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Autore: fiddle    27/01/2013    2 recensioni
Il risveglio traumatico di un'anima che non ha colpe, se non quella di non aver mai vissuto prima.
Io… non avevo nome quando mi svegliai terrorizzata in preda all’ultimo ricordo del mio corpo ospite. Non avevo una personalità quando mi ritrovai rapita da una spirale di dolore. Non ero nessuno quando fui invasa dalle emozioni, dai colori, dagli odori, dai suoni, dal sapore di sangue.
Fu così che la mia prima esperienza cominciò, essendo già in partenza un’avventura.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cercatrice
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quella volta, non piangemmo più. Lacey non si lasciò più andare. Quanto a me, appena le anime ebbero resa pubblica l’invasione, cioè quando ebbero conquistato e trasformato quasi l’intero pianeta, me ne andai.
Non ci era voluto molto tutto sommato.
La mia inserzione era avvenuta in dicembre e frequentavo l’ultimo anno del liceo. Una volta finiti gli esami mi bastò attendere un altro mese – un altro mese di finzione – e poi potei finalmente “fare l’anima”.
Fred, o meglio, la creatura dentro il cranio dell’umano Fred, se ne andò immediatamente. Andò alla ricerca di un’altra anima, con cui aveva un rapporto speciale. Si erano conosciuti nel Pianeta delle Nebbie e avevano passato tre vite assieme laggiù, per poi trasferirsi qui, insieme. Dovevano ritrovarsi, e ci sarebbero riusciti.
Mia madre, o meglio, Viola Notturna, rimase nel paese dove abitava da umana.
E io me ne andai, poco dopo Fred.
Mentre vivevo con loro, ovviamente, ci chiamavamo con i nomi dei nostri ospiti umani, perché dovevamo mantenere le apparenze. Quando non ce ne fu bisogno, mia madre tradusse il suo nome di Fiore, mio fratello prese un nome da orso, ma prima che feci in tempo ad impararlo se ne andò alla ricerca dell’anima amata, e io rimasi senza nome, come ero sempre stata.
Mi trasferii a Chicago, perché lontana dalla cittadina del Maine dove abitava Lacey, ma comunque abbastanza vicina, e divenni una Cercatrice.
Perché proprio una Cercatrice? Odiavo gli umani, perché Lacey era una di loro. Era terribile, antipatica, fastidiosa, irritante. Se tutti gli umani erano come lei, andavano annientati, e sostituiti da noi anime, perfette. Lei andava cancellata. Dovevo trovare il modo, altrimenti mi avrebbe uccisa. Nel frattempo, l’aver perso ogni affetto familiare e, con loro, ogni speranza, la rendeva quasi innocua. Non poteva prendere il sopravvento.
Inoltre, ero più simile ad umano che ad un’anima, e non mi facevo problemi a maneggiare armi e quant’altro, come invece la maggior parte dei miei simili.
 
Così, a Chicago, una notte, fu trovata un’umana.
Dentro di lei venne innestata un’anima speciale, una veterana. Una vagabonda: era stata Pipistrello, Drago, Orso, Fiore, Ragno… persino semplicemente un’anima sull’Origine. Ma sapevo che tutte le vite che aveva vissuto non le sarebbero bastate per sopravvivere all’umana che le era stata assegnata.
Una ribelle, una che voleva vivere.
L’anima venne chiamata Viandante, un nome azzeccato. Si trasferì a San Diego, e io la seguii. Avevo capito che Melanie, l’umana ospite, era rimasta, se non come Lacey, quasi. E quindi, volevo studiarla, capire se era possibile eliminare la sua presenza.
 
Poi Viandante sparì.
Aveva deciso di parlare con Acque Profonde, il Guaritore della sua inserzione, e poi prendere la decisione definitiva: cancellare Melanie o lasciarsi cancellare.
Nel viaggio verso Tucson, che aveva deciso di intraprendere in macchina, era scomparsa. Sembrava essersi inoltrata nel deserto e poi, puff, sparita.
Gli altri Cercatori ipotizzarono che fosse morta laggiù, sbranata da qualche coyote. Ma io sapevo che non era andata così. Il sesto senso di Lacey mi aiutava.
Come mai era andata nel deserto? Come mai non aveva seguito la strada? È normale aver fatto una sosta, ma lei si era proprio avventurata nella desolazione. Perché? Evidentemente, era stata spinta dal volere di Melanie. Non poteva essere stata l’anima Viandante a prendere una simile decisione.
Così, quando tutti gli altri Cercatori mollarono le ricerche, io proseguii, giustificando la mia scelta dicendo che ero stata affidata a lei e che se fosse morta avremmo dovuto comunque trovare delle tracce. Gli altri mi lasciarono fare, non discussero, anzi. Sembravano quasi contenti.
Già, Lacey mi aveva reso odiosa, anche alle anime, abituate ad amare tutti.
 
E poi, un giorno, li trovai. Trovai gli umani. Il loro covo era una montagna cava, con all’interno un complesso di caverne, bolle d’aria intrappolate nella lava, raffreddatasi e divenuta roccia.
Avemmo uno scontro, ne uccisi uno. Pazienza, solo un corpo ospite in meno.
Ma mi fecero prigioniera. Chiesi di, lei, dell’anima traditrice, di Melanie.
Arrivò un po’ di tempo dopo – un giorno, un giorno e mezzo, due… non riuscivo a calcolare bene il tempo. Quando le parlai, non potei non notare l’immenso odio che provava per me. Né la sua infinita compassione. Avevo ucciso un suo amico, forse, eppure cercava ancora il modo di salvarmi, lo capivo. Ma feci finta di non accorgermene.
Piuttosto, mi stupì quando disse, con tutta la pacatezza tipica delle anime, di essere sopravvissuta. Melanie non aveva prevalso, seppure qualcosa di lei era rimasto. E non si chiamava più Viandante, ma Wanda.
 
Cara Viandante, non conosci nemmeno la tua fortuna. Hai potuto vivere sette vite prima di approdare quaggiù, nel mondo più strano di tutti, il più ostile. Così, hai fatto esperienza, e ti sei affermata come te stessa. Il tuo ospite ha avuto influenze solo sulle tue scelte, non sulla tua essenza, che era già definita in partenza e non ha potuto che diventare più bella.
Io non ho avuto la tua fortuna. Mi sono imbattuta nella situazione più terribile, aggravata dalla mia innocenza. Ero innocente, ero inesperta, ero fragile e non ero nulla. Nessuno.  Lacey mi ha plasmata, e nel peggiore dei modi.
 
Cara Wanda, non hai idea della tua fortuna. Dopo tanto vagabondare, hai trovato il tuo posto nel mondo, nell’universo. Hai trovato ciò per cui vale la pena morire. O meglio, ciò per cui vale la pena vivere. Sono contenta per te.
Io non so se troverò mai il mio posto nell’universo. Non so nemmeno cosa sia, l’universo. Non conosco altro se non Lacey, e lei mi odia. Non avrò mai uno spazio per me, per il mio essere, perché non sono nessuno. Mi spengo come se non fossi mai esistita, come se la mia breve vita non fosse pesata minimamente nel lenzuolo del mondo, una biglia che rotola verso il centro senza rovinarlo. Non ho mai avuto peso.
 
Cara Melanie Stryder, non sai quanto sei stata fortunata, dice Lacey. Ti ho invidiata dall’inizio: tu hai potuto scappare, hai potuto salvare tuo fratello, sei potuta sopravvivere e quando è stato il momento hai potuto scegliere. E hai scelto la morte. Quando abbiamo capito che eri sopravvissuta, ho provato profonda pietà per te, perché ti capivo. E adesso che mi rendo conto che hai stretto amicizia con il verme nella tua testa, mi meraviglio. Ma continuo ad invidiarti. Adesso sei con chi ami, tuo fratello, il tuo compagno, la tua famiglia.
Io non ho avuto questa possibilità. Non ho più nulla.
 
Questa per noi è la fine.


Questa storia era nata per essere una one shot composta solo dal primo capitolo. Il secondo, però, è nato da sè. Amo troppo il personaggio della Cercatrice, e non ho potuto lasciarla così.
Amatela anche voi, e recensite :) Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciao!
  
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