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Autore: Kwaku Ananse    24/01/2013    1 recensioni
Allemby, 1865. La Guerra di Secessione è agli sgoccioli e il sergente Blaine Anderson è costretto nel letto di una clinica per colpa dell'esplosione di una granata. Annoiarsi a morte è lo sport preferito, in quel piccolo paesino della Pennsylvania, questo finché uno strano incontro non cambia le cose.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Trickle of Ink

Blaine Anderson, degente presso Providence Institute,

Allenby, Pennsylvania 2 Maggio 1865

 


 


Libertà Wes, agognata libertà!

Oggi è stato il mio ultimo giorno alla clinica. Ne esco completamente ristabilito e pronto a riprendere da capo le fila della mia vita. C'è stata un po' di festa per la mia partenza. E dire addio a persone che per così tanto tempo - quarantasette giorni! - sono state il mio solo mondo, devo essere sincero mi ha profondamente commosso. Il dottor Schuester era nella mia stessa identica condizione e piangeva senza ritegno, per la tristezza della mia partenza e la gioia di vedermi completamente ristabilito, e potrei giurare di aver visto Mercedes asciugare di nascosto una lacrima.

La mia meta, naturalmente, era la stazione. Un'ora. Ancora un'ora e sarebbe arrivato il treno per Washington. Tranquillo, Wes, non mi sono dimenticato del tuo matrimonio, ma ho voglia di viaggiare, ora che finalmente posso dire di essere il solo e vero padrone della mia vita, e poi, come ti ho detto, non voglio abusare della tua ospitalità piombandoti in casa con così largo anticipo rispetto al matrimonio.

A proposito di ospitalità, avevo ancora una destinazione, prima di mettermi in attesa di fronte ai binari.

Sì, Wes, hai proprio indovinato.

I miei passi mi guidarono quasi meccanicamente di fronte alle sbarre grigie e punteggiate di ruggine che segnavano il limite della proprietà degli Smythe.

Molte cose sono cambiate da quando ho messo piede in questo villaggio, come hai potuto constatare, e molte ancora dalla mia ultima lettera e il fulcro, la fonte di tutti questi cambiamenti è una sola persona: Sebastian Smythe.

Questi ultimi dieci giorni sono stati davvero intensi, per noi, e non solo per quello che puoi pensare tu, quello c'è stato ovviamente, e si può dire che ci siamo dimostrati alquanto vivaci, ma ridurre tutto a quello sarebbe un'orribile volgarizzazione. Ci siamo compresi. Ci siamo capiti...

Non riesco a spiegarlo meglio di così.

Questi dieci giorni per noi sono state una fonte inesauribile di scoperte reciproche, cose piccole, anche, banali, ma che servivano a cementificarci. Era questo, Wes, era questo di cui sentivo il bisogno, era questo che, anche con lui, mi faceva esitare: dovevo conoscerlo, dovevo sapere chi era per potermi concedere davvero a lui. L'attrazione per quanto forte, non mi permetteva di fidarmi, o per lo meno non era abbastanza. Ed esiste, forse, una vera coppia senza fiducia? Sì, è proprio così. Sebastian non se ne rende conto, o forse non vuole ammetterlo neppure a sé stesso, ma siamo diventati una coppia. E per questo non ho intenzione di andarmene senza di lui.

Non persi nemmeno tempo a bussare, mi limitai ad aprire la porta. Sebastian era già lì, nell'ingresso, appoggiato mollemente alla parete, in apparenza rilassato. Mi chiesi da quanto tempo mi stesse aspettando, perché conosceva perfettamente la ragione del mio arrivo.

«Blaine! Ma che piacevole sorpresa! Potevi almeno bussare. Comunque vieni, accomodati, brindiamo a noi prima che il tuo treno arrivi.»

Non avevo voglia di giochetti.

«Non fare lo stupido, Smythe, sai benissimo perché sono qui.»

La maschera di calma da nobile aristocratico si incrinò un poco: «Per venire a salutarmi prima che il treno ti porti chissà dove, giusto?»

«Parli al singolare?» finsi noncuranza, imitandolo.

«Certo, parti da solo.»

Lo guardai dritto negli occhi e mi compiacqui nel vederlo indietreggiare.

«Io non credo.»

Lui sorrise, fingendo allegria: «Davvero? Ma che bella notizia! E chi sarebbe il fortunato? Joshua il mugnaio?»

Non c'era tempo per tirarla per le lunghe.

«Smettila, non ho più voglia di giocare al gatto col topo, sono qui per…» inspirai profondamente «Vieni con me.»

Ogni traccia di allegria svanì dal suo viso: «Ah si? E chi ti dice che io voglia venire con te?»

«Non mi sembra che ti sia dispiaciuta la mia compagnia, in questi giorni.» ribattei.

Sebastian si sedette su uno scalino, passandosi una mano tra i capelli: «E' diverso, io non sono fatto per legarmi ad una persona, non fa affatto per me.»

Scusa debole e poco convinta.

«Quindi hai intenzione di rimanere qui in attesa di un altro allocco da adescare alla clinica, chiuso in una villa che cade a pezzi, circondato da persone, che ti odiano e ti temono? E' così che vuoi passare il resto dei tuoi giorni?»

Lui, stette un attimo in silenzio, fingendo di riflettere, poi annuì piano: «Sì, stavo appunto pensando a qualcosa del genere.»

Fu troppo. Con un ruggito fui su di lui inchiodandolo lì dov'era, trattenendolo nella presa delle mie braccia.

«Blaine! Ma sei impazzito? Lasciami! Lo scalino mi sta segando la schiena...!»

Ignorai le sue lamentele: « Qual è il tuo problema? Sono stufo di sentirti dire queste cose! Cos'ha questa villa? Cosa rappresentano per te queste persone, per far sì che tu ne sia così morbosamente legato? Hai forse paura di una vita da poveraccio, come la mia?>> gli urlai contro tutta la mia frustrazione.

« Non capisci, Blaine, non puoi capire.» sputò lui con rabbia «Questa è la mia vita, questa è la mia proprietà. Sono nato qui, sono cresciuto qui, non conosco altro posto che questo. La fai facile tu, non sei legato a nulla, non c'è nulla che ti trattenga davvero da nessuna parte.»

«Ti sbagli.» lo interruppi «Tu mi trattieni qui anche se vorrei andarmene, perché non posso più fare a meno di te.»

Tacque per un secondo, fissandomi con gli occhi sgranati, poi riprese l'aria strafottente di prima: «E poi credi davvero che la mia ricchezza sia legata a questa villa? Ingenuo. Questa non è che una frazione della fortuna degli Smythe comodamente riposta nelle banche di Atalanta, Richmond e Washington >> troppo tardi si accorse di quanto quest'ultima affermazione giocasse a suo sfavore.

«A maggior ragione, se non temi la povertà, nulla ti lega a questo posto.»

Mi fissò ancora una volta, con gli occhi sgranati e attenti come se stesse cercando di trovare chissà quale conoscenza tra linee del mio viso - e nel suo sguardo c'era qualcosa che non avevo mai visto in lui, incertezza, dubbio, paura, le sue mani si strinsero spasmodicamente ai miei polsi, mentre le labbra si muovevano a vuoto, tentando di formulare una risposta.
«Blaine...      
                                                                                   
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Siamo giunti, dunque,  alla fine di questa piccola epopea :) spero di non attirare l'odio di nessuno per il finale XD
Ho scritto e iniziato tutto senza pretese e non ne ho ancora adesso, spero solo che chi ha letto abbia apprezzato abbastanza la storia, e per parte mia, mi auguro di non aver scritto troppo male XD
Mi sono divertito, tutto sommato, e non l'avrei creduto, non avendo mai tentato la ff come genere... Ancora una volta, l'ultima, ringrazio M per aver riletto ogni singolo capitolo, dandomi preziosi consigli ogni volta che ne avevo bisogno, e per aver fatto un bellissimo banner :)
Mando, poi un abbraccio a K :) questa storia l'ho scritta per te e senza di te non sarebbe nata :)
Grazie a quanti, lettori e lettrici, hanno seguito questa storia fino alla fine, spero di essere riuscito a trasmettervi anche solo un briciolo di emozione, a questo punto potrei dirmi soddisfatto :)
R

 

 


 


 

                                                                    

  
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