Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Honey Tiger    31/01/2013    19 recensioni
Notizia del giorno.
“Ci troviamo nel centro di Londra, dove la figlia del miliardario Steven Light, è stata coinvolta in un incidente. Al momento, sappiamo solo che Krystal Light, è stata miracolosamente salvata da un misterioso passante di cui non abbiamo tracce, e subito dopo i dottori l’hanno ricoverata d'urgenza. Alcuni testimoni hanno affermato che la ragazza abbia sbattuto violentemente la testa e che sia svenuta. Per il momento è tutto, vi terremo aggiornati appena avremmo delle notizie.”
La seguente notizia fece il giro di Londra mentre la piccola Krystal continuava a dormire nel bianco letto d’ospedale e quando, finalmente decise di riapre gli occhi, tutto cambiò.
Niente fu come prima. Non ci fu più niente che per lei aveva significato se non il viso di un ragazzo. Gli occhi verdi come il prato di prima mattina e un sorriso da togliere il fiato anche ad una regina.
Scoprirà Krystal di chi sono quei occhi che sogna ripetutamente durante la notte? Saprà accettare il futuro che l’aspetta? E se il passato non la volesse lasciar andare?
Cosa farà la piccola Krystal quando verrà a sapere della tragica verità? Andrà avanti o si fermerà per sempre?
Scoprite voi stessi!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
>
Licenza Creative Commons

Quest'opera "Tmoth - The memory of the heart" scritta da "Krystal Darlend"
                  
                                è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Unported.                                                                     


                                                                                   
 


 

2 - Tu eri la vita in persona

14 Luglio
Londra
Guy's Hospital

[Capitolo betato da:  MissNoWayItAllGo ]


                  Sono passati esattamente quattordici giorni da quando mi sono svegliata dal coma e ho ricominciato a vivere. Questa volta, però, non ho alcun ricordo felice o doloroso del mio passato.
Sono vuota, completamente e stramaledettamente sola.
Nessun volto ha qualcosa di familiare, nessuna voce riesce a riportarmi indietro nel tempo, nel mio passato ormai cancellato. Non rammento assolutamente nulla, neanche il volto di mia madre, la donna che mi ha donato la vita.
Grazie ai giornali sono venuta a conoscenza del mio incidente. È avvenuto il quindici maggio e, visto che ho dormito per oltre un mese, non sapevo che non mi ero procurata nessuna ferita, neanche una goccia di sangue è uscita dal mio corpo. Senza contare poi, un virus che entra nel sistema? Mah, io sento puzza di bruciato, secondo me quello stupido autista non ha visto il rosso e mi è venuto addosso.
Ma come ho fatto a sopravvivere? Chi è stato a salvarmi?
L’unica cosa che continua a frullarmi nella testa è un colore: il verde. Ogni qualvolta che chiudo gli occhi e che sforzo la mente, visualizzo ovunque il verde smeraldo, come se fosse importante.
Perché ho dimenticato tutto?

Scarabocchio queste frasi sui fogli bianchi che il dottore si è preoccupato di fornirmi per appuntare le cose importanti che mi sarebbero potute venire in mente. Peccato che non sia successo niente di tutto quello che aveva predetto: «Piano piano, con i giorni, ritornerà. Vedrai che ricorderai tutto.»
I raggi solari, anche se deboli a causa delle nubi, illuminano la stanza semivuota. La vista dal nono piano dell’ospedale è meravigliosa, posso esaminare anche il più piccolo dettaglio del London Eye, la ruota panoramica di Londra, stando seduta sul davanzale della finestra.
I dottori sono tutti stupidi, mai che se ne trovasse uno capace di lavorare degnamente.
Nessuno è riuscito a spiegarmi in che modo mi sia procurata un trauma cranico, anche se avessi sbattuto la testa non avrei dovuto avere tutti questi problemi, eppure l'unica risposta che ho ottenuto fino adesso è: non ricorda niente perché il cervello si rifiuta di lavorare, deve esserle successo qualcosa di brutto, qualche evento che l'ha sconvolta talmente tanto che ora la mente nega quel dolore, e con esso anche i ricordi.
Ora come ora l’unica cosa che mi resta da fare è ripartire da zero.
Cosa sarà successo di cosi grave? Quel è il dolore che non intendo più provare?

«Avanti» rispondo non appena qualcuno bussa alla porta. In fretta accartoccio i fogli e li nascondo dietro la schiena per evitare che qualcuno li veda. Non mi piace l’idea di mostrare i miei pensieri agli estranei, ormai non conosco nessuno, neppure me stessa.
«Krystal, tesoro mio, come mai non sei a letto?» Mi domanda mia madre con un tono gentile, quasi preoccupato. Non mi ha mai abbandonato, è rimasta accanto a me per tutto il tempo necessario. Andava a casa soltanto quando ero nel mondo degli sogni, poi tornava prima che cominciassi a chiedere di lei.
Amber è l’unica donna di cui riesco a fidarmi, con la sola voce mi infonde serenità e tranquillità, per non parlare dell’amore materno che mi dona, ma dai suoi occhi percepisco che mi sta nascondendo qualcosa.
«Osservo la città mezza addormentata.» rispondo con un sorriso prima di riportare lo sguardo sulla ruota panoramica.
«Tesoro, so che aspetti questo momento da tanto tempo e che non vedi l’ora di uscire da questo posto. I dottori ti rilasceranno questo pomeriggio, ma a causa di un impegno importante non posso restare, a quanto sembra è stato fatto un casino con un cliente e non si può risolvere nulla senza il mio aiuto. Se non vuoi restare sola ti vengo a prendere stasera, altrimenti posso chiamare qualcuno che vanga al posto mio e poi…»
«Va benissimo, la macchina è più che sufficiente. Tranquilla, ho quasi ventidue anni, senza ricordi, vero, ma sono pur sempre un’adulta e saprò arrivare a casa tutta intera.» le dico tranquillamente, quasi scherzando. «Allora ti manderò una macchina. Mi dispiace tesoro, ma devo proprio scappare.» Mi saluta dandomi un bacio sulla guancia.
Di nuovo sola in questa terribile stanza d’ospedale.
Perché continuo a percepire che Amber mi nasconde qualcosa? Perché non sono in grado di chiamarla mamma ad alta voce? Sembra strano, ma mi sento a disagio a usare quel nomignolo.
Durante la settimana, stufa di stare senza far nulla, mi sono introdotta nell’aula dei computer, quelli che solitamente vengono usati dai dottori per compilare le cartelle. Ho avuto modo di fare una ricerca riguardo la mia famiglia poiché non riuscivo a comprendere il motivo per il quale ero comparsa su diversi giornali.
La famiglia Light è da oltre cent'anni responsabile della Light company. Chissà chi ha avuto tutta questa fantasia per il nome.
Sembra che Steven sia l'ultimo dirigente, quindi dovrebbe essere mio padre, ma a causa dell'arrivo di un'infermiera impicciona non ho avuto tempo di guardare le foto. Che rottura.
Sembra che anch'io sia abbastanza conosciuta, almeno lo sono diventata dopo l'incidente.
Che cosa significa questo? Perché prima di allora ero una sconosciuta?
Diverse ragazze dell’università sono venute a trovarmi sostenendo di essere mie amiche. A quanto pare frequento l'università più prestigiosa d'Inghilterra e seguo i corsi di giurisprudenza, e come se non bastasse, sono anche una studentessa modello alla quale mancano tre esami alla laurea. In due anni sono riuscita a completare gli studi che solitamente richiedono cinque anni, di conseguenza penso di essere davvero un genio, ma la domanda che ora continuo a pormi è: come farò a laurearmi se non conosco neanche il volto dei miei genitori? Senza contare che uno di questi non si è mai fatto sentire né vedere.

«E’ arrivata l’ora di fare i bagagli!» Sussurro mentre ripongo i fogli dentro la valigia e mi preparo ad assaporare la libertà.


«Mi raccomando, non si dimentichi che una volta a settimana deve ritornare per fare i controlli.» Mi ricorda il dottore baffuto non appena mi avvio verso l'uscita.
«Si, va bene.» rispondo con un finto sorriso sulle labbra e lo saluto con la mano.
Londra è conosciuta come una città piovosa, ma, avuto tutto quel tempo a disposizione e nessun divertimento, ho letto tantissime riviste nelle quali spiegavano che la mia città riceve meno precipitazioni in un anno di Roma, la capitale d'Italia. Non appena esco fuori, il caldo afoso mi investe in pieno. "Non poteva piovere anche oggi?"
Respiro a pieni polmoni l'aria fresca anche se, con l'umidità e la polvere delle macchine, non si può definire tale. L'area circostante è circondata da case e macchine che circolano ad alta velocità, poi c'è la vista fenomenale della ruota panoramica, ma vista dal basso non ha lo stesso fascino.
«E adesso chi devo aspettare?» mi domando ad alta voce quando poso lo sguardo su un ragazzo che mi saluta cordialmente con la mano e mi fa cenno di avvicinarmi. "Che vuole adesso?", nonostante non so chi sia mi avvicino a lui, anche perchè solo adesso ho notato che si trova vicino ad una piccola limousine sul cui lato destro, a caratteri cubitali, c'è scritto: Light.
«Bentornata signorina Krystal. E' un piacere rivederla.» mi saluta tutto sorridente. Deve essere più grande di me, forse abbiamo tre o quattro anni di differenza. Occhi marroni, ma che ispirano gentilezza, capelli castani tagliati corti e pelle chiara. Il ragazzo è davvero carino, lo devo ammettere.
«Tu devi essere, mmm ... , scusa non so chi tu sia.» Sorrido alquanto imbarazzata mentre lui mi apre la portiera.
«Il mio nome è Jonathan.» Risponde alla mia domanda muta mente salgo dentro la limousine.
Piano la macchina parte, cosi nel frattempo il panorama comincia a cambiare. «Senti, ti posso fare qualche domanda?» chiedo a Jonathan. Non mi risponde, ma riesco a vedere che mi osserva dallo specchietto retrovisore e annuisce.
«Prima di questo incidente parlavo spesso con te?» domando sperando in una risposta positiva che arriva: «Sì, signorina Krystal.» Sembra che tutta questa situazione lo diverta, chissà perché?
«Odio essere chiamata signorina, mi dà sui nervi!» Sbotto all'improvviso e sento una risata partire dalle sue labbra; ha gli occhi fissi sulla strada, ma non mi sento per nulla imbarazzata.
«Lo so bene Krys, e so anche che vorresti un gelato in questo momento. » Non ci posso credere, mi ha letto nel pensiero, come diavolo ha fatto?
«Caz..» non finisco neanche la frase che quello mi riprende: «Niente parolacce quando sei con me!» dice, poi continua a parlare, «Prima di quell'incidente trascorrevamo tantissimo tempo insieme, anche se, senza offesa, eri una vera rompipalle. Certe volte, in piena notte, mi obbligavi a portarti sulla collina.» Rimango a fissarlo per diversi secondi, forse minuti, non riesco a quantificare il tempo che passa, accanto a lui mi sento bene, libera, me stessa. Ed è proprio per questo motivo che voglio scoprire più cose del mio passato, di me stessa, anche se in parte ho paura di scoprire il motivo per il quale ho perso la memoria. Continuo a credere che la mia testa abbia deciso di proteggermi, di evitarmi inutili sofferenze, sarà davvero cosi?
«Mi fermo qui da Nardulli che fanno il tuo gelato preferito. Faccio in fretta. » mi avvisa prima di sparire dalla mia visuale.
"Cosa succederà adesso? Come farò ad andare avanti?" Mi domando mentre osservo la via in cui ci troviamo. Non è una di quelle parti della città di alta classe come credevo, anzi è una via semplice, in fondo la strada si vede anche il contenitore della spazzatura.
Abbasso il finestrino per rinfrescarmi quando un dolce profumo che circola nell'aria fa brontolare il mio stomaco. «Che buon odore..» Sorrido e penso: "da quand'è che ho cominciato a parlare con me stessa?"
«I'm through will wish the things with you and me could be so good. Time to wake up or no make ups got make me fool. Too much history now it comes down to what things. So alone, baby I'm gone, you can leave a message for me after the tone» suona la canzone mentre prendo il cellulare dalla borsetta e senza guardare il numero o il nome: tanto è inutile visto che non saprei comunque chi sia.
Rispondo tranquilla. «Pronto?»
«Krystal, amore mio, mi ha chiamato tuo padre e mi ha detto dell'incidente. Stai bene?» Mi domanda un ragazzo dall'altro lato della comunicazione.
"Che cosa vuole questo?" Il tempo sembra fermarsi, le domande si accumulano mentre la testa sta cominciando a chiedere pietà per il dolore che si sta risvegliando. "Perché mi ha chiamata amore, sono per caso fidanzata?" Domando al mio riflesso, come se potesse darmi una risposta.
«Tu chi sei?» Chiedo, mentre apro la portiera a Jonathan visto che le sue mani sono occupate da tre buste piene di qualcosa. Facendo ciò, senza rendermene conto, chiudo la chiamata.
«Grazie, adesso possiamo avviarci.»
«Una domanda, sono per caso fidanzata?»
Esamino attentamente la sua espressione. Non appena ho pronunciato la parola 'fidanzato' lui si è accigliato e, quindi, senza farmi troppi problemi, gli domando: «C'è qualcosa che non vuoi dirmi?»
«Il fatto è che non posso spiegarti questa situazione, non sono sicuro che tu riesca a capire, è troppo presto per svelarti tutto.» Annuncia, cercando di chiudere l'argomento così com'era nato.
«Che cosa mi nascondi?»
Il resto del tragitto in direzione del luogo misterioso lo passiamo in silenzio. Io ho la testa altrove, cerco di capire come ho fatto a dimenticare la persona che amavo.
«Siamo arrivati!» mi avvisa e, comportandosi da gentiluomo, mi apre lo sportello della macchina. Appena sono fuori rimango senza fiato.
Jonathan aveva ragione, questo posto è stupendo e, conoscendomi anche solo un po', sono sicura di avergli davvero chiesto di accompagnarmi qui a notte tarda.
La collina è piena di fiori d'estate e la vista è senza dubbio la più bella che io abbia mai visto, chissà come sarà di notte. «Vieni, forza!» Mi indica la coperta che ha sistemato a terra e i pacchetti pieni di dolci di qualsiasi genere.
«In vent'anni non sei mai riuscita a tenerti lontano da tutto questo.» Indica il cibo più buono che esista in questo mondo.
«Hai proprio ragione, non saprei dire di no. » Mi accomodo e inizio a mangiare le dolci gelatine. «Sono deliziose, come facevi a sapere che mi sarebbero piaciute?»
«Te l'avevo detto, abbiamo passato tanto tempo insieme. Conosco molte cose di te e quello che ti riguarda» mi confida con un dolce sorriso prima di iniziare a mangiare e guardare in silenzio il panorama.
«Quando ho saputo dell'incidente non riuscivo a credere che fossi entrata in coma, non riuscivo a realizzarlo, mi rifiutavo. Sai che ho passato il mese più brutto della mia vita?» parla con lo sguardo fisso altrove, non riesco a capire dove vuole arrivare, che cosa intende dire. «Poi ti sei risvegliata e ho saputo che avevi perso la memoria e che non ricordavi assolutamente nulla. Da una parte mi sono sentito sollevato, dall'altra non potevo credere che ti fossi dimenticato di lui e di me, insomma di noi.» Continua con gli occhi lucidi. Sembra disperato, quasi ferito. «Non riesco a capire, dove vuoi arrivare?»
«Prima dell'incidente, prima del marmocchio, eravamo te, Lucas ed io. Eravamo inseparabili, unici, come a noi piaceva definirci. Poi è arrivato Josh e ti ha portata via. Ti ha proibito di vederci e tu l'hai ascoltato. Ti sei fatta prigioniera con le tue stesse mani, proprio tu che odiavi essere sottomessa, che amavi la libertà e la pazzia, che amavi la vita notturna.» Le ultime parole non furono detto con la voce tranquilla, ma quasi accusatoria. «Dove vuoi arrivare? Che stai dicendo?» Mi sto innervosendo, non riesco a capire che cosa voglia dire, che cosa sta cercando di ottenere con queste parole?
«Sto dicendo che Josh, il tuo ragazzo che hai dimenticato, in tre anni che è stato con te non ha fatto nulla per meritarti! Ti ha rinchiusa dentro casa e ti ha sfruttata» mentre parla le mie palpebre si appesantiscono.
Chi è lui per dirmi questo? Devo credergli? E Josh è veramente il mostro che lui mi sta disegnando?



                                                      

 

   
 
Leggi le 19 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Honey Tiger