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Autore: Elis_Ginger    24/01/2013    3 recensioni
Sullo sfondo della seconda guerra mondiale comincia ad uscire lentamente dal nascondiglio il mondo di Jasmine. Tra i ghiacci e il freddo della lontana Siberia, un paesino sperduto vive allontanato dal resto del mondo. E sarà proprio in questo paesino che si svolgerà la nostra storia. E mentre al fronte continuano a morire soldati, Jasmine vive senza sapere cosa sia veramente la guerra. Perché in fin dei conti una bambina di appena cinque anni ha tutto il diritto di vivere felice la sua infanzia, senza sapere cosa veramente accade. Ma lei lo sa lo stesso, in cuor suo, perché è impossibile nascondere una realtà così enorme ed invadente come la guerra.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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01/01/1939

 

Caro diario,

mamma dice sempre che è utile scrivere i propri pensieri su carta, perché così, quando si diventa più grandi, si può rileggerli e riportare alla mente i momenti vissuti in passato. Mamma dice anche che sbocciano fiori ogni volta che si scrive una parola. Chissà quanti nuovi prati ci saranno! Che poi io non so neppure cosa sia un prato. La signora Katalina mi mostra sempre le foto del ‘suo amore’, come dice lei, durante le sue spedizioni in giro per il mondo. E mentre lei racconta di quello che lui le ha scritto nelle lettere, io sbircio un po’ il paesaggio dietro. Qualche volta c’è la panna montata in cielo, altre c’è il mare che si è fatto uno sciampo e c’è tutta la schiuma. Una volta c’era un elefante; dice che il suo amore ne ha montato uno. Quella giornata quante volte me lo ha ripetuto! Ma di prati non ce n’è neanche l’ombra. La signora Katalina mi ha spiegato che i prati sono belli, verdi e con tanti fiori colorati e profumati. Ma poi la maestra a scuola mi ha spiegato che possono essere anche gialli o neri. Dice che quelli gialli sono deserti, e quelli neri sono strade. Mamma però non ci crede, lei si che li ha visti veramente quei posti, e allora di lei mi fido. Oggi è il primo del nuovo anno e per festeggiare siamo andate ad una festa. Mamma si è fatta bella e sopratutto non mi ha messo il grasso di foca: questa era la cosa più importante. Ormai il grasso non lo sopporto più, perché è puzzolentissimo. Si è vista anche l’aurora boreale; è sempre bella e non smette mai di stupire. Miron, il figlio della Katalina, pensa che l’aurora boreale sia la luce di Dio che ci augura un buon anno nuovo. Ma io non ci credo neanche se mi paga; ‘Miron! L’aurora boreale c’è tante volte all’anno, non solo il primo!’. Poi c’è il nonno di Miron che ogni volta che vede l’aurora boreale si mette a cantare. Mamma dice di lasciarlo cantare, perché è felice nel ricordare i tempi passati, ma io una volta gli ho chiesto perché cantava. Allora ha indicato un punto in mezzo alla valle e mi ha risposto: «Ci siamo persi una volta. Faceva tanto freddo e non avevamo più da mangiare; allora ci siamo messi a cantare.» e cantava.

C’è anche un giovane simpatico in paese; si chiama Arefi, ma tutti lo chiamano Arf, ma a me Arf non piace, e lo chiamo Arefi. Lui qualche volta mi accompagna con la slitta a vedere il lago ghiacciato a nord. Quando ci sono i mesi di sole mi fa anche pattinare. Pattinare con lui è bellissimo, perché sembra di volare sul ghiaccio. Io però cado sempre e poi mi fa male al sedere. Ma Arefi continua a dire che basta sapersi rialzare e ricominciare, e prima o poi diventerò brava come lui.

Quando ci sono i mesi di buio le giornate invece sono molto noiose, perché fa troppo freddo e non si può uscire di casa se non con grasso di foca, ma puzza troppo quindi preferisco annoiarmi. Poi c’è anche papà; io non l’ho mai conosciuto e lui non ha mai conosciuto me. Mamma dice che se mi guardo allo specchio vedrò l’immagine riflessa di una parte di papà.

«Stessi occhi e stesse labbra - dice mamma - e stesso cuore.» e sorride.

Una volta le ho chiesto se potevo andare a salvarlo dalla guerra, ma ha detto no, e quando è no, è no. Che poi, io non so neanche cosa sia la guerra.

«Mamma cos’è la guerra?» ho chiesto una volta mentre mi pettinava i capelli.

«Una cosa brutta.» ha risposto.

«Come le tristi avventure del nonno di Miron?»

«No - ha riso - di meno.»

«Per fortuna! Se no sarebbe stata veramente molto brutta!»

Ma il giorno dopo a scuola l’ho chiesto anche alla maestra. La maestra mi ha guardato male per un paio di secondi e poi secco secco ha detto che non era affar mio. Chissà perché la maestra è sempre un po’ cattivella con me; ogni volta che facciamo una marachella si arrabbia e mi guarda con i suoi occhi scuri scuri. Tempo fa facevo anche gli incubi; ma poi è venuta una volta a cena da noi, e da allora mi sta più simpatica. Così ho capito che magari vuole solo avere un prato su cui distendersi, guardando la panna montata nel cielo. Certo, un prato verde, né giallo, né nero, né bianco.

Miron invece pensa che la guerra sia una specie di gioco. Due o più squadre e tanti giocatori; vince chi riesce a raggiungere per primo la bandiera del campo avversario.

«Guarda che la bandiera è lontanissima - dice - per raggiungerla bisogna avere tanti cani così - e apre le mani in un gesto per spiegarmi quanti cani - e si deve camminare e camminare miglia e miglia. Però non sai mai dove cercarla, perché potrebbe anche saltarti addosso all’improvviso.» così gli ha spiegato la Katalina. Io so che alla Katalina piace scherzare e tutti dicono che quando si è tristi basta andare a trovarla. È un po’ goffa e grassottella e quando ti abbraccia, ti avvolge in un miscuglio di bene; sembra quasi una coperta.

Arefi la guerra l’ha vista con gli occhi e una giornata di un mese buio al lago gli ho chiesto:

«Arefi, cos’è la guerra?» e lui ha risposto:

«Qualcosa di brutto.»

«Anche mamma dice così. Ma cosa si fa? È un gioco come quello della Katalina?»

«Quasi.»

«Tu l’hai trovata la bandiera?»

«No, ma c’ero andato vicino vicino.» e mi sorride.

«La tua squadra ha vinto?»

«Si hanno vinto tutti. Tutti sono arrivati alla bandiera.»

«E perché tu no?»

«Perché se fossi arrivato alla bandiera adesso non sarei qui, ma sarei ricco a festeggiare in un posto bellissimo. Ma io preferisco essere qui.»

«E perché?»

«Se fossi in quella città non ti avrei conosciuta.» e mi aveva abbracciata.

Arefi è dolcissimo; ha più del triplo degli anni di me (l’ho studiato oggi in matematica a scuola) ma quando parlo con lui mi sembra di essere grandissima. Lui lo dice sempre che sono una piccola donna. Una volta gli ho chiesto se ci saremmo sposati e lui mi ha detto di si. Da quel giorno ogni volta che ci vediamo per giocare mi porta un fiorellino di carta di sua nonna. La nonna di Arefi si chiama Natasha e dicono che da giovane fosse la donna più bella del mondo. Una volta mi ha mostrato un album con tutte le sue foto ed era veramente bella: capelli chiari mossi, occhi blu come l’acqua del lago con un po’ di verde e labbra rosse come papaveri. Anche i papaveri non li ho mai visti, ma nelle foto della Katalina ne ho trovati alcuni.

«E questi cosa sono?» le ho chiesto.

«Il mio amore dice papaveri. Sono fiori magici.»

«E perché?»

«Perché possono essere di colore diverso a seconda del tuo umore.»

«Cambiano colore d’improvviso?»

«No, con il tempo. Più sei felice e più sono rossi.»

«E se si è tristi?»

«Bianchi o rosa.»

Poi a casa ho chiesto a mamma se fosse solo uno scherzo della Katalina, ma lei ha detto che veramente possono avere colori diversi:

«Quando eravamo piccole, io e mia sorella ci divertivamo a cercare i papaveri ancora chiusi, che ancora non erano sbocciati. E poi giocavamo a indovinarne il colore; e allora ci domandavamo ‘pulcino, gallo o gallina?’. Se era pulcino era bianco, gallo rosso e gallina rosa. Se una di noi due indovinava poteva esprimere un desiderio.»

«Hai mai indovinato?»

«Si, alcune volte si.»

Mamma non lo dice, ma secondo me è perché ha imbrogliato un po’. Cioè, come mi ha spiegato la Katalina, basta essere felici e dopo un po’ il colore cambia. Quindi mamma avrà fatto finta di essere felicissima e poi avrà detto ‘gallo’. Si, secondo me è stato proprio così. Caro diario, ora è tardi, ormai nella valle si è alzato il silenzio e dorme anche Balto, il mio cane tiratore di slitta. Mi piacerebbe continuare a scrivere, ma fa freddo fuori dalle coperte. Notte caro diario,

 

tua Jasmine.



Spazio Autrice: ciao a tutti ^^ Vi avviso, è la prima storia a capitoli che comincio a scrivere intenzionata a finirla. Solitamente mi blocco a metà :) Spero che il fatto di doverla pubblicare mi costringa a scriverla. Mi impegnerò ad aggiungere un capitolo ogni settimana, scuola permettendo. Se non otterrò critiche, o se negavite, eliminerò la storia. Spero di no ^^ Ciao Bacio ♥

  
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