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Autore: Sunbegantoshine    30/01/2013    2 recensioni
Quanto tempo impiegheresti per prendere una decisione?
Secondi,minuti..
E per prendere una decisione importante?
Minuti,ore,giorni..
E se da quella decisione si decidesse il destino dell'umanità?
Giorni,mesi..
Forse non la prenderesti mai!
E se dovessi prenderla immediatamente, cosa faresti?
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Una mano strisciò fuori dalla coperta di pile e,avvolta dal freddo che aleggiava in quella stanza si allungò verso il telecomando
della piccola televisione che era posta su un mobiletto. Le dita corsero al tasto per spegnerla e la luce dello schermo della
televisione che fino a quel momento mandava colori luminosi e vivi si affievolì fino a spegnersi. La piccola camera di Beatrice aveva
le pareti chiare,di un allegro color pesca a tratti tappezzate da poster e vecchie fotografie di amiche e parenti. Proprio sopra il
letto c’erano tre lettere di legno di colori stravaganti: B, E, A. Bea! Il diminuitivo più usato del suo nome. Un nome
semplice ma ricco di armonia nel suo insieme. Beatrice,un vero e proprio inno alla tranquillità e a tutto ciò che di bello c’era. Bello…
l’aggettivo era nulla se confrontato a lei: lei era di una bellezza sconvolgente. La sua figura,avvolta nelle coperte,aveva un respiro
dolce e tranquillo di chi stava facendo dei sogni bellissimi. I suoi capelli neri si spargevano sul candido cuscino bianco e le sue
labbra rosee e ben disegnate erano quasi incurvate in un sorriso. Bea era una ragazza così allegra che anche mentre dormiva
sorrideva e sprigionava gioia attorno a sé anche semplicemente essendoci. La sua sola presenza,insomma,era terapeutica per
ogni forma di tristezza. 
Tra sogni e bei ricordi la notte passò veloce e l’alba non si fece attendere. La sveglia di color giallo limone posta sul comodino
trillò un paio di volte prima che la ragazza si decidesse ad allungare un braccio e farla tacere. Il silenzio si impadronì della stanza
che ora era illuminata dalla luce del giorno che la finestra accanto alla scrivania lasciava trasparire. L’arredamento ora,sotto la luce
del giorno,era molto più chiaro: la camera non era molto piccola,ma non si poteva di certo definire come “grande”. Un letto tondo,
coperto con lenzuola color fragola padroneggiava nel lato destro della stanza,proprio sotto alla finestra che,senza tendine,lasciava
passare la luce solare. A sinistra,tra le due porte della cabina armadio,una libreria da cui quasi cadevano libri e quaderni di appunti.
Bea amava leggere,la trasportava in un mondo fantastico.. Anzi,a volte ci si trasportava da sola,proprio come quando la sveglia
suonava e suonava,lei la faceva tacere e si riassopiva come se non fosse successo nulla e i minuti scorrevano. E scorrevano. 
-Bea!- strillò la madre facendo sussultare la ragazza nel letto che,a fatica, aprì gli occhi color smeraldo e li puntò sulla sveglia. Erano
quasi le sette e mezza. Si stiracchiò un paio di volte lasciando che le sue ossa facessero qualche rumore e si alzò di malavoglia dal
letto. Si infilò le pantofole di Hallo Spank! E si trascinò nella stanza fino ad arrivare alla porta della prima cabina armadio. Sentì un rumore
e di scatto si girò sbattendo la gamba contro la scrivania che si trovava tra la finestra e la porta della cabina armadio. Trattenne un’imprecazione e si infilò nella cabina, entrando quindi nel suo mondo. Studiò abito per abito e quasi si perse fra le migliaia di
jeans e felpe che possedeva. -Bea!- urlò la madre ancora una volta -Beatrice, diamine sono quasi le otto! Questa volta non firmo
nessuna giustifica se fai tardi!- la minacciò la madre, dimenticando, molto probabilmente, che data la maggiore età di Bea,la ragazza
avrebbe potuto firmarla da sola la giustifica. Nonostante questo, afferrò un jeans blue denim e una T-shirt grigia e li indossò in fretta
e furia. Scese le scale allacciando le sue Converse viola e tentando,a fatica, non rotolare fino al piano di sotto. Fortunatamente arrivò
in cucina tutta intera: sua madre stava voltando l’angolo e accelerava quanto più poteva. Era, come tutte le mattine, una lotta contro il
tempo per arrivare a lavoro in orario e quindi non dover fare straordinari nel pomeriggio. 
Era il quattro Aprile, faceva abbastanza caldo e mancavano quasi due settimane al ritorno in patria del signor Angelichi,il padre di
Bea. Era partito ormai cinque mesi e mezzo prima e la sua mancanza si faceva sentire sempre di più. Beatrice sospirò, il pensiero
di suo padre lì in Iraq tra le bombe e gli attacchi nemici la affliggeva; afferrò un donut al cioccolato e uscì di casa. Mise in moto la sua
Impala e si avviò verso casa di Allison. Le strade di Viterbo alle otto del mattino erano lugubri,anche i monumenti erano tristi e scuri.
Frenò dolcemente proprio davanti al portone da cui la sua amica stava uscendo. -Forza Alis! Sali!- la incoraggiò vedendo che la
ragazza dai capelli biondi e gli occhi celesti era rimasta ferma lì,con il portone chiuso alle spalle, e controllava il contenuto della sua
borsa. La ragazza alla guida dell’auto scese velocemente lasciando che i lunghi capelli neri raccolti in un’alta coda di
cavallo le ondeggiassero sulle spalle, afferrò l’amica per un braccio e la costrinse ad entrare nell’auto. Alis riuscì a dire solo sottile
e flebile “Hey” di rimprovero, che la sua amica (alta circa la metà di lei) riuscì a scaraventarla in auto. -Che modi sono questi Bea?!-
disse scioccata e divertita allo stesso tempo. -E’ il modo per arrivare in orario!- rispose risoluta e tranquilla la ragazza accelerando
-Ma se siamo in ritardo di soli cinque minuti?!- provò a consolarla la ragazza dai capelli ricci e biondi seduta al posto del passeggero.
Bea la gelò con lo sguardo -Solo?!- strillò -SOLO?! Siamo in ritardo di SOLI cinque minuti ma siamo anche SOLO a metà strada!-
sbottò la mora. Bea aveva davvero molta pazienza, ma quando le cose non andavano nel verso giusto la perdeva tutta, fino
all’ultimo milligrammo. Non mandarono avanti quella discussione, sapevano entrambe che se avessero continuato sarebbe andata
a finire male. Girò un paio di volte a destra e un altro paio a sinistra finchè non si trovò su un rettilineo e finalmente potè accelerare
un po’ di più. Per quelle strade passavano spesso molti animali randagi e perciò Bea si concentrò per mantenere sempre lo sguardo
sulla strada, e fu proprio per questo che rimase sorpresa, ma davvero molto sorpresa, quando un ragazzo con dei jeans,una felpa
nera ed il cappuccio che gli copriva il volto attraversò la strada proprio sotto i suoi occhi. Bea frenò appena in tempo e perciò non lo
travolse ma il ragazzo voltò lo sguardo,la guardò dritta negli occhi. Un brivido le corse lungo la schiena. I suoi occhi erano di
ghiaccio,la congelarono. Il ragazzo sparì dietro una casa diroccata. Il respiro della ragazza aumentò di velocità,non riusciva a calmarlo.
Da dove era uscito? E perché il suo sguardo l’aveva pietrificata?
   
 
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