Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Acinorev    29/01/2013    15 recensioni
«Hai pianto?» mi chiede, distraendomi e mettendomi in imbarazzo: evidentemente è palese quello che ho fatto fino ad un minuto fa.
Per qualche secondo mi limito a fissarlo, facendomi consolare dalla sua espressione preoccupata, ma poi scuoto la testa e mento. «No.»
Mentre abbasso lo sguardo, per impedirgli di scorgere altre verità così semplicemente, il silenzio piomba su di noi: io, nella mia testa, lo sto riempendo di tutte le cose che vorrei dire, di tutti i “mi manchi” che vorrei confessare. Chissà lui con cosa lo sta rimpiazzando, dentro di sé.
Posso provare a chiederglielo, però.
Racimolo un po’ di coraggio e torno a guardarlo. «Zayn…»
«Ho bisogno di te», mi interrompe lui tutto d’un fiato, prima che io possa dire qualcos’altro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Think about it
                                                  

Niall indossa un maglione blu elettrico, forse di una taglia in più, ed un paio di jeans chiari e poco aderenti: ha i capelli biondi disordinati, forse a furia di infastidirli con le proprie mani, ed il viso luminoso, marcato dalle sue labbra rosee e dal naso dritto.
Continuando a guardarmi con i suoi occhi troppo azzurri, si alza dal divano e si avvicina a me. «Voglio  parlarti», dice semplicemente, con la sua solita determinazione. Io invece sono combattuta: dovrei buttarlo fuori a calci ed urlargli di non farsi più vedere, ma sono anche curiosa di sapere cos’abbia da dirmi.
«Di cosa vorresti parlare?» gli chiedo allora, incrociando le braccia al petto. Non mi va di essere gentile, di farlo accomodare o di offrirgli qualcosa da bere, non sono nemmeno sicura di volerlo così vicino.
Stare di fronte a lui, sotto il suo sguardo cristallino, non mi fa più lo stesso effetto di una volta, anche se riesce ancora a smuovere qualcosa dentro di me: preferirei che non fosse così, preferirei averlo completamente dimenticato.
«Lo sai benissimo», mi risponde, infilando le mani in tasca, un vizio che non credo riuscirà mai a togliersi. Sospiro ed inclino il capo da un lato, non intenzionata a dire qualcos’altro, e lui capisce di non avere molto tempo a disposizione. Abbassa per un attimo lo sguardo e dà un’occhiata intorno a sé, come se stesse cercando le parole da dire mentre io aspetto impaziente. «In realtà non so perché mi sia venuta questa idea, di venire qui a casa tua, intendo. È che qualche giorno fa ti ho vista al parco e…»
Ascolto le sue parole con attenzione, iniziando a farmi un’idea di quello che potrebbe essere il suo intento, e subito mille pensieri inondano la mia testa; non voglio perdere la calma, quindi mi impongo di non interromperlo.
Niall inspira profondamente e si passa una mano tra i capelli. «La verità è che mi manchi, Mel», dice alla fine, tornando a fissarmi. Il secondo dopo il mio cuore sta cercando di pompare tutto il sangue necessario al mio corpo per non svenire in quell’esatto momento: quelle parole mi stupiscono e mi innervosiscono contemporaneamente. La mia fronte si corruga leggermente, esprimendo la mia confusione, mentre vecchie ferite tornano ad aprirsi dolorosamente.
«Ti manco?» ripeto incredula, con un filo di voce, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Lui si limita ad osservarmi, come se quegli occhi potessero dare una conferma alla mia domanda, ma io non riesco a crederci: è assurdo.
«Mel, io esco. Mamma mi ha detto di dirti che prima di tornare a casa passano dalla zia», esordisce la voce di mia sorella, appena entrata in salotto. Io non le rispondo e non distolgo lo sguardo dal ragazzo di fronte a me, sicura che Emma non se la prenda per così poco. La porta di casa sbatte quando se la chiude alle spalle e di nuovo rimango sola con Niall.
«Non avrei dovuto trattarti in quel modo-» riprende.
«Niall», lo interrompo, lasciandomi scappare un mezzo sorriso allibito. «Fermati».
Ho bisogno di riordinare la valanga di pensieri che mi ha appena travolto e non posso farlo con lui che parla e rincara la dose: ha appena confessato che gli manco ed ha una bella faccia tosta nel presentarsi a casa mia per dirmi qualcosa del genere. Non sono sicura di averlo completamente dimenticato, anzi, forse non ci sono nemmeno vicina, anche perché se così fosse non sentirei i brividi per la sua vicinanza e non sarei soggetta ai suoi occhi, non ancora: il problema è un altro, però, il problema è quello che ha fatto.
«Secondo te come dovrei reagire quando mi dici che ti manco?» gli chiedo, ed è una domanda sincera, perché devo ancora trovare una risposta adatta.
«Non so cosa dovresti fare, ma vorrei che tornassi da me», risponde deciso, continuando a scrutarmi. Chiudo gli occhi per qualche istante, mentre cerco di placare le sensazioni che quelle parole hanno causato in me: provo ad impedire alle mie guance di arrossarsi, perché non voglio dargli quella soddisfazione e perché non sono ancora sicura di volere che conosca l'effetto che è ancora in grado di avere su di me.
«Non puoi dirmi questo», affermo, raccogliendo un po’ di sicurezza. «Non-»
«Mel, guardami», mi interrompe, prendendo le mie mani tra le sue ed avvicinandosi di più a me. «Sono qui, davanti a te, e ti sto chiedendo di perdonarmi, perché sono stato un vero coglione. Ti sto chiedendo di tornare ad essere quelli di una volta, q-».
«Quelli di una volta?» ripeto, sfilando le mie mani dalle sue e respingendo le lacrime che stanno cercando di marcarmi il volto. Non voglio piangere, non devo farlo. «È solo colpa tua se non siamo più quelli di un mese fa!»
«Credi che non ne sia consapevole? Ma tu dovresti sapere che non è mai stata mia intenzione farti soffrire».
«No, Niall, non lo so», lo correggo. «L’hai fatto e non sai quante volte io mi sia chiesta il perché».
«Vuoi sapere il perché? Perché sei sempre stata tu, solo tu. Stavo con Kassandra e pensavo a te, ecco il perché. Ti volevo e mi sono comportato da stupido, ma era per stare con te che l’ho fatto». I suoi occhi cercavano di persuadermi, concedendosi a me carichi di rimorso.
«Avresti potuto stare con me dopo aver lasciato Kassandra!»
Le immagini di un mese prima mi sfrecciano davanti agli occhi, infliggendomi di nuovo lo stesso familiare dolore: posso rivedere Niall insieme a Kassandra, ignaro della mia presenza, le sue scuse, i miei pianti, la rabbia, la fine. Quel ragazzo mi aveva conquistata e per due mesi io l'avevo reso il mio centro: ma quando ho saputo della sua fidanzata, mi è crollato tutto addosso. Non so se si possa definire un vero e proprio tradimento quello nei miei confronti, perché ero io l’altra: ero io quella con cui stava tradendo la sua ragazza, di un paesino a chilometri di distanza da Bradford. Ed in questo momento, ogni singolo giorno passato a maledire lui e i suoi occhi azzurri, è proprio davanti a me, pronto a rinfacciarmi un passato fin troppo recente.
«Sei sempre stato bravo con le parole», sussurro, trattenendo dentro di me una quantità estenuante di emozioni. «Peccato che non tu non sia altrettanto bravo nel dimostrare quello che dici».
Troppe volte Niall mi ha ripetuto che in realtà ha sempre voluto solo me, ma sono sempre state solo parole: per quanto io sia ingenua, so che contano molto di più i fatti. Nel mio caso l'unico fatto è che Niall non ha mai lasciato Kassandra per me, preferendo tenere una all’oscuro dell’altra per divertirsi con entrambe. 
Lo vedo sospirare, mentre cerco di regolarizzare il respiro: una parte di me vorrebbe perdonargli tutto, ma sono troppo fragile per riuscire a fidarmi di nuovo di lui.
«Ho sbagliato, ok? Ho sbagliato e non ne vado fiero, ma tutti possono sbagliare», riprende. «Ti chiedo solo di darmi una seconda possibilità, di farmi perdonare». Abbiamo litigato riguardo questa storia innumerevoli volte, troppe ne abbiamo discusso e parlato, ed ora ci siamo già detti tutto: è come rivivere la stessa scena ancora e ancora, con sempre meno dettagli e sempre più ripetizioni.
«Vorrei tanto crederti, davvero: vorrei poterti dire che sono disposta a darti una seconda possibilità, ma la verità è che ho terribilmente paura che tu possa comportarti di nuovo in quel modo», confesso, torturandomi una mano con l’altra.
Vorrei anche potergli dire che in fondo, in un modo assurdo ed ingiusto, mi manca anche lui.
«Io posso solo dirti che voglio davvero ricominciare con te, solo con te questa volta. Non posso dire o fare nient’altro per convincerti».
Mi passo una mano tra i capelli, respirando profondamente: so già che non riuscirò a fidarmi di lui come una volta ed il fatto che sia ripiombato nella mia vita dopo tutto questo tempo mi confonde ancora di più.
«Dimmi almeno che ci penserai», continua, attirando il mio sguardo su di lui. Se solo sapesse che ci sto già pensando: sono sempre stata così, in fondo. Non sono mai stata capace di portare rancore, nemmeno verso le persone che mi hanno ferita di più: tendo a passare sopra a molte cose, anche se so bene che non dovrei, e mi chiedo se riuscirò mai a cambiare questo lato di me.
Lo guardo in silenzio e lui sembra comprendermi: si avvicina ancora di più ed alza una mano lentamente, portandola sulla mia guancia. La sfiora appena, mentre io lo lascio fare beandomi di quel contatto, e poi le sue labbra raggiungono la mia fronte, dove lasciano un bacio leggero. Chiudo gli occhi e sento le guance avvampare, nonostante tutti i miei sforzi: Niall si allontana e, dopo avermi rivolto un mezzo sorriso, «Pensaci, Mel» mi dice, prima di uscire di casa.
Fisso la porta per un tempo indeterminato, cercando di realizzare quello che è appena accaduto: tutto mi sarei aspettata da quella giornata, tranne Niall nel mio salotto o tanto meno le sue parole. Solo dopo qualche minuto mi sembra di tornare a respirare di nuovo e, come mi aspettavo, sento le lacrime scorrermi sulle guance: accade quando l’arrossire non basta più per svelare il mio stato d’animo.
 
«Mamma, allora io vado», esordisco, infilandomi la giacca.
«Ah, ecco: ovviamente lei può uscire», sbotta Emma, fissandomi in maniera truce dal divano su cui è seduta.
«Emma, smettila. Non voglio più sentire una parola su questo argomento», la ammonisce mio padre, con il suo tono duro.
«Certo, perché è un argomento che non sta in piedi!» ribatte lei, alzando le mani al cielo.
«Ho detto basta: sai benissimo che in questa casa le cose bisogna meritarsele».
«Meritarsele? Ho per caso ucciso qualcuno?!»
«Smettetela, avanti», esclama mia madre, la moderatrice nella nostra famiglia.
«È proprio questo atteggiamento che non ti farà andare da nessuna parte! Ed ora non voglio più sentirti parlare, o non uscirai nemmeno la prossima volta!»
«Al diavolo!» borbotta Emma, alzandosi dal divano con rabbia e correndo per le scale, probabilmente diretta verso la sua stanza. Sposto lo sguardo su mia madre che scuote la testa arresa, mentre mio padre si lamenta della sfacciataggine di sua figlia e mentre Fanny, sul tappeto, gioca tranquilla con delle bambole. Normale amministrazione, direi.
«Va’ pure, e fai attenzione», mi rassicura mia madre, rivolgendomi un sorriso.
«Mel, mi raccomando», rincara papà, interrompendo per un attimo la sua rabbia nei confronti di Emma.
«Sì, tranquillo: prenderò il pullman e tra dieci minuti sarò a casa di Becka», lo rassicuro.
Lui apre la bocca come per dire qualcos’altro, ma la richiude subito dopo, limitandosi a farmi un cenno con il capo per permettermi di uscire. Li saluto sorridendo, felice di essere scampata al solito discorso sul pericolo delle strade di sera.
Esco con il borsone sulle spalle e mi avvicino alla fermata del pullman a pochi metri da casa mia: mi dispiace per Emma e per i suoi continui litigi con i nostri genitori, e mi dispiace che non possa avere con me il normale rapporto che ci dovrebbe essere tra sorelle. Non so quando esattamente abbia iniziato a non sopportare nemmeno la mia presenza, ma sembra quasi che qualsiasi cosa io faccia le dia fastidio: credo che si senta trattata diversamente, in modo negativo, rispetto a me. Non è così ovviamente, perché i miei genitori non fanno differenze, ma ai suoi occhi è tutto il contrario: il problema è che più lei si ribella, più loro si irrigidiscono. Le consiglierei volentieri di cambiare atteggiamento, ma so già che non mi lascerebbe nemmeno parlare.
Immersa in quei pensieri quasi non mi accorgo dell’arrivo del pullman e, quando mi accomodo su uno dei sedili accanto al finestrino, non posso che ringraziare il cielo per quel leggero tepore che aiuta il mio corpo a sconfiggere i rimasugli del freddo gelido di Gennaio. Rabbrividisco ed aspetto pazientemente di tornare ad una temperatura degna di un essere umano: Bradford è quasi desolata alle otto e mezza di sera ed il buio invernale la rende ancora più cupa. Attraverso il finestrino del pullman tutto il paesaggio è quasi sfocato, sia a causa del tipico sottile strato di sporcizia, che nessun addetto ai mezzi pubblici sembra voler ripulire, sia a causa delle goccioline di umidità che lo ricoprono.
Mi incanto a fissare il marciapiede che fiancheggia la strada ed incontro con lo sguardo le prime due persone da quando sono su questo pullman: sono probabilmente due fidanzati, dato che il ragazzo sta stringendo a sé una ragazza di una decina di centimetri più bassa di lui. Dal modo in cui sono stretti l'uno all'altra sembrano davvero affiatati ed il bacio che lui le lascia tra i capelli mi fa quasi sorridere per la tenerezza: è una di quelle scene che ti fanno percepire la nostalgia di una quotidianità ricca di piccoli e significativi gesti, ricca di un affetto caloroso.
Mentre il pullman si ferma ad un semaforo proprio di fronte ai due ragazzi, mi viene subito in mente Niall: senza che potessi deciderlo, infatti, il mio dispettoso cervello mi ha proposto la soluzione più semplice. Se tornassi con lui, come mi ha pregata di fare, magari ottenerei quello che desidero: ricordo che nei momenti passati in sua compagnia tutto il resto scompariva. Nonostante ci vedessimo poco a causa dei nostri impegni e delle scuole diverse che frequentiamo, eravamo felici e sembrava che niente potesse intralciarci: avevo davvero creduto che saremmo rimasti insieme per molto tempo, perché Niall aveva la capacità di mettermi a mio agio in ogni situazione.
Ma ritornare con lui che costo avrebbe avuto? Un’altra delusione? Altra sofferenza?
Sento il bisogno di parlarne con Becka, l’unica che riesce a contenere il mio lato più più debole, quello che lei stessa ha una volta definito “permetto a tutti di fare di me quello che vogliono”.
Intanto la coppia sul marciapiede si separa: la ragazza si volta per andarsene, provocando in me una sensazione di familiarità grazie ai suoi capelli corvini e alla pelle olivastra, ed il ragazzo rimane in piedi a sorriderle. Nonostante lo strato di sporcizia sul vetro, nonostante le goccioline di umidità, nonostante il buio, riconoscerei quel sorriso anche in situazioni peggiori: non è un semplice ragazzo, è Zayn.
Zayn, con i pantaloni della tuta blu ed il maglioncino bianco che gli sta un po’ largo.
Zayn, con i suoi capelli neri disordinati.
Zayn, con la lingua incastrata tra i denti.
Zayn, con la stessa ragazza della mensa.
Il pullman riparte ed io continuo ad osservare quella figura a me tanto familiare, mentre percorre il vialetto di casa passandosi una mano tra i capelli: la tenerezza provata fino a poco prima, il senso di serenità che avevo sperimentato nel vederli insieme, sono ormai rimpiazzati dallo stupore e da un certo fastidio. Perché improvvisamente mi riconosco dannatamente gelosa e mi accorgo che vorrei essere stata al posto di quella ragazza, che vorrei vivere quelle scene quotidiane con Zayn, non con Niall. Un'idea folle, è vero, ma è come se fossi curiosa di sapere cosa si provi a stare tra le sue braccia, nonostante sia qualcosa di apparentemente irraggiungibile per me.
Scuoto la testa e mi ricompongo sul sedile, imponendomi di scacciare quei pensieri: quel ragazzo sta occupando le mie giornate più di quanto debba.
 


«Ah, eccoti!» esclama Becka, aprendomi la porta ed abbracciandomi affettuosamente.
«Hey», la saluto, ricambiando l’abbraccio.
«Dio, sei congelata», commenta la mia amica, spingendomi dentro e chiudendo la porta alle nostre spalle.
«Non mi dire?» scherzo, togliendomi la giacca un po’ controvoglia.
«Piuttosto, signorina simpatia, sai che Aaron voleva rovinare la nostra serata?» mi chiede, mentre si lascia sprofondare sul divano. «Ah, la borsa lasciala pure lì da qualche parte», conclude gesticolando, dopo avermi vista un po’ indecisa. Faccio come mi ha detto e la raggiungo, raggomitolandomi al fondo del divano con le ginocchia al petto. «Cosa aveva in mente?» le chiedo sorridendo.
«Voleva unirsi al nostro pigiama party», spiega. La nostra è una specie di tradizione, quasi sacra: Melanie Clarke e Becka Robinson si ritrovano nelle sere più scure a discutere dei loro piccoli grandi segreti a casa di una o dell’altra, ed ogni intruso viene punito severamente.
«E…?»
«E ovviamente gli ho detto che doveva tenere il suo rispettabile nuovo taglio di capelli da gay fuori da casa mia», risponde, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, facendomi ridere con una mano ancora fredda davanti alla bocca.
«Dovremmo coinvolgerlo qualche volta. Lo so che in fondo gli vuoi un bene dell’anima».
«Ok, va bene: prometto che ci inventeremo qualche tradizione che comprenderà anche lui», concede sbuffando e mettendosi seduta. «Ma ora vieni qui», dice poi, sorridendo ed allargando le braccia per stringermi di nuovo a sé. Alzo gli occhi al cielo e la accontento, facendomi stritolare in una morsa giocosa, mentre il profumo del suo adorato bagnoschiuma ai frutti di bosco mi circonda.
«Ah, Liam si è ripreso», esclama all’improvviso. «Direi che mi ha smontata».
Scoppia a ridere insieme a me, per quell’affermazione poco raffinata ed io mi allontano da lei per guardarla in faccia. «Non voglio sentire i particolari!» la ammonisco, sapendo che se fosse per lei non esiterebbe a mettermi al corrente di ogni dettaglio.
«Almeno-»
«No», la anticipo, tappandole la bocca con le mani. «No», ripeto sorridendole.
«Piuttosto, devo raccontarti una cosa», continuo, lasciandola andare: conoscendo la sua sconfinata curiosità, so per certe che la sua attenzione è già completamente su di me.
«Che è successo?» chiede infatti, facendosi più seria.
«Oggi Niall si è presentato a casa mia».
«Niall?»
«Sì».
«Niall Horan?»
“In persona».
«Lo stesso Niall Horan che mi sono ripromessa di prendere a calci?»
«Sì, e ora che te ne sei accertata puoi farmi continuare?» domando ridendo, incredula di fronte alla sua reazione. Becka nei miei confronti è peggio di una madre iperprotettiva: crede di dovermi proteggere da qualsiasi pericolo potenziale o in atto e niente può fermarla. Inutile dire che Niall non le stia molto simpatico: aveva ingannato anche lei con le attenzioni che mi riservava, come se fossi l’unica per lui.
«Cosa voleva?» chiede, ancora a bocca aperta.
Quella domanda mi spinge a raccontarle tutto ciò che è successo e tutto ciò che Niall mi ha detto: le mie sensazioni ed i miei dubbi, le mie insicurezze ed i miei desideri. Parlo come se stessi scrivendo i miei pensieri su un diario segreto che sono sicura nessuno leggerà mai, un diario segreto che però è in grado di rispondere alle mie parole e di arrabbiarsi mentre le ascolta.
Un diario che ha un effetto terapeutico su di me e che non cambierei con nulla al mondo.

 

 




Heeeeeeeeeeeeyla! Buongiorno a tutte!
Mh, stranamente oggi non ho nulla da dire hahha A parte che EFP stamattina mi ha fatto innervosire parecchio, dato che aveva deciso di non funzionare, ma per fortuna ora è tornato in sè e mi permette di aggiornare :)
In teoria avevo in programma di pubblicare questo capitolo solo mercoledì/giovedì, ma come sempre non ci sono riuscita. (Ricordate quando vi avevo presentato la mia scarsa e dispettosa forza di volontà? Be', ecco a cosa mi riferivo)
Cooomunque: si è scoperto chi è Niall e direi che bene o male tutte avevate capito che era un ex o comunque una persona con qualche inciuccio con Melanie. Si è comportato un po' male, secondo voi cosa deciderà lei? 
Ah, poi si capisce un po' di più sulla sua famiglia: mi sono rotta delle famiglie che lasciano fare quello che vogliono ai propri figli etc etc. La sua è una classica
famiglia in cui certi comportamenti non sono ammessi e in cui esistono ancora le punizioni. Ma scoprirete altre cose più avanti :)
Zaaaayn: l'ha visto con la ragazza della mensa. Quante di voi si aspettavano che fosse lui? hahahah Non è finita qui tra di loro ehehhehe
Poi c'è un piccolo pezzo tra Becka e Mel che spero vi abbia fatto capire quanto siano legate in realtà :)
(Ah, Liam ce l'ha fatta hahahah Sara, se stai leggendo queste mie parole deliranti, hai visto che non è servita la foto di Zayn?! AHHAHAHAAHAHAHAH)
E niente, come sempre ho parlato fin troppo ._. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia invogliato a continuare a leggere la storia :)
Mi farebbe piacere sapere cosa vi aspettate che accada tra i vari personaggi e mi raccomando, ditemi se c'è qualcosa che non va :)

Vi ringrazio infinitamente come sempre per la vostra gentilezza e per tutto quello che fate!
Un grazie particolare anche ad arialynn (su EFP http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=98159 e
su twitter https://twitter.com/arialynns) che ha realizzato il banner per questa storia! Bello, vero? :)
Passate a leggere le sue storie, perchè ha davvero talento :)


Ciao a tutte! Vi lascio con la solita gif :3

  

  
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Acinorev