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Autore: AlessiaDettaAlex    26/01/2013    4 recensioni
Storia interamente revisionata (8/11/2017)
È la storia di una diciottenne. Una giovane che si scopre innamorata della sua migliore amica e non riesce ad accettarlo. Quindi se vi aspettate farfalle, rose e fiori è il racconto sbagliato. Questa che sto scrivendo è piuttosto la storia di dolore e tragedia di una ragazza che ne amava un'altra.
Trecento metri è la distanza che separa le loro case. Ma la verità è che alla fine di questo racconto Alex ne avverte molta di più.
"Lo conoscevo a memoria il profumo di Lyn. Era profumo di casa, un odore che mi faceva sciogliere il cuore. Se chiudo gli occhi e mi concentro riesco a sentirlo anche adesso, a più di un anno di distanza."
[Capitolo 5]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 o A dieci centimetri scatta il bacio


Quel sabato sera Marco era andato al cinema con Laura. Non potevo crederci, stava facendo sul serio! Non pensavo che qualcuno avrebbe mai avuto il coraggio di dare retta a un consiglio di Giorgia. Certo, in realtà il tutto si era svolto sotto la maschera del “ci hanno dato tutti buca e quindi siamo rimasti solo io e te”, ma ero consapevole del fatto che a quei due piccioncini sarebbe andato bene anche così. Chissà se avevano sperimentato che a dieci centimetri scatta il bacio.
Una cosa era certa: io, quel giorno, lo sperimentai eccome. E mi ricordo ogni particolare come se fosse ieri.
Era di domenica, il venticinque di settembre, festa del santo arcangelo a cui era intitolato il nostro quartiere, San Michele. Per l’occasione, i parrocchiani nel pomeriggio avrebbero organizzato una festicciola alla piazzetta. Mia madre era fuori tutto il giorno ad assistere a un evento al palazzetto dello sport in cui, tra l’altro, sarebbe intervenuto anche il cantante Nek; lei mi aveva invitata, anche perché avrebbe sicuramente cantato E da qui, la mia preferita. Ma io rifiutai visto che quel pomeriggio avevo in progetto una giornata di studio con Giorgia e Lyn.
Ero rimasta fino all’ora di pranzo a farmi raccontare per telefono da Giorgia cosa avevano combinato Laura e Marco la sera prima; il resoconto, a dire il vero, era piuttosto deludente:
«Laura è stata tutto il tempo incastrata come un diamante nella poltrona del cinema; e non si è fatta neanche mai sfiorare da Marco. L’ho sentito stamattina e mi ha detto che ci ha provato in tutti i modi ad accostarsi a lei o a intavolare una conversazione quantomeno stimolante, ma niente. Laura ieri sera era più fredda di un ghiacciolo» aveva concluso Giorgia, visibilmente irritata dalla mancanza di spirito di intraprendenza della nostra timida amica.
Dopo qualche ultimo scambio di battute – in cui Giorgia si era riproposta di sentire al più presto la versione del racconto di Laura – ci eravamo lasciate.
Le quattro erano l’orario previsto perché sia Giorgia che Lyn arrivassero a casa mia. In puntuale ritardo, Lyn arrivò alle quattro e un quarto. Ma Giorgia si era ancora fatta viva.
Aprii il portone di casa mia, pronta ad accogliere la mia migliore amica.
«Salve, piccoletta!» la salutai, usando un altro nomignolo con cui adoravo apostrofarla.
«Ciao!» fece lei abbracciandomi, «Oggi devo fare inglese, quindi sbrighiamoci così poi andiamo alla festa di San Michele a mangiare qualcosa!»
Io annuii e l’accompagnai in camera mia. Arrivate lì ci sedemmo sul letto e cominciammo a chiacchierare per far passare il tempo nell’attesa di Giorgia.
Le raccontai di cosa stava facendo mia madre, di Nek e di quanto mi sarebbe piaciuto andarlo a sentire live, soprattutto per quella sua canzone che adoravo. Lei comincio a canticchiare il ritornello di E da qui, sbagliando qualche parola qua e là. Quando vide che la stavo guardando di storto per gli errori, si buttò all’indietro sul mio letto e mi tirò con sé.
«Dai, vieni qui» sussurrò, prima di abbracciarmi forte.
La prima cosa che pensai era che quello non era male come passatempo nell’attesa di Giorgia. L’una affianco all’altra, ci stringemmo accarezzandoci a vicenda. E dopo qualche minuto ci eravamo già dimenticate della nostra amica ritardataria. Ci eravamo dimenticate anche del resto del mondo, suppongo. O almeno io sì.
Passammo su quel letto credo più o meno un’oretta intera. Quando le posai un bacio sulla punta del naso, lei mi disse:
«Alex… se facciamo così tra noi, ti immagini cosa possiamo combinare con i nostri fidanzati?»
Io ridacchiai, fingendo che mi interessasse una simile opzione.
«Non ne ho la più pallida idea e non lo voglio sapere».
Se c’è una cosa che proprio non sopportavo, era che molto spesso in questi momenti lei si immaginava che al posto mio ci fosse un ragazzo. E me lo diceva pure! No, dico, almeno che se lo tenesse per sé. Il punto era che io, invece, avevo tutt’altri pensieri: se abbracciavo lei, pensavo solo a lei. Niente e nessuno poteva distrarmi da quel corpo, dal suo profumo così familiare, così ipnotico. Lo conoscevo a memoria il profumo di Lyn. Era profumo di casa, un odore che mi faceva sciogliere il cuore. Se chiudo gli occhi e mi concentro riesco a sentirlo anche adesso, a più di un anno di distanza.
Lyn mi sorrise teneramente. Poi, con un gesto che parlava da solo, piegò la testa da un lato e chiuse gli occhi, aspettando che io mi buttassi sulla pelle del suo collo. Scossi la testa sorridendo. Pensai che probabilmente la stavo proprio viziando. E acconsentii al suo desiderio.
Credo che fossero le cinque e mezza, ormai, quando ci ritrovammo stese l’una affianco all’altra, di nuovo. Stanche e accaldate come se avessimo fatto chissà cosa. Eravamo abbracciate in una maniera a dir poco assurda: incollate dal petto al ventre l’una all’altra, le nostre gambe incrociate tra loro per potersi sistemare meglio. Tenevamo chiusi gli occhi e i nostri visi sentivano l’uno il respiro dell’altro. Ogni tanto ci scambiavamo qualche bacio sull’unico lembo di pelle fruibile da entrambe: la punta del naso o il mento. Rimanemmo così per molto tempo, entro il quale ogni tanto io riaprivo gli occhi per spiare il suo viso rilassato, bellissimo, che accennava un leggero sorriso, a pochi centimetri dal mio. E se capitava che mentre la osservavo aprisse gli occhi anche lei, distoglievo lo sguardo cercando di non mostrare il mio palese imbarazzo; imbarazzo poi di non so che cosa, visto che quella era ordinaria amministrazione tra noi.
Nel silenzio più assoluto ci avvicinammo ancora un po’. A un tratto, dopo esserci godute quel momento di pace, lei aprì gli occhi e mi sorrise; io ricambiai. Poi sentenziò:
«Questi sono molto meno di dieci centimetri»
Io risi nervosamente.
«Saranno sì e no dieci millimetri» constatai, con la voce che tremava.
Lyn mi incatenò un attimo nei suoi occhi verde smeraldo, poi abbassò le palpebre. Si avvicinò un altro po’ trascinando la testa sul morbido cuscino e io la seguii. Sentivo il suo respiro lieve sulle mie labbra e il mio cuore accelerò improvvisamente.
«Due millimetri» sussurrai io, più per aiutarmi ad auto-realizzare cosa stava per succedere piuttosto che per farlo sapere a lei.
Con gli occhi chiusi, sentii alla fine che le sue labbra sfioravano le mie, lasciandoci un bacio leggero.
Fu quello il momento in cui per la prima volta mi sentii con lo stomaco totalmente sottosopra.
Quel millesimo di secondo, così nitido nei miei ricordi, fu l’inizio della fine.
In quell’unico tocco è racchiuso il significato terribile e meraviglioso di questa storia.
«Zero» mormorò lei, lapidaria, contando quei millimetri che non c’erano più tra noi.
Dopo quel primo momento, continuò a lasciarmi piccoli baci sulle labbra e così decisi di rispondere anche io. Continuammo in questo modo per più di un’altra mezzora credo, con sempre più convinzione, con sempre meno timidezza. Ma non andammo mai oltre il bacio a stampo.
«Mi sa che Giorgia ci ha dato buca, eh?» chiese lei.
«Credo proprio di sì…» risposi prendendo a baciarle anche le guance e ogni altro millimetro del suo volto, per poi tornare sulla sua bocca.
A un certo punto, non ricordo neanche come, smettemmo. Io mi misi a sedere sul letto, coi capelli e i vestiti più sfatti che se avessi lottato contro un branco di lupi famelici. Lei si alzò direttamente in piedi, sistemandosi la maglia.
«Vado in bagno» disse semplicemente.
Io, dopo qualche secondo di riflessione personale, mi alzai e andai alla finestra, piuttosto confusa. Quando lei ritornò – di nuovo totalmente in ordine come il suo solito – mi fissò a fondo e poi mi sorrise, forse un po’ imbarazzata. E meno male! Avevo cominciato a pensare che lei non provasse alcun disagio a baciare una ragazza. Perché, mi ritrovai nuovamente a realizzare, aveva baciato una ragazza. Aveva baciato me. Lyn mi si avvicinò e passò le sue braccia intorno al mio collo, stringendosi a me.
«Sto cominciando a prenderci gusto» affermò, prima di lasciarmi nuovamente un bacio a stampo mentre io la guardavo a occhi sbarrati, più rossa di un pomodoro maturo.
«Ok, diciamo che oggi non ho né studiato né ascoltato Nek» feci io, cercando di darmi di nuovo il contegno che sentivo di aver completamente perso con la mia faccia color porpora e i capelli da pazza. Un pomodoro con la criniera.
Lei allora mi fece segno di aspettare, come se avesse appena avuto una grande idea. Si piazzò a sedere sulla scrivania di fronte al mio computer e fece partire la canzone che avrei voluto sentire. Io, contenta come una bambina, mi posizionai dietro di lei e incrociai le braccia al suo petto, poggiando il mento tra i suoi capelli. Alle parole “gli sguardi e quell’attimo prima di un bacio”, io e Lyn riducemmo di nuovo a zero la distanza tra i nostri visi. Poi rimanemmo abbracciate a cantare insieme il resto della canzone.

Verso le sette uscii con lei per riaccompagnarla a casa, anche se erano solo pochi passi. Il silenzio si era completamente impossessato di noi; ma era un silenzio solo apparente. Nella mia testa frullavano mille domande veloci e a tratti sovrapposte. Avevo una confusione incredibile. Tutto questo sembrava un sogno, un bel sogno dal quale mi sarei dovuta svegliare di lì a poco. Era come se qualche desiderio oscuro e profondo della mia anima fosse improvvisamente stato realizzato e mi sentissi completamente stordita da quest’evento inaspettato. Il chiasso dentro di me strideva fastidiosamente con quello della piazzetta in festa per San Michele, a cui passammo davanti senza nemmeno voltarci a guardare. Giunte alla porta di casa sua, Lyn mi sorrise. Sembrava che le parole uscissero dalla sua bocca con difficoltà.
«Allora ci vediamo domani mattina in autobus»
«Sì, a domani!»
«Ciao»
«Ciao»
E la porta si chiuse. In quel momento mi vibrò il cellulare nella tasca. Un messaggio di Giorgia:
Alex, scusami, alla fine non sono riuscita a venire per vari problemi. Mi dispiace non avertelo detto prima, ma spero abbiate studiato anche senza di me!
Rilessi più volte l’ultima parte del messaggio, mettendomi a ridere ogni volta da sola in mezzo alla strada.
Quella sera continuai ad avere un sorriso perenne stampato in viso sia a cena che durante il dopocena, tanto che mia madre si preoccupò non poco per me. A fine serata, poi, stesa sul mio letto, trovai difficile persino prendere sonno; quelle lenzuola avevano ancora l’odore di Lyn, il sapore delle sue labbra. Se chiudevo gli occhi rivedevo me e lei durante quel pomeriggio.
E Lyn non mi lasciò in pace neanche la notte: quando riuscii ad addormentarmi, infatti, sognai il suo volto acceso e i suoi occhi smeraldo.




Note di Videl
Giorno. Ed ecco che si va al cuore della vicenda...
Alex: cuore è dir poco...
Autrice: non ti preoccupare, carissima, ci sarà riscatto anche per te!
Alex: davvero?
Autrice: no. Aspetta... non eri tu che dettavi la vicenda? <_< *si è persa*

Beh, è pure più lungo degli altri capitoli. E solo per qualche oretta di letto. Bah, mi sento soddisfatta. Spero che la lenta morte dei neuroni di Alex sia tangibile in questo capitolo.
Auf wiedersehen!
Videl
P.s.: non sono responsabile di varie coscienze turbate da questo capitolo xD
   
 
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