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Autore: Harry_Wife    24/01/2013    1 recensioni
Ho sempre vissuto a Londra. Anche se ''vivere'' è una parola veramente grande.
Troppo per poter riferirsi a me. Al massimo esistito. Sì esistito è più adeguato.
Comunque io, Adela Young adolescente di 18 anni ho sempre vissuto a Londra fino ai miei 17 anni perchè da lì in poi io sono solo ''esistita''. è impossibile vivere dopo tutto il dolore che ho provato. O forse mi sbaglio?
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Messaggio Autrice*

Ehiiiilàààà
Questa volta ho messo il messaggio autrice prima dell’inizio del capitolo per un semplice motivo: questo capitolo è un extra. Cioè non c’è Niall, ma racconta come Adela e Eric si siano conosciuti e come iniziano a frequentarsi. Lo so che da come è scritto sembra messo lì frettolosamente ma dovevo farcelo stare in un unico capitolo.
Chiedo scusa per gli errori ma oggi non ci sto con la testa @.@
Tranquilli da prossimo capitolo riprenderò la storia di Niall e Adela! ;D
Spero che vi piaccia questo extra e gradirei le vostre impressioni del capitolo con una recensione!
With love, F.
 
P.S. Buona lettura!


 
Adela*
 
Stavo camminando vicino a i negozi che si affacciavano al fiume di Londra. Come sempre, durante le mie passeggiate solitarie, ero al telefono con Alexis, la mia migliore amica. Siamo amiche da quando abbiamo frequentato insieme le media e tutt’ora, nonostante siamo in scuole superiori differenti, lo siamo rimaste. Lei è abbastanza alta, magra e con dei lunghi capelli biondi platinati. Ha gli occhi marroni, anche se di solito porta le lenti a contatto azzurre. Tutto sommato è una bella ragazza. Difatti quando andiamo in giro siamo abituate ai numerosi sguardi dei ragazzi e alle loro avance. Io, a differenza sua, non li calcolo molto, difatti non ne ho mai baciato uno, e tutti quelli che rifiuto lei se li prende.
“E quel ragazzo mi è letteralmente saltato addosso!” Urlò Alexis nel mio povero orecchio.
“Stai scherzando, vero?”
“Magari stessi scherzando!” In quell’esatto momento sentii dei singhiozzi.
“ E sai io che ho fatto?”
“Shhh”
“Eh?”
“Zitta!” Lei si ammutolì e sentii di nuovo i singhiozzi. Mi guardai un po’ attorno ma non vedevo nessuno.
Ascoltai più attentamente e capii che provenivano dal lungofiume.
“Adela?”
“Ale, ti chiamo io dopo!”
“Che succede?”
“Ciao!” Le riattaccai e infilai il cellulare nei pantaloni. Attraversai la strada e presi il piccolo sentierino che veniva usato dai vecchi pescatori per recarsi a pescare. Mi ritrovai in una camminata piena di ciottoli. Poco lontano dal sentiero vidi un bambino accovacciato che piangeva. Mi avvicinai a lui e notai l’abrasione sanguinante sul suo ginocchio. Presi un fazzolettino e iniziai a tamponare sulla ferita.
“Ehi, che ti è successo?” Ma il bimbo non mi calcolò minimamente e continuò a piangere.
“Tieni questo fazzoletto e tienilo premuto sulla ferita, intanto vado a prendere qualcosa per disinfettarla”
Fece tutto ciò che gli dissi senza degnarmi minimamente di uno sguardo. Mi affrettai a tornare in strada e a cercare una farmacia. Per fortuna ce n’era una nelle vicinanze. Comprai dell’acqua ossigenata e della garza. Ritornai dal bimbo, che era ancora accovacciato nel luogo in cui l’avevo lasciato. Presi un altro fazzoletto, lo bagnai di acqua ossigenata e lo appoggiai al ginocchio “Per fortuna è quella che non brucia”. Dopo aver disinfettato per bene la ferita gli misi la garza attorno al ginocchio e la fermai con una spilla.
“Ecco fatto” Il bimbo, che piano piano aveva smesso di piangere, mi guardò negli occhi e borbottò un
“Grazie” Lo guardai sorridente. E gli asciugai il viso, ancora pieno di lacrime.
“Come ti chiami?” Lo incitai a parlarmi.
“Matthew”
“Bene Matthew, io mi chiamo Adela” Dissi sorridendogli.
“Ma che hai combinato?” Dissi indicando la ferita.
“Sono caduto mentre correvo”
“E i tuoi dove sono?”
“Non ci sono” Disse lui piagnucolando. “Chi mai lascerebbe andare in giro proprio figlio, avendo lui sui 5-6 anni?” Feci una smorfia a quel pensiero.
“E sei venuto qui da solo?”
“No. Con mio fratello”
“Bene. Allora vieni con me che cerchiamo tuo fratello?” Gli feci il sorriso più grande che potessi e a ciò lui si illuminò un poco. Lo presi per mano e camminammo per il lungo fiume cercando il fratello.
Ed ecco che dopo una decina di minuti vedemmo un ragazzo correrci incontro.
Un ragazzo piuttosto alto, magro e muscoloso. Aveva gli occhi grigi e i capelli corvini, con la frangia tirata su.
“Matthew!” urlò il ragazzo dai tratti perfetti. Ci corse incontro e abbracciò il bambino stritolandolo.
“Ma dov’eri finito?”
“Ero caduto!” Disse lui contraccambiando l’abbraccio.
“Caduto?” Disse il ragazzo che si allarmò alla vista della garza.
“E chi ti ha curato?”
“Adela” Il ragazzo si girò e mi guardò dalla testa ai piedi. “Non si era accorto della mia presenza?” Poi sporse la mano e mi disse
“Piacere Eric”
“Adela” Dissi sorridendogli. Era proprio bello.
“Beh Adela, Grazie per aver dato una mano a Matthew” Mi sorrise. A ciò mi sciolsi e arrossii un poco.
“Di niente, è stato un piacere per me aiutare il piccino” Così dicendo arruffai i capelli di Matthew, che mi fece un sorriso a trentadue denti.
“Allora noi andiamo che la mamma ci ammazza se arriviamo in ritardo. Allora ciao Adela e grazie ancora!” Disse lui frettolosamente. Mi si strinse il cuore. “Perché tanta fretta?”
“Ciao!” Rimasi impalata a guardare le due figure che si allontanavano mano nella mano.
“Uff, solo a me capitano certe situazioni”
Più di un mese dopo rividi quel ragazzo. Per tutto questo tempo mi erano rimasti impressi i suoi occhi nella mente. Era impossibile dimenticare degli occhi così belli.
Ero da Sturbucks con Alexis e nel tavolino vicino al nostra chi c’era? Eric ovviamente. Lo iniziai a guardare senza cercare di farmi scoprire. Ma Alexis se ne accorse. E iniziò a guardarlo anche lei.
“Ora capisco. Tu rifiuti tutti i ragazzi che si fanno avanti per lui?” Disse lei indicandolo. Arrossii violentemente.
“Figurati se a me può interessare uno così” Ma lei lo capì. Capì che mi piaceva e che era da più di un mese che mi ronzava per la testa.
“Davvero?”
“Giuro” Dissi cercando di sembrare convinta.
“Beh, allora posso prendermelo io” Disse. A quelle parole mi rabbuiai. Lei mi fece un occhiolino e si alzò dalla sedia. “No, no, no no! Non mi puoi fare questo!” E invece lo fece. Si sedette nel tavolo di Eric.
Vidi che iniziarono parlare e a ridere e scherzare. “La odio”. Mi girai riluttante dall’altra parte per non vedere quella scena vomitevole. E proprio quando mi girai verso di loro vidi la ‘mossa di Alexis’, che tante volte aveva messo in pratica davanti a me. Si sporse verso di lui e posò le labbra su quelle di lui. Lì non ressi più. Mi alzai e me ne andai infuriata.
Quel giorno piansi tutte le lacrime che avevo in corpo. La mia migliore amica era una troia. Ecco cos’era. E ora io mi ritrovavo senza amici. Perché? Beh, perché chi era amica di Alexis è ovvio che venisse odiata.
Continuai la mia vita, e grazie a dio riuscii a farmi delle nuove amiche. Erano delle mie compagne di classe, Charlotte, Jade e Phoebe. A loro Alexis non aveva mai rubato il ragazzo, e forse è per questo che sono riuscita a fare amicizia con loro. Erano molto simpatiche e, a differenza della ‘Troia’, il loro mondo non girava attorno ai ragazzi.
Un giorno decidemmo di andare a fare un giro per il centro. Allora presi il pullman che portava nel luogo prestabilito per l’appuntamento. Mentre ero lì sopra notai dei capelli corvini. Eric. Era da più di tre mesi che non lo vedevo. Appena lo vidi schiacciai il pulsante per poter scendere alla prossima fermata. Non avevo la minima intenzione di prendere lo stesso pullman su cui si trovava lui e avrei aspettato volentieri il prossimo. Appena il pullman si fermò scesi di corsa ma notai che si girò verso di me e puntò i suoi occhi nei miei. Toccai terra e aspettai che il pullman ripartisse ma vidi la figura di Eric scendere dal trasporto prima che le ante si chiudessero. Quando lo vidi mi girai dall’altra parte e andai dritto accelerando il passo per potermi distanziare da lui. Ma, poco distante dalla fermata, mi sentii bloccare per un braccio. Mi girai di scatto verso la persona che mi aveva fermato. Eric.
“Ehi” Disse lui con la sua voce profonda. Scostai il mio sguardo dal suo viso. Non volevo vederlo. Ma lui con una mano mi prese il viso e lo bloccò davanti al suo in modo che fossi obbligata a guardarlo.
“Perché piangi?” Disse. Piango? Con una mano mi toccai una guancia. Sì stavo piangendo. Iniziai a singhiozzare. Lui mi abbracciò e feci sprofondare il mio viso nel suo petto. “è così caldo” pensai. Mi piaceva così tanto questo contatto con lui.
“Ehi, tranquilla, che succede?”
“Che succede? Succede che tu stai con Alexis, ecco che succede!” lui si irrigidì. C’entrato in pieno. Mi scostai da lui.
Ma lui mi riprese per un braccio
“Chi te l’ha detto?”
“Nessuno, ma vi ho visti baciarvi da Sturbucks” Lui mi guardò.
“Sì è vero ci siamo baciati… Ma non stiamo insieme. Lei continuava a provarci e si è impossessata delle mie labbra” Disse ridendo, per sdrammatizzare un po’.
“E poi a te che ti importa?” Effettivamente a me che me ne importava?
“Sì insomma io non ti piaccio!”
“Ma tu che ne sai?!” Risposi impulsivamente, senza pensarci due volte. “Ogni tanto devo tapparmi ‘sta bocca"
“Lo so! Me l’ha detto Alexis! Sai quando eravamo da Starbucks, quando ci eravamo baciati, le avevo chiesto di te e lei mi disse che non ti piacevo minimamente.. Perché non è vero?” Sentii il cuore sobbalzare in petto. “Tutto ciò è reale?” Divenni paonazza in viso in un battito di ciglia. “Devo dirgli la verità, sta volta non esiterò!
“C-certo che non è vero!”
“Quindi io ti piaccio?” Cavolo ma fa di tutto per farmi imbarazzare?
“S-sì” mugugnai.
“Cosa?” Lo guardai storto e lui iniziò a ridere.
“Ok scusa. Ma è divertente farti arrossire. Sei così bella con un po’ di colore sulle guance. E comunque sai? Anche tu mi piaci” Disse sorridendomi. Gli sorrisi di risposta.
“P-posso fare una cosa?”
“Ehm, sì, certo” Detto questo mi mise una mano sulla guancia e l’altra sotto il mento e mi tirò verso sé. Posò le sue labbra sulle mie. A quel contatto contraccambiai il bacio dandogli potenza. Gli buttai le braccia al collo e mi misi in punta di piedi. Tolse la mani dal viso e mi cinse i fianchi con le braccia e mi strinse a sé in modo che ogni singola cellula del nostro corpo fosse in contatto.
“Non sai quanto l’ho desiderato” Disse lui staccando a malapena le nostre labbra. Sorrisi.
“Però prima che tutto prenda una certa piega devo dirti una cosa importante..” Lo vidi incupirsi.
“Dimmi”
“Ecco devi sapere che la prima persona che ho baciato.. Ecco lui è la persona più importante che io abbia mai conosciuto e nonostante non ci fossimo visti molte volte.. Beh sono molto affezionata a lui” Lo vidi sbuffare.
“Quindi, come farai?”
“Come farò? Beh, te lo farò dimenticare, farò in modo che tu possa innamori perdutamente di me, così che tu non possa vivere senza la mia presenza” Lui non sa, non può sapere come queste sue parole si siano realizzate. Come, nonostante lui non ci sia più, io lo ami ancora.
“Ma posso sapere chi è?”
“Sei tu” Dissi sorridendogli. Lui iniziò a ridere e a stamparmi dei dolci baci sulle labbra. Sciolsi il nostro abbraccio. Lui mi porse la mano e intrecciai le mie dita con le sue. Con la mano libera mandai un messaggio alle amiche dicendo che oggi non ce l’avrei fatta a uscire perchè c’era stato un imprevisto. “E che imprevisto!
“Allora dove andiamo?” Chiesi.
“Ovunque tu voglia” Disse mostrando il suo bellissimo sorriso. Tanto avrei voluto poter congelare questo momento in modo tale da poterlo rivivere ogni volta che avrei desiderato. Ma è impossibile, posso solo andare avanti.
Da quel giorno i nostri baci si trasformarono in molto di più, le nostre parole dette timidamente divennero dei discorsi ormai privi di imbarazzo. Superammo tutti i muri che ci dividevano. I nostri ‘ti voglio bene’ divennero dei ‘ti amo’ sussurrati nei momenti più intimi. Perché era vero, noi ci amavamo e ci saremmo sempre amati fino alla fine, e anche dopo.
 
  
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