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Autore: youremyocean    26/01/2013    5 recensioni
E' tipo la mia prima vera long e non ho resistito alla tentazione di farla sui miei idoli, che saranno parte integrante della storia, obviously, ma che troverete solo un po' più avanti, da tipo il quarto, forse quinto capitolo. La protagonista di questa storia si chiama Serena, la sua migliore amica Giada, le sue coinquiline Zola e Tomma, il suo nipotino Simone. E' italiana, ma fugge dai ricordi e trova rifugio a Londra, dove tutta la sua vita viene stravolta; non riesce a superare il profondo senso d'abbandono che sente dentro a causa della perdita di una persona cara.// Non so che altro scrivere, tranne che l'intera storia è dedicata alla mia migliore amica, e che se i primi capitoli vi sembrano un po' tetri, i'm sorry, è necessario :')
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 “Lookin' for a job, what the hell it looks like?”

 

 

 

Cerco di coprire le occhiaie con del fondotinta, ignorando il dolore alle braccia e la pelle che tira. Ho già spalmato una crema disinfettante per non rischiare di infettare i tagli, non si sa mai.
«Ehi, Ser»- Giada entra nella camera mentre finisco di sistemare il trucco sul viso -«Dobbiamo andare, sei pronta?».
«Sì, arrivo».
Afferro la borsa ed esco insieme a lei. Tomma è già uscita da mezz'ora per andare al negozio di dischi in cui ha un posto fisso da un anno e mezzo, Zola invece ci accompagnerà a cercare un lavoro, essendo il suo giorno libero dal negozio. Speriamo di trovarne uno qui vicino, ma prima di tutto passiamo dall'asilo, che è praticamente dietro l'angolo. Lì una simpatica ragazza -Leona, credo-, ci da tutte le informazioni, a partire dagli orari per finire ai costi, che non sono così elevati come in altri asili, in base a ciò che abbiamo visto. Simone, in braccio a me, ride e gioca con i miei capelli. Fa amicizia con la ragazza e dopo un'oretta siamo già fuori. Giada si gira un attimo verso il vetro dove può vedere il piccolo che gioca con la ragazza. L'aspetto un attimo, osservandolo a mia volta. E' la prima volta che lo lascia da solo da qualche parte, da quando è nato è sempre stato con lei, ed ora è difficile lasciarlo, la capisco.
«Torneremo a prenderlo per mezzogiorno, non preoccuparti»- Zola ci si è avvicinata e ha posato una mano sulla spalla della mia amica, ha sul viso un sorriso condiscendente che per qualche ragione mi da sui nervi, ma scrollo le spalle e m'incammino verso la fermata del tram. Mezz'ora dopo siamo nel West End, osserviamo le vetrine dei negozi e degli innumerevoli bar sperando di trovare qualche annuncio in richiesta di commesse o cameriere. Per l'inizio ci basterebbe anche questo. Giriamo per quasi due ore senza trovare nulla, siamo così stanche che imploriamo Zola per farci portare da qualche parte e riposarci.
«C'è uno Starbucks qua vicino, venite» -ci incamminiamo dietro alla rossa fino ad arrivare a destinazione, pochi metri più avanti. Ci sediamo e ordiniamo dei frappuccini, Giada al cocco, Zola con la panna e pistacchio mentre io ho scelto per quello al cioccolato, più una pasta alla marmellata. Mentre mangiamo e chiacchieriamo mi alzo, spinta da un bisogno insidioso e insistente.
«Vado un attimo fuori, torno subito»- afferro la borsa ed esco, estraggo il pacchetto di sigarette e ne accendo una. Lascio che la nicotina m'invada bocca, narici e polmoni, sentendoli bruciare anche per il freddo. Il cielo è grigio e nuvoloso. E' giugno ma in questa città -no, in quest'intero dannato paese- il clima sembra sballato, come me. Mentre sto per aprire la porta del locale un foglio giallo attira la mia attenzione: si trova dietro ad una pianta, lo afferro leggendolo velocemente e torno immediatamente dentro per mostrarlo alle altre.
«Ho trovato questo attaccato alla vetrina» -lo passo a Zola -«Che ne dite, ci provo?».
«E' un inizio, non sarebbe male» -Giada prende in mano il volantino e legge ad alta voce – «Cercasi cameriera part-time, per informazioni rivolgersi al personale».
«Chiedi, noi ti aspettiamo qui»- m'incoraggia la rossa.
Raggiungo il bancone alla cassa, fortunatamente libera ora, essendoci pochi clienti, e chiedo alla ragazza lì in quel momento informazioni riguardo sull'incarico.
«Ah, quello? L'abbiamo appeso qualche giorno fa, una ragazza è andata in maternità e il capo ha urgente bisogno di qualcuno che la sostituisca. Sei interessata?»- fa lei.
“Se te l'ho chiesto ci sarà un motivo” mi ritrovo a pensare, ma mi costringo ad essere cortese, annuendo.
«Se vuoi saperne di più trovi il proprietario nel suo ufficio, segui quel corridoio, la seconda porta a sinistra» -mi spiega, io la ringrazio sommessamente e vado dove mi ha indicato. Trovo una porta con su scritto 'Principal', busso e un avanti mi da il permesso di entrare in un piccolo ufficio, piuttosto soffocante. Dietro alla scrivania che ne troneggia il centro c'è seduto un vecchio attempato sui cinquant'anni, dagli occhietti grigi socchiusi, sospettosi, e folte sopracciglia. E' vestito con uno smoking nero, semplice.
«Cosa posso fare per lei, signorina?».
«Sono qui per il lavoro».
«Ah, capisco. Sì, dunque: prima ci sono alcune domande di routine che le devo fare, se non le dispiace».
«Non c'è problema»- mi siedo sull'unica sedia davanti a lui, mettendomi comoda.
E così comincia una serie straziante di quesiti su di me, sulla mia schifosa vita e sulla mia famiglia. Rispondo a tutto, provando ogni secondo di più la voglia di mandare a farsi fottere 'sto qua e uscire a fumarmi un'altra sigaretta.
«Bene, ora passiamo all'aspetto pratico: quante ore sarebbe disposta a fare a settimana?».
«Quante ne occorrono, ma voglio almeno un pomeriggio o una mattina liberi, così come il weekend -cioè sabato sera e domenica-»-
«Sono delle condizioni a cui potrei scendere a patti, c'è altro?».
«La paga?».
Continuiamo così per circa venticinque minuti, al termine dei quali saluto quell'uomo -il signor Brown- con la copia del contratto in mano e un lavoro sicuro in tasca.
Esco fuori dal locale e trovo Giada e Zola sedute su una panchina lì vicino, intente a chiacchierare. Mi siedo accanto a loro e accendo la mia amata sigaretta, lasciando filtrare il fumo che mi annebbia i sensi.
«Allora?» -mi risveglia Giada, lo sguardo curioso.
«A quanto pare ho un lavoro, comincio lunedì, per cui ho ancora tre giorni di libertà. Che si fa ora?».
«Brava. Ormai è quasi mezzogiorno, vogliamo andare a prendere Simo? Riproviamo oggi pomeriggio»- Giada all'improvviso è frenetica, vuole tornare da suo figlio. Sorrido, la prendo a braccetto e le faccio segno di andare. Zola ci si mette accanto; dopo poco siamo alla stazione. In meno di quindici minuti siamo davanti all'asilo e riprendiamo Simone, che quando ci vede sorride e arrossisce, muovendo i piedini e le mani. Giada lo prende subito in braccio, abbracciandolo, poi salutiamo Leona e ce ne andiamo. A casa mi metto a preparare qualcosa da mangiare, così faccio provare qualche piatto della cucina italiana -la miglior cosa di quel paese, l'unica che mi manca davvero- alle mie coinquiline.
«Ser, te non mangi?»- Tomma quai divora la pasta che ha nel piatto. E' tornata poco fa dal suo turno al negozio di dischi ed è parecchio affamata.
«Non ho fame. Scusatemi»- mi alzo e me ne vado in camera, afferro l'mp3 e mi siedo alla finestra, osservando la pioggia che poco fa ha cominciato a cadere. Scaccia via le mie preoccupazioni senza eliminare i ricordi.
Chiudo gli occhi e mi lascio invadere dalla musica, dimenticandomi di tutto il resto e crollando in uno stato di dormiveglia.

 

'Andiamo, sali in macchina, ti porto a casa'.
'Non darmi ordini Scott, non ho cinque anni'.
'No infatti, ma ti comporti come se ne avessi; mamma e papà ti avevano detto di restare a casa'.
'Come osi?! Non sei tu a decidere ciò che devo o non devo fare, e poi, ha parlato proprio il figliolo santarellino che non disubbidisce mai, vero?'.
Contrae la mascella, mi prende un braccio e mi apre la portiera, spingendomi dentro. Poi entra anche lui e accende il motore, cominciando ad allontanarsi dalla discoteca. Non mi volto a guardarlo, arrabbiata.
'Avevamo deciso di non parlarne più'.
'No fratellino, sei tu che non volevi ne parlassimo, io non l'ho mai detto'.
Stringe la presa sul volante, gli occhi infuocati.
'Hope, è finita. Ho chiuso con quella roba, te l'ho detto, ma se i nostri genitori lo venissero a scoprire sarei morto, lo sai no? E' inutile tirare fuori una vecchia storia'.
'Non è poi così vecchia, dato che ho trovato questa in camera tua' -estraggo una bustina dalla borsa -'Mi avevi detto che avresti smesso. Me l'avevi promesso'.
In un secondo si sporge dalla mia parte, distraendosi dalla strada per un attimo, per riprendere quel pacchettino trasparente, ma quando torna con gli occhi davanti a sé è già troppo tardi: urla e vira bruscamente, evitando di scontrarsi con un camion che stava sbandando difronte a noi, probabilmente a causa di una lastra di ghiaccio sull'asfalto. Finiamo tra gli alberi che costeggiano la banchina subito dopo che l'auto si ribalta due volte. Urlo con tutto il fiato che ho in gola, credo di aver sbattuto la testa perché mi sveglio e ho un dolore pulsante sulla tempia destra. L'auto è ribaltata, sento dolore dappertutto e credo di avere una gamba rotta. Mi giro, nel panico, ma non trovo nessuno al posto del guidatore. Sono sottosopra, slaccio con mani tremanti la cintura e ricado sul tettuccio pieno di vetri e detriti. Lo sportello è incastrato,ma spingendolo con tutte le mie forze riesco a spostarlo abbastanza per strisciare fuori. L'asfalto mi ferisce i gomiti. Mi appoggio ad un albero e mi volto verso destra, da dove siamo venuti: il camion è girato su un fianco, fumo e fiamme lo avvolgono. Scott è lì, sta cercando di aiutare il conducente ad uscire.
'Scott!' -urlo, credo mi abbia sentita, si gira, sorride mentre tira fuori l'uomo; il veicolo esplode davanti ai miei occhi, costringendomi ad abbassarmi per non essere ferita di più dai pezzi volanti.
Quando il rumore è passato mi rialzo e zoppico fino a qualche metro da me, dove il corpo per metà carbonizzato di mio fratello giace senza vita sull'asfalto.
'Scott...' -mi piego su di lui, ha gli occhi aperti, la bocca atteggiata a sorriso, come subito prima dell'esplosione. Ma quegli occhi sono morti, quella bocca non emetterà più un suono, che sia una risata o un rimprovero. Mi piego su di lui e mi scopro singhiozzante. Imploro qualcuno che non sembra abbia voglia di ascoltarmi perché mi dica che non è vero, che lui è vivo, che non se n'è andato per la mia stupidità.
'T-ti … prego, S-cott, rispondimi!' -lo scuoto per le spalle. Le sirene in lontananza mi avvertono dell'arrivo imminente dei soccorsi.
Un'auto si ferma poco lontano da noi, vicino al corpo dell'uomo che mio fratello ha tentato di salvare. Degli agenti escono dal veicolo e corrono da lui, poi da me.
'Signorina, sta bene? Cos'è successo? Conosce queste persone? E' ferita?'.
Mi riempono di domande che la mia mente non riesce a decifrare. Un uomo in divisa mi alza di peso dal corpo su cui ero appoggiata e mi stende su una barella che due infermieri trasportano nell'ambulanza. Perdo conoscenza, le fiamme negli occhi, e il sorriso di mio fratello come suo ultimo ricordo.

 

 

«Ser, che stai...? SERENA!»- Giada corre da me, coperta di sudore e tremante sul pavimento.
«Ser... Ser... guardami, Serena... Hope, guardami!»- volto lo sguardo sul suo viso, e mi lascio cullare fra le sue braccia per oltre mezz'ora.
«Va tutto bene, calmati. Stai bene, non è successo niente».
«Scott...».
«Ssssh, lui sta bene tesoro, non ti preoccupare».
«E'... colpa mia. Scusami Scott, scusami... scusami, scusami, scusami, scusami...»- continuo così per un tempo infinito, fino a quando non crollo lì, con ancora quella nenia e il ricordo di quella notte nella testa.

 

Giada

 

«Cos'è successo?» -Tomma e Zola entrano nella stanza mentre copro la mia amica con la coperta. Mi giro verso di loro, vedendo Simone in braccio alla neretta.
«Niente»- riprendo in braccio mio figlio e torno in cucina, seguita dalle altre.
«Non pretendiamo che vi confidiate con noi, ma non trattarci da idiote. Cos'ha Serena? Sta bene?»- Zola sembra quasi irritata dal nostro mutismo, così sorrido. Mi ricorda Ser.
«Fisicamente sì. Ne ha passate di brutte negli ultimi mesi, deve riprendersi, ma ci vorrà del tempo. Non preoccupatevi, me ne occupo io. Ma non assillatela, non vi tratterebbe bene. Lasciatela in pace».
«Vorremmo aiutarla, in qualche modo»- guardo negli occhi preoccupati di Zola e capisco che è sincera.
«Non c'è niente che possiamo fare, dobbiamo solo starle vicino senza soffocarla, per farle capire che ci siamo ma che non abbiamo intenzione di metterle fretta, solo così tornerà a fidarsi di se stessa».
Loro due annuiscono e tornano in salotto a guardare il film che abbiamo lasciato a metà prima che andassi a vedere come stava Serena, mentre io do da mangiare a Simo e lo metto a dormire. Passo a vedere come sta la mora e la trovo ancora addormentata, così vado a chiamare Zola.
«Ti va di accompagnarmi a trovare un lavoro anche per me?».
«Certo, andiamo».
Vaghiamo fino alle quattro circa, ma la nostra ricerca non è vana: trovo un lavoro part-time in una libreria poco distante dall'asilo del mio piccolo, la paga è buona e avrò tempo anche per la scuola, dopo.
Torniamo a casa, io con un peso in meno a gravarmi sul cuore, e troviamo Tomma e Serena che parlano in soggiorno.
«Come stai?»- chiedo sedendomi accanto a loro sul divano e rivolgendomi alla mia amica.
«Bene».
Scuoto la testa, prendendo il bimbo dalle sue braccia.
«Abbiamo trovato un lavoro»- si aggiunge Zola, facendo una carezza sulla sua testolina ancora abbastanza stempiata.
«Quale?»- chiede Tomma.
«Assistente in una libreria»- rispondo.
«Bello, ti piace leggere?»- replica di nuovo la nera.
«Sì, abbastanza, ma Serena è la mangiatrice di libri vivente, fra noi due»- e le sorrido, scostandole una ciocca di capelli dal viso e notando che ha alzato un angolo della bocca a 'mo di sorriso.
Ceniamo e andiamo a dormire, ognuna con i propri pensieri.




 

Serena

 

Non ho affatto sonno quando mi stendo a letto. Capisco che la mia compagna di stanza dorme già dal suo respiro; senza far rumore mi alzo, prendo il mio beauty case e mi chiudo in bagno. Ripeto la stessa scena di ieri, e del giorno prima, e di quello prima ancora, fino a cinque mesi fa. Incido la pelle affondo, non degnando di uno sguardo il mio riflesso nello specchio. L'acqua e il sangue scorrono e i miei ricordi fanno la medesima cosa davanti ai miei occhi. Risento la voce di mio fratello che mi chiama con il mio secondo nome, quello che mi ha dato lui quando ero appena nata. Quel nome che tutti conoscevano e che solo lui poteva usare. Una lacrima mi scende sulla guancia per poi cadere fino al pavimento.
Una volta finito ripulisco tutto e torno in camera, lasciandomi avvolgere dalla musica e osservando fuori dalla finestra una luna che mi guarda come se volesse deridermi, incolparmi. E avrebbe ragione.


 

 

Così metteva in fila i suoi dolori,
ordinati come gocce di sangue freddo sulla lama dopo un taglio,
e sparava, sparava a quei dolori come se uccidesse, dentro di lei ,
sparava quei dolori come si spara all’assassino di un padre o di una madre.
Ma lei era figlia di se stessa, si era cresciuta da sola,
e da sola sapeva rinascere, era l’arma di se stessa,
era il colpo che ammazzava il dolore prima che diventasse importante.
- Stephen king

 

EHI BAAAAAAAABES! 
Oggi vado sul rosa, anche se come colore lo odio, lol. 
Basically, ho deciso di aggiornare perché ho scritto già il terzo capitolo, così ho pensato di metterlo, già che il primo ha già 4 recensioni -ceh, grazie. akjdnajknfkj ** Pooooooi, come promesso, oggi vi metto le foto dei personaggi, o alcuni di essi, altri verranno dopo C: spero vi piacciano, ditemi le vostre impressioni nelle recensioni eh. 
Che poi, più recensite e più a me viene voglia di scrivere! Sooo, se la storia vi piace, datemi un motivo per continuarla :3 
Sonoooooooo tenera, vero? no, okay, scherzavo. AHHAHAHHA oh God. çç 
Vabbé, bando alle ciancIeeeeee(?), vi metto qua sotto le immagini (sempre se le fa vedere, lol)

Continuo a minimo 3/4 recensioni. 
su twitter sono @a_styles2

 



Serena 

http://i49.tinypic.com/2vn4ar6.jpg


Giada

http://i50.tinypic.com/34fo9bt.jpg



Penso di aver finito, a presto! :)

//Hangel




 

   
 
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