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Autore: zorrorosso    25/01/2013    5 recensioni
”Un mostro! Un mostro vi dico! Il volto gli colava dalla testa come se fosse stato spellato! Come se fosse morto, tuttavia in vita, si muoveva e camminava... "- Alcuni segreti non possono essere svelati con facilità! ***mentre sto preparando questa storia per traduzione ed editing, verranno aggiunti dei capitoli "prequel"***
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aramis, Athos, Cardinale Richelieu, Duca di Buckingam, Milady
Note: Cross-over, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di Uomini e Mostri...'
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Altro capitolo! Anche in questo mi avvalgo sempre del mio sistema di indicare Aramis come “lui” tutte le volte che e’ in compagnia di persone che sanno o credono che sia un “lui”...

 
Capitolo 5 
Vivi, morti e inanimati

 
“Vi avevo detto che con un altro vestito sareste... Mh...”- le sussurro’ il Duca in un orecchio e presto  comincio’ a baciarle il collo. Renee lo lascio’ fare, scostandosi leggermente e con una mano prese la sua spalla e la accarezzo’ esattamente come se si trattasse della testa di un animale domestico.
Per assicurarsi che il Duca fosse sufficientemente distratto, mosse leggermente il corsetto dal quale spunto’ il pizzo della sottoveste. Con l’altro braccio teso in avanti, raggiunse il bicchiere di vino e, fatta scivolare la boccetta di sonnifero dalla manica, ne verso’ dentro piu’ della meta’.
“E’ proprio un piacere trattenermi qui con voi...”- continuo’ la ragazza, cercando di allentare la sua stretta.
“Siete... Siete molto accaldato... Potreste prendervi una pausa e dissetarvi brindando a questa bella serata...”- sussurro’ Renee’ al Duca.
L’uomo, affannato, sollevo’ la testa dalla sua scollatura, sorrise prendendo il calice quasi pieno che si trovava dietro di lui e lo riempi’ colmo. Renee porse il suo bicchiere vuoto e lui lo riempi’ con altrettanto vino: “Un brindisi a questa notte di passione!”- esclamo’ bevendo tutto d’un fiato e rituffandosi nella scollatura della ragazza, questa volta armeggiando inutilmente verso i lacci del corsetto.
Renee sospiro’ rassegnata, cercando di portare pazienza verso le attenzioni frettolose che l’uomo gli stava volgendo. Per quanto potesse essere un uomo bello e affascinante, in quel contesto lei provava per lui solo ribrezzo e si chiedeva come altre donne potessero sciogliersi cosi’ facilmente per un uomo come lui. Quando egli cerco’ di allungare le mani ancora di piu’ di quanto non stesse gia’ facendo, Renee non pote’ resistere e gli sferro’ d’istinto un pugno secco allo stomaco, che unito al sonnifero, lo accascio’ immediatamente a terra.
Il corpo inanimato del Duca di Buckingham giaceva sul letto a baldacchino. Lei frugo’ nelle sue tasche per trovare la lettera che stava cercando, ma l’uomo quella sera non l’aveva con se.
Era arrivato il momento per Renee di andare ad avvisare prima la Regina e poi Athos delle sue azioni: mostrando loro che il Duca risiedeva da tempo alla dimora di Richelieu e che gli aveva fatto compilare quella lettera, non aveva piu’ bisogno di documenti.
La sua prova ora giaceva addormentata di fronte a lei.
 
Si aggiusto’ velocemente il vestito e l’acconciatura, chiudendo a chiave la porta dietro di lei, per ritornare di nuovo nel salone principale, avvertire Athos e chiamare a colloquio la Regina.
Al suo ritorno, nel salone principale, non fu accolta da Athos e solo questo le fece sospettare che qualche cosa fosse gia’ successo. Dopotutto, pensava, lei ed il moschettiere erano in un certo senso d’accordo e si sarebbe aspettata che, una volta scomparsa, lui avesse immediatamente intuito per quale ragione.
Renee volse allora verso la corte della Regina, in quel momento seduta insieme a Constance, si fermo’ qualche passo di fronte a lei per aspettare che la sovrana le desse l’ordine di avvicinarsi e parlare. Questo arrivo’ relativamente presto.
“Maesta’, sono riuscita a procurare cio’ che mi avete chiesto”- sussurro’ la baronessa con rigidita’ militare. Lei sorrise soddisfatta e lancio’ un’occhiata ancor piu’ soddisfatta verso Richelieu.
“Fatemi vedere questi documenti, dunque!”- sussurro’ la Regina da dietro il ventaglio, cercando di non attirare gli sguardi di Re e Cardinale.
“Ho di meglio di semplici incartamenti. Dovete seguirmi!”- continuo’ Renee rivolta alla Regina. La sovrana annui’ e chiese al Re di lasciare la sua posizione per qualche minuto, facendosi accompagnare da Constance.
“E’... Morto?!”- chiese la Regina con leggero brivido, guardando il corpo del Duca da una certa distanza.
“No. E’ solo addormentato, Maesta’”- disse Renee con un faticoso sospiro.
“Questa e’ una cosa che Sua Maesta’ il Re dovrebbe sapere, non vi pare?!”- la Regina sembrava pensosa.
“Si, e’ una cosa che Sua Maesta’ il Re dovrebbe sapere, ma non da voi. Dovrebbe essere il Cardinale stesso a riferirglielo, Maesta’”- suggeri’ la Baronessa mentre Constance rimaneva a bocca aperta.
Aveva visto lei stessa di cosa potesse essere capace il Duca di Buckingham, di quali risorse disponesse, ma sotto di lei era crollato come un fantoccio senza cervello.
“Maesta’, Constance: dovete ritornare in sala e trovare un modo convincente per portare qui il Cardinale Richelieu e solo allora saremo in grado di discutere questa complicata situazione. Ora sapete tutto: prendete questo”- la ragazza alzo’ le ampie gonne del vestito e dal bordo della calza tiro’ fuori un piccolo coltellino, con il quale strappo’ un lembo ricamato dal simbolo del leone rampante rosso sotto lo sfondo dorato e lo porse a Constance. “Dovete mettere il Cardinale alle strette: questo vi aiutera’!”-sostenne Renee accompagnandole fuori dalla porta.
 
Vegliando il corpo del Duca, la baronessa si tolse finalmente quelle scomode sottogonne e si sedette comoda, con la poltrona rivolta verso la toletta, si tolse le scarpe che cominciavano a stringere e mise i piedi sul tavolo.
Non passo’ troppo tempo, una voce femminile, parlando in inglese, comincio’ a chiamare fuori dalla porta e a stringere la maniglia cercando di entrare.
 
“George?! George siete solo?!”-chiese la voce.
Renee si insospetti’. Rispetto al suo rango, non le era dato di conoscere altre lingue al di fuori del francese e probabilmente anche per i suoi commilitoni era lo stesso, ma i suoi trascorsi ed il fatto che Athos avesse avuto a che fare per anni con una dama inglese, la quale partecipava spesso alle loro missioni, aveva fatto si’ che si potesse districare in un dialogo sommario.
Quella voce, faceva il nome di un uomo.
“George? Non fate finta di non essere in questa stanza! Vi ho visto entrare con una dama bionda!”- incalzo’ la voce nervosamente.
“No, my lady...”- disse la baronessa dall’altra parte con voce maschile.
“George, smettetela di scherzare! Questo accento francese e’ proprio ridicolo...”- la voce di quella donna le risultava via via piu’ familiare.
“Fatemi entrare, ho delle notizie per voi! Non posso stare qui a lungo! Adesso, vi dico!”
“No, mia cara... Sono impegnato in un colloquio importante”- rispose nuovamente la baronessa, cercando di provare i nervi e le emozioni di chi stava parlando. L’abilita’ di cambiare voce le ritornava utile anche in quei momenti.
“George! Basta! Ho capito che siamo tornati in Francia, ma non e’ questa la ragione per parlare con me in un modo cosi’ assurdo! Aprite! Si tratta di Athos!”- continuo’ quella donna.
 
“Milady!”- si lascio’ sfuggire Renee sbalordita, questa volta non tenendo a bada i toni, con l’acuta voce femminile.
“George: quando ho deciso di collaborare con voi gia’ sapevo che eravate un porco. Ma non pensavo fino a questo punto!”- urlo’ la voce iraconda di lei dall’altra parte della porta chiusa.
Renee pote’ chiaramente sentire i suoi passi allontanarsi ed una volta abbastanza lontana, la apri’ di qualche centimetro per vederla dal fondo del lungo corridoio in un ricco vestito dorato, come quelli che lei adorava, dei grossi boccoli castani ed il corpo minuto ed perfetto che nessun uomo trascurava, camminare a passo svelto verso il salone principale.
Renee’ raccolse le gonne che ora, senza sottogonna, scivolavano a terra. Richiuse la porta e si appoggio’ ad essa fissando il corpo ancora inerme del Duca emettere leggeri respiri, cosi’ impercettibili da sembrare veramente morto.
Milady aveva sempre avuto tutti gli uomini che voleva. Non conosceva nessun uomo che non l’avesse mai guardata con quello sguardo, quello che da tempo nessuno le rivolgeva. Pensava la baronessa sospirando.
La Regina tardava ancora ad arrivare. Renee indosso’ le scarpe e anche lei si diresse veloce verso il salone principale. Distrattamente, pero’, questa volta lascio’ la finestra aperta e dimentico’ di rimettere le sottogonne.
 
Rientrando nel salone, si accorse di quante persone fossero entrate senza invito dopo la cerimonia d’investitura. Avevano aperto le danze e parlavano animatamente.
Il vino scorreva veloce di calice in calice, a lei sembravano centinaia.
Cerco’ di accorrere verso il centro della sala, dove sperava di trovare i moschettieri ancora pronti a festeggiare, ma l’unico che vide fu Porthos accerchiato da una discreta corte di dame e qualche cavaliere.
“Baronessa! Finalmente!”- disse il moschettiere con un ampio sorriso, tendendole il braccio e prendendole le spalle, con il calice in mano, faceva segno di presentarla a quel gruppetto di invitati –“Questa dama, questa dama... Sa fare un sacco di trucchetti!”- rise lui, non del tutto ubriaco, ma sicuramente neppure sobrio.
“Monsieur. Non ci conosciamo...”- le ricordo’ lei, mentendo.
“Allora dovremmo conoscerci! Voi non sapete quante parole, quanto fiato e quanti sospiri sono stati persi per voi!”- disse Porthos, cosi’ ancora ricordandole vagamente i tempi in cui Athos usava lamentarsi di Milady e delle sue costanti scappatelle. Non riusciva a distogliere i suoi pensieri.
“Potreste gentilmente ricordarmi che fine ha fatto il mio cavaliere per questa sera, nonche’ vostro diretto capitano?”- chiese la baronessa con delicata gentilezza ed una smorfia di sorriso.
Porthos rise, forse con soddisfazione.
“Al mio... Capitano... Sicuramente non dispiacera se rubo a voi una bella danza!”- disse l’uomo prendendole la mano.
“Monsieur, io... Non...”- Renee avrebbe voluto ricordagli di non saper ballare, ma non ci riusci’, l’uomo l’aveva gia’ trascinata nella danza dove lei continuava a sbagliare i passi ed inciampare. “Baronessa, baronessa... Dimenticavo che eravate goffa!”- rise di nuovo Porthos fancendola girare con discreta eleganza, piu’ alto di lei di almeno una testa o almeno di sicuro tanto da prenderla per le spalle ed essere sollevata di una spanna da terra.
Il moschettiere rise ancora –“Cosi’ non dovrete preoccuparvi di sbagliare i passi!”- rise lui mentre lei cercava di mantenere il controllo.
“Lasciatemi andare!”- disse nuovamente Renee, adesso innervosita da quel temporeggiare del moschettiere.
“Baronessa, forse e’ meglio che...”- disse Porthos lasciandola faticosamente andare, sapendo forse dove si trovasse il suo capitano.
Lei si congedo’ velocemente e, una volta adocchiato Athos quasi invisibile in un angolo buio della sala, si diresse faticosamente verso di lui cercando di farsi largo tra gli invitati..
 
“Athos!”- lo chiamo’ Renee ancora in quella parte illuminata della sala. Lui si avvicino’ a passo incerto. “Baronessa... Noto che siete tornata!”- disse lui.
L’odore che conosceva bene era inconfondibile: aveva bevuto. Anche questa volta forse piu’ del necessario.
“Perche’ vi intrattenete qui?! Venite con me ed i vostri compagni...”- lei tento’ di scostarlo, tirandolo per l’orlo della manica.
“Vi sentite bene?”- chiese la ragazza, senza ricevere risposta.
“Eravamo d’accordo! Io vi invitavo al ballo e voi vi sareste fatta aiutare da me!”- bisbiglio’ lui rabbioso al suo orecchio, guardandosi indietro, come se stesse controllando che qualcuno non sentisse. “Infatti siete stato di grandissimo aiuto! Il foglio che vi ho dato... E’ fondamentale!”- bisbiglio’ lei allo stesso modo, cercando di scorgere quella cosa o persona da cui Athos si stava guardando.
“Chi era quell’uomo?”- chiese nuovamente lui, incendiato da un sentimento che non si potrebbe tradurre con gelosia vera e propria, ma come una mancanza di fiducia nei confronti di qualcuno. Ferito cosi’ tante volte in passato, gli era difficile credere che una donna che cercava di risolvere quelle questioni privatamente, potesse essere genuinamente onesta e di parola.
“Il vostro piu’ acerrimo nemico!”- esclamo’ lei sgranando gli occhi.
“Vi parlava nell’orecchio, vi accarezzava le spalle... Vi siete appartata con lui!”- esclamo’ Athos esterrefatto, notando che la ragazza non aveva piu’ le sottogonne.
“Non e’ come cretete! Quelle sottogonne erano troppo scomode e fastidiose! Ve lo giuro! Non soffermatevi su queste cose! Piuttosto voi: avete promesso di aiutarmi, ma quando sono tornata per cercarvi una prima volta eravate sparito! E adesso siete ubriaco...”- Renee passo’ da un senso di preoccupazione per le sorti di quell’uomo alla rabbia: lavorava per la Regina e aveva cercato comunque di aiutarlo come avrebbe fatto da suo fedele commilitone, quantomeno per i sentimenti che provava per lui.  Era li’ proprio per quello: per dirgli che aveva disposto del suo assassino e che non doveva piu’ temere della sua vita, ma a quelle parole, non lo fece.
 
Due occhi verdi fissarono Renee dal buio della penombra, Athos da tempo li stava cercando o si stava nascondendo da loro, di sicuro lui sapeva che erano li’ ed avevano assistito a tutta la scena. “Milady!”- si fece scappare nuovamente la ragazza addrizzando la schiena, con lo stesso identico tono acuto di qualche tempo prima.
La donna riconobbe quella voce e la seta azzurra del bordo delle sue gonne impigliato sotto la porta dove l’aveva vista chiaramente entrare con il Duca di Buckingham e cambio’ subito d’espressione. Si avvicino’ a lei ancora di piu’ senza dire una parola, per poi ricadere sensuale sul petto e le orecchie di Athos -“L’ho vista io stessa appartarsi in una stanza da letto con l’uomo che mi avete appena descritto... Era un nobile qualcunque... Un donnaiolo, ma non di certo un assassino!”- disse la donna, senza mai toglierle gli occhi di dosso.
Renee rimase a bocca aperta, non poteva certo rivelare tutto di fronte a lei.
Fortunatamente lo stesso Athos non era del tutto al corrente dei suoi piani e quella parziale segretezza che in questo caso era riuscita a mantenere, ora le tornava davvero utile:
“Non erano questi i patti!”- disse rivolta ad Athos e con freddezza militare si congedo’ dai due, tradita solo dai suoi grandi occhi che trasparivano i sentimenti feriti.
 
Richelieu cammino’ a passo sicuro, percorrendo il corridoio che lo portava a quella modesta stanzetta da letto non troppo distante dal salone.
La Regina aveva fatto il possibile per convincere il Cardinale, che sembrava metterla in ridicolo tardando e temporeggiando. Ormai la festa era quasi finita, gli invitati cominciavano ad allontanarsi ed anche il Re e la Regina si erano ufficialmente congedati, restando solo a colloquio dei pochi rimasti.
“Maesta’, vi grarantisco che ci dev’essere un equivoco...”- disse il Cardinale rivolto alla Regina, visibilmente soddisfatta della sua scoperta –“Non oserei mai infangare il mio onore alleandomi segretamente con il nemico!”- sorrise.
“E allora come spiegate questo?”- chiese nuovamente lei, soffiando aria dalle narici con un senso di collera.
Gli mostrava quel lembo di giacca nera, rossa e dorata che era stato strappato al Duca qualche ora prima.
“Ci sara’ stato un invitato inglese, oppure uno stesso francese con un disgustoso senso nel vestire...”- sorrise nuovamente il Cardinale verso i suoi valletti.
“L’ho visto coi miei occhi! Vi ho in pugno e se non dicharate queste cose al Re voi stesso, ci pensero’ io!”- minaccio’ la Regina mostrando il pugno ed aprendo lei stessa la porta di quella camera da letto, ricordandosi esattemete del Duca straiato senza sensi diverse ore prima.
 
“Che bello scherzo Maesta’! Siete stata cosi’ intensa, realistica! Non avrei mai pensato che stavate fingendo!”- esclamo’ Richelieu con una sonora risata, velata da un senso di nervosismo.
La sovrana guardo’ il letto vuoto sentendo la collera prenderle le tempie e sbattendo un piede a terra.
“Maledizione!”- disse lei furibonda, puntando un dito verso l’uomo.
“Adesso so comunque che cosa avete in mente e riusciro’ a provarlo!”- esclamo’ indispettita la sovrana, tornando indietro verso la sala, in testa ai suoi valletti.
 
Renee sedeva sul gradino del soppalco, le ampie gonne la circondavano e le coprivano piedi, ginocchia e gambe, scostate senza un minimo di grazia femminile e su cui gia’ aveva fatto ricadere i gomiti. Un bicchiere di vino rosso in mano.
Era il primo e l’ultimo di quella serata, sentiva pero’ di averne bisogno. Sorseggio’ lentamente, ed aspetto’ che questo raggiungesse caldo lo stomaco vuoto.
Constance le si paro’ di nuovo d’innanzi e la guardo’ triste e preoccupata.
La baronessa si alzo’ in piedi di fronte alla damigella e la guardo’ con occhi stanchi:
“Ho fatto tutto il possibile, Constance”- disse sospirando.
“Lo sappiamo, e ce ne dispiace...”- rispose la ragazza parlando anche per la regina.
“Devo andare...”- continuo’ Renee triste.
“La Regina non vi ha ancora dato il permesso!”- le ricordo’ la damigella.
“Riferiteglielo voi, per favore e riferite anche di Milady... Anche lei e’ ancora viva!”- continuo’ la giovane con voce rassegnata.
“Milady... Ma e’ caduta dal ponte di quella nave!”- le ricordo’ chiaramente Constance.
“Non so come sia possibile... Ma e’ cosi’!”- confermo’ lei allontanandosi mentre cominciava a togliersi quelle ricchissime vesti per restituirle ad Athos.
 
***
 
Era sempre stata bellissima.
Aveva sempre indossato i migliori gioielli. Che glie li avesse regalati lui o qualcun altro non aveva importanza, non si era mai fatta negare nessun tipo di lusso.
Athos la guardava rivestendosi.
Un profondo mal di testa ed un vago ricordo dell’accaduto: la baronessa che sparisce in compagnia di un uomo misterioso, forse il destinatario di quella lettera, forse un amante segreto. Lui che cerca di seguirla con lo sguardo, ma essendo a colloquio con il Re e il Cardinale presto la perde.
Invece trova lei: miracolosamente viva. Lei si nega, in principio scappa, ma continua a fissarlo da lontano, lui la segue cercando di capire come mai e’ li’ e come ha fatto a sopravvivere. Sembra un sogno.
La contessa de Winter doveva essere morta, annegata in mare.
“E’ stato un miracolo divino... Sono sopravvissuta cadendo in acqua e presto una nave di pescatori mi ha salvato e riportato a riva. Un vero e proprio miracolo che mi ha fatto cambiare...”- diceva lei la notte prima.
Athos ricordava di averla ascoltata con attenzione.
“Ora le cose sono cambiate. Mi rammarico del mio precedente comportamento, ma ora sono dalla vostra parte, Athos. Potrei essere il vostro collegamento con l’Inghilterra. Ne avete bisogno. Non dovete temere da me nessun doppio gioco...”- si giustificava la donna in quelle parole che riecheggiavano nella sua testa.
“E il Duca di Buckingham che fine ha fatto?”- le aveva chiesto.
“Non so...”- le aveva risposto.
“Piuttosto quella Baronessa: non la conosco, ma vi consiglio vivamente di badarvi da gente come lei! Quella faccia pulita e quegli occhi chiari sorridono a troppi cavalieri...  Non lasciatevi incantare...”- le sussurrava nell’orecchio mentre versava dell’altro vino infuocato. Poi i ricordi si annebbiarono sempre di piu’, fino a scomparire e ritrovarsi al suo fianco la mattina dopo.
Quei ricordi quasi disturbavano il moschettiere, che non sapeva proprio che cosa pensare di lei. Quella vicinanza alla morte l’aveva davvero cambiata?
La baronessa diceva la verita’ o era tutta una menzogna che aveva finemente architettato e lui ne era rimasto solo una vittima?
 
Quella mattina penso’ che solo una persona di fiducia avrebbe potuto aiutarlo.
Nel massimo silenzio apri’ la porta, mentre la donna scostava le coperte nel sonno, mostrando la pelle nuda. Un fascino quasi irresistibile a cui lui diede un’ultima occhiata prima di allontanarsi.
A pochi passi al di fuori della stanza, inciampo’ su qualche cosa di soffice, il vestito che aveva donato a Renee la sera prima, giaceva ordinato sul pavimento.
Lui lo distese, ricordandola.
Un biglietto cadde dalle pieghe del vestito.
"Un vivo ringraziamento va solo ai cavalieri ancora vivi", c’era scritto in piccole lettere corsive.
 
***
 
Planchet era perplesso.
Non vedeva Aramis da giorni, ma sapeva che era tornato a casa quella notte. L’aveva sentito arrivare da solo a cavallo e lo aveva visto entrare, ma ancora non era uscito dalle sue stanze. Non ricordava che l’uomo avesse mai dormito fino a cosi’ tardi.
“Monsieur Aramis?”- chiese lui perplesso, raschiando una pentola con la cenere.
L’uomo non rispose.
Planchet si abbasso’ all’orlo della porta , vedendo chiaramente l’ombra delle gambe e i suoi piedi stagliare la luce della sua stanza, senti’ lo scrosciare dell’acqua, come se si stesse lavando.
“Monsieur Aramis, il pane e’ finito...”- ricordo’ di nuovo Plancet.
“ Andatelo a comprare, allora!”- rispose Aramis dalla porta, fiutando leggermente, come una persona raffreddata o che trattiene di poco le lacrime.
“E... Volevo ricordarvi che oggi e’ venerdi’... Giorno di paga... “- cercava di spiegare Plachet per le lunghe -“State bene, monsieur?”- continuo’ sentendo quel rumore nasale.
“Solo un po’ di raffreddore, sicuramente e’ colpa vostra che non avete spazzato bene!”- lo sgrido’ inutilmente Aramis mentre lui lasciava la stanza.
La verita’ era un’altra, difficile da accettare. Aveva fallito la sua missione ed aveva perso completamente fiducia in Athos. Com'era potuto accadere tutto questo? Non poteva fare a meno di piangere grosse lacrime.
Scostando le tende della finestra, vide Plancet allontanarsi verso il mercato, cosi’ prese qualche moneta d’oro dalla tasca e le pose sul tavolo, per il suo stipendio settimanale, poi con una piccola fionda, ne lancio’ due o tre verso la sua nuca e la schiena, colpendolo dolorosamente.
Il servo si volto’, notando le mani di Aramis fare un cenno dalla finestra ed abbozzo’ un sorriso falso “Sempre gentilissimo, voi, monsieur!”- disse lui offeso tra i denti.
 
Athos arrivo’ al galoppo e busso’ piu’ volte alla porta.
“Aprite! Ve lo ordino!”- grido’ nervoso verso chiunque fosse dentro. Planchet si era gia’ allontanato da tempo e Aramis stentava a rispondere.
“Che volete?!”- chiese dopo un lungo sospiro.
“Aramis e’ importante, vi devo parlare...”- disse Athos dall’aria preoccupata.
“Non oggi! Non sentite? Sono malato...”
“Se siete malato chiamate un dottore, bevetevi una tisana e aprite! E’ importante...”- incalzo’ Athos preoccupato.
“E’ una questione di vita o di morte?”- dicendo cosi’, l’esile amico sistemo’ di nuovo la parrucca e la maschera, pronto per aprire l’uscio di casa.
“Voi siete al di fuori di tutto questo, e ritengo possiate darmi un giudizio obiettivo su quello che sta accadendo!”- disse Athos entrando e sedendosi al tavolino.
Aramis rimase in piedi qualche minuto, cercando di essere obiettivo proprio come il compagno gli aveva chiesto. Sarebbe stato pero’ difficile interpretare di nuovo quel ruolo senza essere condizionato dal succedersi di eventi capitati la sera prima.
Si sedette con calma, come un anziano signore, sembrava avere mal di schiena e muoversi piu’ lentamente del solito.
“La baronessa D’Herblay era la mia dama ieri sera, alla cerimonia d’investitura...”- comincio’ a raccontare lui.
“Baronessa?!”- chiese Aramis, non ricordandosi di avergliela mai nominata prima. Ancor piu’ difficile era cercare di rimanere al di fuori di questa storia quando si era l’argomento principale.
“La donna che mi ha dato il fazzoletto”- specifico’ lui, considerando l’arguto amico ancora intorpidito dal sonno.
“In realta’ e’ una spia della Regina Anna. Ed ha scoperto che qualcuno mi sta dando la caccia. Ha addirittura trovato questa per me!”- esclamo’ Athos mostrandogli la carta tampone tante volte gia’ vista in precedenza.
“Pensavo stesse dicendo la verita’ e mi sono messo al suo fianco per aiutarla a catturare quell’uomo, ma quella si e’ appartata con un nobile qualunque ed e’ poi ritornata da me per chissa’ quale ragione...”- disse lui nervoso.
Aramis piego’ le sopracciglia e spalanco’ la bocca: avrebbe voluto dargli uno schiaffo per quello che aveva appena detto. Sembrava aver completamente dimenticato tutti i loro accordi! Aveva di sicuro tutte le risposte a quegli equivoci ed avrebbe facilmente potuto chiarirli, ma la posizione in cui si trovava non glie lo concedeva.
 “E.. Ed io cosa c’entro in tutto questo... Sono quello che vi ha avvisato di non accettare le lusinghe del Re...”- tentenno’ l’uomo, tamburellando le dita sul tavolo.
Quella risposta aveva indotto Athos ad un senso di delusione per l’amico e confidente, che appariva lontano e freddo nei suoi confronti.
“Siete invidioso di me?”- chiese nuovamente.
Aramis non si fece sfuggire l’opportunita’ di utilizzare questa scusa servita su un piatto d’argento per mascherare i suoi veri sentimenti.
“Si... Sono estremamente invidioso di voi e dei vostri nuovi incarichi!”- esclamo’ Aramis arrampicandosi avidamente su quelle parole appena pronunciate.
“Non dovreste. Sono in difficolta’ ed ho bisogno del vostro aiuto!”- incalzo’ Athos preoccupato.
“Chi vi ha riferito la notizia che l’uomo con cui la vostra dama e’ fuggita, fosse un nobile qualunque?”- chiese con quella calma apparente che lo aveva sempre contraddistinto.
“La Contessa de Winter e’ ancora viva, Aramis! E’ stata lei a confidarmelo! L’ha vista entrare in camera con quello sconosciuto”- Athos lo guardo’ fisso negli occhi ed incontro’ in lui uno sguardo triste e ferito che presto distolse. Il suo compagno tardo’ a rispondere e sospiro’ serrando le labbra.
“La Contessa de Winter e’ ancora viva... La solita Contessa de Winter... Quella che io conosco?!”- ripete’ freddamente, con lunghe pause.
“Disse di amarmi, vi ricordate?”- domando’ Athos.
“La ricordo dire molte cose, compagno. Ricordo averla vista buttarsi dal ponte della nave...”- la furia di Aramis cresceva risultando incontenibile.
“Aramis! Che vi prende?!”
“Niente... Sono solo onestamente e carnalmente molto invidioso di voi...”- disse lui graffiando il tavolino.
“Comprendo la vostra gelosia e questa vostra segreta confidenza... Dopotutto anche voi avete lavorato al fianco di Milady per parecchio tempo ed e’ veramente una donna bellissima, ma come vi ho spiegato sono qui per un altro motivo. Non dovreste davvero invidiarmi!”- ripete’ nuovamente Athos mentre Aramis gli sferrava un primo pugno su una guacia.
Segui’ un secondo e un terzo, che il moschettiere riusci’ prontamente a fermare con i palmi delle mani. Non ricordava da tempo una collera simile da parte del suo amico, per giunta mai contro di lui.
“Prendetelo come un allenamento di lotta libera!”- Aramis cercava di sfogare tutta la sua rabbia, riuscendoci molto bene e schivando i molti dei pugni dell’amico, che aveva cominciato a rispondere a quell’attacco poco giustificato se non da un nutrito senso di gelosia nei confronti della sua amante di quella sera, o da quello che lei era stata in precedenza...
 
“Milady si e’ salvata a quella caduta, ed ora vuole allearsi con noi come spia inglese! Sarebbe perfetto averla al mio fianco in questo momento politico cosi’ problematico!”- continuo’ Athos, prendendo il suo amico per il collo e tenendolo stretto in una morsa.
Aramis piego’ le braccia e lo rivolto’ buttandolo a terra di schiena per puntargli un ginocchio sul petto. Pronto a sferrare un altro pugno, che pero’ non arrivo’.
“Che cosa vi fa credere che  stia dicendo la verita’? Dopotutto vi ha mentito e tradito per anni!”- gli ricordo’ tra i denti con ritrovata confidenza.
“Ha accennato ad un miracolo e si e’ scusata...”
L’esile amico si alzo’ di nuovo in piedi e gli tese il braccio per aiutarlo ad alzarsi. Le sue mani ora erano gonfie ed il respiro leggermente affannato, ma di sicuro sembrava piu’ soddisfatto e meno nervoso di qualche minuto prima.
Prese un profondo sospiro e diede una pacca sulla spalla del moschettiere moro dicendo: “Vorrei convincervi ad allontanarvi da Milady, perche’ sappiamo gia’ di chi stiamo parlando. Quella donna per voi e’ come il veleno. So che non lo farete spontaneamente, ne’ perche’ ve l’ho consigliato io e me ne rammarico. Il nostro discorso non puo’ che terminare qui, Athos.”- disse lui accompagnandolo alla porta.
Quella nomina ed il ritorno di Milady sembrava aver dato proprio un colpo di grazia alla loro amicizia fraterna. Athos lo guardo’ con delusione, sperando di trovare in lui qualcuno che gli dicesse come Milady potesse essere onestamente cambiata e pronta a rimanere alleata al suo fianco ed invece trovando la sua fredda e cinica risposta in ritorno. Dopotutto Aramis era stato un uomo di fede educato al culto del perdono...
“Non vorrete insinuare che la nostra amicizia finisca cosi’!”- disse tristemente Athos sull’uscio della porta di casa.
“No, aspetto soltanto il momento in cui vedrete di nuovo le cose nella giusta prospettiva...”- sospiro’ l’amico guadagnando un po’ di pazienza –“...E riguardo a quella baronessa che avete menzionato, non affrettatevi a dare un giudizio sul suo comportamento ambiguo. Dovreste ascoltare anche la sua versione dei fatti!”- continuo’ congedandosi e chiudendo il portone dietro di lui.
 
 
 
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