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Autore: Aanya    27/01/2013    4 recensioni
Per tutti quelli che adorano il film d'animazione "Anastasia"...per chi non ha potuto non indagare sulla vera storia della principessa russa e sulla sua leggenda..per chi ha cantato almeno una volta le canzoni del cartone..per chi si è intrippata con lo studio del russo per "colpa"sua..per chi ha portato la storia della famiglia Romanov agli esami:)...Insomma...magari dateci una semplice occhiata.Racconto la sua storia basandomi sul film e su alcuni reali eventi storici analizzandone ulteriormente l'aspetto introspettivo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avendo avuto molto tempo questi giorni mi sono voluta dedicare alla continuazione di questa storia. Beh...spero vi piaccia..e se così non fosse non esitate a farmi sapere come potrei migliorarmi. Grazie:)


10 anni dopo


Anche quella volta Vlad era in ritardo. Come sempre. Dimitri stava sbuffando. Era un suo caro amico e gli voleva bene, però in certi momenti lo faceva veramente innervosire. Ma dopotutto era felice quel giorno.  Stava per avere l’occasione che non aveva mai avuto e non se la sarebbe certo fatta scappare. La sua era stata un’infanzia difficile. Persi entrambi i genitori durante l’infanzia aveva sviluppato un carattere ribelle e indipendente. Voleva che tutti lo considerassero già un uomo. I genitori lavoravano come servitori presso la famiglia reale e quando erano venuti a mancare, Dimitri era stato allevato dall’intera servitù. Sebbene tutti gli volessero bene, il suo carattere irrequieto e canzonatorio lo portava ad essere richiamato in continuazione e a scontare punizioni per le sue marachelle. D’altro canto però, Dimitri se la sapeva cavare in ogni situazione. Non c’era poi così molto tempo per stargli dietro. Le faccende quotidiane non si sbrigavano certo da sole. Era solo un bambino, ma ragionava già come un grande. Aveva sempre la risposta pronta per chi gli rivendicava qualcosa e la sua furbizia era superata solamente dalla sua curiosità. Riusciva sempre a svignarsela dai superiori, soprattutto quando doveva svolgere una mansione che odiava, e se la filava correndo per i corridoi del palazzo. Sempre all’erta su chi poteva incontrare. Per lui era un gioco. Una spia che andava in missione. Più volte si soffermava a fissare nascosto in un angolo la vita della famiglia imperiale. Le principesse non gli destavano molta simpatia. Criticava tra sé e sé il loro modo di vestire, di parlare, di atteggiarsi. Ma, forse, ciò che veramente provava era un po’ di sana invidia. Soprattutto del loro rapporto con i genitori. Ma lui non lo avrebbe mai ammesso. Se la sapeva cavare benissimo anche da solo.

E poi era arrivata la rivoluzione. Dopo che i bolscevichi avevano preso d’assalto il palazzo imperiale e l’intera famiglia Romanov era stata assassinata per mano dell’intransigente e intollerante Soviet di Ekaterinburg, il gruppo di servitori che riuscì a salvarsi si disperse nelle campagne e fuori dallo Stato stesso. Dimitri era stato lasciato in balìa di se stesso. Era riuscito miracolosamente a non farsi uccidere dalle guardie giunte a palazzo, svenuto dopo che una di queste l’aveva fatto cadere a terra dopo averlo colpito allo stomaco col retro del fucile. Era rimasto a terra per parecchio. Quando si era ridestato i rumori, gli spari, il vociare della gente erano scomparsi. Solo un silenzio irreale. Il palazzo era stato completamente abbandonato. Era subito fuggito. Solo quando si rese conto che non aveva una meta e nessun posto dove rifugiarsi tornò a palazzo. Riusciva a sopravvivere grazie alle sue scorribande durante il mercato o, alla peggio, s’intrufolava nelle case agguantando ciò di cui aveva bisogno. Solo dopo una settimana aveva incontrato Vlad. Un uomo a cui aveva tentato di sfilare il portafogli. Ma quella volta la destrezza e la fortuna non furono dalla sua parte. O meglio. La fortuna gli seppe sorridere nuovamente. Vladimir aveva lavorato presso la corte imperiale e si accorse di aver già conosciuto quella peste. Dopo aver compreso che il piccolo non aveva nessuno che si occupasse di lui, decise di allevarlo come fosse suo figlio. Vladimir viveva in una piccola casetta a pochi metri dal centro città, troppo stretta anche per lui. Così alla fine Dimitri decise di dormire presso il vecchio palazzo e durante il giorno seguiva Vlad nelle sue commissioni illecite in città. I due erano diventati inseparabili. Ma il carattere di Dimitri non era affatto cambiato dopo quello che era successo. Si cacciava sempre nei guai e le marachelle erano all’ordine del giorno. Vlad era costretto a rincorrerlo costantemente e a tirarlo fuori dai pasticci nei quali si metteva. Crescendo, Dimitri sviluppò sempre di più la sua indipendenza. Certo, Vlad era il suo più grande amico, l’unico su cui potesse contare, ma la voglia di libertà lo seguiva ovunque. Quindi gli anni passavano e Dimitri diventava sempre più autonomo, ma conservando il suo spirito anticonformista e canzonatorio, continuando a richiamare a sé i guai. Vlad sapeva in cuor suo che se avesse lasciato completamente solo quel ragazzo molto probabilmente si sarebbe rovinato la vita troppo presto. E dopotutto se Vlad riusciva a cavarsela egregiamente lo doveva ai loschi piani del ragazzo. I loro proventi economici derivavano ormai dalla loro carriera da delinquenti. Anche se non lo dimostrava, per Dimitri lui era tutto. La sua famiglia. Il suo amico e confidente. La sua spalla.

***

Un fischio attirò l’attenzione di Vladimir. –Vlad!- un sussurro proveniva dietro di lui. Si girò all’istante.
-Dimitri!-disse come se non potesse credere di non averlo notato-Vieni con me!-
Si diressero a passo svelto zigzagando in mezzo alle bancarelle e ai venditori che cercavano di invogliare i passanti all’acquisto. Dopo aver gettato un’occhiata agli indumenti esposti, scomparvero dietro ad una tenda. Erano entrati in un’ampia stanza nella quale vi era riposto di tutto e di più. I frutti della loro vita da furfanti e imbroglioni.
-Bene Dimitri..ho trovato un teatro!-
-Tutto sta andando secondo i piani! Ora ci serve solo la ragazza! Ci pensi Vlad?- Dimitri cominciò a salire precipitosamente una rampa di scale -Basta documenti falsi..basta merce rubata..Avremo tre biglietti per andarcene..- si ritrovarono al piano superiore dove un'altra stanza era stata arredata con gli oggetti delle loro illecite condotte. -Uno per te..- Il ragazzo si voltò verso l’amico gettandogli la mantellina appena acquistata giù al mercato.-Uno per me..e uno per Anastasia!- terminò distendendo il braccio attorno con un’espressione felice in volto. Si mise a piroettare per la stanza coinvolgendo l’amico, non potendo smettere di ridere. Si diresse verso un mobiletto e ne estrasse il carillon che molto tempo prima era appartenuto, seppur per poco tempo, alla principessa Anastasia. Dimitri infatti, dopo averla aiutata a scappare insieme alla nonna durante l’assalto a palazzo,  lo aveva raccolto da terra. Caduto accidentalmente dalle mani della piccola Romanov. Ora sapeva che non se ne sarebbe pentito della scelta. Era da qualche tempo che circolava in giro la voce che Anastasia fosse riuscita a scappare all’eccidio della famiglia imperiale. L’imperatrice Marie, trasferitasi a Parigi, aveva infatti bandito una lauta ricompensa per chi fosse riuscito a riportarle sua nipote. Evidentemente sperava che dopo quella notte alla stazione la sua dolce nipote fosse sopravvissuta e fosse in qualche posto sperduto della Russia. Magari alla sua ricerca. Dimitri non aveva potuto non cogliere l’occasione. Non sapeva se la vera principessa fosse ancora in vita. Non sarebbe stato mai così folle da andare alla ricerca di qualcuno che non sapeva neanche se esistesse e dove fosse. Bastava semplicemente trovare una ragazza che somigliasse abbastanza ad Anastasia. Lui e Vlad l’avrebbero istruita su tutto quello che c’era da sapere sulla famiglia imperiale, avendone lavorato a così stretto contatto. E il portagioie avrebbe confermato all’imperatrice che la ragazza era veramente sua nipote. I dieci milioni di rubli sarebbero stati loro. Non avrebbero mai più dovuto dedicarsi alla truffa e avrebbero vissuto come pascià. Immersi in quello che non avevano neanche mai sognato di possedere. Dimitri già s’immaginava con i soldi in tasca. E poi tutti avrebbero parlato di loro. Di come fossero valorosamente riusciti  a trovare la legittima erede al trono di Russia e riconsegnarla alla sua amata parente. Sarebbe stato così facile! Le loro vite sarebbero cambiate definitivamente. Quella volta in meglio.
 

***

 
A pochi chilometri dal centro di Leningrado, nel piccolo orfanatrofio, le urla dei bambini si sovrapponevano a vicenda-Ciao Anya!-. Bambini e bambine si spingevano cercando di avere un posto in prima fila davanti alle enormi finestre dell’edificio. I nasi incollati al vetro. Tutti si sbracciavano in ampi saluti.
-Ti ho trovato un lavoro nella pescheria. Devi seguire il sentiero finché non arrivi al bivio, poi vai a sinistra..-
-Ciao!-Anya stava ricambiando i saluti dei piccoli amichetti alle finestre.
-Mi stai ascoltando?- la direttrice dell’orfanatrofio si stava spazientendo.
-Ciao a tutti!-poi abbassò lo sguardo e fissò la vecchietta- Sto ascoltando compagna Tossekov- disse con tono di scuse. Di rimando la vecchietta la prese per la sciarpa viola che portava al collo, facendo voltare la ragazza verso l’uscita
-Sei stata la mia spina nel fianco da quando sei arrivata qui..con tutte quelle arie da reginetta..-
-Ciao!-sebbene la direttrice la tirasse per la sciarpa Anya continuava a voltarsi indietro e a salutare i compagni.-
-..mentre sei soltanto un’insulsa acciuga senza nome-continuava imperterrita la vecchia.
Anya riuscì a sfilarsi la sciarpa prima che potesse strozzarla veramente.
-In questi ultimi anni ti ho nutrita, ti ho vestita, ti ho messo..-
Anya dietro di lei mimava i suoi gesti -..un tetto sopra la testa-disse sfinita di quelle insopportabili lamentele. Ormai sapeva la predica a memoria.
La vecchia, che stava armeggiando per aprire il cancello, si voltò di scatto –Come mai non ricordi un fico secco di quello che eri prima di arrivare qui da noi e invece queste cose te le ricordi tutte?-
-Oh..io so benissimo-fece la ragazza di rimando prendendo un ciondolo legato ad una catenella che le pendeva dal collo.
-Ahh…lo so..-la vecchia lo prese in mano leggendone le parole ornate in superficie, anche se ormai le conosceva a memoria-Insieme a Parigi..così ora vuoi andare in Francia a cercare la tua famiglia eh?- le domandò retoricamente.
La ragazza annuì.
La direttrice rise con scherno e la prese per le braccia-Cara signorina Anya è ora che tu prenda il tuo posto nella vita..-la spinse con forza verso l’uscita. -..e che ti metta in coda per il pane e che tu abbia un po’ di gratitudine!-terminò lanciandole la sciarpa fuori dal cancello. –Insieme a Parigi-ripeté la vecchia continuando a ridere sbeffeggiandola. S’incamminò per tornare all’interno dell’edificio tossendo ripetutamente-E ringrazia!-
 

***

-E ringrazia Anya..-la ragazza stava affondando i piedi nella neve tossendo rocamente imitando gli atteggiamenti della sua vecchia direttrice. –Ma certo che ringrazio! Ringrazio di essermene andata!-fece spazientita e alzando gli occhi al cielo.
Per Anya erano stati dieci anni veramente duri. Quando fu accolta all’orfanatrofio era solo una bambina. Una bambina che non ricordava niente del suo passato, di chi fosse realmente e che fine avesse fatto la sua famiglia. Solo una cosa le dava speranza. Il ciondolo che portava al collo. Insieme a Parigi. Ne andava così fiera che lo mostrava continuamente alle sue compagne, fantasticando su chi gliel’avesse potuto dare e sul suo roseo futuro.Chiunque gliel’avesse dato l’aspettava lì. Questa sua certezza le aveva dato la forza per sopportare il pessimo carattere della vecchia direttrice Tossekov. Non aveva mai provato simpatia per lei. Aveva sempre creduto che la odiasse così tanto da poterla buttare fuori in qualsiasi momento se ne avesse avuto l’opportunità. Quando mise piede la prima volta nell’orfanatrofio l’aveva guardata con diffidenza. Aveva sempre creduto che non la sopportasse per il suo carattere particolarmente burlesco, sfacciato e troppo divertente per i suoi gusti. Non una sola volta che l’avesse vista ridere. O sorridere perlomeno. Ma neanche il suo aspetto aveva contribuito a farsi piacere. La direttrice l’aveva subito squadrata malamente. Non le piacevano affatto i vestiti che portava. L’eleganza voleva dire solamente una cosa. Apparteneva ad una delle tante famiglie aristocratiche russe che lei odiava fermamente in quanto cresciuta figlia di semplici operai. Lei sì che aveva dovuto lottare per avere anche un solo pezzo di pane e darsi da fare per aiutare a mantenere la sua numerosa famiglia! Ma questo Anya non poteva saperlo.  E non poteva neanche farsene una colpa. In compenso tutti lì dentro le volevano bene. Le storie che sapeva raccontare a quegli orfanelli riempivano tutti di gioia ed anche se nel suo animo Anya aveva un vuoto che non sapeva colmare,  lo nascondeva sempre perché doveva dar loro il buon esempio. Crescendo era diventata come una mamma per i più piccoli. Non mancava di donare affetto. Perché era la sola cosa che possedeva.
-Ha detto..va a sinistra-continuava a ripetere rocamente. Anya guardò in quella direzione e abbassò lo sguardo-Lo so cosa c’è a sinistra-si guardò le mani -Sarò l’orfana Anya per tutta la vita-lo sguardo spento.
Poi indietreggiò verso il lato opposto. –Ma se vado di qua..forse potrei trovare-. No. Cosa poteva trovare? Non aveva certezza di nulla, figurarsi in che direzione sarebbe andato il suo futuro. Con le mani cercò la catenina. –Chiunque mi abbia dato questo ciondolo doveva volermi bene-. Lo sguardo basso. Gli occhi persi nel vuoto mentre cercava nella sua testa qualche risposta.-Questo è pazzesco!-disse alzando le braccia -Io? Andare a Parigi?- Affondò qualche altro passo nella neve trascinando la sciarpa che penzolava da una tasca dall’enorme cappotto verde oliva. –Mandami un segno!-continuò alzando gli occhi e le braccia al cielo-Un indizio!..Qualsiasi cosa!- terminò spazientita. Era nervosa. E arrabbiata col mondo. In realtà era solo una ragazza smarrita che cercava un minimo di certezze sulle quali contare.  Si sedette ai piedi di un albero. Una mano a sorreggerle il viso. Cosa credeva di fare una volta aver ottenuto la libertà di andarsene dal posto dove aveva vissuto per così tanto tempo? Era cresciuta con la certezza che una volta fuori qualcuno sarebbe stato lì ad aspettarla e a guidarla. Aveva sempre consolato e confortato i suoi compagni con queste certezze. Ora non aveva neppure quella.
Qualcosa stava tirando la sua sciarpa. Anya si voltò sorpresa. Un buffo cagnolino beige e bianco era sbucato da dietro il tronco. –Hey!-Il cagnolino cominciò a correrle intorno con la sciarpa tra i denti. La ragazza si protese per strappargliela di bocca sorridendo  -Hey! Adesso non ho tempo di giocare..capito?. Ma non sembrava la stesse per niente ascoltando. Voleva solamente che lei si lanciasse al suo inseguimento. –Sto aspettando un segno- fece Anya alzando la testa indispettita. Il cagnolino continuava ad abbaiare e a correrle intorno. Poi si fermò un attimo. Anya ne approfittò per fiondarsi su di lui e riavere indietro la sua sciarpa. Ma senza successo. Fu più svelto di lei e Anya cadde a terra. –Dammi qua!- la ragazza si rialzò subito intentando una sorta di lotta contro il cucciolo per strappargliela di bocca.-Ti dispiacerebbe lasciare la mia sciarpa?..Vuoi darmi la mia sciarpa?- Cominciò a girarle attorno e Anya rimase aggrovigliata su di essa. Perse l’equilibrio e ricadde nuovamente sulla neve fresca. Era spazientita. Alzò lo sguardo verso l’irritante cucciolo. Stava aspettando. O comunque sembrava che lo stesse facendo. Aspettava che la ragazza lo seguisse. Anya alzò lo sguardo un po’ più sopra e notò il cartello delle indicazioni a cui aveva dato un’occhiata prima. Ma questa volta il cane non la stava portando verso la pescheria. –Oh magnifico!-disse Anya tra sé e sé-Un cane vuole che vada a Leningrado!-.Il cane mugolava. Perché la ragazza non si muoveva?Anya strabuzzò gli occhi come colta da un’illuminazione.-Ma certo..-finalmente si alzò da terra e raggiunse il piccoletto. -..seguire il suggerimento-e raccolse la sua sciarpa che finalmente il buffo cagnolino aveva abbandonato. Anya lo stava fissando sorridendo mentre lui scodinzolava ed abbaiava come se aspettasse solo lei per iniziare una nuova avventura. E questa volta voleva crederci in quella sua convinzione. Qualcuno la stava aspettando. Toccava a lei fare il prossimo passo. Il suo cuore non poteva deluderla.

***

-Un biglietto per Parigi per favore!-. Anya era alla biglietteria della stazione col cagnolino in braccio.
-Visto d’uscita-le rispose sgarbatamente l’impiegato tendendole la mano.
-Visto d’uscita?-fece Anya perplessa.
-Niente visto d’uscita? Niente biglietto!-replicò urlando l’uomo. Detto questo le sbattè le ante dello sportello in faccia.
Non poteva crederci. Rimase a fissare il vuoto immobile. Assorta nei suoi pensieri. Ora cosa avrebbe fatto? Aveva puntato tutto su quello. Non voleva arrendersi ancor prima di aver cominciato. Un bisbiglio e una mano sulla schiena la fecero  voltare.
- Cerca Dimitri..-le fece una vecchia signora incappucciata in un velo bordeaux  -..lui può aiutarti-
Anya si era incuriosita-Dove posso trovarlo?-le domandò chinandosi per ascoltare meglio le parole sommesse della donna.
Questa si avvicinò all’orecchio della ragazza-Al vecchio palazzo…- si guardò intorno come a controllare che nessuno la stesse ascoltando-..ma non dire che sono stata io a dirtelo-continuò indicandosi.
-Ohhh…-Anya portò avanti una mano con fare rassicurante cercando di far capire che di lei poteva fidarsi.
 –Vai! Vai! Vai!- le comandava sottovoce la vecchietta. Anya si girò. La sua missione sarebbe continuata.
-Dimitri eh?-
   
 
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