Il mattino dopo
nonostante il freddo la giornata era molto luminosa e il cielo azzurro senza
l’ombra di una nuvola rendeva un poco meno evidente la nera polvere di carbone
denominatore comune del Distretto 12. Prim appariva più serena e Katniss
camminava piano dietro di lei dopo essere passata sotto la casa di Madge
Undersee. Katniss le raccontò del guaio che avevano avuto il giorno prima al
mercato e di cominciare a nutrire un po’ di preoccupazione per l’inverno che si
stava avvicinando a grandi passi. La bella giornata di sole portò però presto
la discussione sul programma della mattinata che le attendeva a scuola. Katniss
temeva che sarebbe stata nei guai, sia a causa dell’ultima verifica di storia
non certo andata benissimo sia a causa del fatto che anche il giorno prima non
aveva certo avuto il tempo di recuperare le lacune nella sua preparazione dedicando
tempo allo studio. Caccia e studio sono due cose che richiedono parecchio tempo
e Katniss non aveva dubbi su ciò che doveva
fare, cosa che le permetteva di mettere qualcosa sulla tavola quando era ora di
mangiare. Arrivarono alla scuola dove Prim si allontanò per raggiungere la sua
classe mentre Madge e Katniss entravano nella loro. Si sedette al suo solito
posto, vicino alla finestra dove le sembrava che le mancasse meno l’aria nelle
interminabili ore passate là dentro e un po’ verso il fondo perché lei non
amava mettersi in mostra di fronte agli altri ragazzi e ragazze, specie quelli
del centro della città che guardavano con aria di sufficiente superiorità chi
come lei proveniva dalla zona del Giacimento. Nell’attesa dell’insegnante si
perse con lo sguardo fuori dalla finestra, poteva vedere la radura davanti alla
scuola con gli alberi di quercia sotto i quali amava pranzare durante la
primavera e più lontana, sullo sfondo la piccola cappella di campagna con il
campanile, unico edificio di culto del Distretto. La religione era tollerata
dal governo a patto che non osasse interferire con le scelte della potente
Capitol City. Katniss era credente ma non amava le funzioni nella cappella,
aveva troppi ricordi tristi legati a quel luogo…dal funerale del suo papà del
quale era rimasto ben poco da seppellire fino alle due funzioni che a lei
facevano più male: i funerali dei due tributi del Distretto 12 alla fine degli
Hunger Games di ogni anno. Aveva smesso di andarci per la grande pena che
sentiva dentro, rivedeva le povere bare bianche o di legno chiaro coperte di
fiori di campo che ogni famiglia sceglieva per dare l’ultimo addio ai loro figli e risentiva
l’organo che con la sua voce dalla maestà infinita li accompagnava nel loro
ultimo viaggio fino alle porte del piccolo cimitero dietro alla chiesa dove
avrebbero trovato riposo in eterno. Spesso Katniss non li conosceva se non di
vista ma comunque preferiva ricordarli come erano quando in classe con lei
insieme guardavano alla vita.
“Katniss Everdeen!”
Il suo nome quasi
gridato la riportò d’improvviso in classe dove era arrivata l’insegnante che a
quanto pare osservava già da qualche
tempo il suo sguardo perso nel vuoto. L’abituale contorno di commenti
sarcastici e sghignazzi da parte dei compagni di classe dette quasi fastidio a
Katniss che si chiese perché non potevano farsi gli affari loro…
“Si Mrs. Perino?”
rispose Katniss alzandosi in piedi dopo un tempo che le parve eterno.
“Signorina Everdeen,
penso che non serva ricordarle quanto scadente è il suo rendimento scolastico
nelle ultime settimane…” chiosò la docente, rendendo di fatto pubblico a tutta
la classe che Katniss a scuola era in difficoltà.
“…e questa non fa
eccezione…” aggiunse l’insegnante sventolando la sua verifica di storia chiazzata da segni di
penna rossa e valutata con una severa F. Dalla classe si alzarono ancora
sogghigni e sorrisi di compatimento. Katniss restò impassibile, gli occhi
grigio azzurri freddi come ghiaccio per non dar loro soddisfazione.
“Se continua così
signorina Everdeen sarò costretta dalle regole di questo Distretto e di tutta
la nazione di Panem a punirla severamente…”
Katniss era
pietrificata, sapeva bene cosa intendeva la docente. Le punizioni corporali
erano impartite dagli stessi docenti agli studenti dal rendimento più scarso, a
lei non erano quasi mai toccate o solo in forma minore perché fino a quel
momento aveva dedicato alla scuola il tempo minimo necessario per evitarle. Ma
questo era un periodo difficile….
Dopo averne ricevuto il
permesso Katniss si sedette e stette ancora nel suo banco con lo sguardo
assente. Se Katniss ebbe dei guai quella mattina il resto della classe non fu
trattato meno duramente di lei e questo le permise, mal comune mezzo gaudio, di
osare almeno alzare gli occhi verso il resto della classe al termine delle
lezioni e mentre insieme a Madge aspettava Prim per tornare a casa.
“Quella strega di Mrs.
Perino…” esordì Madge….
“In fondo ha ragione,
sto facendo davvero pena in questo periodo…non ho tempo per studiare, non ho
tempo per me…” rispose fissando altrove Katniss.
Prim interruppe il suo
ripensare alla brutta mattinata.
“Ciao paperella…tutto
bene oggi a scuola?” chiese Katniss abbozzando un sorriso.
“Tutto bene Kat, la
maestra dice che sono molto intelligente…” cinguettò Prim.
“Lo sapevo che eri
brava…almeno una in famiglia…” la lodò Katniss rivolgendo a Madge uno sguardo
che le chiedeva senza parole di non accennare ai suoi guai a scuola.
MAdge lo colse al volo
e per strada non fecero cenno alcuno alle loro vicissitudini scolastiche. L’unica
nota positiva della giornata era la sua caviglia che giorno dopo giorno
migliorava, presto sarebbe tornata a cacciare come prima.
Nel pomeriggio Katniss
dedicò un’oretta allo studio non certo in virtù della sgridata subita ma perché
nel tempo aveva imparato a non dare mai nell’occhio, a non fornire mai motivo
di essere scelta come bersaglio in mezzo al gruppo…l’ultima cosa di cui aveva
bisogno ora era, oltre alla responsabilità di essere la capo famiglia, una
insegnante che la prendesse di mira mettendola in guai peggiori. Dopo aver
salutato Prim che si occupava dei lavoretti di casa si incamminò verso il
mercato nero dove portò la pelliccia di volpe e la pelle del coniglio
catturato. La volpe fu ben pagata e Katniss accolse con sollievo la possibilità
di pagare il pranzo a Prim per qualche giorno. La pelle di coniglio fruttò un
sacchetto di farina e un panetto di burro.
Scavalcò poi la recinzione e si diresse verso
le trappole. Non essendo però lontana dal luogo dove il suo arco da caccia e la
faretra erano nascosti scelse di passare a prenderli con se. Decise di portarli
più per prudenza che per necessità in quanto la sua caviglia in miglioramento
non permetteva ancora una vera e propria battuta di caccia.
Cinse anche il coltello
custodito insieme alla faretra e andò verso le trappole. Le prime due trappole
avevano catturato due conigli e Katniss ne fu lieta, oggi sarebbe tornata a
casa in tempo per la cena e con il carniere pieno. Tutto procedette molto bene
anzi, il bottino crebbe ancora fino all’ultima trappola. Era mesa ai piedi di
un albero, mascherata dalle foglie secche ai bordi di una radura. La prima cosa
che colpì Katniss fu il silenzio, nessun rumore di uccelli o altri
animali…avvicinandosi vide poi il sangue. Nella trappo non c’era la preda ma
c’era sangue e pelo tutto intorno e poco lontano anche la testa del coniglio
sbranato. Katniss si abbasso istintivamente ed estrasse una freccia dalla
faretra. Si mosse molto lentamente fino a vedere oltre l’albero. Quello che le
apparve le gelò il sangue nelle vene e il cuore letteralmente le sobbalzò in
petto…un grande orso nero era a pochi metri da lei tra gli alberi. Si appiattì
velocemente contro l’albero più vicino e per un attimo l’ironia della situazione
la fece sorridere…era venuta a caccia e si era in un istante trasformata in una
potenziale preda. Se l’orso l’avesse attaccata sarebbe stata la fine, poco o
nulla avrebbe potuto fare con il suo arco a quel bestione alto oltre 3 metri.
Avrebbe fatto la fine del coniglio nella trappola… Cercò di scacciare dalla
mente quel pensiero raccapricciante e di soppiatto cercò di vedere l’orso per
poter decidere cosa fare. Il grande mammifero stava fiutando l’aria alzandosi
sulle zampe posteriori, ormai aveva sicuramente percepito il suo odore…se
l’animale fosse stato affamato anche la fuga sarebbe stata impossibile.
“Dannazione, quanto è
difficile arrivare a 16 anni in questo posto…” pensò preparandosi ad una ultima
disperata difesa. In caso di attacco Katniss si augurò di essere uccisa
rapidamente, le avrebbe almeno evitato una lunga agonia e il vedere il suo
corpicino fatto a pezzi dall’animale. Il grande orso mosse qualche passo
svogliato nella sua direzione come incerto sul da farsi, doveva aver mangiato
da poco o Katniss sarebbe già stata attaccata. Vide poco lontano da lei un pino
i cui rami più bassi formavano quasi una scaletta verso la cima
dell’albero…erano solo pochi metri ma un orso può correre velocemente se pensa
di aver a tiro una preda che lo incuriosisce. Katniss ricordò improvvisamente i
conigli che aveva nel carniere e un barlume di speranza ritornò in lei.
Estrasse una carcassa e la lanciò pochi passi dietro all’orso che attratto
dall’oggetto in movimento si precipitò sul coniglio. Nello stesso istante in
cui Katniss sentì il rumore delle ossa stritolate dal morso della belva scatto
verso il pino con tutta la velocità di
cui era capace e balzò sul tronco e alla prima fila di rami che resse il suo
peso. Guadagnò agilmente un altro paio di metri salendo sull’albero e cercò di
porre tra se e l’orso il maggior spazio possibile. Attirato dal rumore che fece
quando scattò verso il pino il plantigrado partì all’inseguimento ma Katniss
era ormai a 4 o 5 metri di altezza e fuori dalla portata del predatore.
Indispettito l’orso aspettò alla base dell’albero e Katniss prese fiato
sedendosi sul ramo sui cui prima era in piedi. Katniss osservò l’orso con una
certa preoccupazione e si augurò che l’animale non fosse paziente per aspettare
la sua discesa dal pino. Pensò di colpirlo con una freccia ma si rese conto che
l’animale ferito sarebbe stato ancora più pericoloso e certamente non avrebbe
lasciato la base dell’albero dunque
abbandonò il suo proposito. Non restò che aspettare…Katniss ingannò il tempo
intagliando un rametto di pino con il coltello da caccia e sperò che l’orso
lasciasse il campo libero prima di notte. Provò anche a distrarlo lanciando
lontano altre carcasse di coniglio ma l’orso restò nelle vicinanze dell’albero.
Il sole stava per tramontare quando l’orso evidentemente stanco di attendere
corse via lungo la radura in cerca di prede più facili. Katniss aspettò ancora
una quarantina di minuti sul pino e non vedendo più traccia del predatore scese
dall’albero. La notte stava ormai calando e la bella giornata del mattino
cedette il passo ad una fitta coltre di nubi gravide di pioggia fredda. Nascose
le armi da caccia e tornò a casa con ciò che le rimaneva nel carniere e la
gioia di essere ancora viva dopo quella brutta avventura nei boschi.
Avvicinandosi alla recinzione elettrificata ebbe un’altra sgradita sorpresa. La
recinzione non era silenziosa come era di solito ma emetteva un sordo ronzio
che la mise in allarme. Stranamente il Distretto 12 aveva la corrente elettrica
e la recinzione l’avrebbe uccisa in un istante se lei l’avesse toccata per
attraversarla. Katniss imprecò a bassa voce, la sua giornata non era ancora
finita. Si chiese per quale ragione il Distretto avesse ricevuto il privilegio
di un po’ di corrente elettrica in quelle ore serali, cosa che avveniva di
solito quando era il tempo degli Hunger Games e tutti i vecchi apparecchi
televisivi del Distretto dovevano per ordine del Governo di Capitol City essere
sintonizzati su quello spettacolo di morte. Dal cielo cominciò a cadere fitta
la pioggia e Katniss fu presto bagnata come un pulcino nonostante il giaccone
impermeabile e gli anfibi in pelle. L’acqua le scorse lungo la schiena e le
diede brividi di freddo intenso, che la fecero tremare. Si guardò intorno ma
non vide alcun tipo di riparo che potesse esserle utile per proteggersi dalla
pioggia allora si sedette su una roccia vicino alla recinzione e pensò con
nostalgia al fuoco nel camino di casa che certamente Prim a quell’ora aveva già
acceso… Andò al vicino albero di mele selvatiche e ne assaggiò una ma era
talmente inzuppata d’acqua che le provocò un senso di nausea. Se solo avesse
potuto far sapere a Prim come mai non era ancora a casa, lei e la madre
sarebbero state molto preoccupate non vedendola rientrare. Dopo circa 2 ore il
ronzio nella recinzione elettrica cessò improvvisamente, era facile udirlo
nella notte. Katniss lanciò un sasso contro il filo spinato ma non vi fu segno
alcuno di scintille o evidenza di corrente elettrica nella barriera. Si fece
coraggio e passò oltre la recinzione e corse verso casa. Quando finalmente
arrivò Prim le saltò al collo riempiendola di domande ma Katniss, come spesso
faceva, fu evasiva. Raccontò dell’incontro con l’orso in modo che la piccola
non si spaventasse troppo e parlò di come era stata bloccata oltre la
recinzione elettrificata. Arrivò a casa solo con i brividi per il freddo e si
concesse ancora, prima di mangiare qualcosa, un bagno caldo utilizzando l’acqua
del grosso bollitore della stufa in cucina. Non aveva ancora 16 anni ma si
sentiva già così stanca… Quando salì in camera Prim era già a letto e anche lei
si mise in fretta sotto le coperte purtroppo ancora fredde. Fuori la pioggia
continuava a cadere fitta. Si addormentò quasi subito in un sonno agitato in
cui si sentiva inseguita nel bosco, piccola preda senza possibilità di fuga. La
voce di Prim la svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Lottando contro
il sonno che rendeva lenti i suoi riflessi Katniss ascoltò Prim.
“Katniss ho sentito i
fantasmi…” le disse incerta Prim
“Tesoro, avrai fatto un
brutto sogno…” rispose Katniss posando di nuovo la testa sul cuscino.
“No Kat, ci sono
davvero i fantasmi senti ci sono dei rumori in giardino…” spiegò Prim. Stava
ancora dicendo così che Katniss sentì un crepitio sinistro, di legno spezzato.
Si tirò su a sedere sul letto e rimase ancora in ascolto, i suoi sensi affinati
da lunghi anni di pratica della caccia. Rumore di pioggia fitta ma anche
scricchiolio di legno schiantato.
“Prim, resta in casa
qualsiasi cosa succeda la fuori… va bene?” ordinò Katniss mentre saltava fuori
dal letto e si metteva qualcosa indosso per capire l’origine di quei rumori che
anziché perdersi nella notte diventavano sempre più violenti.
“Ma che cosa sta
succedendo….” penso silenziosamente per non allarmare ulteriormente Prim.
Ladri? Non era cosa comune nel Distretto e poi la loro era una famiglia povera
non avevano nulla che valesse la pena di prendere….forse la loro capretta?
Katniss si precipitò per le scale e vide sulla porta della sua camera anche sua
madre, allarmata dal trambusto udito anche da lei nel cuore della notte.
Katniss calzò senza legarli gli anfibi in pelle e uscì in pantaloni e
maglioncino nel piccolo portico davanti alla loro casa. Pioveva ancora e la
notte era nera e senza luna. Mentre lei aveva indossato qualcosa Prim accese la
lanterna a petrolio e la passo alla sorella. I rumori, sempre più intensi, provenivano non dalla casa ma dalla zona
dell’orto, poco oltre il cortile della loro casa. Katniss capì e si lanciò verso
il capanno degli attrezzi da dove uscì con il forcone in mano. Con quell’arma
improvvisata e la lanterna corse verso l’orto. Lo spettacolo che vide la lasciò
senza forze tanto era intenso l’orrore e la delusione di quel momento. La
recinzione dell’orto era spezzata in più punti e un branco di cinghiali, adulti
e più giovani stavano facendo scempio dell’orto che Prim aveva curato con tanto
affetto.
L’orto prima ordinato
era ora completamente devastato e la terra era stata rivoltata dagli animali
per mangiare anche le verdure che crescevano sotto terra. Katniss scagliò in un
gesto d’ira il forcone verso di loro che la degnarono appena di uno sguardo.
Provò l’impulso di scagliarsi con tutta la sua rabbia contro i cinghiali ma
prevalse la parte razionale che era in lei, non aveva nessuna possibilità di
scacciare a mani nude un branco di cinghiali adulti. Corse comunque verso
l’orto con la lanterna sperando che la luce nella notte li distraesse o almeno
rallentasse lo scempio che stavano compiendo. Le bestie, orma sazie, come
rispondendo ad un comando preciso si allontanarono insieme sfondando ancora lo
steccato di legno che delimitava l’orto.
Katniss tornò in casa
bagnata e impassibile, ma stava così male dentro, di fuori il suo sembrava
coraggio, di dentro il suo cuore era spezzato. Anche Prim l’aveva raggiunta
prima in giardino e anche lei alla luce della lanterna aveva visto i frutti del
suo lavoro cancellati in una sola ora di una fredda notte d’autunno. Prim
piangeva piano senza lamentarsi ad alta voce, del dolore dolce e muto dei
bambini. Quando Katniss la strinse a se nel salottino freddo restò lì,
stupefatta dal dispiacere e dalla delusione.
“Coraggio piccola,
stanotte è andata male ma speriamo che domattina alla luce del sole i danni
siano un po’ meno gravi di quello che sembravano adesso al buio…” le disse
Katniss. La madre le osservava entrambe ma con lo sguardo assente di chi non si
era reso conto dell’accaduto.
Katniss trascorse il
resto della notte senza chiudere occhio, si sentiva tradita dalla durezza della
vita che le aveva poste di fronte a questa nuova prova. Sapeva che Prim era
sveglia, la sentiva gemere piano ma non le disse nulla, anche lei non ne aveva più
la forza. Eppure era per lei che doveva resistere e farsi vedere forte o Prim
si sarebbe sentita ancora peggio. Questa volta anche la sicurezza del loro
focolare era stata attaccata e Katniss aveva dentro una pena incontenibile.
L’arrivo del mattino fu per lei una grazia, per lo meno poteva vedere con la
luce cosa si poteva salvare. Il cielo rimaneva coperto ma non pioveva più. I
danni che videro nella notte alla luce della lanterna erano assai gravi anche alla
luce del giorno. Il granoturco era stato abbattuto e gran parte delle
pannocchie divorate, anche gli altri ortaggi erano stati sradicati e il terreno
rivoltato dal branco di cinghiali. Dovevano essere entrati durante la notte dai
varchi nella recinzione elettrificata, forse dove Katniss aveva notato le
impronte di animali selvatici. Anche se Katniss avesse avuto con se l’arco
avrebbe potuto fare poco da sola contro un’intera mandria di animali adulti.
Katniss parlò pochissimo quella mattina, aveva in gola un’angoscia che non
voleva saperne di lasciarla. Anche Prim era così spaventata e continuava a
chiederle:
“E adesso come facciamo
Katniss?”
Istintivamente Katniss
le avrebbe voluto gridare che non aveva la più pallida idea di cosa fare ora e
che la loro stessa vita sarebbe stata a rischio nella stagione più fredda.
Ma non lo fece, la
piccola non aveva alcuna colpa di quello che era successo. Respirò
profondamente cacciando le lacrime che le salivano agli occhi e mentì anche e
prima di tutto a se stessa.
“Ce la faremo
ugualmente Prim, venderemo i resti delle verdure o li mangeremo noi e poi andrò
a caccia tutti i giorni fino a che prenderò qualche cosa di grosso, Gale mi
aiuterà, vedrai, ce la faremo anche questa volta” disse Katniss…non sapeva
nemmeno più lei cosa dirle e cosa ne sarebbe stato di loro.
Guardando davanti a se
Katniss vedeva un inverno durissimo, con poco da mangiare, freddo a causa dei
vestiti pesanti che loro due non avevano. Anche la caccia sarebbe stata
difficile e pericolosa se nei boschi iniziavano a girare grandi predatori come
orsi o, più pericolosi ancora in inverno, branchi di lupi. Katniss si giurò che
avrebbe fatto qualsiasi cosa per non far mancare nulla a Prim anche se avesse
dovuto andare a mendicare come aveva fatto quando aveva più o meno l’età di
Prim ed aveva ricevuto in dono quel pezzetto di pane bruciato da Peeta Mellark,
il figlio del fornaio del paese che aveva salvato loro la vita proprio quando
Katniss stava per morire di fame nel giardinetto del retrobottega della
panetteria. Katniss si sentiva ancora in debito con quel ragazzo che sfidando
l’ira della madre, che l’avrebbe lasciata lì a morire preferendo nutrire i
maiali, le dette la forza di alzarsi da terra ancora una volta. Un giorno,
Katniss non sapeva in che modo, avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con lui.
Dopo aver raccolto il meglio possibile ciò che era scampato alla fame dei
cinghiali Katniss e Prim si recarono a scuola. Per la strada Katniss raccontò a
Madge ciò che era capitato nella notte mentre Prim camminava più avanti con
Rory, la sorellina di Gale.
“Sono nei guai Madge,
grossi guai…se non succede un vero miracolo quest’inverno sarà la fine per noi,
non abbiamo più nulla e ogni cosa si rivolta contro di noi in questo periodo…e
se arriviamo vive alla fine della brutta stagione dovremo affrontare ancora
un’altra Mietitura…” raccontava Katniss.
Madge taceva, comprese
la gravità della situazione ma non poteva fare nulla se non ascoltare l’amica.
Katniss pensò di sottoscrivere tutte le tessere governative a suo nome che
poteva per superare la stagione fredda con gli aiuti del Governo, in cambio
della sua vita a giugno in quanto le probabilità di essere estratta come
tributo sarebbero state altissime. E poi cosa sarebbe successo dopo la sua
morte? Prim avrebbe avuto solo 12 anni, come sarebbe sopravvissuta fino a poter
essere indipendente? Con il cuore carico di dubbi entrò anche quel giorno in
classe e udì altri ragazzi che vivevano non lontano da lei parlare a proposito
dei cinghiali che avevano fatto scempio di molti raccolti oltre al loro. I
cinghiali furono abbattuti quello stesso giorno non lontano dal Villaggio dei
Vittoriosi, area residenziale quasi disabitata ad eccezion fatta per l’unico vincitore
degli Hunger Games del Distretto 12, Haymitch Abernathy. Katniss seguì ancora
le lezioni con sempre maggiore distacco, ora la mattina doveva pianificare nel
dettaglio le attività di caccia del pomeriggio e dei week end, nella speranza
di cacciare qualcosa di abbastanza grande da poter essere venduto bene. Per il
momento la scuola non era altro che l’ultimo dei suoi problemi. Fortunatamente
l’insegnante questa volta aveva altro a cui pensare e non badò allo sguardo di
Katniss sempre più triste e distaccato dalla vita.