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Autore: Ganymede    24/01/2013    4 recensioni
Topher "Toffoletta" Dukes scopre un nuovo mondo, quando, giunto dalla lontana Boston, mette piede nella californiana, griffatissima, prestigiosissima e misteriosissima Wefanie High School. A far rimpiangere al povero occhialuto protagonista le sedute di psicoterapia con la dottoressa Dingles, contribuiranno Nikki Hortense, un'estrosa cheerleader esperta di arti marziali, tre genietti delle scienze, una stravagante appassionata di teatro e lui... Ashley Betterton, bello e impossibile. Ben presto Topher si renderà conto di essere solo una pedina nella scacchiera di un'umbratile organizzazione segreta... Misteri, gelosie, insidie, pericoli, piani malefici ed intrighi di corte: a metà strada fra commedia e tragedia, tra realtà e paradosso, tra epica e love story hollywoodiana, c'è "Mocassini Club"!
Genere: Commedia, Romantico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Capitoli:
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Stavolta l
 

“N

 

ikki…”
“Sì, Fatina?”
“Ricordi quando hai detto che non avevamo nulla da temere? E che il segreto del Mocassini Club era al sicuro?”
“Oh, Fatina!” sospira Nikki, alzando gli occhi al cielo. “Non dirmi che sei ancora preoccupato per quella storia! Sono passati più di due mesi…”
Richiude pesantemente il suo armadietto e prosegue, con aria esasperata:
“Anonymous non ha aperto bocca sul Mocassini Club… gli invio  lettere minatorie ogni week-end. Gli ho mandato anche un biglietto d’auguri minatorio per  Pasqua!
A dire il vero contavo di fargli trovare una testa di coniglio con la bocca cucita nel suo letto, ma poi ho preferito il biglietto.”
“E’ stata sicuramente una scelta elegante…”  mi complimento, cercando di rimuovere quell’immagine terrificante dalla mente. “Ma quello che sto cercando di dirti è che…”
“Ed ecco che ricominci con le sorelle Santini! Se stessero tramando qualcosa contro di te non pensi che lo avrei già saputo? Sono solo due stupide sciacquette! Il massimo che hanno fatto è lanciarti occhiatacce nei corridoi. Ma credimi, ti abituerai presto ad essere invidiato dai comuni mortali…”
“Nikki, ascoltami…”
“No, tu ascolta me, tesoro” mi zittisce. “Non hai niente da temere. Il Preside Canfield è dalla parte del Club, e anche il Consiglio dei Genitori è dalla parte del Club. Siamo in una botte di ferro! E quanto alle Santini… ci sto lavorando. Confido di farle espellere presto:  saranno un ottimo acquisto per l’Accademia delle Ancelle di Sant’Agata, in Missouri…”
“Okay, Nikki, ma credo che prima tu debba leggere questo” e le schiaffo davanti l’edizione straordinaria dell’Highlights:

 

P

RESIDE CANFIELD IN OSPEDALE, LA SIGNORA CANFIELD AL POTERE: “PIU’ DISCIPLINA!”

La scorsa notte Cambyses Canfield, da venticinque anni Preside della Wefanie High School, è stato trasportato d’urgenza all’Oceanside Hospital per gravi lesioni e fratture multiple agli arti. Le condizioni del Preside sono stabili, ma non è dato di sapere quando potrà tornare ad occupare la sua scrivania. Intanto sarà sua moglie Xanthippe a prendere in mano le redini della Wefanie High School.
  “Ferrea disciplina: è questo il mio motto” ha dichiarato la  Preside, subito dopo la sua nomina. “Mio marito è sempre stato un mollaccione e ora ne abbiamo avuto tutti la riprova. I medici piagnucolano che un uomo della sua età non dovrebbe cimentarsi in esercizi ginnici troppo impegnativi, ma per me sono tutte chiacchiere! Mio marito è sempre stato un invertebrato, anche nel fior fiore degli anni! Più simile ad un anemone di mare che ad un vero uomo!”

 Donna di straordinaria forza d’animo (e non solo), Xanthippe Canfield ha combattuto in prima linea per l’emancipazione femminile e ha partecipato alla Guerra del Golfo spacciandosi per un uomo. La Canfield, però, ha sempre dichiarato di appartenere tanto al campo di battaglia quanto alle aule scolastiche: per ben dodici anni ha guidato nelle vesti di Preside la celebre Manglefags, una delle più rigorose accademie militari del mondo, nota per i suo severi metodi educativi, definiti da molti “draconiani” o “medioevali”.
     Naturalmente, non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di intervistarla:

Sono circolate molte voci indiscrete sull’incidente di suo marito. C’è chi sostiene sia rimasto ferito mentre era impegnato in giochini sadomaso con la  sua personal trainer brasiliana. “Non ero presente al momento dell’incidente. Non escluderei che si sia fratturato entrambi gli arti nel tentativo di svitare il tubetto della sua pasta adesiva per dentiera!”

Come si spiega la rinuncia del professor Preston Prescott a rivendicare il suo ruolo di Vice-Preside?
“ E’ stato quello smidollato di mio marito a richiedere espressamente la mia nomina. Una volta tanto, ha fatto la scelta giusta. Il professor Prescott non ha opposto resistenza e non credo abbia abbastanza fegato per farlo.”

Quali modifiche apporterà alla direzione della scuola?
Questo incidente è un’ottima opportunità per riportare rigore e disciplina in questa specie di sala da tè per signore che avete anche il coraggio di chiamare “scuola”! La Wefanie High è una nave alla deriva: ha bisogno di una mano salda che afferri il timone e la riporti sulla rotta. Niente più privilegi, niente più piagnistei adolescenziali del tipo ‘nessuno-mi-capisce’, niente di niente! La pacchia è finita!

Qual è stato, a suo giudizio, il più grave errore commesso dal suo predecessore?
“E’ semplice: dare troppo ascolto al Comitato dei Genitori! Sempre pronti a difendere i loro figli, anche quando sono chiaramente dei criminali!
Ci vogliono pene severe! La Wefanie ha molto da imparare da Manglefags, una delle scuole più efficienti del paese…”

“Allora, Nikki… cosa stavi dicendo? Se non sbaglio, che non abbiamo nulla da temere e che il Club è sotto la protezione del Preside, vero?”
Nikki fissa il giornale con un’espressione da funerale, come se avesse appena letto il suo nome (o quello del suo stilista preferito) sulla pagina dei necrologi.
“Niente panico, Fatina” borbotta, scoccando un’occhiata furiosa alla foto in prima pagina di Xanthippe Canfield, che la ricambia con uno sguardo truce da gargolla. “Non dobbiamo lasciarci intimorire. Quella specie di donna può anche baciare il mio splendente…”
La porta d’ingresso si spalanca improvvisamente, lasciando entrare una folata di vento gelido che non ha nulla di californiano. Subito dopo un fulmine squarcia il cielo improvvisamente plumbeo e per un istante il corridoio si tinge di viola. Annunciata dai latrati e dagli ululati di una muta di cani infernali, Xanthippe Canfield in carne e ossa si materializza sull’uscio, gli occhi iniettati di sangue e il grugno contratto in una smorfia di disgusto.
Mammina è arrivata!” annuncia, sbuffando dal naso come un rinoceronte pronto alla carica.
Un ragazzino del primo anno lascia cadere i suoi libri dallo spavento, mentre Mia e Gloria si tuffano come delfini nei loro armadietti, terrorizzate. Tutti gli altri studenti, invece, storditi da quella repentina e orribile apparizione, rimangono immobili, come pietrificati. La Wefanie si è improvvisamente trasformata nel Madame Tussauds.
Xanthippe Canfield sghignazza di gusto, estasiata dall’atmosfera di terrore che la sua sola presenza è riuscita a produrre. Muove un  passo in avanti, facendo tremare l’intero edificio, e un altro fulmine a ciel sereno la illumina in tutta la sua immensità: un gigantesco pachiderma con  la parrucca di Margaret Thatcher, strizzato in un coriaceo twin set color fango.
La temperatura si abbassa gradualmente man mano che incede con andatura pesante lungo il corridoio. I piedoni, imprigionati in un paio di orrende kitten heels a punta, sembrano sul punto di esplodere ad ogni contatto con il suolo. I collant color carne scricchiolano appena,  non riuscendo a contenere i polpacci gonfi come prosciutti, e lasciano intravedere la fitta trama di vene varicose. Alzo lo sguardo un po’ più in alto, e scopro l’origine di un sibilo sinistro: le mano gigante di Xanthippe,  avvolta da un lucido guanto di pelle, brandisce minacciosa una frusta, che sferza con forza misurata il palmo dell’altra mano.
Intano che quell’orrenda donna si avvicina, afferro istintivamente la mano di Nikki, che la stringe con energia per infondermi coraggio.
Solo dopo qualche istante,  mi accorgo del professor Clyde,  fin’ora coperto dalla sconfinata sagoma della Canfield, che trascina dietro di sé una grossa cassa di legno.
“Professor Clyde” tuona la Preside, con un tono casuale che non inganna nessuno. “Sapeva che ho diretto per più di un decennio l’Accademia Militare di Manglefags?”
“Sì, l’ha… ripetuto… almeno… un centinaio… di…”
Ma Clyde, stremato e ansante, decide di lasciare la frase a metà e continuare a trascinare il suo carico segreto.
“E conosce il motto di Manglefags?” prosegue, mostrando con orgoglio lo sfavillante stemma appuntato al cardigan: una mazza chiodata e un gatto a nove code incrociati.
Il povero Clyde risponde con un gemito sofferente che Xanthippe interpreta come un ‘no’.
“Ci avrei scommesso” grugnisce,  rivolgendogli uno sguardo di disprezzo misto a commiserazione. “Non credo che qualcuno, in questa scuola per signorine, abbia mai sentito parlare di… Severitas…”
E a quel punto fa scattare la lunghissima frusta, squarciando in un secondo un aeroplanino di carta volato lì per caso. L’intera scolaresca rabbrividisce.
“… né di Fidelitas…”
Con un’altra scudisciata spalanca la porta dello sgabuzzino delle scope, sorprendendo il professor Prescott e la professoressa Appelfeld in atteggiamenti inequivocabili.
“… ed è chiaro che nessuno qui abbia idea di cosa sia… Frugalitas!
Con un terzo colpo di frusta polverizza il sobrio bracciale tempestato di zaffiri di Patricia Fulton, che fissa con la bocca spalancata dall’orrore il suo polso, ora nudo e dolorante.
 “… in una parola: disciplina!” riassume, facendo sibilare un’ultima volta la sua mortifera frusta.
Il silenzio che segue è insopportabile.
Patricia Fulton emette qualche gridolino sconnesso e rovina, svenuta, su un tappeto di zaffiri frantumati.
“Porta la cassa nel mio ufficio, Clyde” ingiunge la Canfield, oltrepassando senza batter ciglio il corpo inerte di Patricia. “Più tardi ispezionerò da cima a fondo la scuola con i miei cani. Sono addestrati a fiutare droga, cosmetici, aggeggi elettronici e tutti gli oggetti proibiti in orario scolastico. E’ praticamente impossibile ingannarli.”
A giudicare dal tono ringhioso dell’ultima frase, è chiaro che si sta rivolgendo a noi studenti.
“Oh sì, questa scuola ha un disperato bisogno di rigore e disciplina!”
Dopo aver riservato a me e a Nikki una lunga occhiata nauseata, riprende bruscamente la marcia verso il suo nuovo ufficio da Preside.  
Appena un secondo prima di girare l’angolo, si volta di scatto per gridare “BU!”
Il ragazzino che poco fa aveva fatto cadere i libri spicca un salto da record, finendo tra le braccia del lampadario.
Le risate cavernose di Xanthippe risuonano a lungo, amplificate in modo inverosimile dall’eco.
E’ necessario qualche minuto prima che qualcuno osi riprendere  a respirare.
Nikki è l’unica ad essere rimasta impassibile, sebbene un tic nervoso all’occhio destro tradisca la sua furente collera.
“Una personcina simpatica, eh?” esalo, ancora sotto shock.
Il suono della campanella fa sobbalzare tutti, ma pian piano gli studenti ritornano a sciamare in direzione delle aule, se pur decisamente scossi. Edith Endicott, aiutata da Mia e Gloria, trascina per le gambe Patricia, ancora priva di sensi.
Intanto il professor Clyde continua ad arrancare, trasportando sulla schiena l’ingombrante cassa misteriosa. Mi ricorda una solerte formica, ma non credo che lui sia capace di sostenere a lungo un peso cinquanta volte superiore al proprio.
“Professore, possiamo darle una mano?” mi avvicino timidamente.
“Grazie, Topher, sei gentile, ma non occorre” boccheggia il professor Clyde. “Sono quasi arrivato…”
“Cosa c’è lì dentro?”
“Non… ne ho idea” sbuffa, grondando sudore. “Ho intravisto… degli spuntoni di metallo, perciò suppongo… sia… una Vergine di Norimberga. La Canfield colleziona antichi strumenti di tortura, a quanto pare. Accidenti…. non mi sento più la colonna vertebrale… dev’essermi caduta da qualche parte lungo il tragitto…”
“E’ sicuro di non volere aiuto?”
Clyde, prossimo al collasso, fa cenno di no con la testa e, tra un mugolio di dolore e l’altro, guadagna lentamente terreno.
“Fatina, chi è quel tipo con cui ti sei fermato a parlare?” domanda Nikki, che, come se nulla fosse, ha tirato fuori dalla borsa la sua limetta per le unghie.
“Come ‘chi è’? E’ il professor Clyde, chi altri sennò?”
“Mai sentito.”
“E’ il nostro professore di matematica!” esclamo, esasperato.
“No, non mi dice niente” bofonchia, tutta presa dalla sua manicure. “Niente male, però. I lavoratori manuali sono sexy.”
“D’accordo, lasciamo perdere…” mi arrendo. “Hai notato la nuova Preside, almeno?”
“Difficile non notarla” risponde, limandosi le unghie con maggior vigore. “E’ un intero continente alla deriva.”
“E… cosa ne pensi?”
“Penso che abbia costretto con la forza suo marito a farsi nominare in sua vece” snocciola, senza smettere di esaminare le sue unghie. “Non escludo che sia stata lei stessa a farlo finire in ospedale.”
Nella mia mente prende corpo l’immagine del povero preside Canfield intento a canticchiare sotto la doccia, quando, improvvisamente, un’ombra scura si allunga su di lui: il Preside urla di terrore, mentre sua moglie lo afferra per il doppio mento e lo mette al tappeto con una micidiale mossa di wrestling.
“E’ un’accusa grave, ma non la escluderei” considero, mentre l’acqua della doccia, nella mia immaginazione, continua a scorrere sul corpo immobile del Preside, lucido e tondeggiante come quello di un cetaceo. “Tu non sembri affatto preoccupata, comunque” osservo, nervoso.
“No, affatto” conferma Nikki, con l’aria di chi la sa lunga. “Il Comitato dei Genitori non permetterà mai che quella fanatica trasformi la scuola in una caserma. La manderanno via ancora prima che finisca di arredare la sua Sala delle Torture.”
Respiro profondamente, cercando invano di distendere i nervi.
“E’ una catastrofe” dichiaro , affondando le mani tra i capelli. “Tutti i miei peggiori timori sono entrati da quella porta insieme a quell’orribile donna…”
“Sta’ calmo, Fatina” riprende Nikki, con tono pacato, ma grave. “Nessuno, neanche Vlad l’Impalatore, può impalare Nikki Hortense.”
“Ma se…”
“Ti prenoto un trattamento con i fiori di Bach per oggi pomeriggio.”
“Spero che funzioni” mi arrendo, con un sospiro.
“Oh, credimi, Fatina, non c’è niente di meglio dei fiori di Bach per le preoccupazioni superflue!”
“ Sarà meglio che torniamo in classe” taglio corto, buttando uno sguardo veloce alla porta dello sgabuzzino. “Credo che il professor Prescott e la Appelfeld si stiano rivestendo.”

“Non so cosa fare” confesso, passandomi una mano trai capelli. “Sento che sto per avere un attacco di panico… poco fa in classe non riuscivo neanche a respirare!”
Gli occhi di bottone di Popo, il mio orsacchiotto, mi fissano interrogativi dallo scaffale del mio armadietto.
“Non guardarmi così!” lo supplico, reggendomi all’anta metallica. Non mi fido delle mie gambe vacillanti. “La situazione è gravissima, Popo. Per quanto Nikki cerchi di rassicurarmi, non sono affatto tranquillo. Non credo che Anonymous abbia cattive intenzioni… ma se dovesse dire tutto? Ha promesso di non farlo, ma io stesso non potrei biasimarlo se… e adesso che quella donna è al potere, le conseguenze sarebbero ancora più…”
Popo continua a guardarmi, e questa volta nel suo sguardo fisso colgo una leggera sfumatura di rimprovero.
“Perché mi sono lasciato trascinare in tutto questo?”  piagnucolo, coprendomi il volto con le mani. “Ho proprio bisogno di un abbraccio…”
Tiro fuori dall’armadietto l’orsetto giallo eggnog per stringerlo forte tra le braccia, ma neanche il contatto col suo pelo soffice e il suo vago profumo di vaniglia riescono a placare la mia inquietudine.
 “Credo di aver bisogno anch’io di un abbraccio così!”
E’ Bennet, che trotterella  baldanzoso verso di me, come se avesse le molle ai piedi.
“Mi hai spaventato” sbotto, ficcando in fretta Popo in fondo all’armadietto e richiudendolo con una certa veemenza. “E’ possibile che in questa scuola dobbiate tutti spuntare fuori di soppiatto?!”
“Come mai non sei a lezione?” mi chiede, il sorriso leggermente incrinato.
“Potrei chiedere lo stesso a te” rispondo, sforzandomi con scarso successo di addolcire il tono di voce.
“Mi annoiavo e ho finto di avere un attacco di balenite acuta” ammette candidamente, soffocando una risata. “Tu non vuoi dirmi perché non sei a lezione?”
“Ti sembrerà strano” borbotto, riaprendo l’armadietto e frugando a casaccio tra i libri, solo per non doverlo guardare negli occhi. “Ma anche a me ogni tanto capita di annoiarmi e fingere di star male.”
“Ehm… certo” commenta Bennet. “E ogni tanto capita anche che i Cavalieri dell’Apocalisse sorgano dalle viscere della terra per annunciare la fine del mondo come lo conosciamo.”
Fingo di non aver sentito, e mi accorgo di sfogliare nervosamente il quaderno di matematica senza alcun motivo, se non nella vaga speranza di trovare una rispostaccia da restituirgli.
“Topher, stai bene? Mi sembri nervoso.”
“Scusami, immagino pensavi di appartarti con me nello sgabuzzino delle scope… ma sono un po’ occupato. Magari ci trovi Prescott e la Appelfeld, se ci vai adesso.  Non credo che saranno troppo dispiaciuti di avere ospiti.”
“Hey” protesta Bennet, prendendomi il polso. “Mi dici che ti prende, sì o no?”
“Niente” mento, cercando di divincolarmi.
“Non è vero” obbietta Bennet, avvicinandosi fino a tenermi inchiodato all’armadietto. “E’ successo qualcosa.”
“Ti dico che non è successo niente” insisto, voltandomi per non guardarlo. Sento letteralmente il suo fiato sul collo.
Poi, improvvisamente,  si allontana e mi lascia andare la mano, come se si fosse scottato.
“Non posso dirtelo” mi lascio sfuggire in un sussurro, gli occhi bassi sul pavimento. “Scusa.”
Bennet rimane in silenzio per un lunghissimo istante, e quasi mi sembra di sentire la sua mandibola scricchiolare e cedere dalla sorpresa.
“Che significa che non puoi dirmelo?”
Significa che non posso dirtelo. Significa che faccio parte del Mocassini Club. E che se lo dico a qualcuno verrò buttato fuori a calci, o espulso dalla Wefanie, o rinchiuso in una prigione turca, e quasi certamente perderò l’amicizia di Nikki.
“Non pensavo avessi dei segreti con me” afferma Bennet, dopo un’altra lunga, inquietante pausa. Ognuna di quelle parole sembrano essergli costate un’enorme fatica.
“Segreti, dici?” sibilo, sentendo montare dentro me un’improvvisa ondata di collera. “Parli di segreti! Sono passati due mesi da quando stiamo insieme… e dimmi un po’,  per caso hai detto anche a i tuoi amici le cose che hai detto a me? Hai detto a Brucaliffo o… a quell’altro… Libido o come diavolo si chiama… che hai lasciato Stella per stare con me? Per stare con un ragazzo?Eh, Danny Zuko? O non vuoi rovinare la tua reputazione di tombeur de femmes?”
Bennet sarebbe più scioccato solo se gli avessi puntato contro un Kalašnikov .
La mia gola è in fiamme, come se avessi appena vomitato. Sulla lingua il retrogusto rancido della paura e dell’incertezza è nauseante.
“Ma di cosa stai parlando, Topher?” domanda, esterrefatto. “Di cosa stai parlando?! Queste non sono parole tue… io non… è quella Hortense. E’ lei, ci scommetto…  non capisci che sta cercando in tutti i modi di tenerci lontani?! E tu…”
“Non hai ancora risposto!” ribatto. “Gliel’hai detto oppure no?”
Bennet apre e richiude la bocca.
Se non fossi tanto scosso, riderei della sua espressione ebete.
“ No. Non l’hai ancora detto a nessuno. Come pensavo. Non è Nikki che vuole tenerci lontani…”
“E chi allora? Io?”
“Be’, forse sì…  forse vuoi lasciarti ancora una porta aperta con…”
La frase rimane mozzata, mentre cerco di trattenere le lacrime.
Vorrei che se ne andasse, ma ho il terrore che lo faccia.
Nel silenzio che segue,  un raggio di sole si allunga dalla finestra per accarezzarmi la spalla. Trovo insopportabile che tutto attorno a me sia così normale, così sereno, che il sole continui a brillare indisturbato mentre io probabilmente sto perdendo Bennet per sempre.
“Topher, cazzo…” impreca lui, infilzando la sua frustrazione con quelle ‘z’ accuminate.  ‘Diamine’ è la parola più volgare che gli abbia mai sentito dire fin’ora. “Non mi importa niente. Un bel niente di Stella Santini.”
Da qualche parte, non lontano, una porta si chiude rumorosamente.
“Mi guarda come se volesse farmi a pezzi…” bisbiglio. “Lei sa di noi. Ci ha visti, in biblioteca.”
“Che sciocchezze” protesta Bennet, in tono sbrigativo. “Se mai sono io che l’ho vista con Zebedee ‘Bull-Dozer’ Brawn, mano nella mano, in sala mensa… credimi, mi ha dimenticato in fretta.”
“Vorresti dire che se non fosse per  Bull-Dozer voi due…”
“Topher. Ascoltami bene adesso”  mi interrompe, prendendomi il viso tra le mani e parlandomi come se mi stessi aiutando a risolvere un esercizio di trigonometria particolarmente difficile. “Voglio chiarire una cosa una volta per tutte. Io ti…”
“Oh no…” faccio appena in tempo a sospirare, mentre un ciabattare di tacchi e un fulmine a ciel sereno preannunciano l’arrivo di Xanthippe Canfield.
“Ucci ucci…” cantilena la Preside, mentre il suo faccione – una  maschera di Gorgone – fa capolino da un angolo. “Sento odor di studentucci!”
“Noi stavamo…” comincia Bennet, ma le scuse gli muoiono in gola, davanti agli occhietti malvagi di due dobermann, le orecchie appuntite come pugnali, tenuti a guinzaglio dalla Canfield.
“Anche voi qui, cari fanciulli?” ridacchia la Preside, con un sorriso demoniaco. “A quanto sembra, in questa scuola, non è cosa rara trovare studenti a zonzo nei corridoi mentre dovrebbe essere curvi sui libri. Ho appena inflitto una pena corp… ehm, una nota disciplinare al signor Northangle e alla signorina Vaughan. Volete forse seguirli in detenzione?”
“Ci scusi, signora Preside” interviene Bennet, riacquistando il suo aplomb. “Il signor Dukes si è sentito male e lo stavo accompagnando in infermeria.”
I cani ringhiano più forte, la bava alla bocca, come se avessero annusato il puzzo della menzogna.
“Oh, ma che scenetta commovente!” commenta la Canfield, melliflua. “Efestione moribondo e Alessandro al suo capezzale… intravedi già la luce dei Campi Elisi, signor Dukes? Hai intenzione di passare a miglior vita proprio adesso? No, vero? Bene.  Farete meglio a tornarvene in classe subito. Avete cinque secondi esatti prima che sguinzagli Flagello e Cilicio.”

“Una Dieta Straordinaria!” ripete Nikki, per l’ennesima volta. “Adesso sì che sono preoccupata!”
Stiamo salendo insieme la scalinata che porta al secondo piano, su cui la luna piena ha srotolato un tappeto di luce argentea.
“Non ricordavo che potessero convocarne una…” ammetto, cercando di tenere il suo passo. “Eppure ho letto due volte il De Mochasinorum Sodalitate…”
“In quanto Vice-Presidente e Vice-Reginetta ne hanno il potere” risponde Nikki, a denti stretti, brandendo la borsetta come un’arma. Ha un’aria decisamente bellicosa, nonostante il suo lezioso abito Moschino color fragola, con maniche a palloncino e fiocco verde foglia sulla scollatura, il tutto cosparso di lucenti cristalli neri, a mo’ di semini.
“Avete sentito dello sciame di comete?” domanda Mia, che, ci precede di qualche passo, a braccetto con Gloria. “E’ previsto tra un’ora.”
“E da quando l’astronomia ti interessa più dell’astrologia?” abbaia Nikki, decisamente di pessimo umore. Vederla così mi impensierisce ancora di più.
“Ultimamente stanno succedendo parecchie cose strane” sentenzia Gloria, guardando con aria apprensiva il cielo dalla finestra. “Tre giorni fa quella grandine sospetta… poi, lunedì, quell’invasione di cavallette… e  ieri la piena del fiume!  Il mio autista dice che il Pushpoor non straripava così da almeno trent’anni…”
“L’unica cosa a straripare, oggi, sarà la mia pazienza” avverte Nikki, affrettando il passo e raggiungendo in fretta l’Ufficio del Preside. O meglio, della Preside, ricordo, con un brivido.
“Hai dimenticato l’incidente del preside Canfield, Gloria… senza contare l’incendio nella boutique di Chanel, in Bounty Boulevard” la rimbecca Mia, in tono grave.
“Già, è vero! E’ tutto molto sinistro” rincara la dose lei. “Qualcosa di orribile sta per accadere, me lo sento. Ho un bruttissimo presentimento!”
Tutti i membri del Mocassini Club sono schierati lungo le pareti dell’Ufficio del Preside, chi in piedi, con un Martini in mano, chi comodamente adagiato sulle poltrone e i divani broccati. Al centro della sala, in piedi, con’aria trionfante, Angelica Vaughan ed Herman Northangle, nei loro abiti più suntuosi.
“Ecco qui la nostra Reginetta!” esclama Angelica, con l’aria di chi annuncia l’arrivo di un clochard ad un ricevimento di corte a Versailles.
Nikki ricambia una tale, calorosa, accoglienza rivolgendole lo stesso sguardo carico d’affetto che la regina Maria Antonietta era solita indirizzare alla contessa Du Barry.
“Naturalmente accompagnata dal suo seguito” osserva Herman. Gli occhi luccicanti di perfidia indugiano a lungo su di me, che avvampo.
“D’altronde, senza l’imputato non si può certo dare inizio al processo!” squittisce Angelica, con una risatina.  

L’eco della parola “processo” fluttua per qualche istante, come un fiocco di neve, nel silenzio tombale che segue questa affermazione.
Processo?” ripete Nikki, incredula.
“Sì” interviene, con aria mesta, Ashley, seduto sulla sua scranna di Presidente. “Angelica e Herman sostengono di dover muovere delle gravi accuse contro Topher.”
“Esattamente, Presidente” sottolinea Angelica, rivolgendomi un sorriso inquietante.
E’ la fine.
Sono fuori gioco.
Tutti gli occhi del Mocassini Club sono puntati su di me, ansiosi di assistere allo spettacolo della mia totale disfatta sociale.
Nikki, intanto, deve fare un enorme sforzo di autocontrollo per non aggredire fisicamente Angelica e Herman.
“Prima di dare inizio a qualsiasi processo è indispensabile assicurasi che Topher abbia una difesa” afferma, granitica.
“E’ quello che prevede il Regolamento” puntualizza Ashley, col tono funereo di chi vorrebbe trovarsi in qualunque altro luogo che non sia questo. “Ma il Vice-Presidente e la Vice-Reginetta ritengono di avere prove schiaccianti.”
“Staremo a vedere” ribatte Nikki, ammantandosi di gelida dignità.. “In ogni caso, in quanto Tutore-Garante di Topher Dukes alla sua Cerimonia di Iniziazione, sarò io stessa a difendere l’imputato.”
Detto questo sfila imperturbabile fino a raggiungere la sua poltrona, mentre Blanche Chemel, in quanto Presidentessa della Giuria, mi indica, con un sorriso tirato, una sedia elegante, ma dall’aria scomoda, lasciata per me al centro della sala.
“Benissimo! Cominciamo allora con la prima fotografia!” cinguetta Angelica, premendo ostentatamente il pulsante d’accensione del proiettore.
Su una lavagnetta bianca, lasciata davanti alla scrivania del Preside, compare un’immagine di me e Bennet nel corridoio principale della scuola. E’ stata scattata oggi, come conferma la data scritta in basso a destra. Herman e Angelica devono aver origliato la nostra piacevole conversazione.
Un brusio scandalizzato si diffonde tra gli astanti, sopito immediatamente dagli sguardi assassini di Nikki.
“Non mi sembra granché come prova” commenta, con stoica freddezza.
“Che ne pensi di questa, allora?”
Bennet ora è vicinissimo a me. Dall’inquadratura si direbbe che mi stia baciando sul collo.
“Come potete vedere, signore e signori della Giuria” esordisce Herman. “Thorfinn Dukes è qui ritratto in pose decisamente inequivocabili con Bennet Brown, altrimenti noto come Elemento X, personaggio inviso alla nostra nobile congregazione.”
“Si chiama Topher Dukes” lo corregge Ashley, sempre più rannuvolato.
“E’ evidente che tra i due è in corso una liason” continua Angelica, che sembra lì lì per improvvisare una danza della vittoria.
“A me sembra più la foto di un’aggressione che di un incontro galante” osserva Nikki. Alcuni membri della Giuria aguzzano lo sguardo e inclinano la testa da un lato di fronte agli scatti infamanti, come per meglio osservare un’opera d’arte.
“Ma c’è ancora dell’altro” riprende Herman. Una terza foto appare sullo schermo. “Ecco Bennet Brown  entrare di soppiatto nell’Aula di Musica durante la pausa pranzo, esattamente tre giorni fa.”
Angelica preme nuovamente il pulsante del telecomando, ma a giudicare dall’espressione beata del suo volto si direbbe si tratti piuttosto del tasto d’accensione di un vibratore.
“Ed ecco qui l’imputato che entra nella stessa Aula, dopo soli cinque minuti” descrive Herman. “Prossima foto, per favore… dopo mezz’ora, l’imputato e Bennet Brown escono insieme dall’Aula di Musica.”
“Colti in flagrante!” esclama una voce dalla Giuria.
Molti altri bisbigliano qualcosa in segno di assenso.
“E abbiamo moltissime altre foto simili” aggiunge Herman, all’apice della gaiezza. “Nelle ultime settimane Typhon Dukes e Bennet Brown si sono incontrati di nascosto almeno trentasette volte… impossibile negarlo!”
“Mi dispiace contraddirti” sibila Nikki, con l’aria di una a cui non dispiace affatto. “Ma a meno che non abbiate foto o video a luci rosse, le vostre prove non dimostrano un bel niente.”
“E’ a me che dispiace contraddire te” ribatte Herman. “Ma le prove sono decisamente schiaccianti, invece. Instaurare un rapporto così sconvenientemente intimo con un soggetto come Bennet Brown rappresenta, a tutti gli effetti, un reato gravissimo, che, per tanto, può valere a Tucker Dukes l’espulsione con infamia dal Mocassini Club.”
“Nessun membro del nostro Club può pensare di sbaciucchiarsi un individuo così… volgare e privo di stile come Bennet Brown, e restare impunito” interviene Angelica. “Neanche con la complicità della Reginetta.”
Nikki, la cui maschera di imperturbabilità si incrina secondo dopo secondo, la guarda con la ferocia di un’orsa di fronte all’incauta turista che accarezza il suo orsacchiotto.
Mi aspetto che si avventi su di lei da un momento all’altro.
“Senza contare, miei cari membri della Giuria, che l’imputato potrebbe aver rivelato al suo amante molti segreti del Club” arringa Herman. “D’altronde il tradimento è nel DNA dei Dukes…”
Qualis pater, talis filius” commenta malevolo Barnabas Babcock, appoggiato languidamente ad una colonna.
“Esatto, Barnie” lo vezzeggia Angelica. “ Si dà il caso, infatti, che il signor Leopold Dukes, padre del qui presente imputato e Vice-Presidente del Mocassini Club dal 1973 al 1974, si sia volutamente dimesso dalla carica e abbia rinunciato a indossare i mocassini per amore di una certa…” Angelica tira fuori dalla borsetta un fascicolo e lo passa in rassegna “… una certa Monica Melville, membro del Circolo di Poesia e presidentessa del Club degli Topi di Biblioteca.”
Un unico brivido di raccapriccio scuote la folla come un’onda anomala.
“Tra l’altro la suddetta Monica, nella foto dell’annuario del 1973, indossa un maglione da ergastolo” commenta Angelica, con l’ennesima risatina.
Monica… non sapevo neanche che avesse studiato alla Wefanie!
“Tutto questo è assurdo. Totalmente irrilevante!” prorompe Nikki, scattando in piedi.
“Ma l’album fotografico delle nefandezze di Topher Dukes non finisce qui, membri della Giuria! Abbiamo prove sufficienti per dimostrare che l’imputato si trovasse a Brentwood, nei pressi della villa di Marilyn Monroe, il giorno stesso del presunto suicidio della diva…”
“O ma questo è ridicolo! Non era neanche…”
“In più, alcuni testimoni dichiarano di aver osservato Topher Dukes cambiarsi negli spogliatoi e di aver visto con i propri occhi le diaboliche deformità da cui è affetto. Pare, infatti, che abbia zampe di gallina al posto dei piedi e una lunga coda di serpente che…”
“Ti ammazzo! Giuro che ti ammazzo adesso!”
“Gli stessi testimoni giurano di avergli visto chiaramente una strana voglia sulla pelle…” continua Angelica, godendo dell’ira di Nikki. “Una voglia a forma di pipistrello, appena sopra il pube… si direbbe si tratti del cosiddetto ‘marchio del diavolo’…”
“Sarei anche una strega, quindi” sbotto, la voce rauca dopo il lungo silenzio.
“Dobbiamo interpretarla come una confessione, questa?” domanda Herman, scoppiando in una risata malefica.
 “La Giuria ha tutti gli elementi per emettere un verdetto” taglia corto Angelica, cercando a fatica di contenere la sua esultanza. “Topher Dukes ha commesso crimini tali da essere bandito per sempre dal Mocassini Club e dalla Wefanie High School…”
“Se la Giuria me lo concede” aggiunge Herman, “Io suggerirei il Battesimo del Biasimo. I mocassini di camoscio che gli sono stati consegnati il giorno della sua Iniziazione verranno immersi nell’acqua e dunque irrimediabilmente rovinati, così come il suo ignobile atto ha orrendamente deturpato la reputazione della nostra confraternita…”
“Non così fretta!” ruggisce Ashley, facendo sobbalzare tutti. “Credo che vi siate immedesimati fin troppo nel ruolo di giustizieri e abbiate dimenticato che l’ultima parola spetta al Presidente.”
“Oh, bè…”
“L’imputato ha diritto a difendersi” va avanti Ashley, ignorando i loro sguardi torvi. Poi si rivolge direttamente a me. “Come ti dichiari di fronte a questa accuse?”
I miei occhi saettano verso Nikki, che mi guarda con aria allarmata e mi suggerisce con le labbra, in modo quasi impercettibile: ‘Innocente’.
Il cuore mi martella nel petto come mai prima d’ora. Gli sguardi della Giuria pesano come pietre pronte a lapidarmi.
Torno a guardare Ashley. Il suo volto è teso, quasi sofferente.  Sta facendo tutto ciò che è in suo potere perché io possa difendermi.
“Allora, come ti dichiari?” in calza, visibilmente nervoso.
“COLPEVOLE!” strilla una voce sguaiata alle mie spalle.
Immediatamente Ashley, Nikki, Angelica, Herman e tutto il resto del Mocassini Club inchioda lo sguardo verso la porta.
“SIETE TUTTI COLPEVOLI!”
Qualcuno urla di spavento.
All’uscio, con un espressione di sfida sul volto, c’è Stella Santini.

 

Sì, lo so, l'ultimo aggiornamento risale a secoli fa... e sono certo che oramai mi davate per disperso in qualche jungla inesplorata, ma eccomi qui :)
Finalmente sono riuscito a rimettere mano al mio caro Mocassini Club.
Grazie per la vostra infinita pazienza! Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento!
♥ ♥ ♥


Esperanza, la fuerza de la pasiòn è la prima mini spin-off formato telenovela, incentrata sull'avventurosa giovinezza di Esperanza Vivas, la vulcanica colf di Villa Hortense. Passioni infuocate, amori proibiti e torbidi intrighi sullo sfondo di una caliente e insidiosa Buenos Aires...

 


Nelle puntate precedenti di
"Esperanza, la fuerza de la pasion"...
Esperanza Vivas e il suo amato Agapito Amador, entrambi originari di Buenos Aires, dopo molte tribolazioni, decidono di sposarsi e coronare il loro sogno d'amore. Vengono però ostacolati dal perfido Don Porfirio, innamorato pazzo di Esperanza. Rifugiatisi in Florida, i due riescono finalmente a sposarsi. Dopo aver nascosto la morte accidentale del professor Orion Adichermatos, minaccioso ammiratore di Esperanza, e a seguito di un viaggio nel tempo dal quale la nostra eroina torna con tre figli avuti dall'eroe greco Diomede (Metrocle, Patostene e Agape), Esperanza e il suo amato Agapito possono finalmente vivere felici e prosperi. Agapito vorrebbe avere un figlio dalla sua amata, ma dopo numerosi tentativi fallimentari, non accetta l'idea di essere sterile e attribuisce la colpa ad Esperanza, che, presa dall'ira, gli rivela di essere la madre naturale di Metrocle, Patostene e Agape, e non la madre adottiva, come gli aveva fatto credere inizialmente. Sconvolto, Agapito decide di lasciare per qualche tempo la famiglia e, ubriaco, cede alle avances di una donna incontrata in un bar, Jolanda. Esperanza, nel frattempo, si dispera, cercando dappertutto suo marito, ma poi scopre, guardando il notiziario tv, che si è tolto la vita nella camera di un motel, tirando un morso al micidiale peperoncino noto come "Fallo del Diavolo". Esperanza, distrutta dal dolore, vorrebbe utilizzare il rosario magico di sua nonna Guadalupe per riportare in vita il suo amatissimo Agapito, ma scopre con orrore che sua figlia Agape ha esaurito tutta la magia del rosario per ottenere il potere di far piovere caramelle a suo piacimento.

Episodio 20 - De mal en peor
Esperanza si rivolge all'impresa di pompe funebri di Caleb Calfuray, un affascinante vedovo, suo vicino di casa. Durante la cerimonia straziante, Esperanza e i suoi figli rivolgono il suo ultimo addio ad Agapito, adorato marito e padre affettuoso. Come se la sventura non si fosse accanita abbastanza sulla povera Esperanza, un terribile terremoto si abbatte su Los Angeles e l'enorme villa Amador viene distrutta. Esperanza, rimasta vedova, senza una casa nè un lavoro e dovendo badare da sola a tre figli non ancora adolescenti, è costretta a vivere in una baracca di fango sotto un ponte, cercando di trovarsi un lavoro (impresa disperata dato che il terremoto ha messo in ginocchio l'economia della città). Il signor Calfuray, suo ex vicino di casa, la cui enorme villa è sopravvissuta al terribile terremoto, offre generosamenta la sua ospitalità alla sfortunata Esperanza e ai suoi figli, finché la loro situazione economica non sarà migliorata. Esperanza, sebbene riluttante ad approfittare dell'altruismo del signor Calfuray, è obbligata ad accettare, viste le condizioni in cui versa la sua famiglia.

Episodio 21 - Mejor que nada
Passano alcuni mesi ed Esperanza, ancora ospite, con i suoi figli, di Caleb, comprende quali siano le sue reali intenzioni: l'uomo, infatti, è palesemente innamorato dell'avvenente vedova. Esperanza è ancora afflitta per la tragica morte di Agapito, ma non vuole negare ai suoi figli la possibilità di avere un padre e considera inoltre che Caleb, ricco, gentile e affascinante, potrà essere, se non l'amore più grande della sua vita, quanto meno una piacevole compagnia con cui invecchiare. Caleb, entusiasta, chiede la mano di Esperanza, che accetta. Celebrate le nozze, al ritorno dalla luna di miele, Esperanza, donna attiva, vorrebbe continuare a cercare un lavoro. Caleb insiste affinchè diventi sua socia nella sua società di pompe funebri ed Esperanza, per non offendere suo marito, accetta la proposta. In ufficio conosce Jolanda, l'affascinante e simpatica segretaria di Caleb. Tra le due nasce ben presto una tenera amicizia, ma Esperanza non sa che Jolanda ha in mente un terribile piano...

Continuarà...


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