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Autore: Carmen Black    26/01/2013    4 recensioni
Paul, dopo l'ennesimo litigio con un membro del suo stesso branco, si allontana, ritrovandosi sulla spiaggia. E' lì, che immerso nelle sue riflessioni, intravede una sagoma da lontano. " Un pazzo suicida ", lo definisce.
Ma più la sagoma si avvicina, più i suoi contorni prendono forma e lui viene sorpreso da un evento che cambierà irrimediabilmente la sua vita. Per Sempre.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Paul Lahote, Rachel Black
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
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Paul

 
 
 
 
L’odore dolce di Rachel riempiva l’abitacolo.
Stavo facendo di tutto per non pensarci perché era peggio di un afrodisiaco. Immaginavo di assaggiare la sua pelle, di togliergli quegli stupidi abiti di dosso e di sentire con le mie labbra quanto morbido potesse essere ogni lembo della sua carne.
Strinsi il volante con forza, dovevo calmarmi.
Il fatto era che da quando eravamo andati via da La Push, riuscivo a stento a controllarmi. Le emozioni mi investivano con violenza.
Per tutto il tempo della cena, con la presenza di quel maledetto di Jacob e anche di Billy, le mie voglie si erano smorzate dalla paura che scoprissero che avessi avuto l’imprinting.
Non ero abituato ad avvertire paura, non era un’emozione che mi apparteneva, se non in rari casi, però il pensiero che con la loro reazione avrebbero potuto in qualche modo influenzare Rachel, mi davano da che pensare. Fortunatamente Jacob se n’era andato presto al diavolo, mentre Billy aveva capito…
«Non sapevo che avessero reintrodotto i lupi alla Riserva», disse Rachel mentre si allacciava la cintura. «Non sarà pericoloso vista l’estensione del villaggio?».
«Non si sono mai avvicinati alle nostre case».
«Ma spinti dalla fame potrebbero farlo… ho paura per mio padre».
«Oh, non preoccuparti», risposi cercando di tranquillizzarla.
«Hanno di che mangiare quei lupi e poi tuo padre è quasi sempre accompagnato da qualcuno».
Rachel mugolò qualcosa sprofondando nel sedile e mi sentii in dovere di darle ulteriori rassicurazioni. «E poi ci sono dei confini sai? I lupi non riescono a valicarli. Il villaggio è circondato e sicuro», mentii.
«Ah davvero?», chiese sorpresa.
«Proprio così. Per arrivare al villaggio dovrebbero tuffarsi dalla scogliera e risalire la spiaggia e non credo che a loro piaccia nuotare».
Rachel ridacchiò tranquillizzandosi e quel suono fece calmare anche me.
Guidai fino a Forks arrivando dopo pochi minuti, nonostante non inchiodassi come al solito sull’acceleratore.
C’era il mio imprinting con me, era umana. E anche se era impossibile la probabilità di avere un incidente, vista la strada semideserta, era meglio non rischiare.
«E tu, hai un lavoro Paul?».
«Ho appena preso il diploma, prima di trovare lavoro vorrei oziare un po’», feci una smorfia. «Troppi anni di studio consecutivi mi hanno sfiancato».
Non avevo trovato nulla di meglio da dire, che sfigato… Ma d’altronde non potevo rivelarle di trascorrere le mie notti a caccia nei boschi.
Rachel sorrise girandosi verso di me anche con il corpo. «Non hai mai pensato di andare al college?».
Scossi la testa in senso negativo. Avevo già fatto un enorme sforzo a finire le superiori, figuriamoci se avevo mai pensato di continuare gli studi. Certo… se Rachel dopo che le avessi raccontato dell’imprinting, sarebbe voluta tornare ugualmente all’università, probabilmente l’avrei seguita, anche se ciò comportava lasciare il branco.
Quel pensiero mi fece fremere per un istante.
Rispetto ai miei fratelli, avevo accettato la mia natura di lupo con meno riluttanza e avevo imparato presto a trarne i miei vantaggi. L’unica cosa che odiavo era quell’invasione forzata di privacy, tuttavia non era abbastanza per farmi desistere e allontanarmi. Amavo combattere e uccidere i vampiri, amavo la mia missione.
Ora tutto si era capovolto. Le mie decisioni dipendevano dal benessere della ragazza che mi stava a fianco, ancora ignara di tutto.
Quando eravamo ancora a casa sua e io e suo padre sedevamo in cucina da soli, Billy mi aveva guardato dritto negli occhi.
«Ti si legge in faccia», mi aveva detto in un sussurro duro. «È la mia bambina, mi raccomando a come ti comporti o ti faccio saltare la testa come farei con un succhiasangue».
Breve e conciso. Ma non doveva preoccuparsi, non le avrei mai fatto del male, piuttosto mi sarei ucciso.
I miei scatti d’ira erano ormai famosi fra noi Quileutes e sapevo che la maggior preoccupazione di Billy era quella… ed era anche la mia. Però avrei cercato di lavoraci su, parola di lupo cavolo!
«E tu per quanto tempo hai intenzione di fermarti qui?», le chiesi speranzoso.
«Qualche settimana».
«Così poco?».
«Non posso star via per troppo tempo, i miei studi aspettano».
«Capisco…».
Strinsi le mani intorno al volante, odiavo l’ignoto! Odiavo il non dover sapere che decisione avrebbe preso, se avesse accettato il mio essere un mutaforma, se avesse avuto paura di me.
Il cuore mi si spezzò in due al pensiero che mi temesse.
Parcheggiai di fronte a Pako’s e spensi il motore. Per un attimo davvero piccolo, la mente andò ai miei compagni di branco e a ciò che avrebbero pensato una volta letti i miei stupidi e terrificanti pensieri. Mi avrebbero preso in giro a vita…
Mi affiancai a Rachel che mi attendeva con un dolce sorriso che le incurvava le labbra piene. Iniziai a fantasticare all’istante. Ero sicuro che in quel momento sarei stato in grado di scrivere una storia sentimentale di quelle proprio epiche e indimenticabili.
Paul lo scrittore romantico… anche questa mi mancava.
Quando entrammo nel locale fummo subito intercettati da sguardi curiosi sia maschili che femminili. Ero consapevole di essere un ragazzo fuori dai soliti standard fisici e non mi dava fastidio essere guardato, a meno che non fossi dell’umore nero, ma gran parte di quegli sguardi erano rivolti a Rachel.
Dovetti reprimere un ringhio verso alcuni uomini seduti al bancone e chissà quale Santo mi trattenne da andare lì e scagliargli fuori da una vetrata. Maledetti pervertiti! Oppure avrei potuto fargli vedere i miei canini, facendogli diventare i capelli bianchi in un batter d’occhio.
Avvolsi le spalle di Rachel con un braccio e la mia rabbia diminuì all’improvviso, come un tizzone sul quale veniva versata dell’acqua gelida.
Era piacevole quella sensazione… Era sollievo.
Ci dirigemmo verso il fondo del locale, dove nessuno sguardo poteva raggiungerci rovinando così il mio umore.
Riuscivo a sentire il profumo dei suoi capelli… e il cuore le batteva più velocemente. Ogni volta che le ero vicino le succedeva. Pure durante la cena me ne ero accorto, anche se allora probabilmente era dovuto al malumore di quello stupido di suo fratello.
Ci sedemmo intorno a un tavolo, uno di fronte all’altro.
Tolse la sua giacca lasciandola a fianco a lei ed io osservai i suoi movimenti garbati e leggeri e totalmente opposti ai miei.
Che natura beffarda la mia… unirmi a un essere opposto a me.
Sorrisi, senza possibilità di trattenermi e Rachel mi guardò.
«Perché sorridi?».
«Così», risposi poggiando i gomiti sul tavolo.
«Dài… non prendermi in giro».
«Non lo sto facendo».
Rachel era bellissima, non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Aveva i tratti tipici dei Quileutes, la forma degli occhi un po’ allungata, le labbra piene e quei capelli folti nei quali avrei voluto affondare le mani.
Somigliava tanto a Jacob, ma dannazione quello era un particolare che potevo evitare di pensare.
Mi guardai intorno per vedere se la cameriera aveva intenzione di venire a prendere le nostre ordinazioni e nel frattempo decisi che potevo fare qualcosa di costruttivo.
«Hmm… siamo troppo distanti», asserii alzandomi dal mio posto e andando a sedermi a fianco di lei. «Ora va meglio», conclusi soddisfatto, poggiandomi con la schiena contro lo schienale della nostra poltroncina.
Ero emozionato, cavolo. Quasi mi venne da ridere.
Paul il lupo dal cuore sensibile… eccone un’altra.
Rachel mi sorrise e io poggiai il ginocchio contro il suo. Era un po’ tesa, anche se cercava di nasconderlo, ma purtroppo per lei, riuscivo ad avvertire le vibrazioni che emanava il suo corpo.
Tutto sommato, mi stavo comportando bene, riuscivo persino a controllare la mia impazienza. Se non fosse stata il mio imprinting non avrei aspettato più di cinque minuti prima di metterle le mani addosso e invece con lei erano trascorse già sette ore.
Il mio imprinting aveva sette ore.
Mi leccai le labbra colto di nuovo alla sprovvista da quella voglia matta di baciarla, ma mi limitai a fissarle la bocca.
«È qui che porti le tue conquiste?», chiese alzando il mento.
«Di solito no».
«E dove allora?».
Camera mia, spiaggia, in mezzo al bosco, in auto.
«Faccio scegliere loro».
«E perché questa volta hai scelto tu?».
«Perché in certe occasioni ne vale la pena», dissi piano guardandola negli occhi.
Ed ecco che il suo cuore partiva di nuovo…
Le afferrai una mano accarezzandole il palmo. Quello era un piccolo tentativo per farla rilassare e allo stesso tempo un modo per prendere più confidenza con lei.
Mi faceva piacere che la mia vicinanza, le mie parole e il mio tocco, le facessero scaturire quella reazione; peccato che lei non potesse avvertire le mie...
Era una soddisfazione e un appagamento unico.
«Sei così caldo», sussurrò guardando le nostre mani.
«Con me non c’è problema d’inverno».
«Lo vedo».
«Peccato che tu vada via fra poco».
Senza pensare le avvolsi la vita con un braccio e strofinai il naso contro la sua guancia. Dovetti strizzare gli occhi per controllarmi.
Rachel trattenne il respiro spiazzata dal mio gesto, ma non me ne importava più. Prima si abituava a me e meglio era. Noi due eravamo perfetti per stare insieme, doveva essersene accorta anche lei, non avevo dubbi.
Se non avesse sentito il legame dell’imprinting, il suo cuore non avrebbe galoppato come stava facendo e come aveva fatto sin dal primo momento.
«Paul…», mormorò con voce incrinata.
«Hmm?», mugugnai scorrendo con le labbra sul suo collo accarezzandole i fianchi. Mi chiesi perché diavolo la mia mente pacata avesse deciso di andare in un posto affollato. Avevo bisogno di desolazione per stare insieme a lei nel modo in cui volevo.
«Che fai?», sussurrò ancora mentre una sua mano si poggiava sul mio petto.
«Non si vede?», dissi baciando lievemente una sua spalla.
Dio mio… non ci riuscivo proprio a starmene al mio posto. La desideravo come non mai ed evidentemente era ciò che voleva anche lei, altrimenti non mi sarei spinto così oltre.
Avvertiva l’imprinting…
Quel pensiero mi fece infuocare il sangue nelle vene.
«Perché lo fai?».
A quella domanda le presi il viso minuto con una sola mano. Mi ritrovai con gli occhi nei suoi a strofinare lievemente il naso contro il suo.
Dovevo dirle dell’imprinting, dovevo dirle tutto o avrebbe potuto travisare i miei atteggiamenti.
«Perché quando ti ho visto oggi in spiaggia dopo tanto tempo… io non so… non so che cosa sia successo».
Una mano di Rachel mi accarezzò la nuca e a me vennero i brividi. Mi guardava così intensamente che non riuscivo a capire che cosa potesse vedere di tanto interessante nei miei occhi. Mi spiazzava in un certo senso. Non ero abituato a essere guardato in quel modo.
«Io…mi sento strana», ammise.
Lo avverte, mi sente.
«In che modo?».
«Tu…».
Rachel poggiò il mento sulla mia spalla nascondendomi la sua espressione. Era la cosa più bella del mondo averla fra le mie braccia.
«Tu… che cosa mi hai fatto?», disse quasi a voce inudibile.
Un tossicchiare imbarazzato ci riportò alla realtà. Di fronte a noi c’era la cameriera con un minuscolo block notes in mano, in attesa che le donassimo attenzione.
Dopo aver ordinato mi ritrovai a strofinarmi il viso con una mano. Mi sentivo un po’ intontito, le emozioni del mio corpo mi stavano sopraffacendo.
Poi avvertii uno strano rumore, proveniente da non molto lontano. Acuii l’udito accorgendomi che si trattava della vibrazione di un cellulare.
«Credo che stia squillando il tuo cellulare», dissi a Rachel.
Lei corrucciò le sopracciglia e poi infilò le mani nella tasca della sua giacca. «Come hai fatto a sentirlo?».
«Mi vibrava contro la gamba», mentii.
Rachel poggiò il cellulare sul tavolo e lo fissò mentre continuava a vibrare e il display si illuminava e spegneva in continuazione.
«Alan», lessi a denti stretti.
«Sì, il mio ragazzo».
Maledetto! Proprio ora doveva disturbare il nostro appuntamento! Sarei andato a scovarlo in capo al mondo e lo avrei ucciso.
«Mi hai detto che avete litigato», asserii cercando di mantenere un tono di voce calmo. Ma il ringhio era pronto a vibrare nella mia gola.
«Sì e adesso siamo in pausa di riflessione».
«Pausa di riflessione», riflettei io stesso.
«E io mi sto comportando da schifo».
«Perché dici questo?», le chiesi guardandola negli occhi avendo la netta impressione che centrassi io. Ma va?
Rachel indossò la giacca, si infilò il cellulare in tasca e si alzò. «Scusami Paul, ma è meglio se io torni a casa per stasera».
«Perché?».
«Come fai a chiedermi il perché? Lo sai anche tu!».
«Preferirei che me lo dicessi».
Sì, volevo evitare di farmi dei film mentali non sapendo esattamente cosa pensasse. Era meglio che me lo dicesse chiaro e tondo giusto per estirpare ogni dubbio.
«Ho un ragazzo. E sono qui con te a prendermi le tue attenzioni… E a desiderarle».
La guardai sorpreso per quella rivelazione e poi la vidi stringere i denti e abbassare lo sguardo in terra prima di scrollare le spalle, voltarsi e andare via.
Ah beh, per adesso è meglio che non aggiunga altro.
 
 
 
Angolino Autrice

Ciao a tutti :D posto un po' in anticipo che non fa mai male. Ebbene Paul e alcuni suoi pensieri, accostati sembrano davvero sconcordanti... ma in realtà credo che con l'imprinting sia proprio così che ci si sente.
Visto che qui siamo tutte Quileutes fans, vi segnalo due piccole mie OS:
Paul-Rachel Un Motivo Per Sorridere
Jacob-Bella Bleeding Love
Ringrazio Alessandra che mi mette sempre sulla retta via e Martina, il braccio destro.
A domenica prossima e spero che il capitolo vi piaccia! <3

  
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