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Autore: LunaNera17    26/01/2013    1 recensioni
Nuova generazione, una Rose un po' stravagante e lunatica, uno Scorpius riflessivo e per niente arrogante. Niente odio, niente insulti, nessuna inimicizia secolare. No.
Rose e Scorpius non si sono praticamente mai parlati, e tra loro non c'è altro che un'inconsapevole curiosità nei confronti dell'altro.
Due mondi diversi, due famiglie agli antipodi, ma due anime più affini di quanto si possa pensare. A loro l'arduo compito di decidere se dare ascolto ai pregiudizi e al proprio orgoglio o guardare avanti e, perchè no, scoprire anche l'amore.
Una Rose/Scorpius senza pretese, preludio di ciò che inizialmente avrei voluto scrivere (e che forse prima o poi scriverò). Buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Ehilà! Ecco un nuovo capitolo per voi… Vi rubo un minuto per ringraziare le meravigliose persone che apprezzano la mia umile storiella, ovvero tutti voi che l’avete messa tra le preferite/seguite, e in particolar modo un grazie alle tre ragazze che mi hanno lasciato una recensione, mi fa sempre piacere sentire un parere su ciò che scrivo :) Basta con le chiacchiere, adios e buona lettura!

 

A FUNNY THURSDAY NIGHT

 

S.

 

Giovedì era arrivato e con lui anche una sorta d’ansia. Da ore mi stavo arrovellando per trovare una scusa convincente per uscire dalla Sala Comune senza che Michael e gli altri mi facessero il terzo grado. Un giretto sulla scopa era da escludere, avevo fatto quel pomeriggio l’allenamento ed ero tornato imprecando e lanciando vestiti a caso per la stanza. In più sarei dovuto tornare nel dormitorio con la scopa, per essere credibile, e non mi andava proprio di correre fino al campo a quell’ora della sera.

Avrei potuto fingere un appuntamento con una ragazza, ma se mi avessero chiesto chi era cosa avrei detto?

Un’idea mi folgorò, semplice e geniale. Inattaccabile.

Quella sera, infatti, sotto gli occhi sorpresi di Patrick Goyle, misi nella tracolla un pettine, un paio di prodotti per il bagno e un asciugamano, anche se non c’era bisogno, per nascondere il libro di Trasfigurazione.

Mi avviai verso la porta, ma Patrick non sembrava intenzionato a farmi uscire senza spiegazioni.

“Scorpius, ma a cosa ti serve l’asciugamano?” chiese con la sua voce ottusa.

“Magari per asciugarmi?” risposi, sarcastico.

“Si, ma…”

“Vado a farmi un bagno nella vasca dei prefetti” tagliai corto “Per le prossime due ore non ci sono per nessuno”.

Afferrai la maniglia della porta con forza e me la sbattei alle spalle. Sapevo che nessuno mi avrebbe cercato: non era il caso di disturbarmi, se il mio nervosismo raggiungeva un livello tale da farmi avere bisogno di un bagno rilassante. Quella era una delle prime regole per andare d’accordo con Scorpius Hyperion Malfoy.

Giunto al quinto piano mi infilai subito nella classe vuota. Era una vecchia aula con banchi corrosi dalle tarme, una grande vetrata che dava sul retro del castello che non la rendeva adatta a contenere una scolaresca scalmanata. Rose non c’era ancora…

Mi sentivo inquieto, anche se non ne capivo il motivo, avevo tutti e cinque i sensi all’erta, in modo da captare subito qualsiasi movimento intorno a me. Mi ritrovai a pensare di non aver intrattenuto una conversazione faccia a faccia con Rose da circa un mese, pensiero che mi mise ancor più a disagio. Di cosa avremmo parlato? Probabilmente ci saremmo limitati a considerazioni sulla scuola, in fondo non ci conoscevamo affatto, io di lei conoscevo solo l’immensa e famosissima famiglia, la grande bravura a scuola e il carattere incomprensibile… che a pensarci bene, proprio perché incomprensibile, non valeva molto come informazione. E lei? Cosa sapeva di me? Senza ombra di dubbio conosceva la mia famiglia, discendenza di Mangiamorte, i commenti astiosi dei suoi cugini nei miei confronti, la mia fama di ragazzo freddo e arrogante… Ma in fondo, se aveva deciso di avvicinarsi un minimo a me, qualcosa di positivo doveva pensarlo…

In quel  momento Rose Weasley entrò, trafelata, scarmigliata, con una borsa colorata sulla spalla. I capelli mossi le volavano in ogni direzione e qualche gocciolina di sudore le imperlava la fronte, chiaro segno che aveva corso.

“Sera” esalò, cercando di regolarizzare il respiro. Mentre la salutavo raggiunse il centro della stanza e poggiò la borsa su uno dei banchi, provocando un sinistro clangore metallico. Guardai allibito quella sacca di tela, chiedendomi cosa potesse mai averci infilato dentro.

“Incantesimo Estensivo Irriconoscibile” spiegò lei, notando il mio sguardo “Me lo ha insegnato mia madre, è utilissimo, una donna ha sempre bisogno di un po’ di spazio in più in borsa… non so se l’ho eseguito bene però” aggiunse pensosa. Con un dito tracciò i contorni della borsa, che mostrava rigonfiamenti innaturali qua e là.

“Ma cosa ci hai messo lì dentro?” interruppi la sua meditazione.

“Non si indaga sulla borsa di una signora, lo sai?” ribatté, piccata. Rimanemmo in silenzio per un po’, impegnati a scrutare due punti diversi dell’aula. Il mio sguardo vagava sullo strano bagliore della luna riflesso sul muro, informe e etereo.

“Beh, quindi… iniziamo?”

“Ma certo!” esclamò, raggiante. Estrasse dalla borsetta una miriade di strumenti da pozionista, pugnale, bilancia, fialette, i più svariati ingredienti…

Io la osservai sempre più perplesso dalla mia postazione, mi chiesi se mi stesse prendendo in giro o se fosse davvero così ingenua. Insomma, nessun essere umano sano di mente avrebbe sprecato la nottata a preparare una pozione intera, considerati i tempi di fermentazione e tutto il resto. Poi, senza preavviso, prima di tirar fuori il calderone, Rose si bloccò, una mano a mezz’aria in posizione innaturale e la bocca semi aperta.

Il suo sguardo infine si posò su di me, sembrava confusa.

“Qualche problema?” chiese innocentemente. Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Le mie sopracciglia, se avessero potuto, si sarebbero unite ai capelli da quanto erano inarcate.

“Rose, non per essere offensivo, ma…” cercai di utilizzare tutta la mia gentilezza per dirglielo “tu volevi davvero preparare una pozione intera stasera?”

La rossa chiuse la bocca, non sapendo cosa rispondere.

“Voglio dire, potrebbero volerci ore ed ore, e le pozioni più brevi le sanno fare anche i bimbi di seconda”

Un lieve rossore si sparse sulle guance della ragazza, mentre borbottava qualcosa di simile a un ‘non ci avevo pensato’.

“Potremmo ripassare qualche pozione fondamentale, avevo pensato di insegnarti qualche trucco e…”

“Forse è meglio iniziare da trasfigurazione” mi interruppe, nuovamente animata. Con un colpo di bacchetta cacciò tutto l’armamentario nuovamente in borsa, poi con un saltello si sedette sul banco e fece un ampio gesto con la mano, abbracciando tutta la stanza.

Impugnai la bacchetta, deciso a mostrarmi preparato e capace. Attesi che la mia improvvisata insegnante mi desse qualche indicazione, ma lei non sembrava avere intenzione di rompere il silenzio. Si limitava ad osservare un punto imprecisato dietro di me, una ruga di concentrazione le solcava la fronte candida. Impenetrabile come al solito.

Dopo un paio di minuti di stasi, però, cominciai ad essere infastidito. MI schiarii la voce, prima piano, poi in modo sempre più eloquente, ma Rose non diede segni di vita. Infine persi la pazienza e sbottai.

“Allora? Mi dici cosa devo fare o no?”

Il suo sguardo saettò verso di me, e con mia enorme sorpresa il volto si aprì in un sorriso mite.

“Ecco uno dei motivi per cui non riesci in Trasfigurazione: non hai pazienza, non mediti… E’ un tipo di pazienza diverso da quello necessario per altri incantesimi, quando Trasfiguri qualcosa devi pensare con tutto te stesso ad ogni  singola caratteristica sia dell’oggetto di partenza sia del risultato”.

Mi accigliai, incerto se prenderla per pazza.

“E tu hai aspettato cinque minuti solo per dirmi questo?”  

“Almeno te lo ricorderai sicuramente”

Aveva un modo di ragionare a dir poco stravagante, ma incredibilmente efficace. Evitai di ribattere e attesi in silenzio.

“Bene. Direi di iniziare con un po’ di ripasso, tanto per fare esercizio… trasfigurazione animale, per esempio. Mi sapresti trasformare quella sedia in un cigno?”

“Ma certo, professoressa

Sbuffai. Pur non essendo mai stato un asso, il programma del terzo anno me lo ricordavo. Mi concentrai sulla sedia di legno, osservandone bene le gambe affusolate, la seduta rigida e lo schienale. Mi concentrai in particolar modo su quest’ultimo, da cui avrei dovuto ricavare il collo lungo e snodato del cigno, e sulle gambe posteriori della sedia, che si sarebbero tramutate in ali piumate. Agitai la bacchetta e pronunciai l’incantesimo. La sedia fu avvolta da una luce violetta e le sue forme mutarono. Comparve uno splendido cigno nero, dal piumaggio perfetto ma le zampe un po’ legnose –sperai che Rose non se ne accorgesse-.

Gli occhi della ragazza guizzarono di curiosità, mentre squadrava il mio cigno.

“Splendido! C’è qualcosa che non mi torna però… potresti ritrasformarlo in sedia?”

Annuii, sicuro di me, e ripetei l’incantesimo inverso. Il cigno tornò sedia, ma sulla tavola di legno rimase un sottile tappeto di piume. Imprecai, incredulo.

“Ma come, era perfetto!” esclamai. Rose scosse la testa impercettibilmente. La luce della luna le rischiarò per un attimo il volto.

“E’ un errore minimo, ma letale”.

Si affiancò a me, afferrandomi il polso tra le dita sottili. A quel contatto uno strano formicolio mi percorse il braccio, una piacevole scarica elettrica, che mi allertò tutti e cinque i sensi.

“Devi tenere il polso più rigido, così” mosse il mio braccio insieme al suo “prima hai lasciato volteggiare troppo la bacchetta”.

Rimasi a fissare ipnotizzato il mio braccio che si muoveva in autonomia dal mio corpo. Era strano stare in piedi in un aula vuota dai mobili acciaccati, alle dieci di sera, con quella ragazzina quasi sconosciuta, tanto minuta da arrivarmi a mala pena alla spalla, ma che in quel momento si era impossessata di un mio arto con naturalezza.

Forse mi ero attardato troppo nel fissarla, o forse anche lei era stata colta da chissà quali contorti ragionamenti, perché Rose in un attimo tornò alla sua postazione sul banco, veloce come se si fosse scottata. Inspirò rumorosamente, poi batté il palmo di una mano sul pugno chiuso dell’altra.

“Ok. Riproviamo”

 

***

 

R.

 

Le ripetizioni con Scorpius si rivelarono ore piacevoli, in cui oltre a consigliarci a vicenda sullo studio ci intrattenevamo con lunghe chiacchierate. L’ora tarda e il fatto che dovessimo ogni volta inventarci una scusa per allontanarci dal dormitorio aggiungevano pepe agli incontri.

Durante quelle ore imparai un sacco di cose su Scorpius Malfoy. Era un ragazzo dalle molte facce, socievole solo in apparenza, mostrava il suo vero carattere solo con una cerchia ristretta di persone. Con gli estranei si limitava all’indifferenza, altre volte indossava una maschera di sfrontatezza che usava come autodifesa contro gli attacca brighe. Tutte queste cose ovviamente non me le confessò apertamente, ma i comportamenti parlavano chiaro. Cominciai anche a sospettare che il modo in cui si mostrava agli amici più stretti non fosse il suo vero Io. C’era qualcosa di più dietro quello sguardo di ghiaccio.

Cominciai ad analizzare Scorpius sin dalla prima lezione. Mi aveva incuriosito il fatto che, trasfigurando la sedia, avesse pensato a un cigno nero, invece che il più comune esemplare bianco. Senz’altro possedeva una mente atipica.

Un'altra volta mi trovai a fissarlo stupita, dopo un suo commento particolarmente profondo su un libro babbano che pensavo neanche conoscesse. Ma il momento in cui percepii davvero di aver catturato qualcosa di lui fu durante una conversazione apparentemente banale, un mercoledì sera di marzo.

Eravamo nella solita aula dimenticata dal mondo, fuori la tempesta scuoteva le vetrate e agitava gli alberi. Ogni tanto qualche fulmine illuminava a giorno la stanza, seguito dal rombo del tuono provocato dalla caduta. Scorpius mi aveva messo al lavoro, stavo preparando una pozione veloce ma piuttosto complicata, che il mio maestro aveva scovato in un libriccino della biblioteca. Richiedeva un dosaggio precisissimo degli ingredienti e estrema attenzione nel regolare la fiamma.

Per l’ennesima volta lessi le istruzioni sul libro, controllando di non aver dimenticato nulla. Il procedimento mi sembrava corretto, ma la pozione non accennava a diventare verde acqua come descritto, preferendo un blu scuro molto intenso.

“Devi seguire l’istinto” le stava dicendo Scorpius “ascoltare cosa ti suggeriscono i sensi, certe volte solo così puoi riuscire a rimediare alle imperfezioni”

“Ma se i sensi non mi dicono altro se non: questa pozione puzza di formaggio stagionato?”

“Vuol dire che non sai ascoltare. Lascia stare le regole per un attimo, fidati… ho passato una vita intera inscatolato dentro rigide norme e regole di etichetta, e niente mi è stato più utile che infrangerle tutte”.

Mi fermai con un braccio a mezz’aria. Era la prima volta che sentivo Scorpius fare un riferimento così esplicito alla sua vita privata, al mondo in cui viveva fuori da Hogwarts.

Il biondo rimase in silenzio per un po’, sembrava colpito dalle sue stesse parole, ma il suo volto rimase una maschera perfetta e priva di emozioni. Era bravo a mascherare i suoi pensieri.

Poi con la testa fece un cenno nella mia direzione, precisamente verso il mio braccio, il               quale, mi accorsi, era rimasto a fluttuare per aria stupidamente per tutto quel tempo.

“Bel braccialetto” commentò Scorpius.

Irrazionalmente arrossii, lieta del complimento, poi la razionalità mi impose di far tornare lungo il corpo quello stupido braccio, se non volevo sembrare una marionetta senza cervello.

“Grazie. Me l’ha regalato Al per Natale, ne va molto orgoglioso”. Il bracciale era formato da una semplice catenina d’oro bianco, con due ciondoli attaccati agli antipodi, raffiguranti il sole e la luna. Secondo Al rappresentava al meglio il mio carattere volubile.

Notai che alla parola Natale il volto di Scorpius si era rabbuiato un poco, per poi tornare impenetrabile come prima. Gli spiegai diffusamente la teoria del bracciale, come al solito lui ascoltò attentamente. Era uno dei pochi esemplari maschili che ascoltassero con interesse ogni discorso, dal più futile al più profondo.

“Tuo cugino deve conoscerti proprio bene”

“Beh si, dopo tutto è il mio migliore amico. Però non sono così lunatica come mi descrive”

“Per quello che posso vedere lo sei eccome”

“Ehi! Non è vero!”

“Ti hanno regalato qualcos’altro di interessante?” cambiò prontamente discorso lui. Mi lanciai in un resoconto dettagliato di tutti i miei doni, sentendomi un po’ ridicola: chissà cosa aveva ricevuto lui, che viveva in un castello e vestiva con abiti di seta.

Trasportata dal discorso raccontai dei miei rituali natalizi, della stanza dei doni, del pranzo infinito di nonna Molly, della mia baraonda di cugini. Mi accorsi, però, che più Scorpius ascoltava le mie parole più il suo volto si riempiva di sorpresa, mista ad altre emozioni che istintivamente avrei identificato come tristezza e invidia. Pendeva dalle mie labbra, ogni tanto commentava con esclamazioni entusiaste qualche particolare aneddoto, e talvolta azzardava anche qualche domanda. Sembrava un bambino  che ascoltava la sua favola preferita.

“Wow… il tuo Natale è davvero spassoso” commentò infine.

“E’ la festa principale dell’anno, è un giorno felice per antonomasia” dopo aver pronunciato queste parole, però, me ne pentii subito: Scorpius si rabbuiò, fissandosi le dita intrecciate.

“Vorrei che i miei la pensassero come te”

Rimasi in silenzio a lungo, incerta se indagare più a fondo. Mi sentivo curiosa e inopportuna, ma il suo tono sconsolato mi convinse a parlare.

“Tu… non festeggi con la famiglia?” chiesi, impacciata.

“Oh si, festeggio, se così si può dire”

Fece una pausa, come a valutare le sue parole. Un tuono rimbombò nell’aula, facendoci voltare in sincrono verso la finestra.

“Come definiresti una riunione di parenti affettati e altezzosi che si scambiano false cortesie e sane frecciatine da una parte all’altra del tavolo? O un pranzo raffinato cucinato da elfi domestici, ma adatto più a far figura che a sfamare una decina o più di persone? O i regali costosi, il più delle volte scelti secondo il gusto del mittente e non del destinatario?”

Scorpius mi fissò e intuii che si aspettava una risposta a quelle che avevo interpretato come domande retoriche.

“Ehm… in effetti non è un granché come festa”

“Il mio Natale fa schifo, Rose” mi corresse.

“Mi dispiace”.

Lui fece spallucce. “Già, anche a me… ma sono abituato”. Si sforzava di apparire normale, ma il suo disappunto era evidente per me.

“Ne hai mai parlato con i tuoi?” azzardai. Scorpius sbuffò.

“I miei? Non servirebbe a nulla, sono più invischiati di me nelle regole del bon ton nobiliare. Li hanno cresciuti così, non oserebbero mai distaccarsene. Ma non sono loro il problema, in fondo sono genitori affettuosi… sono tutti gli altri che mi tolgono l’aria”.

“Gli altri chi?”

“Nonni, zii, amici, cugini…”

Mi sentii ribollire dentro. Per me sarebbe stato inaccettabile vivere in una famiglia del genere, il solo pensiero mi dava i brividi.

“Chissà, magari il prossimo Natale lo potrai passare da noi” dissi scherzosamente, mettendo a tacere quella parte di me che avrebbe voluto esser seria.

“Si certo, io te e i fratelli Potter che cercano di accopparmi per avere tutta per se la coppa di Quidditch” rispose lui con un ghigno. Ci guardammo e in sincrono scoppiammo a ridere. Nello stesso momento, però, un sibilo acuto ci fece sobbalzare e nell’attimo di un battito di ciglia la pozione esplose, inondandoci dalla testa ai piedi.

“Maledizione, mi sono dimenticata la fiamma accesa”

“Colpa mia, ti ho distratta… stavi andando bene”

La pozione aveva creato delle bizzarre macchie cangianti e fosforescenti sui vestiti e sui capelli, ma per fortuna sulla pelle non aveva effetto.

“Che palle, la divisa nuova è già da buttare!” commentai, nell’esatto momento in cui lui si lamentava “I miei capelli! Cazzo!”

Ci voltammo a fissarci, mentre la poltiglia danzava di colore in colore come un semaforo impazzito; eravamo ridicoli. Scoppiammo a ridere di nuovo, più fragorosamente di prima, e non riuscimmo più a smettere.

 

 

  
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