11.
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Il dolore ritornava
spesso.
All'inizio aveva dovuto svanire subito; era solo l'anello
più pesante
di una catena di disgrazie, e l'unico problema per cui non ci fosse
davvero più speranza. Lui e Maya erano andati oltre, di
corsa, per non vedersi costretti a perdere una seconda vita.
Tuttavia, in fondo, il lutto era rimasto. Quasi invisibile,
là sotto a quel groviglio di problemi, era pur sempre in
sospeso; si era cristallizzato subito, per poi cadere nel
silenzio di giorni, di settimane e di anni, crescendo con il peso di
ogni giorno.
Phoenix non si
voltava mai indietro; mai,
se non per le
persone a cui teneva davvero. E non era raro – sempre
meno raro, in effetti – che la sua
mente si spostasse in un altro oggi e forse domani, dove quella figura
alta e forte, un po' più avanti con gli anni, gli
rivolgeva ancora sguardi esasperati dal suo fianco destro.
Ci sarebbero voluti molti altri processi per vederla cambiare, per
vederla toccata, come tutti, dalla mano dell'esperienza. A volte
Phoenix cercava di immaginarla – come sarebbe stata
poi, come avrebbe douto essere. Ogni volta inseguiva
una nuova immagine, con una sfumatura di dolore differente.
Anche chiudendo gli occhi, con le mani aggrappate al proprio volto,
Phoenix non ci era mai riuscito. Scettica o sorridente, se la
vedeva al fianco; era ancora saggia, ancora giovane, in piedi alla sua
destra.
Mia era rimasta dove era sempre stata. In eterno, come un monumento.