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Autore: ravenmax    28/01/2013    1 recensioni
La storia si svolge nell’autunno tra i 73° e i 74° Hunger Games ai quali Katniss prenderà parte. E’ uno spaccato sulla vita quotidiana di Katniss e della sua lotta per la sopravvivenza nel Distretto 12. Ne emerge una ragazza profondamente umana con le paure e i sogni di una adolescente portata all’estremo dalla durezza della sua vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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AutunnoCap2

Il mattino dopo nonostante il freddo la giornata era molto luminosa e il cielo azzurro senza l’ombra di una nuvola rendeva un poco meno evidente la nera polvere di carbone denominatore comune del Distretto 12. Prim appariva più serena e Katniss camminava piano dietro di lei dopo essere passata sotto la casa di Madge Undersee. Katniss le raccontò del guaio che avevano avuto il giorno prima al mercato e di cominciare a nutrire un po’ di preoccupazione per l’inverno che si stava avvicinando a grandi passi. La bella giornata di sole portò però presto la discussione sul programma della mattinata che le attendeva a scuola. Katniss temeva che sarebbe stata nei guai, sia a causa dell’ultima verifica di storia non certo andata benissimo sia a causa del fatto che anche il giorno prima non aveva certo avuto il tempo di recuperare le lacune nella sua preparazione dedicando tempo allo studio. Caccia e studio sono due cose che richiedono parecchio tempo e Katniss non aveva dubbi su ciò  che doveva fare, cosa che le permetteva di mettere qualcosa sulla tavola quando era ora di mangiare. Arrivarono alla scuola dove Prim si allontanò per raggiungere la sua classe mentre Madge e Katniss entravano nella loro. Si sedette al suo solito posto, vicino alla finestra dove le sembrava che le mancasse meno l’aria nelle interminabili ore passate là dentro e un po’ verso il fondo perché lei non amava mettersi in mostra di fronte agli altri ragazzi e ragazze, specie quelli del centro della città che guardavano con aria di sufficiente superiorità chi come lei proveniva dalla zona del Giacimento. Nell’attesa dell’insegnante si perse con lo sguardo fuori dalla finestra, poteva vedere la radura davanti alla scuola con gli alberi di quercia sotto i quali amava pranzare durante la primavera e più lontana, sullo sfondo la piccola cappella di campagna con il campanile, unico edificio di culto del Distretto. La religione era tollerata dal governo a patto che non osasse interferire con le scelte della potente Capitol City. Katniss era credente ma non amava le funzioni nella cappella, aveva troppi ricordi tristi legati a quel luogo…dal funerale del suo papà del quale era rimasto ben poco da seppellire fino alle due funzioni che a lei facevano più male: i funerali dei due tributi del Distretto 12 alla fine degli Hunger Games di ogni anno. Aveva smesso di andarci per la grande pena che sentiva dentro, rivedeva le povere bare bianche o di legno chiaro coperte di fiori di campo che ogni famiglia sceglieva per  dare l’ultimo addio ai loro figli e risentiva l’organo che con la sua voce dalla maestà infinita li accompagnava nel loro ultimo viaggio fino alle porte del piccolo cimitero dietro alla chiesa dove avrebbero trovato riposo in eterno. Spesso Katniss non li conosceva se non di vista ma comunque preferiva ricordarli come erano quando in classe con lei insieme guardavano alla vita.

“Katniss Everdeen!”

Il suo nome quasi gridato la riportò d’improvviso in classe dove era arrivata l’insegnante che a quanto pare osservava  già da qualche tempo il suo sguardo perso nel vuoto. L’abituale contorno di commenti sarcastici e sghignazzi da parte dei compagni di classe dette quasi fastidio a Katniss che si chiese perché non potevano farsi gli affari loro…

“Si Mrs. Perino?” rispose Katniss alzandosi in piedi dopo un tempo che le parve eterno.

“Signorina Everdeen, penso che non serva ricordarle quanto scadente è il suo rendimento scolastico nelle ultime settimane…” chiosò la docente, rendendo di fatto pubblico a tutta la classe che Katniss a scuola era in difficoltà.

“…e questa non fa eccezione…” aggiunse l’insegnante sventolando la sua  verifica di storia chiazzata da segni di penna rossa e valutata con una severa F. Dalla classe si alzarono ancora sogghigni e sorrisi di compatimento. Katniss restò impassibile, gli occhi grigio azzurri freddi come ghiaccio per non dar loro soddisfazione.

“Se continua così signorina Everdeen sarò costretta dalle regole di questo Distretto e di tutta la nazione di Panem a punirla severamente…”

Katniss era pietrificata, sapeva bene cosa intendeva la docente. Le punizioni corporali erano impartite dagli stessi docenti agli studenti dal rendimento più scarso, a lei non erano quasi mai toccate o solo in forma minore perché fino a quel momento aveva dedicato alla scuola il tempo minimo necessario per evitarle. Ma questo era un periodo difficile….

Dopo averne ricevuto il permesso Katniss si sedette e stette ancora nel suo banco con lo sguardo assente. Se Katniss ebbe dei guai quella mattina il resto della classe non fu trattato meno duramente di lei e questo le permise, mal comune mezzo gaudio, di osare almeno alzare gli occhi verso il resto della classe al termine delle lezioni e mentre insieme a Madge aspettava Prim per tornare a casa.

“Quella strega di Mrs. Perino…” esordì Madge….

“In fondo ha ragione, sto facendo davvero pena in questo periodo…non ho tempo per studiare, non ho tempo per me…” rispose fissando altrove Katniss.

Prim interruppe il suo ripensare alla brutta mattinata.

“Ciao paperella…tutto bene oggi a scuola?” chiese Katniss abbozzando un sorriso.

“Tutto bene Kat, la maestra dice che sono molto intelligente…” cinguettò Prim.

“Lo sapevo che eri brava…almeno una in famiglia…” la lodò Katniss rivolgendo a Madge uno sguardo che le chiedeva senza parole di non accennare ai suoi guai a scuola.

MAdge lo colse al volo e per strada non fecero cenno alcuno alle loro vicissitudini scolastiche. L’unica nota positiva della giornata era la sua caviglia che giorno dopo giorno migliorava, presto sarebbe tornata a cacciare come prima.

Nel pomeriggio Katniss dedicò un’oretta allo studio non certo in virtù della sgridata subita ma perché nel tempo aveva imparato a non dare mai nell’occhio, a non fornire mai motivo di essere scelta come bersaglio in mezzo al gruppo…l’ultima cosa di cui aveva bisogno ora era, oltre alla responsabilità di essere la capo famiglia, una insegnante che la prendesse di mira mettendola in guai peggiori. Dopo aver salutato Prim che si occupava dei lavoretti di casa si incamminò verso il mercato nero dove portò la pelliccia di volpe e la pelle del coniglio catturato. La volpe fu ben pagata e Katniss accolse con sollievo la possibilità di pagare il pranzo a Prim per qualche giorno. La pelle di coniglio fruttò un sacchetto di farina e un panetto di burro.

 Scavalcò poi la recinzione e si diresse verso le trappole. Non essendo però lontana dal luogo dove il suo arco da caccia e la faretra erano nascosti scelse di passare a prenderli con se. Decise di portarli più per prudenza che per necessità in quanto la sua caviglia in miglioramento non permetteva ancora una vera e propria battuta di caccia.

Cinse anche il coltello custodito insieme alla faretra e andò verso le trappole. Le prime due trappole avevano catturato due conigli e Katniss ne fu lieta, oggi sarebbe tornata a casa in tempo per la cena e con il carniere pieno. Tutto procedette molto bene anzi, il bottino crebbe ancora fino all’ultima trappola. Era mesa ai piedi di un albero, mascherata dalle foglie secche ai bordi di una radura. La prima cosa che colpì Katniss fu il silenzio, nessun rumore di uccelli o altri animali…avvicinandosi vide poi il sangue. Nella trappo non c’era la preda ma c’era sangue e pelo tutto intorno e poco lontano anche la testa del coniglio sbranato. Katniss si abbasso istintivamente ed estrasse una freccia dalla faretra. Si mosse molto lentamente fino a vedere oltre l’albero. Quello che le apparve le gelò il sangue nelle vene e il cuore letteralmente le sobbalzò in petto…un grande orso nero era a pochi metri da lei tra gli alberi. Si appiattì velocemente contro l’albero più vicino e per un attimo l’ironia della situazione la fece sorridere…era venuta a caccia e si era in un istante trasformata in una potenziale preda. Se l’orso l’avesse attaccata sarebbe stata la fine, poco o nulla avrebbe potuto fare con il suo arco a quel bestione alto oltre 3 metri. Avrebbe fatto la fine del coniglio nella trappola… Cercò di scacciare dalla mente quel pensiero raccapricciante e di soppiatto cercò di vedere l’orso per poter decidere cosa fare. Il grande mammifero stava fiutando l’aria alzandosi sulle zampe posteriori, ormai aveva sicuramente percepito il suo odore…se l’animale fosse stato affamato anche la fuga sarebbe stata impossibile.

“Dannazione, quanto è difficile arrivare a 16 anni in questo posto…” pensò preparandosi ad una ultima disperata difesa. In caso di attacco Katniss si augurò di essere uccisa rapidamente, le avrebbe almeno evitato una lunga agonia e il vedere il suo corpicino fatto a pezzi dall’animale. Il grande orso mosse qualche passo svogliato nella sua direzione come incerto sul da farsi, doveva aver mangiato da poco o Katniss sarebbe già stata attaccata. Vide poco lontano da lei un pino i cui rami più bassi formavano quasi una scaletta verso la cima dell’albero…erano solo pochi metri ma un orso può correre velocemente se pensa di aver a tiro una preda che lo incuriosisce. Katniss ricordò improvvisamente i conigli che aveva nel carniere e un barlume di speranza ritornò in lei. Estrasse una carcassa e la lanciò pochi passi dietro all’orso che attratto dall’oggetto in movimento si precipitò sul coniglio. Nello stesso istante in cui Katniss sentì il rumore delle ossa stritolate dal morso della belva scatto verso il pino  con tutta la velocità di cui era capace e balzò sul tronco e alla prima fila di rami che resse il suo peso. Guadagnò agilmente un altro paio di metri salendo sull’albero e cercò di porre tra se e l’orso il maggior spazio possibile. Attirato dal rumore che fece quando scattò verso il pino il plantigrado partì all’inseguimento ma Katniss era ormai a 4 o 5 metri di altezza e fuori dalla portata del predatore. Indispettito l’orso aspettò alla base dell’albero e Katniss prese fiato sedendosi sul ramo sui cui prima era in piedi. Katniss osservò l’orso con una certa preoccupazione e si augurò che l’animale non fosse paziente per aspettare la sua discesa dal pino. Pensò di colpirlo con una freccia ma si rese conto che l’animale ferito sarebbe stato ancora più pericoloso e certamente non avrebbe lasciato la base dell’albero  dunque abbandonò il suo proposito. Non restò che aspettare…Katniss ingannò il tempo intagliando un rametto di pino con il coltello da caccia e sperò che l’orso lasciasse il campo libero prima di notte. Provò anche a distrarlo lanciando lontano altre carcasse di coniglio ma l’orso restò nelle vicinanze dell’albero. Il sole stava per tramontare quando l’orso evidentemente stanco di attendere corse via lungo la radura in cerca di prede più facili. Katniss aspettò ancora una quarantina di minuti sul pino e non vedendo più traccia del predatore scese dall’albero. La notte stava ormai calando e la bella giornata del mattino cedette il passo ad una fitta coltre di nubi gravide di pioggia fredda. Nascose le armi da caccia e tornò a casa con ciò che le rimaneva nel carniere e la gioia di essere ancora viva dopo quella brutta avventura nei boschi. Avvicinandosi alla recinzione elettrificata ebbe un’altra sgradita sorpresa. La recinzione non era silenziosa come era di solito ma emetteva un sordo ronzio che la mise in allarme. Stranamente il Distretto 12 aveva la corrente elettrica e la recinzione l’avrebbe uccisa in un istante se lei l’avesse toccata per attraversarla. Katniss imprecò a bassa voce, la sua giornata non era ancora finita. Si chiese per quale ragione il Distretto avesse ricevuto il privilegio di un po’ di corrente elettrica in quelle ore serali, cosa che avveniva di solito quando era il tempo degli Hunger Games e tutti i vecchi apparecchi televisivi del Distretto dovevano per ordine del Governo di Capitol City essere sintonizzati su quello spettacolo di morte. Dal cielo cominciò a cadere fitta la pioggia e Katniss fu presto bagnata come un pulcino nonostante il giaccone impermeabile e gli anfibi in pelle. L’acqua le scorse lungo la schiena e le diede brividi di freddo intenso, che la fecero tremare. Si guardò intorno ma non vide alcun tipo di riparo che potesse esserle utile per proteggersi dalla pioggia allora si sedette su una roccia vicino alla recinzione e pensò con nostalgia al fuoco nel camino di casa che certamente Prim a quell’ora aveva già acceso… Andò al vicino albero di mele selvatiche e ne assaggiò una ma era talmente inzuppata d’acqua che le provocò un senso di nausea. Se solo avesse potuto far sapere a Prim come mai non era ancora a casa, lei e la madre sarebbero state molto preoccupate non vedendola rientrare. Dopo circa 2 ore il ronzio nella recinzione elettrica cessò improvvisamente, era facile udirlo nella notte. Katniss lanciò un sasso contro il filo spinato ma non vi fu segno alcuno di scintille o evidenza di corrente elettrica nella barriera. Si fece coraggio e passò oltre la recinzione e corse verso casa. Quando finalmente arrivò Prim le saltò al collo riempiendola di domande ma Katniss, come spesso faceva, fu evasiva. Raccontò dell’incontro con l’orso in modo che la piccola non si spaventasse troppo e parlò di come era stata bloccata oltre la recinzione elettrificata. Arrivò a casa solo con i brividi per il freddo e si concesse ancora, prima di mangiare qualcosa, un bagno caldo utilizzando l’acqua del grosso bollitore della stufa in cucina. Non aveva ancora 16 anni ma si sentiva già così stanca… Quando salì in camera Prim era già a letto e anche lei si mise in fretta sotto le coperte purtroppo ancora fredde. Fuori la pioggia continuava a cadere fitta. Si addormentò quasi subito in un sonno agitato in cui si sentiva inseguita nel bosco, piccola preda senza possibilità di fuga. La voce di Prim la svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Lottando contro il sonno che rendeva lenti i suoi riflessi Katniss ascoltò Prim.

“Katniss ho sentito i fantasmi…” le disse incerta Prim

“Tesoro, avrai fatto un brutto sogno…” rispose Katniss posando di nuovo la testa sul cuscino.

“No Kat, ci sono davvero i fantasmi senti ci sono dei rumori in giardino…” spiegò Prim. Stava ancora dicendo così che Katniss sentì un crepitio sinistro, di legno spezzato. Si tirò su a sedere sul letto e rimase ancora in ascolto, i suoi sensi affinati da lunghi anni di pratica della caccia. Rumore di pioggia fitta ma anche scricchiolio di legno schiantato.

“Prim, resta in casa qualsiasi cosa succeda la fuori… va bene?” ordinò Katniss mentre saltava fuori dal letto e si metteva qualcosa indosso per capire l’origine di quei rumori che anziché perdersi nella notte diventavano sempre più violenti.

“Ma che cosa sta succedendo….” penso silenziosamente per non allarmare ulteriormente Prim. Ladri? Non era cosa comune nel Distretto e poi la loro era una famiglia povera non avevano nulla che valesse la pena di prendere….forse la loro capretta? Katniss si precipitò per le scale e vide sulla porta della sua camera anche sua madre, allarmata dal trambusto udito anche da lei nel cuore della notte. Katniss calzò senza legarli gli anfibi in pelle e uscì in pantaloni e maglioncino nel piccolo portico davanti alla loro casa. Pioveva ancora e la notte era nera e senza luna. Mentre lei aveva indossato qualcosa Prim accese la lanterna a petrolio e la passo alla sorella. I rumori, sempre più intensi,  provenivano non dalla casa ma dalla zona dell’orto, poco oltre il cortile della loro casa. Katniss capì e si lanciò verso il capanno degli attrezzi da dove uscì con il forcone in mano. Con quell’arma improvvisata e la lanterna corse verso l’orto. Lo spettacolo che vide la lasciò senza forze tanto era intenso l’orrore e la delusione di quel momento. La recinzione dell’orto era spezzata in più punti e un branco di cinghiali, adulti e più giovani stavano facendo scempio dell’orto che Prim aveva curato con tanto affetto.

L’orto prima ordinato era ora completamente devastato e la terra era stata rivoltata dagli animali per mangiare anche le verdure che crescevano sotto terra. Katniss scagliò in un gesto d’ira il forcone verso di loro che la degnarono appena di uno sguardo. Provò l’impulso di scagliarsi con tutta la sua rabbia contro i cinghiali ma prevalse la parte razionale che era in lei, non aveva nessuna possibilità di scacciare a mani nude un branco di cinghiali adulti. Corse comunque verso l’orto con la lanterna sperando che la luce nella notte li distraesse o almeno rallentasse lo scempio che stavano compiendo. Le bestie, orma sazie, come rispondendo ad un comando preciso si allontanarono insieme sfondando ancora lo steccato di legno che delimitava l’orto.

Katniss tornò in casa bagnata e impassibile, ma stava così male dentro, di fuori il suo sembrava coraggio, di dentro il suo cuore era spezzato. Anche Prim l’aveva raggiunta prima in giardino e anche lei alla luce della lanterna aveva visto i frutti del suo lavoro cancellati in una sola ora di una fredda notte d’autunno. Prim piangeva piano senza lamentarsi ad alta voce, del dolore dolce e muto dei bambini. Quando Katniss la strinse a se nel salottino freddo restò lì, stupefatta dal dispiacere e dalla delusione.

“Coraggio piccola, stanotte è andata male ma speriamo che domattina alla luce del sole i danni siano un po’ meno gravi di quello che sembravano adesso al buio…” le disse Katniss. La madre le osservava entrambe ma con lo sguardo assente di chi non si era reso conto dell’accaduto.

Katniss trascorse il resto della notte senza chiudere occhio, si sentiva tradita dalla durezza della vita che le aveva poste di fronte a questa nuova prova. Sapeva che Prim era sveglia, la sentiva gemere piano ma non le disse nulla, anche lei non ne aveva più la forza. Eppure era per lei che doveva resistere e farsi vedere forte o Prim si sarebbe sentita ancora peggio. Questa volta anche la sicurezza del loro focolare era stata attaccata e Katniss aveva dentro una pena incontenibile. L’arrivo del mattino fu per lei una grazia, per lo meno poteva vedere con la luce cosa si poteva salvare. Il cielo rimaneva coperto ma non pioveva più. I danni che videro nella notte alla luce della lanterna erano assai gravi anche alla luce del giorno. Il granoturco era stato abbattuto e gran parte delle pannocchie divorate, anche gli altri ortaggi erano stati sradicati e il terreno rivoltato dal branco di cinghiali. Dovevano essere entrati durante la notte dai varchi nella recinzione elettrificata, forse dove Katniss aveva notato le impronte di animali selvatici. Anche se Katniss avesse avuto con se l’arco avrebbe potuto fare poco da sola contro un’intera mandria di animali adulti. Katniss parlò pochissimo quella mattina, aveva in gola un’angoscia che non voleva saperne di lasciarla. Anche Prim era così spaventata e continuava a chiederle:

“E adesso come facciamo Katniss?”

Istintivamente Katniss le avrebbe voluto gridare che non aveva la più pallida idea di cosa fare ora e che la loro stessa vita sarebbe stata a rischio nella stagione più fredda.

Ma non lo fece, la piccola non aveva alcuna colpa di quello che era successo. Respirò profondamente cacciando le lacrime che le salivano agli occhi e mentì anche e prima di tutto a se stessa.

“Ce la faremo ugualmente Prim, venderemo i resti delle verdure o li mangeremo noi e poi andrò a caccia tutti i giorni fino a che prenderò qualche cosa di grosso, Gale mi aiuterà, vedrai, ce la faremo anche questa volta” disse Katniss…non sapeva nemmeno più lei cosa dirle e cosa ne sarebbe stato di loro.

Guardando davanti a se Katniss vedeva un inverno durissimo, con poco da mangiare, freddo a causa dei vestiti pesanti che loro due non avevano. Anche la caccia sarebbe stata difficile e pericolosa se nei boschi iniziavano a girare grandi predatori come orsi o, più pericolosi ancora in inverno, branchi di lupi. Katniss si giurò che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non far mancare nulla a Prim anche se avesse dovuto andare a mendicare come aveva fatto quando aveva più o meno l’età di Prim ed aveva ricevuto in dono quel pezzetto di pane bruciato da Peeta Mellark, il figlio del fornaio del paese che aveva salvato loro la vita proprio quando Katniss stava per morire di fame nel giardinetto del retrobottega della panetteria. Katniss si sentiva ancora in debito con quel ragazzo che sfidando l’ira della madre, che l’avrebbe lasciata lì a morire preferendo nutrire i maiali, le dette la forza di alzarsi da terra ancora una volta. Un giorno, Katniss non sapeva in che modo, avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con lui. Dopo aver raccolto il meglio possibile ciò che era scampato alla fame dei cinghiali Katniss e Prim si recarono a scuola. Per la strada Katniss raccontò a Madge ciò che era capitato nella notte mentre Prim camminava più avanti con Rory, la sorellina di Gale.

“Sono nei guai Madge, grossi guai…se non succede un vero miracolo quest’inverno sarà la fine per noi, non abbiamo più nulla e ogni cosa si rivolta contro di noi in questo periodo…e se arriviamo vive alla fine della brutta stagione dovremo affrontare ancora un’altra Mietitura…” raccontava Katniss.

Madge taceva, comprese la gravità della situazione ma non poteva fare nulla se non ascoltare l’amica. Katniss pensò di sottoscrivere tutte le tessere governative a suo nome che poteva per superare la stagione fredda con gli aiuti del Governo, in cambio della sua vita a giugno in quanto le probabilità di essere estratta come tributo sarebbero state altissime. E poi cosa sarebbe successo dopo la sua morte? Prim avrebbe avuto solo 12 anni, come sarebbe sopravvissuta fino a poter essere indipendente? Con il cuore carico di dubbi entrò anche quel giorno in classe e udì altri ragazzi che vivevano non lontano da lei parlare a proposito dei cinghiali che avevano fatto scempio di molti raccolti oltre al loro. I cinghiali furono abbattuti quello stesso giorno non lontano dal Villaggio dei Vittoriosi, area residenziale quasi disabitata ad eccezion fatta per l’unico vincitore degli Hunger Games del Distretto 12, Haymitch Abernathy. Katniss seguì ancora le lezioni con sempre maggiore distacco, ora la mattina doveva pianificare nel dettaglio le attività di caccia del pomeriggio e dei week end, nella speranza di cacciare qualcosa di abbastanza grande da poter essere venduto bene. Per il momento la scuola non era altro che l’ultimo dei suoi problemi. Fortunatamente l’insegnante questa volta aveva altro a cui pensare e non badò allo sguardo di Katniss sempre più triste e distaccato dalla vita.

  
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