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Autore: Mary_    26/01/2013    2 recensioni
Kim e Jared.
L'imprinting ha portato all'inizio della loro storia, ma non sarà l'unico suo autore.
"Perchè per essere amati dev'essere necessaria una forza sovrannaturale?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi scuso infinitamente per tutto il tempo con cui ho fatto aspettare, non lo meritavate, lo so. 
Però eccolo qui, questo sudato e benedetto capitolo riassuntivo.
Ulteriori informazioni e spiegazioni nelle note in fondo.

 


 


Tutto quello che è iniziato male finisce bene


 



-Ahi! Lo hai fatto davvero!-

-Certo che l’ho fatto, te l’avevo detto.-

Jared si massaggiava ancora la schiena, torcendo la faccia in mille smorfie di dolore. Che melodrammatico, sapevo benissimo che non provava veramente dolore. O meglio, probabilmente per un secondo l’aveva provato, ma doveva già essere scomparso. Dannato licantropo, mutaforma, o quel che era.

-Mi hai preso a sprangate!-

Si lamentò ancora, attraversando la soglia della cucina. –E poi perché tenevi una spranga di ferro nel portaombrelli?-

-Oh, me l’ha prestata Leah, per sicurezza. Comunque te l’avevo detto secoli fa mi pare, che nel caso non ti fossi comportato bene sarei ricorsa alla spranga di ferro.-

-Ma perché? Non mi sono comportato male, mi sembra.-

-Sei andato a combattere insieme a quel branco di idioti dei tuoi fratelli e a una caterva di vampiri puzzolenti.- Stavo diventando acida. Così non andava.

-Bè, ma…-

-E mi hai baciata!- Aggiunsi arrossendo come un peperone e agguantando la spugna dai meandri del lavandino per poi mettermi a strofinare il piatto con cui l’avevo indicato accusatoria.

Nella stanza cadde il silenzio, interrotto solo dal rumore della spugna che sfregava contro la stoviglia.

 

***

 

Eravamo tornati amici. Santo cielo, faceva ancora davvero impressione dopo un anno di faticosi riavvicinamenti.

Faceva impressione anche pensare che ormai era passato un anno. Un anno. Aiuto.

Ne erano successe di cose, in un anno. Troppe, probabilmente, per la mia pazienza e la mia sanità mentale, ma ne ero uscita indenne, per fortuna. E io e Jared eravamo di nuovo amici. Bè, più o meno. Io ero sempre la solita irrecuperabile, e per quanto avessi detto e fatto per rassicurare Lucy, Sean, Leah, mia madre e perfino me stessa, ero rimasta innamorata dell’idiota-termosifone che se ne stava impalato dietro di me. Quindi, se bisogna essere pignoli, ero un’idiota pure io. Pazienza, ormai mi ero rassegnata all’idea.

L’estate era stata dura, il periodo più duro di quell’anno, per vari motivi.

Innanzitutto, manco a dirlo, Bella Swan si era impegnata per complicare un po’ i rapporti branco-clan dei vampiri. Per via della sofferenza di Jacob il branco aveva cominciato a dividersi, e alla fine lui, Seth e Leah se ne erano staccati definitivamente per difendere la figlia di Edward e Bella, che a sua volta faceva soffrire immensamente Bella. Quella famiglia era piena di problemi.

La mancanza di Leah era stata un duro colpo da sopportare, ero rimasta senza una confidente e una persona con cui parlare. Lucy era sempre a mia disposizione, e così anche Sean, ma l’amicizia con Leah mi permetteva di aprirmi più che con loro, che dovevano logicamente restare all’oscuro delle faccende del branco.

Mi ero preoccupata come una matta per lei, così come per Quil ed Embry, che erano veramente abbattuti per la decisione di Jacob e oppressi dal dover essere contro di lui. Naturalmente ero anche preoccupata per Jared. Non sarei masochista, sennò.

Ma Jared non amava sembrare debole, per quanto a mio parere soffrire per la lontananza di un amico non possa essere definita debolezza. Gli uomini e il loro maledetto orgoglio.

 

E così, piano piano, tra qualche tentativo, anche solo di comunicazione, eravamo riusciti a riavvicinarci; tra un biscotto e l’altro della nonna di Quil, tra una passeggiata e l’altra con Hannibal.

Era stato di aiuto anche il periodo di vacanza nella mia vecchia Riserva, a Tule River. Eravamo stati lontani abbastanza tempo per calmarci e pensare più razionalmente, soprattutto in modo più pacifico. Io, almeno.

È anche vero che la vacanza a Tule River mi aveva riservato sorprese abbastanza grandi da distrarmi da qualsiasi altra faccenda, di cuore o no.

Erano anni che non tornavo più a casa, che sentivo mio padre solo per telefono, a parte qualche lettera ogni tanto, oppure qualche incontro, ma sempre altrove, e raramente.

Quest’estate i miei cugini mi avevano invitato a Tule River per un’enorme riunione di famiglia. Mia mamma aveva deciso di restare qui, ma, almeno per una settimana o due, io non avevo resistito alla tentazione di tornare per un po’ nella mia Riserva.

Una dei miei cugini, Abby, era mia coetanea; giocavamo sempre insieme da piccole ed eravamo rimaste in contatto. Perché non cambiare programma estivo per una volta e uscire dall’aura nuvolosa di Forks?

Certo, poi la “vacanza” si era rivelata davvero bizzarra. Bizzarra, terrificante, scegliete la versione che preferite.

 

Ho sempre saputo di essere un’imbranata di base, ma non pensavo di attirare guai come una calamita. Quel compito l’ho sempre lasciato a Bella Swan. Eppure a chi è capitato di avere la famiglia più strana di tutte le Riserve d’America?

Avevo passato una settimana piuttosto tranquilla, non avevo praticamente mai visto papà nei paraggi, e questo aveva un po’ rattristato la vacanza, ma dopo parecchio tempo passato a rimuginare sui miei problemi mi ero finalmente un po’ ripresa e distratta.

Senonchè mia cugina aveva cominciato a fare domande strane, tutte sulla Riserva, su Jared, Quil e i loro amici, sulle leggende del posto… Le domande continuavano a farsi sempre più insistenti, i discorsi vertevano sempre sullo stesso argomento. Non era possibile… non era possibile che la mia famiglia sapesse del branco.

Andiamo, mia madre, che era una strizzacervelli non se n’era mai accorta, non aveva mai avuto dubbi, come potevano dei perfetti sconosciuti conoscere i segreti dei miei amici?

Lo sapevano. Sapevano molte cose di loro, scoprii. Il modo in cui lo scoprii mi lasciò leggermente terrorizzata.

 

Erano come loro. Se ne tenevano lontani, contrari ad alcune loro tradizioni e leggende, ma erano come loro. Almeno, questa fu la mia prima impressione dopo la spiegazione di mio zio, avvenuta in un pomeriggio, alla spiaggia, un momento così inaspettato per un racconto che sembrava dell’orrore.

Non erano esattamente come loro, questo mio zio volle che lo sapessi molto bene. L’idea di essere confusi o mischiati a loro non gli piaceva affatto, lo avevo capito molto bene. Sembrava che il loro rapporto fosse uguale a quello che normalmente i licantropi avevano con i vampiri. Mi ricordai di quella volta che la nonna di Quil mi aveva raccontato delle origini del branco e del fatto che non erano licantropi come sostenevano, ma semplici mutaforma. Avevo davanti a me un vero licantropo, e la scoperta mi aveva parecchio traumatizzata.

Alla fine era passata un’altra settimana, che i miei parenti mi avevano chiesto di passare con loro. Era evidente che volevano, soprattutto mia cugina, sentirsi accettati nonostante tutto. Accettarlo non fu troppo difficile, alla fine. Alcuni dei miei migliori amici e il mio ex ragazzo erano quasi come loro, sarei stata una grande ipocrita a non voler loro bene lo stesso, nonostante il cambiamento e la lontananza che ci aveva sempre diviso.

Era più difficile accettare che la mia vita avesse di nuovo interferito con qualcosa di sovrannaturale e del tutto non da Kim Lee. Insomma, non avevo mai cercato la magia o la stranezza, e nemmeno avevo mai pensato che potessero cambiarmi. Eppure ero là, divisa tra due Riserve, impigliata in tradizioni che diventavano realtà. La vita di una normale ragazza poteva andare a quel paese.

 

Abigail in particolare cercava in ogni modo di farsi accettare, di farmi capire che vedeva il nostro rapporto come prima, e non fu difficile tornare in sintonia con lei, dato il suo carattere allegro, che mi ricordava tanto Lucy, la mia migliore amica.

Si sforzava di rispondere a tutte le mie domande sulla nostra famiglia, sulla natura dei nostri genitori. Lei non era né mutaforma, né licantropa, era normale come me, nonostante suo padre fosse un lupo. A quanto pareva, al contrario del branco di La Push, la”tradizione di famiglia” si trasmetteva solo da uomo a uomo, e le donne non ne erano coinvolte.
“Salvo la sera della luna piena, quando anche noi femminucce adottiamo qualche adorabile caratteristica licantropa, anche se non ce ne rendiamo conto. E’ qualcosa di veramente poco evidente, credo solo a livello biologico, tipo, non so, la circolazione accelerata, o robe simili. Niente di cui tu ti debba preoccupare. Calvin dice che essere donne è una noia mortale, ma io sono contenta di non essere invischiata in questi casini.”
Aveva detto mia cugina una sera, e devo dire che ero d’accordo con lei. Nemmeno io rimpiangevo caratteristiche lupesche, anche se suo fratello, nonché mio cugino minore, Calvin, non faceva che vantarsene.

“In ogni caso, se ti dovessi sentire strana con la luna piena, o se uno dei tuoi amici pelosi dovesse avere strane reazioni se gli sei accanto, non ti preoccupare. Spiega loro che non è niente di che, alla fine è come… che so… avere il ciclo!”

Un momento. Strane reazioni?

“Che genere di strane reazioni?”
“Mah, non so, aggressività, per esempio. La povera zia Eveline ha avuto la fortuna di incontrare un mutaforma nelle zone della riserva di Hopi e questo senza che lei facesse niente le è saltato addosso. Non le ha fatto male, per carità, ma si è presa una bella paura.”

Mi si aprì un mondo. Avrei ammazzato e abbracciato allo stesso tempo i membri della mia famiglia, se davvero quella era la soluzione. Se veramente Jared quella notte di luna piena mi si era rivoltata contro per colpa delle mie… origini lupesche, forse tutto avrebbe finalmente avuto un senso e avrei smesso di arrovellarmi su questa storia. Naturalmente dal punto di vista del nostro rapporto non si sarebbe aggiustato niente, ma almeno potevo avere la certezza che non era colpa mia se quel dannatissimo imprinting si era annullato.

Certo, mi sembrava comunque di essere la protagonista di un film di fantascienza.

 

La riserva di La Push mi aveva accolto come solo poteva fare. Con la pioggia. E con un Quil particolarmente affettuoso e desideroso di vedermi, come potei notare quando mi strinse nella sua morsa di ferro, altrimenti definibile “abbraccio”.

Quil aveva notato il riavvicinamento tra me e Jared e, neanche fosse il rappresentante di un’agenzia di cuori solitari, cercava di riportarci a un rapporto civile più che poteva. Non ce n’era bisogno in realtà, perché io e Jared riuscivamo ormai a cavarcela abbastanza bene, senza romanticumi di alcun genere, è ovvio.

 

***

 

-Bè… hum… la situazione è imbarazzante…-
Commentò brillantemente Jared mentre ancora strofinavo lo stesso piatto. Rendendomene conto ne afferrai un altro maldestramente e mi misi a sciacquarlo.

-Non dirlo a me.- Commentai borbottando, facendogli notare che se la situazione per lui era imbarazzante, per me era tragica. Ecco, ero pure melodrammatica. Accidenti.

-Sai, Quil prima di andare a combattere per salutare Claire le ha semplicemente dato delle pacche sulla testa.- Dissi, irragionevolmente. Sarebbe stata una scena ben strana se Jared prima di andare mi avesse dato delle pacche in testa. Certo, anche il bacio era piuttosto anormale.

 

***

 

Era arrivata la fine dell’estate, e con essa la battaglia. La battaglia. Ma scherziamo? Finchè giravano per i boschi ricoperti di pelo andava anche bene, ma quando decidevano di andare ad ammazzarsi ero meno d’accordo. La pensavano come me, le altre “ragazze del branco”, come venivano chiamate le fidanzate dei componenti. Bè, io non ero più una fidanzata, in effetti, ma ero ancora considerata come tale, con mio grande imbarazzo.

A ogni modo non c’era da discutere, sarebbero andati a combattere al fianco della famiglia Cullen contro quel gruppo italiano di vampiri super potenti e massacratori di gente. Ma non c’era da preoccuparsi, naturalmente.

Prima che i ragazzi si presentassero dai Cullen avevano avuto luogo i regolari addii strappalacrime di cui avrei fatto volentieri a meno. In primis perché facevano veramente stare male, in secundis perché avrei evitato l’imbarazzante bacio di Jared, che era ovviamente totalmente inaspettato. Era stata una cosa rapida, in realtà, quasi non mi ero accorta che si era avvicinato al mio viso, però il bacio, e se non l’altro l’intenzione, c’era stato, e questo ancora mi mandava in confusione.

 

***

 

-Avresti preferito una pacca sulla testa?- Domandò perplesso, passandomi un piatto.

-Avrei preferito un semplice :”Ciao, Kim, stammi bene e non preoccuparti mentre vado a morire.” Classico ed efficace.-

-Bè, ma non sono morto! Non abbiamo neppure dovuto combattere. È stato quasi noioso.-

-Ci mancava pure che ti lasciassi accoppare.-

Calò il silenzio, interrotto dall’acqua dei piatti da lavare. Poi i piatti finirono e non ebbi più scuse per evitare di guardarlo in faccia.

Faccia che esprimeva tutto il suo imbarazzo, così come la mia, probabilmente. Anzi, sicuramente.

-Scusa. Non volevo metterti in imbarazzo, però… intanto quello in imbarazzo sono io!- Si lamentò passandosi una mano ancora insaponata tra i capelli e facendo una smorfia rendendosene conto. –Bleah.- Commentò, strofinandoseli.

A quel punto gli scoppiai definitivamente a ridere in faccia, con sua somma frustrazione. –Non c’è niente da ridere! Sto cercando di fare un discorso serio!-

-Non si direbbe.- Ridacchiai.

-Bè, ci riuscirei, se tu mi lasciassi continuare.-

-Scusa. Continua.- Dissi sedendomi sullo sgabello accanto al piano della cucina e incrociando le braccia. Lui mi guardò per un secondo e poi sbuffò di nuovo.

-E’ complicato. Tu rendi le cose complicate. Non è come quando avevo l’imprinting… scusa, so che non è il tuo argomento preferito... – aggiunse vedendo che mi irrigidivo. Scosse la testa, nervoso. –Tutte le volte che ci sei tu voglio che tu stia bene, e che non sia arrabbiata con me, perché, sai, è successo spesso, ultimamente… e voglio che tu stia bene con me, perché… accidenti…-

Lo guardavo allibita, con gli occhi sgranati. Si stava dichiarando. O, per lo meno, ci stava provando. Jared continuava a sproloquiare e impappinarsi e non lo stavo nemmeno ascoltando. -… quindi sono giunto alla conclusione che… sono innamorato di te?-

-E’ una domanda?-

-No! Ne sono certo, ma mi sembrava che tu non mi stessi ascoltando!-

-Oh! No, ascoltavo, davvero.-

-E… quindi?-

 

 

-E quindi?-

-E quindi niente.-

-Come sarebbe “niente”?-

-Da quando t’interessano a tal punto le vicende amorose degli altri, Leah?-

-Non è interesse il mio, è esasperazione. E’ da un anno che mi sorbisco tutti i vostri piagnistei, ho diritto a sapere se il mio calvario si è concluso o se devo ancora penare.-

-Fine della pena, promesso, non ti darò più fastidio con questa storia.- ammisi sorridendo in modo un po’ ebete, cosa che Leah non potè fare a meno di farmi acidamente notare. Non potevo fare a meno di risultare ebete in quei giorni. A quanto diceva Quil, Jared era nel mio stesso stato. Ma cosa potevamo farci? Innamorati entrambi senza alcun trucco o anomalia, cosa potevo volere di più dalla vita?
-Kim Lee, per il tuo bene, togliti dalla faccia quel sorriso. Che schifo, vuoi farmi venire la nausea?- mi riportò alla realtà la mia scorbutica interlocutrice.

-Scusa.-

-Quindi è così che finisce? “Tutto è bene quel che finisce bene”?- domandò con un po’ di amarezza senza guardarmi in faccia.

-Più che altro “quel che è iniziato male”, a ben vedere. E non può andare tutto rose e fiori, prevedo altri problemi in futuro, come è giusto che sia.-

-Credevo di essere io quella pessimista.-

-Siamo fin troppo simili, Leah. Ecco perché sono sicura che anche per te tutto quello che è iniziato male finirà bene.-

 -E difficilmente sbagli, giusto?- domandò con ironia. Io, invece, risposi sinceramente.

-Giusto.-





*Angolo dell'autrice

Eccomi qui. Chi si ricordava ancora di questa storia? Nessuno? Sì, la cosa non mi sorprende.

Non me n'ero dimenticata, questo posso assicurarlo, ma non nascondo che l'ispirazione mi era passata del tutto. Sparita, partita per un viaggio senza ritorno, caput. Sono infinitamente spiacente per tutto il tempo che ho impiegato, davvero, ma tra l'ispirazione scomparsa e l'ultimo anno di liceo classico ho avuto i miei problemi a mettermi sotto. 
Per questo ringrazio personalmente Cangu300 che a fine estate mi ha dato un'ulteriore svegliata. Mi meritavo di essere rimproverata, non ho avuto rispetto e mi dispiace.

Passiamo a commentare questo fantomatico finale.
Ammetto che non mi soddisfa, come ho detto ho ormai perso interesse per il fandom, e così pure la passione per esso. 
Questo capitolo è ambientato più o meno alla fine di "Breaking Dawn", dopo la (non) battaglia con i Volturi. 
La storia della famiglia di Kim avrebbe dovuto essere sviluppata meglio, logicamente, ma non ho potuto parlarne più ampiamente, in ogni caso spero che si sia capito. Ammetto che col senno di ora l'idea non mi piace più, ma avevo promesso un riassunto fedele, e quindi ecco qui: tutto ciò che la mia mente malata aveva partorito due anni fa. :D

Spero che non sia troppo confusa la narrazione, ho scelto di fare una serie di semi-flash back perchè temevo che un riassunto schematico risultasse troppo pesante, e soprattutto per niente divertente.

Ammetto che tornare a scrivere qui è stato anche divertente, per certi versi.

Comunque, se avrete ulteriori domande e dubbi, posso chiarire sul mio profilo di ask: http://ask.fm/MaryEfp , o in posta. 


Eccoci alla fine, quindi. :D
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito e che hanno avuto la pazienza di leggere e di aspettare questa pubblicazione.
Un ringraziamento particolare a chi mi ha incoraggiato con le recensioni, e a chi ha preferito la storia. 

Grazie davvero, perchè questa è stata comunque la mia prima long, e mi ha dato tanto lo stesso. 

Mary

  
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