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Autore: cartacciabianca    30/01/2013    5 recensioni
Quella parte era sempre la più difficile: la caccia poteva durare per giorni senza sosta, senza respiro, perché un solo sopravvissuto avrebbe potuto fare la differenza tra la vittoria definitiva e una nuova sconfitta.
E il suo Maestro era decisamente quel genere d'uomo che non ammetteva la sconfitta.
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Lee, Haytham Kenway
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Hunting Cats'
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IL LIBRAIO DI CHARTER STREET

II parte

. : : Ѻ : : .

Cédric Dumas

 

 

 

 

 

"Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni […]"

 

 

 

 

North End di Boston,

quella notte…

 

Il vento si era alzato leggermente da quando aveva lasciato Fox Hill in direzione della cittadella. Le stelle avevano cominciato a popolare la piazza del firmamento e la luna vi splendeva con la prepotenza di una sovrana assoluta.

Alla fine della North Street Haytham smontò da cavallo e proseguì a piedi imboccando la quarta traversa sulla sinistra. Charter Street lo accolse silenziosa e poco illuminata. Lo spaccio dei libri, che condivideva l'angolo con Salem Street,  aveva porta e finestre sbarrate, ma una luce fioca filtrava attraverso le persiane, segno che una qualche attività si stava svolgendo al suo interno.

Haytham fece il giro del palazzo e una volta sul retro si arrampicò fin dove poté, raggiungendo la balaustra del secondo piano. A quel punto, come una lucertola, si appiattì contro la parete di mattoni e strisciò fino alla prima finestra, le cui imposte erano solo accostate, ma dopo averle dischiuse scoprì con doppio stupore che non c'era niente a parte quelle che potesse impedirgli di entrare. Scavalcò il cornicione con l'agilità di un felino e il tappeto che si ritrovò sotto ai piedi assorbì lo scricchiolio del pavimento scatenato dal suo peso. Era una piccola stanza per la lettura affollata di tomi, che traboccavano dagli scaffali annegando il resto della mobilia: una poltrona di broccato, un tavolino da tè, due sedie, una scrivania e un armadio, il quale era probabile più che abiti ospitasse altri libri.

Come un gatto che si tende sulle zampe drizzando le orecchie, Haytham sentì due voci cominciare una discussone oltre la porta. Si accostò all'ingresso e sparì completamente tra le ombre, preparandosi a richiamare la lama celata.

 

 

— Dovete lasciare la città, Monsieur Dumas, e dovete farlo stanotte, — stava dicendo l'anziano libraio inseguendo il suo ospite nel locale privato adiacente alla propria bottega. Candela alla mano e vestaglia allacciata alla buona.

Cédric Dumas parve ignorarlo e si avventurò agilmente sulle scale mangiando due gradini per gamba, ma a metà della rampa si bloccò con il tacco dello stivale che sfiorava la tegola.

— Non me ne andrò finché non avrò chiuso la testa di quel bastardo tra le pagine della Médéé del Longepierre, Faron, — ringhiò artigliando il corrimano.

— Cédric, soffermatevi un secondo a riflettere: — cominciò il vecchio sistemandosi gli oculari sul naso. — Fin ora è stato lui a dare la caccia a voi ed è oltretutto riuscito a trovarvi già una volta. Non potete batterlo al suo stesso gioco, non sul suo stesso campo e non da solo. Fuggite, raggiungete i vostri alleati a New York, chiedete aiuto prima che sia troppo tardi, prima che del vostro Ordine non resti nulla nelle Colonie, se per voi è così importante! —

Il francese scoppiò in una risata sommessa. — Fate dell'amaro pessimismo, mon ami. Siamo ancora in molti e loro solo in cinque. — Giunto sul pianerottolo si voltò come con un passo di danza e si fermò a riflettere. — Mi correggo, in quattro. Dimenticavo che sir Pitcairn è stato allontanato dalla città. — Un'altra risata.

— Voi siete un pazzo, Monsieur Dumas, — borbottò il libraio raggiungendolo goffamente sul pianerottolo. — IO, — sottolineò a gran voce e forse per mascherare il fiatone, — ho soccorso un pazzo. Avrei dovuto lasciare che quegli uomini vi acciuffassero molto tempo fa, invece di raccattarvi come un orfanello e ricucire i vostri abiti come una massaia. —

— L'orfanello e tutto il suo orfanotrofio vi sono infinitamente riconoscenti, Faron, — mormorò ora dolcemente portandosi una mano sul cuore.

— Temo di non averlo fatto né per voi né per la vostra causa, che pur tanto onesta pare, — rispose il vecchio fulminandolo con un'occhiataccia, — ma per la pietà suggestionatami dal vostro disdicevole gusto letterario. —

— In questo caso, ne convengo, è stato per una buona causa, — disse con un sorriso. — Dante, giusto? —

— Che ne è dei vostri uomini? — domandò il libraio.

— Se avranno trionfato mi raggiungeranno qui all'alba, — fu la risposta.

— E siete certo che trionferanno? —

Silenzio.

— Faron, tornate a riposare, — declinò Dumas lasciandosi un baffo con lo sguardo piantato a terra. — Io penso che veglierò. —

— Allora già che resterete sveglio pregate un po', Monsieur, perché io l'ho fatto fin troppo per voi che sembrate averle cestinate, le mie preghiere, — sbottò il vecchio porgendogli la candela. — Buonanotte. —

 

 

La porta della stanza si aprì e Cédric vi fece capolino accompagnato dal lume. Dopo aver richiuso l'uscio dietro di sé, l'Assassino si diresse allo scrittoio dove vi trascinò con fare stanco ma senza rumore una delle due sedie, e slacciandosi anche l'ultimo bottone del panciotto sì accomodò. Lasciò la candela sopra una pila di libri e giunse le mani a mezz'aria, appoggiandovi la fronte come per pregare. Alcune ciocche dei capelli scuri gli caddero davanti al volto contratto dai pensieri, che assieme all'agitazione e all'angoscia mascheravano i suoi trentott'anni precoci in quattro decadi pesanti come pietre. Rimase così per un tempo infinito, finché, ad un tratto, non si accorse dello spiffero d'aria che faceva traballare la fiammella della sua candela; ma quando notò le imposte della finestra completamente spalancate era troppo tardi.

Era lì.

L'aveva trovato.

Con quella consapevolezza a gelargli il sangue, Dumas s'irrigidì sulla sedia, sciolse le dita e lentamente portò indietro il corpo contro lo schienale.

La morte.

La morte era dietro di lui.

Ma non lo avrebbe avuto senza lottare.

Un spiffero di vento più forte degli altri spense la candela.

Si udì la sedia scostarsi rumorosamente sul pavimento e poi cadere con un tonfo sul tappeto; il frastuono di due corpi che si scontravano e altra mobilia che veniva scossa; tacchi strusciare sulle tegole, libri cascare dagli scaffali farfallando in aria, un vetro andare in frantumi...

 

 

Fu un duello silenzioso e senza armi che durò pochi secondi, ma alla fine Haytham riuscì a prevalere e spinse il suo avversario contro la scrivania, bloccandogli entrambe le braccia dietro la schiena. Dumas tentò di riscattarsi, dibattendosi come un animale mentre il Templare rimetteva in piedi la sedia e lo costringeva ad accomodarvisi, imprigionandolo tra sé e il tavolo; ma quando Haytham gli slogò il braccio sinistro per poi incastrarglielo nello schienale, Cédric soffocò un grido tra le labbra incollate, abbassando le orecchie e mugugnando come un il cane che era.

Era innocuo.

Haytham allungò una mano sopra la sua spalla e riaccese la candela. Dopodiché pescò un libro a caso tra quelli senza rilegatura impilati sulla scrivania, glielo mise sotto al mento e avvicinò penna e calamaio, sempre usando una mano sola perché l'altra era premuta sulla sua schiena, pronta a far scattare la lama tra le sue scapole. Sarebbe stata una morte orrenda: Dumas avrebbe dovuto sperare di svenire per il dolore piuttosto che stramazzare come una farfalla a cui un ragazzino si è divertito a strappare le ali.

— I loro nomi, — disse Haytham, ma l'Assassino rimase in silenzio, nel modo dannatamente irritante che gli aveva fatto perdere la pazienza già una volta, quel giorno.

— I loro nomi, Cédric, — ripeté schiacciando ancor più la sedia contro la scrivania, così da premergli lo sterno sul bordo del tavolo e mozzargli, dolorosamente, il fiato.

— Altrimenti? Tanto sono già morto! — digrignò Dumas.

— Altrimenti butto giù dal letto quel caro vecchietto e me li faccio dire da lui. —

— Puoi torturarlo per anni, non ti dirà niente perché non sa niente! —

— Oh sì, potrei farlo, ma dubito che resisterebbe così a lungo… e tu non vuoi andare al Trapasso con un altro innocente sulla coscienza, o sbaglio? —

Dopo un prolungato silenzio, Dumas prese la penna d'oca con la mano destra, quella che Haytham gli aveva lasciato libera perché disarmata, e la intinse nel calamaio, facendo capire di voler collaborare. Poi l'inchiostro, nero e implacabile, cominciò a rincorrersi sulla carta.

Come andiamo di fretta… constatò Haytham inarcando un sopracciglio.

— Ah, — lo interruppe il Templare facendo schioccare la lingua sul palato, — e se non dovessero essere veri, sappi che tornerò qui e ridurrò in cenere questa topaia come è successo al vostro capanno a Charlestown. —

Dumas si bloccò con la penna a mezz'aria nell'atto di avvicinarla al calamaio e una goccia d'inchiostro cadde sul tavolo.

— Consegneresti alle fiamme metà del quartiere, — obbiettò il francese, sconcertato. — Uccideresti civili innocenti! —

— Possiamo evitare che accada. —

Un altro silenzio e poi Dumas sbarrò i nomi che aveva appena redatto per stilarne di nuovi.

Haytham sorrise.

Quel sorriso che hanno i gatti quando il topo è in un vicolo cieco.

Cédric posò la penna lentamente al lato del manoscritto e appoggiò il gomito sul tavolo, stringendo il pugno così forte da far sbiancare le nocche e conficcarsi le unghie nei palmi.

— Dicevi che eravate in molti… — ridacchiò Haytham dopo aver lanciato un'occhiata da sopra la sua spalla.

— Allora attento a non fartene scappare qualcuno, — ribatté il francese con del sarcasmo sprezzante.

— Cominciamo subito. —

La lama scattò, penetrando la tenera carne tra due costole senza un suono e come fosse burro. Il sangue tardò ad uscire, ma il dolore… quello arrivò, intenso e atteso, disegnando sagome abbaglianti sul muro di fronte ai suoi occhi socchiusi nello sforzo di resistergli.

— Adesso dove scapperai, Cédric? — gli mormorò Haytham all'orecchio. — Una macelleria? Una stalla? Oppure l'Inferno? —

Con le lacrime ad annebbiargli la vista e brividi di freddo a percorrergli la spina dorsale, l'Assassino dischiuse appena le labbra per far passare l'ultimo sospiro:

— Ti aspetterò là. —

Come se avesse voluto strappargli via l'aria prima che potesse concludere quelle sue ultime parole, Haytham richiamò la lama. La testa di Dumas ricadde lentamente all'indietro, mentre il sangue colava da una gamba della sedia, e poco dopo l'Assassino vi si accasciò completamente come un fiore appassito. Il Templare gli aveva stretto per tutto il tempo una spalla, avvertendo la rigidità della morte insinuarsi nel suo corpo come un rampicante, e solo quando fu certo del completo decesso allentò gradualmente la presa e sollevò la mano con calma, come nell'atto inverso di una carezza.

Strappò dal libro la pagina su cui Dumas aveva stilato la sua lista di nomi e la ripiegò in quattro, assicurandola in fine nella tasca. Dopodiché si avviò alla finestra, ma prima di saltarvi attraverso tornò indietro a soffiare sulla candela.

 

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Note

Vi confesso di aver scritto due versioni dello stesso capitolo, e senza troppi giri di parole vi dico che in un Universo alternativo il mio Cédric Dumas non ha cercato lo scontro con Haytham, dopo aver capito che il Templare era dietro di lui, e di essersi perciò arreso senza mettere a soqquadro la stanza. Scena che invece continuava, nel suo piccolo, a supplicarmi di essere scritta. Spero che sia stata di vostro gradimento così.

Mi rendo conto, inoltre, di aver peccato di fantasia mettendo in mano ad Haytham una lista di nomi (vedi Altair) dei quali neppure io conosco la cifra esatta, pur essendo già in possesso, e vergognosamente in anticipo, dell'ultimo capitolo di questa fan fiction.

Ah, e quasi dimenticavo: i versi iniziali sono la strofa di apertura di un sonetto di Foscolo, Alla Sera. Il poeta è vissuto quasi mezzo secolo più avanti delle vicende narrate qui; ma si sa, l'arte non ha confini, anche o soprattutto temporalmente parlando.

Arrivederci!

cartaccia

   
 
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