata, giusto?»
«Zitta e vediamoci alla piazzetta alle quattro e un quarto, ok?»
«Ok»
Neanche il tempo di salutare che mi aveva chiuso il telefono in faccia. Quella ragazza era davvero un uragano. Meccanicamente presi la mia giacca di jeans – anche se sapevo che non sarebbe servita col caldo che faceva ancora a metà settembre – e mi infilai le scarpe, attendendo sul divano l’orario predefinito. Quando arrivai all’amata piazzetta tra le nostre case lei ancora non era arrivata, ovviamente.
No, non ci riusciva proprio ad essere puntuale. Neanche quando l’orario se lo sceglieva da sola. In compenso, seguiva una formula ordinata di ritardo: l’ultimo orario annunciato più un quarto d’ora. Il che vuol dire che sarebbe arrivata per le quattro e mezza. Infatti, dopo aver ciondolato su un’altalena scassata per quindici minuti, la vidi arrivare da lontano. Puntuale nel suo ritardo, come sempre.
«Cos’era quell’assurdità che mi hai detto al telefono?» la incalzai io.
Lei sorrise.
«Non è un’assurdità, l’ho letto da una parte»
«Facebook?»
«Sì»
«Allora è un’assurdità»
Lyn rise divertita mentre io la guardavo come si guarda una bambina credulona. E sì che tra le due ho sempre pensato di essere io quella ingenua.
«Secondo me è possibile… e mi piacerebbe proprio sperimentare se a dieci centimetri scatta il bacio come dicono» fece lei sognante mentre saliva sulla torretta dello scivolo di legno passando per le scalette. Io, ben più spericolata, saltai sul tubo d’acciaio a spirale che arrivava fino in cima e con un’agile arrampicata la raggiunsi, sedendomi accanto a lei.
«A dieci centimetri scatta il bacio…» ripetei io tra me e me, fingendo di rifletterci su.
«Comunque se lo vuoi sapere oggi a scuola è andata da schifo. I miei compagni sono i soliti stupidi, non cambiano proprio mai»
Io mi voltai preoccupata verso di lei.
«Hanno già ricominciato a romperti le scatole?»
«Ovvio»
Le passai un braccio intorno alle spalle e l’avvicinai a me, sfoggiando il mio sorriso più superbo.
«Se osano continuare a disturbarti chiamami, che li spezzo uno a uno!» gridai alzando un pugno in aria e sbattendolo puntualmente su una trave di legno sopra la mia testa. Mi ritrassi immediatamente dal dolore. Che pessima figura! Lei nel frattempo era scoppiata in una fragorosa risata a metà tra lo scherno e la tenerezza che probabilmente le facevo; ma appena mi vide col viso triste e le nocche rosse e pulsanti mi si avvicinò, mi fece una carezza, poi prese la mia mano e posò un bacio sul punto dolorante.
«Va meglio?» disse dolcemente.
Annuii con una faccia che sembrava di un gatto a cui avevano pestato la coda.
«Se già adesso fai così mi sa che non resisterai molto contro i grossi maschi della mia classe!» constatò lei.
Ma io ero testarda.
«E invece ti proteggerò io, vedrai! Non c’è maschio che possa spaventarmi»
«Se lo dici tu»
Io le feci segno di vittoria, cercando inutilmente di riscattarmi dalla figuraccia precedentemente fatta. Dopo un po’ di silenzio lei ricominciò:
«Ti devo dire alcune cose su Riccardo!»
«Aspetta, ferma un attimo!» la bloccai io.
«Che c’è?»
«Questi giorni vuoi studiare insieme a me e Giorgia? Così stiamo al passo con le spiegazioni sin da subito!»
Vidi che il viso le si illuminava e capii di averle proposto qualcosa di suo gradimento.
«Chiamatemi e io verrò!»
«Bene, adesso vai pure avanti»
Lyn si mise seduta comodamente appoggiando la schiena alla parete legnosa. Prese un bel respiro e cominciò a raccontare. Sarebbe stato un lungo pomeriggio.





Note di AngelVidel14.
Buon giorno a tutti!
Sinceramente, sono molto soddisfatta di questo capitolo. Boh, mi sembra essenziale, divertente e illuminante insieme.
Alex: i complimenti vanno a me perché le memorie sono le mie, mia cara.
Videl: errore! Tu sei solo un personaggio nelle mie mani ù_ù
Alex: sono gli scrittori ad essere pedine in mano dei loro personaggi >_> IO detto quello che è successo! E tu scrivi.
Videl: D:
Pertanto, Alex vi porge i suoi più sinceri saluti e spera che apprezziate quest'altro capitoletto della sua vita.
Vi saluta anche me medesima!
P.s. a dieci centimetri scatta il bacio. E' stato verificato dai ricercatori Oral-B.
   
 
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