3.
«Comunque per quella cosa di stamattina... non volevo» sussurrò, con tono calmo e pacato, infilò le mani all'interno delle tasche dei jeans e riprese a camminare lentamente abbassando la testa.
«E' stato divertente» mi strinsi nelle spalle e lasciai penzolare giù le braccia, dondolandole.
Scosse il capo e si fermò nuovamente.
«Ti fa male?» mi afferrò per un polso e mi attirò delicatamente a sé alzandomi di poco la manica della maglia, quanto basta da poter vedere che del livido che mi aveva procurato poche ore prima non c'era più traccia.
Mi ritrassi subito e serrai le mani portandole nelle tasche della giacca.
«E' l'altro braccio» ripresi a camminare più velocemente sentendo per la prima volta in tutta la mia vita la necessità di dover tornare a casa.
«Oh...» bisbigliò affiancandomi.E sembrò così deluso dalla mia reazione che quasi mi sentì in colpa.
Ma non bisogna sentirsi in colpa per uno poco di buono, no?
Sorrisi e scacciai via il pensiero, stando attenta a non inciampare sull'asfalto ruvido e mal messo.
Per tutto il resto del tempo non feci altro che chiedermi cosa intendevano quando pronunciavano quelle parole.
«Justin» richiamai la sua attenzione e gli indicai la casa che si trovava sulla mia sinistra.
«Io sono arrivata»
«A domani, allora»
«Non vuoi entrare?» cacciai le chiavi dalla tasca della giacca e le infilai nella serratura.
«Ho da fare» fece spallucce e si guardò il polso.
«Devo andare, ci vediamo a scuola» disse, prima di allontanarsi.
Aprì la porta e me la chiusi alle spalle dopo averlo salutato.
«Sono a casa» lanciai le chiavi su un mobiletto poco lontano e mi buttai di peso sul divano afferrando il telecomando e facendo zapping.
Passarono solo pochi secondi prima che la rispegnessi data l'assenza di qualcosa di interessante.
Salii di sopra a farmi una doccia e mi cambiai.
Avevo qualcosa di più interessante da fare di starmene nel letto ad ammuffire nella speranza di riuscire a prender sonno.
*
«Jenny» sobbalzai e mi portai una mano sul cuore, mentre con l'altra richiusi l'armadietto.
Mi girai e mi ritrovai Cheaslin a poco più di un paio di centimetri di distanza.
«Sai che potresti ritrovarti l'intero istituto contro?»
La guardai inarcando un sopracciglio e cercai di farmi spazio per poter passare.
«Le lezioni sono finite» le feci un sorrisetto ironico e tentai ancora una volta di divincolarmi.
Mi scosse per le spalle e mi tenne ferma.
«Avanti, dov'è Justin?»
Con le labbra serrate la guardai in cagnesco e scandii bene ogni parola della frase “fammi passare”.
Una volta avuta via libera corsi per poter arrivare in tempo alla fermata del bus e proprio mentre stavo mettendo piede sul primo gradino del pullman mi ritrassi vedendo che aveva appena ripreso a camminare.
Sbuffai e incrociai le braccia nella speranza di poterne prendere un altro dopo pochi minuti.
Ero decisa ad andare a casa di Justin, e nonostante lui non mi avesse detto dove abitava, io lo sapevo comunque.
Aspettai almeno una mezz'oretta prima che potessi finalmente prendere un pullman, e quando fui fuori la sua villetta cercai di riaggiustarmi al meglio e sbattei le nocche contro la porta massiccia e di legno.
«Buonasera, sono una compagna di classe di suo figlio» balbettai, alla signora dai capelli rossi e mossi che mi aprì.
Mi invitò ad entrare e una volta in salone la vidi ridere sotto i baffi.
«Lavoro per lui» mi spiegò.
«Mi scusi» alzai le spalle gesticolando.
«Justin è di sopra, vai pure»
La ringraziai e salii le scale percorrendo il corridoio lungo e dalle pareti azzurrine.
Non avevo chiesto in quale stanza fosse, però, e a quel punto mi sarei decisamente presa a schiaffi da sola.
«Justin?» mi tolsi dalla spalla la cartella e la poggiai ai miei piedi.
Feci qualche altro passo e mi fermai sentendo lo scricchiolio di una delle tante porte aprirsi.
«Jenny?» aggrottò la fronte e mi fece cenno di raggiungerlo.
«Sarò breve, lo prometto» mi battei le mani sulle cosce e mi sedetti accanto a lui sul letto ben fatto.
«Ho tutto il tempo» rispose sorridendo.
«Okay, vediamo, a scuola credono che ti abbia rapito» cercai di trattenere una risata, ma non ci riuscì, proprio come lui.
Mi piegai in due e mi battei una mano sulla fronte, poggiandomi una mano sul petto per riprendere fiato.
Sentii la sua risata riecheggiarmi nelle orecchie, ma poi mi resi conto di cosa stava succedendo e mi diedi un pizzico da sola.
«Solo perchè non mi sono presentato a scuola?» incarcò le sopracciglia e aprì di poco la bocca.
«Esatto» lo guardai come per consolarlo ed iniziai a battere il piede destro come passatempo.
«Potresti spargere volantini per la città e annunciare che sei ancora vivo con un megafono» feci spallucce e gli diedi una pacca sulla spalla.
Potrei considerare l'idea, comunque» si alzò e si passò l'asciugamano dapprima fra i capelli umidicci, poi dietro il collo.
«Dei volantini e del megafono? Geniale, lo so» socchiusi gli occhi e distesi le gambe sospirando.
«Non parlavo di quello» rise di gusto e poi si sedette nuovamente vicino a me.
«Ma del rapimento» sussurrò, solleticandomi l'orecchio dato la tanta vicinanza delle sue labbra.
Maledizione, la mia non era una proposta.
Aloha!
sono tornataaah, cosa credavate, eh? eh?
si, ci ho messo un'infinità a riaggiornare e mi scuso umilmente con tutte (?)
fa schifo, decisamente, lo so, è da cinque giorni che provo a scrivere qualcosa di decente ma niente, non l'ho nemmeno riletto perchè devo correre a studiare e tutto quel che son riuscita a scrivere è quì ed è anche molto poco
inoltre non mi sono sentita bene più di tanto e ho avuto tanto da fare anche per la scuola
non so se continuerò se non dopo almeno quattro recensioni, quindi affido tutto nelle vostre mani
e no, non mi sono dimenticata!
grazie tante a musiciswhyilive e midirection per aver recensito il capitolo precedente :3
un bacione,
Jade♥