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Autore: Flamel_    24/01/2013    3 recensioni
Questa oneshot è stata scritta di getto qualche giorno fa. Oggi l'ho rivista e... Ecco il risultato!
Cosa è successo quando Sophie ha saputo che il suo adorato Principe Zayn è tornato in città? Ma ovviamente è corsa da lui a salutarlo! La sua povera sorellona, Michelle, ha dovuto rincorrerla e... Incontrare Zayn, anche se non voleva.
Ritorneranno alla memoria tutti i ricordi dei momenti passati con lui e... Leggete per scoprire come è andata a finire!
«Sono un cantante, come vuoi che non frequenti altre ragazze?» chiese lui retorico. «Oh, andiamo, ti prometto che andrà tutto bene».
«Sei un cantante, l’hai detto tu: vivi di parole, parole al vento; nessuna sostanza, esce solo aria dalla tua bocca».
«Non hai idea di quanto siano vere molte di quelle parole…»
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a tutti i Michela (♥), Michelle, Michael, Marta e Martina che mi hanno aiutato con questa one shot.

 

 

«And you know that's what our love can do.
And in this crazy life, and through these crazy times
It's you, it's you, you make me sing
You're every line, you're every word, you're everything.»

Michael Bublé- Everything

 

 

 

Michelle, ma belle


 


Pioveva.

Era una giornata di calma piatta durante le vacanze estive, nulla era in movimento, tranne la pioggia.

I vicini di casa avevano scelto un brutto giorno per lavare la macchina e alla prima goccia si erano rintanati in casa, buttando per aria spugne e secchi.

Gli altri vicini, invece, erano a Londra; erano sempre a Londra da quando il loro unico figlio maschio aveva partecipato a xFactor con gli One Direction ed era diventato una star di fama mondiale. Una star di fama mondiale che non sapeva lavarsi i calzini e chiamava la mamma ogni due per tre.

Si chiamava Zayn Malik ed era sempre stato il mio compagno di banco, di avventure e il mio migliore amico. Era passato tempo da quando ci eravamo visti l’ultima volta e non era stata una serata memorabile per la nostra… amicizia: da quel momento, come due rette dopo un punto d’incontro, ci eravamo gradualmente allontanati fino ad ignorare l’uno l’esistenza dell’altro.

 

Purtroppo non sapevo che non eravamo affatto rette, ma linee curve che continuavano ad incontrarsi, a scontrarsi fino a farsi male. A saperlo, avrei continuato a scrivergli regolarmente, senza un reale impegno, solo per non essere costretta a incrociarlo nemmeno per caso.

 

 

Sentii lo scricchiolare delle ruote sulla ghiaia del vialetto e mi alzai dal letto per vedere se fossero i miei genitori: il loro arrivo avrebbe comportato la fine della mia carica da baby sitter.

«È mamma?» chiese Sophie, il mostriciattolo che stentavo a riconoscere come sorella. «È papà?».

Intravidi la monovolume grigia dei Malik percorrere lo sterrato per un breve tratto e fermarsi proprio a metà, in corrispondenza dell’ingresso. Si fermò e ne uscirono il signore e la signora Malik, la loro figlia più grande e…

Chiusi di scatto le tende della mia camera, per evitare che lui mi riconoscesse e tornai sul letto, evitando di calpestare le bambole di mia sorella.

Sophie affondò il suo piccolo dito nella mia guancia picchiettando con forza. «È mamma? È papà?» tornò a chiedere con insistenza.

La guardai appena, pensando già a tutti i possibili nascondigli da utilizzare nei suoi –si sperava- pochi giorni di permanenza in città. Il sottoscala, il garage, la soffitta, un bunker sotterraneo… Un momento: perché diamine non avevamo un bunker sotterraneo?!

Quando il dito affondò con più forza, graffiandomi la pelle con l’unghia, mi riscossi e le lanciai un’occhiataccia. «No, Sophie, non è mamma né papà».

«E chi è?».

Pregai di non aver visto bene e attesi prima di dirglielo: non so esattamente perché lo feci, né cosa mi aspettassi che accadesse, forse era solo per non ammettere a me stessa che lui, la rovina, la catastrofe mondiale che aveva turbato la mia serenità era lì a due passi da me. Ma quando con la coda dell’occhio notai che il dito di mia sorella puntava minacciosamente verso la mia narice esclamai a gran voce «È Zayn, Zayn Malik, te lo ricordi?».

Il dito ispettore cambiò rotta e le sue mani si congiunsero in una stretta che si andò ad appoggiare sotto il viso, in una posa adorante. «Oh, il mio principe è venuto a prendermi!» disse sospirando di gioia.

Il. Mio. Principe.

Da quando era piccola, Zayn aveva chiamato quella peste ‘Principessa’ e ciò, secondo la logica di mia sorella, ne aveva fatto di lui il suo Principe. Maledetto il giorno in cui era uscita quella stupida parola dalla bocca del ragazzo, perché da quando se n’era andato, Sophie non faceva altro che chiedermi che fine avesse fatto. Peccato non poterle rispondere che era stato schiacciato in una macchina mentre veniva rottamata, già…

Percepii il solito martello pneumatico sulla guancia. «Andiamo a trovarlo? Eh, Michelle? Andiamo?».

Osservai i suoi occhi verdi –a lei tutte le fortune- brillanti di aspettativa e mi sentivo quasi in colpa a dirle di no, ma dovetti essere egoista e le dissi di no.

«Eddddai, che brutta figura ci faremmo!».

Grrr, stupida logica infantile. «Pensa invece che brutta figura ci faremmo se ci presentassimo mentre Zayn disfa le valigie e non avesse tempo per noi! Non preferiresti coccolarlo s-sul divano come… Come i vecchi tempi?» chiesi lottando contro il tremolio infermo nella mia voce; la mia logica era inoppugnabile contro quella di una bambina di sei anni.

Lei scrollò le spalle come ad accettare la mia idea e tornò a giocare con le bambole. Io la osservavo far baciare Ken e Barbie con ardore –diciamo che era una passione piuttosto violenta con le loro testate- e intanto ringraziavo il cielo che lei si fosse già arresa alla mia decisione. Non avrei avuto la forza di oppormi ancora per molto, sapendo che c’era solo un muro a separarci e che sarebbe bastato affacciarci alle finestre delle nostre camere per vederci. Chissà cosa avrei fatto se l’avessi rivisto…

Sophie scivolò lentamente dal letto e si avviò verso la porta. «Dove vai, Soph?» chiesi sospettosa.

«In baaagno» rispose lei chiudendo dietro di lei la porta della mia camera.

«Vuoi che ti accompagni?».

«Ho sei anni, Chelle, sono grande ormai!».

Ah, beh, scusami Sophie. Credo fosse il giorno precedente in cui non si era trattenuta e l’aveva fatta in cucina dal troppo ridere. Era grande, ormai.

La sentii zampettare sul corridoio, e poi giù per le scale… Chissà perché stava andando nel bagno di servizio al piano terra, quando ne avevamo uno tutto per noi nella stanza a fianco…

 

«Merda!» esclamai sentendo la porta d’ingresso sbattere. Corsi giù per le scale impigliandomi nel pomello del corrimano più volte, agguantai l’impermeabile rosa di Sophie dall’appendiabiti e chiusi la porta frettolosamente prima di rincorrerla.

Sentii il campanello squillare oltre la siepe: il marmocchio doveva esser passato nel buco tra le foglie che lei e Safaa usavano di solito e che Zayn ed io avevamo usato fino a qualche anno prima, anche per incontrarci di notte e passare fin troppo tempo a fantasticare sui nostri sogni, sul nostro futuro…

La porta dei Malik si stava per chiudere, quando mi presentai io, bagnata fradicia sotto al diluvio con una ridicola mantellina in mano, e infilai un piede per evitare che si chiudesse del tutto.

La porta rimbalzò sulla persona all’interno della casa, che si voltò incuriosita per richiuderla.

Ma la sua mano rimase sulla porta.

Tutto ciò che avevo voluto evitare nell’anno precedente mi aveva travolto in un attimo, la sua sola presenza mi aveva investito con tutta la sua potenza come se non fosse passato tutto quel tempo dall’ultima volta che l’avevo visto.

Non ebbi il coraggio di dire assolutamente nulla mentre lo contemplavo spudoratamente: avevo, certo, visto qualche foto di qualche mese prima, ma nessuna era minimamente paragonabile a ciò che avevo davanti. Zayn era cresciuto, non solo in altezza, ma anche nelle sue forme che erano diventate virili e dure; il peso di Sophie sulle braccia faceva contrarre i muscoli sulle sue braccia magre, senza che risultassero spigolosi, come nel contrasto tra la mascella e le labbra morbide.

Poi i suoi occhi, così neri, con cui mi scrutava dentro fino a farmi sentire vuota, adesso erano carichi di sorpresa alla mia vista, fissi su di me.

In quel momento non c’era altro rumore che la pioggia battente e pareva che nessuno dei due volesse interrompere quello strano ritorno al passato che aveva provocato la reciproca vista dell’altro.

Ci pensò Sophie a rompere l’atmosfera e solo lì mi resi conto che quel momento non era durato che pochi, ma eterni istanti che mi avevano fatto morire e rinascere senza che me ne accorgessi.

«Chelle, che ci fai qui?».

Non fossi stata in contemplazione del mio ex vicino di casa e neo abitante dell’Olimpo, le avrei fatto rimpiangere di essere nata per essere scappata dalle mie grinfie. Ma mi limitai ad alzare il braccio con la mantellina.

«Questa… Avevi dimenticato questa» mormorai come un automa.

Zayn spostò lo sguardo sulla mantellina e parve accorgersi solo in quell’istante –ed io con lui- della pioggia che continuava a bagnarmi i capelli.

Si riscosse anche lui dal silenzio e poggiò la mano libera da Sophie sulla mia spalla nuda per invitarmi ad entrare. «Vieni, o ti bagnerai».

Mi tolsi le scarpe piene di fanghiglia, un gesto automatico nei passati diciannove anni in cui rincasavamo insieme tutti sporchi, pronti a ricevere le lamentele della mia o della madre di Zayn.

Il salotto non era cambiato dalla settimana precedente –ogni tanto facevo la babysitter anche a Safaa, sorella di Zayn- fatta eccezione per le migliaia di valigie che occupavano l’ingresso.

«Mi spiace che Sophie ed io siamo piombate in casa, senza preavviso».

Lui mi lanciò un’occhiata. «Non dirlo nemmeno per scherzo, siete sempre le benvenute» disse con una voce profonda che stentavo quasi a riconoscere per quant’era cambiata.

«Vedi, Chelle, e tu che non volevi nemmeno venire» esclamò quella traditrice di mia sorella sorridendo verso Zayn. Lui abbassò lo sguardo e ricambiò con un sorriso triste, con gli angoli delle sue labbra che si stiracchiavano anch’essi verso il basso.

Mi si strinse il cuore a vederlo così abbattuto, pur sapendo che era lui stesso il motivo della sua sofferenza. Non esisteva il detto “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”? Ancora una volta, però, non parlai per il timore di fare l’ennesima figuraccia in quei pochi minuti, ma stavolta fu Zayn a fare la cosa più stupida che potesse.

«Sophie, al piano di sopra c’è Safaa, che ne dici di andare a salutarla?» chiese riportandola a terra con estrema delicatezza. Lei lo guardò non molto convinta, ma, in fondo, era il suo Principe e non poteva fare a meno di accontentarlo e trotterellò su per le scale, seguita dallo sguardo di Zayn.

 

«Quindi non volevi venire, eh?» disse riportando lo sguardo su di me, con il suo tono di voce che voleva sembrare ammaliante. Ricordo quante volte l’avessimo provato, in giardino, durante le prove della dichiarazione di amore per Bettany, una ragazzina di prima che piaceva tanto a Zayn. Ricordo di come mi facesse male sentirlo parlare dei suoi sentimenti verso un’altra, proprio nel periodo in cui sentivo l’incessante desiderio di averlo accanto a me. Fosse finito, quel periodo…

Crescendo evidentemente lui l’aveva provato più e più volte, quel suo fare ammaliante, ma anch’io ero cresciuta in quegli anni ed era difficile che mi fregasse ancora.

«Ricordando l’ultima volta, non mi pareva il caso» feci, sperando di far crollare quel suo enorme e spropositato ego. Ehi bello, non attacca con me.

«È passato un anno: era l’estate scorsa! Hai idea di quanto siamo cambiati?» esclamò sulla difensiva.

«Non so tu, ma io sì, sono cambiata. Da allora non ho mai permesso a nessuno di prendermi in giro come hai fatto tu, di mentirmi o di dire cose che… Che non si provano».

«Andiamo, Chelle-».

«Michelle» m’impuntai.

Lui mi guardò torvo. «Michelle, perché non puoi semplicemente dimenticare tutto? Dimenticare tutto e ricominciare daccapo una bella amicizia?».

«Dovrei dimenticare che hai baciato la tua compagna di xFactor la sera stessa in cui avevamo passato ore a telefono a progettare il tuo ritorno a casa? Dovrei dimenticare che hai deciso di trattenerti solo un giorno per salutare i tuoi e andartene senza nemmeno darmi il tempo di vederti? Dovrei dimenticare tutto per poi ricostruire un’amicizia che non voglio?» dissi evidenziando bene le ultime parole.

«Non…?» biascicò lui.

«No, non la voglio, Zayn. Sarebbe inutile essere amici come piace a te: ci vediamo quelle tre volte l’anno in cui vieni qui e poi sparisci dalla circolazione. Divertente» sbuffai sarcastica.

«Michelle, mi dispiace per ciò che ho fatto, non ho nessuna giustificazione-».

«Infatti» puntualizzai gelida.

«Né scusan-».

«Già».

«Vuoi farmi finire di parlare?!» sbottò lui infiammandosi.

Ridacchiai alla sua reazione: era lo stesso Zayn di sempre, silenzioso quando voleva e irritabile per un nonnulla. Devo dire che, però, mi stavo impegnando parecchio per farlo arrabbiare e probabilmente in meno di un minuto mi avrebbe fatto a fettine.

«Non c’è giustificazione per come mi sono comportato mentre ero via, per come mi sono nascosto dall’ultima volta in cui sono tornato in città e, ancora una volta, non c’è giustificazione per come non mi sia fatto sentire durante tutto questo tempo».

Feci per dire qualcosa, ma il mio impercettibile movimento di labbra fu intercettato da Zayn, che mi tappò la bocca con la mano. «Ma, sempre durante tutto questo tempo mi sono accorto che non aveva senso buttare per aria così tanti anni di amicizia per uno stupido errore…» disse lasciando scivolare la mano dalla mia bocca.

«Quando te ne saresti accorto esattamente? Durante le nostre lunghe e inesistenti chiamate o tutte le volte in cui venivi a trovarmi?». Zayn mi guardò con uno sguardo ferito, ma non mi fermai. «Tra l’altro, continui a parlare di amicizia, ma tu… Ti ricordi che siamo stati insieme?» mormorai rompendo quel tabù che era rimasto sotto silenzio da troppo tempo. Avevo costruito una specie di muraglia mentale attorno a quei ricordi, tanto che li avevo isolati ed ero riuscita a non pensarci per così tanto tempo che la sua assenza aveva iniziato a non ferirmi più come prima.

Ma adesso che era lì, davanti a me, e mi guardava con quello sguardo da cane bastonato, facendomi quasi sentire in colpa… Era crollata quella muraglia mattone per mattone, come travolta da un’enorme valanga, e i ricordi avevano ricominciato a occupare mente e cuore.

Zayn sospirò e, come se mi avesse letto nella mente, si avvicinò ancora di più a me. «Non era di amicizia, infatti, che volevo parlare, ma vedendoti così crucciata, con quel tuo cipiglio…» disse spianando la rughetta che mi si formava tra le sopracciglia quando ero arrabbiata. «Ho creduto che avessi chiuso definitivamente quel capitolo della nostra vita».

Nostra? «E chi ti ha detto che lo voglia riaprire?» borbottai guardando altrove, mentre il cervello volava altrove per quel breve contatto. Possibile che bastassero le sue mani calde e scombussolarmi tutto, ancora una volta? Lui lo sapeva e da sempre usava quest’arma per fare pace… A modo suo.

Sfoderò il suo sorriso marpione «Lo vedo».

«Comprati degli occhiali».

«Ho le lenti a contatto» ribatté subito lui.

Sbuffai di nuovo, esasperata. «Come fai a non capire quanto mi hai ferito? Perché dovrei ricominciare qualcosa che non so neanche se c’è ancora…» Zayn alzò un sopracciglio, beffardo.

 «Okay, c’è, ma perché dovrei fidarmi ancora di te?».

«Perché te lo prometto» fece lui lasciando scivolare le mani lungo le mie braccia, fino a stringere le mie mani. «Questi due anni non hanno avuto senso, sono stato male anch’io e avrebbe ancor meno senso ricominciare a vivere così» disse guardandomi fisso negli occhi, in un ipnotico sguardo che avrei fatto meglio a evitare da subito.

«Ci hai pensato tra una ragazza e l’altra?» sussurrai intontita, ma ancora decisa ad andargli contro: non sarebbe bastato presentare il suo faccino in città, ostentare una smorfia abbattuta e, con uno schiocco di dita, recuperare tutto il tempo perduto.

«Sono un cantante, come vuoi che non frequenti altre ragazze?» chiese lui retorico. «Oh, andiamo, ti prometto che andrà tutto bene».

«Sei un cantante, l’hai detto tu: vivi di parole, parole al vento; nessuna sostanza, esce solo aria dalla tua bocca».

«Non hai idea di quanto siano vere molte di quelle parole…» mormorò avvicinandosi per stringermi in un caldo abbraccio. May day, may day, il piano sta fallendo, richiesta d’aiuto immediato, urgenza, richiesta di un piano B…

 

Inspirai e feci un passo indietro: il mio corpo mi odiò letteralmente, da quando avevo visto Zayn non aspettava altro che avvicinarsi sempre di più e appoggiare la testa al suo petto, come ero abituata a fare. Ma il copilota del mio cervello, visto che il pilota era in vacanza alle Hawaii, aveva fatto la scelta più saggia per me.

Zayn rimase spiazzato per il mio gesto e mi guardò interrogativo. «Non posso darti ciò che vuoi, Zayn: siamo distanti anni luce, tu stai vivendo il tuo sogno, ma io sono alle prese con le cose di tutti i giorni, la scuola, la famiglia… Assecondarti sarebbe come ripetere daccapo la nostra storia, solo che non ci sarebbero “solo” le ragazze di xFactor, ma tutte le persone di questo mondo! Tutte ti conoscono, tutte ti vogliono…».

«Ciò che dici non ha senso, Michelle» disse tornando serio. «Hai messo davanti gli altri quando in una coppia ci sono solo due persone, tu ed io. È davvero questo il problema? Se così fosse allora dovresti prendere una persona e rinchiuderla per averla tutta per te. Tutte le coppie di questo mondo stanno a contatto con altre persone: non si può mica evitare».

Rimasi in silenzio per qualche istante, per metabolizzare la cosa. Nella mia testa c’era un vortice di emozioni contrastanti, di paura, di desiderio e non riuscivo più a capire a cosa dar retta.

 «Michelle» riprese dopo un po’. «Sei sempre stata la persona più importante per me e non sono disposto a rinunciare a te dopo tutto questo tempo».

Stavolta lo lasciai fare, non aveva senso opporre resistenza a qualcosa che desideravo da mesi, solo per una questione di orgoglio. Lentamente avrei risanato le ferite, ma sarei stata felice perché ci sarebbe stato lui con me. Mi abbracciò con calma, senza rovinare tutto nella fretta, assaporando ogni piccolo e insignificante gesto, per recuperare tutti quelli negati nei due anni precedenti.

Iniziò a canticchiarmi la canzone del primo provino per xFactor lentamente, come una dolce ninnananna, e coccolandomi cominciò a lasciarmi una scia di bacini lungo il collo. Sospirai, maledicendomi di aver messo una semplice canotta e allo stesso tempo reprimendo il desiderio di togliere anche quella.

«Mi sei mancata» sussurrò al mio orecchio quando finì di cantare.

«Anche t-».

«Micheeelle, mi hai rubato il Principe» sentii mia sorella esclamare mentre scendeva saltellando le scale.

«No, mia Principessa, lei è solo una copertura. In realtà amo solo te» rispose Zayn con il suo sorriso che gli arricciava il naso. Meglio che avesse risposto Zayn: al momento il mio cervello era offline e dubitavo potesse tornare attivo in meno di qualche ora.

«Non ci credo. Ma va bene lo stesso, lei è mia sorella» borbottò lei. Uh, triangolo incestuoso: avrei dovuto iniziare a mettere le idee in chiaro a Sophie una volta cresciuta.

«Michelle, andiamo a casa: Safaa si è addormentata e non ho più voglia di staccare le teste alle sue bambole».

«Sophie, vai subito ad aggiustare le bambole di Safaa!» esclamai arrabbiata in un lampo di lucidità.

Mi guardò male per un istante. «E va bene» borbottò poi lei risalendo le scale con passi pesanti.

«Saggia mossa» soffiò Zayn sulle mie labbra, guardandomi negli occhi.

«Lo so».

«Potresti farne una migliore».

«Cioè?».

Le sue labbra trovarono le mie, prima che riuscissi a rendermene conto. Si appoggiarono dolcemente alcune volte, santo cielo, quanto mi erano mancate… Eravamo lì lì per approfondire il bacio, quando mi separai con un sorriso maligno.

«Ma io mica ti ho perdonato» dissi, scherzosa.

«Ah no?» rispose lui e il suo tono era già meno serio di prima, sembrò di tornare ai bisticci superficiali delle scuole superiori.

«Già! Ne hai di canzoni da cantare, frasi sdolcinate da dire… Com’è che fa quella… I can’t love you more than this?».

«Esatto».

«E sei proprio proprio sicuro di non poterlo fare?» chiesi, avviandomi verso la porta.

«Beh, mica ho detto che tutte le canzoni sono veritiere: alcune, poche, pochissime…» sussurrò dandomi un ultimo bacio.

 

 

*

 

 

 

Flamel_'s corner

Hola! Okay, mi ero ripromessa che non avrei più intasato questo fandom con le mie stupidaggini, ma... È nata Sophie! E avrete capito da voi quanto è petulante e prepotente, no? Poi è nata Michelle, che la assecondava un po' in tutto... Zayn è vivo da sé e, ovviamente, non mi appartiene e tutto ciò che è scritto qua dentro è frutto della mia fantasia.

Purtroppo per Michelle.

WHAAAAAH, DIMENTICAVO! Il titolo è, ovviamente, tratto dalla famosissima canzone dei Beatles "Michelle" che vi consiglio caldamente di ascoltare: io la amo! *-*

Beh, che dire, se siete arrivate fin qui, vi ringrazio.

Se avete letto anche questo, vi ringrazio ancora di più.

Se volete farmi più felice, potreste recensire.

Se no, vi ringrazio lo stesso per aver sopportato il resto.  :D


F_


p.s. Se vi va, passate nella mia pagina autore: ho sfruttato più volte il povero personaggio di Zayn e questi sono i risultati... Mhuahuahua.

 

  
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