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Autore: youremyocean    25/01/2013    7 recensioni
E' tipo la mia prima vera long e non ho resistito alla tentazione di farla sui miei idoli, che saranno parte integrante della storia, obviously, ma che troverete solo un po' più avanti, da tipo il quarto, forse quinto capitolo. La protagonista di questa storia si chiama Serena, la sua migliore amica Giada, le sue coinquiline Zola e Tomma, il suo nipotino Simone. E' italiana, ma fugge dai ricordi e trova rifugio a Londra, dove tutta la sua vita viene stravolta; non riesce a superare il profondo senso d'abbandono che sente dentro a causa della perdita di una persona cara.// Non so che altro scrivere, tranne che l'intera storia è dedicata alla mia migliore amica, e che se i primi capitoli vi sembrano un po' tetri, i'm sorry, è necessario :')
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This time, don't need another perfect lie

 



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Capitolo 1: Changes.

 

Sei sicura di volerlo fare? Mollare tutto, proprio ora?”
No.
Allora perché?”
A questa domanda non so darmi risposta.

 

* * *

 

 

 

Finisco di sistemare le ultime cose nella mia borsa, ignorando la mia testa che mi ripete di restare.
Mi porto indietro una ciocca di capelli bruni, osservandomi poi allo specchio: magra, stanca, sfiancata. Non sembro io. Mi siedo sul letto spoglio ed osservo la mia camera: non c'è neppure una foto, un pupazzo, un adesivo, niente. Tutti i miei ricordi sono impacchettati e messi nel fondo di uno scatolone già caricato in macchina. Mi tiro giù le maniche della felpa, afferro il cellulare e chiamo Giada, prendendo la borsa e scendendo le scale.
«Siamo pronti»- risponde prima ancora che io apra bocca.
«Bene, sarò lì fra dieci minuti. Vedi di non scordarti nulla, Londra è lontana per fare su e giù dieci volte».
«Lo so, ciao».
«Ciao».
Riattacco ed entro in cucina, dove un veloce ammasso di capelli biondi mi viene addosso, stringendomi forte. Ricambio debolmente, accarezzandole la testa.
«Non andare».
«Mamma...».
«Resta».
«Sai che non lo farò, ne abbiamo già parlato; non voglio stare qua».
«Sì, invece. Ma non vuoi ammetterlo».
«Cosa non voglio ammettere?»- sospiro, come se fossi io l'adulta e lei la diciassettenne.
«Scappare non risolverà la situazione».
Mi scosto dalle sue braccia, guardandola in faccia, come tutte le volte che tira fuori questo discorso. “Scappare è l'unica cosa che mi rimane”- penso, senza risponderle. Mio padre in quel momento ci raggiunge dal divano; ci viene vicino, abbracciandoci poi strette. Non è tipo da gesti affettuosi, non lo era, non fino alla morte di Scott, almeno.
«State attente».
«Lo saremo».
Rabbrividisco, poi lo stringo forte. «Ti voglio bene, papà». Mi scosto, posando un bacio sulla guancia ad entrambi, prendo la borsa, lascio le chiavi di casa nel piattino all'ingresso ed esco. La prima cosa che noto è l'aria già piuttosto calda di giugno, gli alberi che si muovono col vento ed il frusciare delle fronde. Ignoro ogni singola emozione, entro in auto appoggiando la borsa sul sedile e mi dirigo verso la casa di Giada, a pochi isolati dalla mia. Per strada non mi soffermo a ricordare ogni minuscolo particolare della mia vecchia vita; perché dovunque io guardi, vedo la sua assenza.

In cinque minuti arrivo, suono il clacson e immediatamente la ragazza con un fagotto fra le mani esce e tenta di raggiungermi in un modo alquanto goffo. Esco dall'auto sghignazzando, andando ad aiutarla con le borse che la stanno schiacciando.
«Grazie» - faccio spallucce e carico tutto in auto mentre Giada sistema il piccolo ben coperto nel seggiolino sul sedile posteriore della mia auto, posizionato lì da tre settimane. Un'ora dopo siamo all'aeroporto e ci stiamo imbarcando. Il bimbo dorme in braccio a me mentre la mia amica trascina su le borse a mano.
Ci sediamo ai nostri posti, io vicino al finestrino e lei accanto a me con in braccio il bambino. Appoggio la testa sulla sua spalla, cercando di cancellare ogni singolo pensiero, ogni minuscolo barlume che si accende nella mia mente. Siamo partite cercando di cancellare il passato, pur sapendo che ci seguirà sempre come un'ombra.
«Come l'hanno presa?» -le chiedo.
«Tra il buttarmi fuori di casa ed il mandarmi a studiare all'estero preferiscono mille volte la seconda opzione. Sai, a loro non piace fare brutta figura con la gente. Leccaculo del cazzo»
Ghigno. «Quindi, stiamo fuggendo».
Mi prende la mano e rimaniamo così per le due ore seguenti, fino a quando non atterriamo. Prendiamo un taxi ed arriviamo in dieci minuti all'indirizzo del condominio. Non è messo tanto male, solo qualche crepa qua e là. Da lontano si vede il Tamigi e il London Eye spicca da dietro gli alberi, dando un tocco di modernità ad un quartiere piuttosto vecchiotto, risalente agli anni '90 circa. Saliamo con non poca fatica, visto che l'ascensore non funziona e noi abbiamo sei valigie a testa più un bambino. Arrivate al quinto piano riprendiamo fiato e bussiamo alla porta numero 19, aspettiamo non più di dieci secondi prima che una testa rossa e un metro e settantacinque di ragazza ci venga ad aprire, sorridendoci e aiutandoci a portare dentro i nostri effetti personali.
«Benvenute ragazze! Vi aspettavamo! Ehi T, muovi il culo, sono arrivate»- ci saluta per poi urlare, continuando a sorriderci.
«Se rompessi meno i coglioni potrei vivere di più»- una voce ci raggiunge da qualche parte della casa.
«Piantala e vieni a salutare, sfaticata! Comunque io sono Zola Martin»- si presenta, tendendoci la mano.
«Piacere, Giada, lui è Simone e lei è Serena».
«Eccomi!» - un tornado dai capelli neri entra in quel momento nell'ingresso illuminato dal sole calante.
«Io sono Tomma Stiles, la coinquilina di quest'essere senz'anima» -e indica Zola.
«Mi hai sfracassato la minchia. Quindi lui è il bambino di cui mi avete parlato al telefono?».
«»– rispondo alla rossa.
«Aaaaw, è la tenerezza, guarda che guanciotte! Lo posso prendere in braccio?» - Tomma si fionda su di noi e appena Giada annuisce lo prende, cominciando a parlargli con la solita vocetta da deficienti che fanno le persone con i bambini piccoli. Mi urta i nervi.
«Dai ragazze, venite che vi preparo qualcosa, vi va un tea?»
«E da brava inglesina ligia ligia non potevi offrire di meglio, giusto?» -la prende in giro Tomma. Che razza di nome è poi?
«Dai venite» -continua - «vediamo di tirare fuori qualcosa di decente dal frigo...Anzi, meglio: Zola, tu vai e da un'occhiata, io le porto a fare un giro della casa, così risparmiamo tempo».
Zola annuisca e prende un corridoio a sinistra dall'entrata, poi Tomma ci dice di seguirla attraverso una porta e poi un corridoio con una svolta a destra alla fine. Ci sono due porte su ogni lato, alla fine un'altra, bianca, che sospetto dia su uno dei due bagni.
La prima stanza sulla destra, senza porta, è occupata da due divani e tre poltrone, più due tavolini bassi, una TV da non so quanti pollici, una libreria e un impianto stereo. Sul lato destro della stanza vi è collocata una porta finestra che da su un terrazzo affacciato direttamente su un parco. Proseguendo sul lato sinistro c'è la prima camera dal letto, quella di Zola -essendo lei quella che paga più di metà dell'affitto si è presa una delle stanze più grandi- e difronte quella di Tomma e mia. Ci sono due letti da una piazza e mezza circa ciascuno che occupano tutta la parete di fondo, accanto a quello di destra -che capisco essere il mio, visto che è spoglio- c'è una rientranza nella parete, su cui è possibile sedersi, che fa quasi da dormeus, da dove si può tranquillamente osservare il cielo plumbeo -a giugno- della città londinese attraverso una finestra a scomparti apribili. Il tutto è adorno di due sottili tende colorate con un tenue giallo canarino, che subito mi mette a mio agio. Dalla mia parte ho anche una scrivania, un armadio, una sedia, una libreria, una piccola cassettiera ed un comodino tutti sui colori del legno chiaro e scuro, senza contare un enorme poltrona a sacco arancione sul pavimento. Amore a prima vista! Mi ci fiondo subito e concentro la mia attenzione sulla parete che non avevo notato prima di buttarmi sul sacco. In primo piano c'è una TV, moderatamente più ridotta in confronto a quella che troneggia nel salotto. Tutt'intorno ad essa corrono dei ripiani, alcuni con foto, altri spogli. Un lettore dvd fa da padrone sul ripiano più basso, che comprendo essere un home theater non appena noto le casse che corrono per tutta la parete. Mi s'illuminano gli occhi al pensiero di poter riempire quello spazio.
Mi alzo quando mi accorgo che le altre mi stanno richiamando e Tomma mi passa un braccio sulle spalle.
«Babe, quella poltrona è M.I.A. Chiaro?» -mi guarda a metà fra il serio e il divertito -«Però se vuoi tra qualche giorno possiamo andare a comprarne un'altra tutta per te». Mi fa l'occhiolino ed io sorrido di riflesso, lasciandomi trascinare fino alla porta infondo, che scopro essere, appunto, uno dei bagni. Svoltando a sinistra seguendo il corridoio, infondo c'è una scaletta che da su una porta in alto, sicuramente la mansarda, mentre a destra vi è collocata un'unica porta, quella del secondo bagno, che fronteggia l'ultima camera riservata a Giada e Simone. Dentro ci sono un letto di una piazza e mezza con accanto una culla, ma c'è spazio sufficiente per aggiungere un secondo letto in caso di necessità. Oltre a questo vi sono una finestra che lascia entrare il sole, una libreria, un armadio in legno chiaro, una scrivania e un piccolo scaffale rialzato con cd, dvd e un televisore.
Terminato il giro torniamo in cucina e ci sediamo intorno al tavolo, parlando del più e del meno.
«Da quanto vi conoscete?» -chiede Giada osservando Simo giocare con i capelli di Tomma che non l'ha mollato un attimo.
«Tre anni, voi?» -risponde Zola mettendoci delle tazze di caffè davanti.
«Otto anni, ma siamo amiche da sette» -rispondo.
Tomma fa un fischio prolungato, esternando la sua impressione, poi ci chiede: «Come mai siete qua?».
«La University of London ci è sembrata una buona scuola»- spiega Giada.
«In Italia non ce ne sono?» chiedono.
«Sì ma avevamo voglia di staccare per un po' da quella vita».
«Ah, problemi di qualche genere?».
«Personali»- mi tiro le maniche della maglia fino a coprire del tutto le mani, innervosita.
«Voi dove siete nate?» - chiedo cambiando argomento.
«Io vengo dalla Scozia mentre Tomma è venuta qua da Brisbane, Australia».
«Wow, sono bei posti?»
«Particolari, ma direi di sì. Non conosco molto la mia terra natale, sono venuta qua a quattro anni» -spiega Zola.
«Posso farvi solo un'altra domanda?».
La rossa sembra molto diplomatica e pronta a tendere una mano in ogni occasione.
«Vale a dire?» -cerco di sembrare cortese, per quanto mi riesca male. Giada mi lancia un'occhiataccia che prontamente ignoro, pur cercando di contenere l'irritazione.
«Quando abbiamo parlato mi avete parlato di Simone ma non della sua identità; cosa ci fa con voi? Avete qualche legame di parentela con lui?».
Guardo la mia amica negli occhi, nei quali vedo dubbio e timore. Cerco di infonderle coraggio e quel poco di forza che le serve per dire la verità, e lei deve intuirlo poiché annuisce e rivolge la sua attenzione alle due ragazze che ci guardano incuriosite.
«Ecco, lui è... mio figlio».
Per poco Zola non si strozza con la sua bevanda, mentre l'altra le da dei lievi colpi sulla schiena.
«Scusatela, è molto suscettibile. Pensa ancora che il mondo sia tutto fiori ed unicorni» -la prende sul ridere Tomma mentre la sua amica la fulmina con gli occhi. Una volta ripresa guarda Giada, chiedendole quando e come è successo. Noto un'impercettibile tensione nella postura di lei, seduta accanto a me, così le prendo la mano.
«Un anno fa circa, quando ero appena sedicenne. E' nato a febbraio, il dieci, per cui ha...» -fa un veloce calcolo, e mi ricordo immediatamente che oggi è il 17 giugno-«quattro mesi e sette giorni di vita»Ignora la seconda parte della domanda, ma se Zola e Tomma se ne sono accorte non lo dato ad intendere. Decidiamo di comune accordo di accantonare l'argomento e ci dirigiamo ognuna nella propria camera per sistemare i nostri possessi, poi ci buttiamo nei letti, esauste.
Domani andremo a cercare lavoro e dobbiamo anche iscrivere Simo in un asilo qui da qualche parte. Zola mi ha detto che ce n'è uno qua vicino molto carino, ci faremo un salto. Per ora una bella dormita è l'unica cosa che intendo concedermi.
Afferro il beauty case e mi dirigo in bagno, chiudendo a chiave la porta. Mi appoggio al lavandino e mi guardo allo specchio, ma comprendo solo che sono ancora più trasandata di stamane, gli occhi scuri spenti. Mi lavo i denti, infilo il pigiama e spazzolo i capelli.
Poi senza quasi pensare, come un automa, afferro la lametta e la porto al braccio: incido la pelle, osservo i rivoli di sangue scivolare giù per i polsi fino al lavello, dove l'acqua che ho lasciato scorrere lava via ogni traccia della mia colpa. Ogni volta che il freddo metallo affonda nella mia carne una parte del mio dolore se ne va con il sangue, dissolvendosi, ma non penso troverò mai una fine a questo. E' dolore misto a lacrime, urla, ricordi, luci e rumori. Scott.
Conto fino ad otto, poi smetto; disinfetto la lama, l'asciugo e la ripongo al suo posto, lavo i tagli, li fascio, tiro giù le maniche ed esco. Senza guardarmi allo specchio, senza emettere un suono.

Buon arrivo a Londra, Ser”.

 

Ma ciiaaaaaaaaaaaaaaaaao(?)

Boh, mi serviva una frase ad effetto ma non avevo idee..
OP, OP, OOOOOH, SO PUT YOU HANDS UP, OP OP, 'CAUSE IT'S A STAND UP!
Yeah, thaaaat's better! lol
Allora: chi mi conosce sa che non ho mai finito una long in vita mia e sono solita non cominciartle proprio per questo,
ma quando mi è venuta quest'idea mi sono fiondata al computer e ho deciso di pubblicarla,
per questo se mi lasciate una recensione anche solo per la buona volontà che ci metto, mi fate un favore, altrimenti perdo la voglia(?) c:
Anyway, spero vi piaccia -anche se è solo il primo capitolo, i know-.
Vi lascio qualche immagine dei personaggi appena ricomincia a funzionarmi internet çç sono giorni che non si decide ad andare bene, eccheccavolo. C:

Banner by: https://www.facebook.com/EllieGraphic?fref=ts





Vi adoro già, sappiatelo(?) lol Enjoy c:
twitter: @youremyocean

A.

 

 

   
 
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