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Autore: PJ_    01/02/2013    1 recensioni
"Ci incontriamo ancora.."
"Non ti ho mai dimenticato bambina"
"Credo di pensarla diversamente Saul.."
"Mi sei mancata"
"Anche tu, non sai quanto"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sam aprì gli occhi, risvegliandosi su un divano sporco e vecchio.
Vi era un forte odore di nicotina e frittelle di mele con sciroppo d’acero. Scostò dal viso le quattro diverse coperte che aveva addosso, alzando il voltò alla ricerca di una fonte di luce.
Un rumore di coccio che s’infrange le arrivò alle orecchie, qualcosa di molto simile ad una bestemmia ed infine una voce mimò il riff di Rocket Queen. Sam si stiracchiò e si alzò, il pavimento gelato sotto le piante dei piedi. Storse il naso per il freddo, afferrò il maglione poggiato ai piedi del divano e lo indossò, dirigendosi in cucina.
Passando davanti ad una specchiera rigata si accorse delle tremende occhiaie che la facevano sembrare un giovane panda spaurito.
Quella notte aveva dormito solo poche ore, addormentandosi solo dopo moltissime lacrime versate.
“Hey bambina!” la chiamò una voce ormai familiare.
Duff l’abbracciò con trasporto, stringendola a sé.
“Come stai?” le sussurrò, porgendole una tazza di caffè.
“Sono stata meglio, ma… Grazie piccolo”, gli posò i polpastrelli leggeri sulla guancia sbarbata.
“Ti ho sentita piangere stanotte.”
Sam annuì lentamente, bevendo il caffè che stringeva fra le mani.
“Cucini?” chiese retorica, indicando le sfrigolanti frittelline nell’olio bollente.
Il giovane sorrise radioso, servendo le frittelle su un piatto, tanto zucchero a velo e sciroppo d’acero per decoro e contorno.
La ragazza spilluzzicò una frittella, provocando occhiate nervose del bassista. “Non ti piacciono, Sammy?”
“Duff, non ho fame. Devo tornare all’ospedale. Da loro.” Non avrebbe voluto ferirlo, probabilmente lo fece.
“Scusami” borbottò poi, abbracciandolo alle spalle.
“Se ne mangi un’altra, poi ti ci porto. Giuro.”
“Duff?” chiese lei poi, chiamandolo a mezza voce.
Il biondo alzò un sopracciglio, timido. “Perché mi hai potato a casa tua? Perché non siamo andati in hotel?”
“L’hotel è troppo pieno di Slash e Axl piccola. Solo qui avresti riposato almeno un po’. Mangia, adesso.”
 
 
Poche ore dopo le narici dei due amici erano colme dell’odore del disinfettante e dell’alcool, quello puro.
Una stana mescolanza di brodini, latte e biscotti veniva servita nel reparto che stavano attraversando.
“Bimba, ci siamo persi!” sentenziò ridendo il bassista.
Sam scosse il capo, caparbia. “No, Duff. Dobbiamo solo trovare qualcuno…”
Si avvicinarono ad un’infermiera che tentava di convincere un anziano signore a far colazione.
“Scusi –prese fiato la Sam- dove possiamo chiedere informazioni per trovare alcuni nostri amici?”
La donna si grattò il capo, pensierosa. “Tu –indicò Duff-, eri qui ieri con altri ragazzi, vero? Vi ho accolti io.”
Duff annuì, illuminato. “Tenendo conto che, per il momento, non potreste entrare, essendo semplici amici, posso fare un’eccezione. Terzo pano.”
 
Il tragitto in ascensore sembrò eterno, il cuore di Sam esplodeva dentro di lei, un tamburo impazzito.
Spinse la porta della stanza dove Saul e William dormivano, paciosi.
Izzy si alzò. Era seduto su una sedia difronte ad Axl, leggeva una rivista di cucina araba. “Ciao, ragazzi” bisbigliò vedendoli entrare.
Sam lo abbracciò forte, sorridendogli, gli occhi già colmi di lacrime.
“Faccio due passi, ok? A dopo…” detto ciò il chitarrista batté una pacca sul chiodo di Duff ed uscì, silenzioso.
Sam si sedette, prendendo la sedia prima occupata da Izzy e portandola fra i due letti. Si accovacciò, estraendo dalla borsa un romanzo noir che aveva da poco incominciato.
Duff nel frattempo controllò che i due amici avessero tutto ciò di cui avrebbero potuto necessitare durante la loro permanenza.
Al momento le loro condizioni erano critiche, stabili ma critiche.
Un giovane medico entrò una mezz’ora dopo circa, una cartella in mano ed un gran sorriso sul volto.
“Salve!” esclamò, “Voi non siete i parenti di… Saul Hudson e William Rose, vero?”
Sam scosse la testa riccia, “Siamo le uniche persone che hanno, in ogni caso.”
L’uomo picchiettò il dito sul sacchetto della flebo, “Bene, dovremmo parlare allora.”
Duff annuì, cingendo il fianco di Sam con un braccio poderoso.
Il medico riprese a parlare, lentamente: “Voi siete a conoscenza, immagino, della legge che vieta –in questo stato- l’uso di sostanze stupefacenti?”
I due giovani deglutirono rumorosamente, annuendo.
“Io non sono un prete, non vi farò la predica – né una spia. Fingerò di non aver notato i buchi anche nelle sue braccia”, ammiccò verso Duff, uno sguardo severo ed eloquente.
“Sappiamo bene, sia io che i miei collaboratori, cosa ho portato qui i vostri due amici.” Posò una mano sulla spalliera del letto di Slash, storcendo il naso pensieroso.
Picchiettò nuovamente le unghie sulla flebo di Axl, sospirando.
“Le loro condizioni sono precarie. Avranno bisogno di qualcuno che potrà star loro vicino. E una pausa dai concerti.”
All’occhiata strabiliata di Duff sorrise, “Sì, siete davvero forti come band, complimenti.”
Uscì dalla porta, misterioso e allusivo.
“Ci denuncerà?” chiese Duff, allarmato.
Sam scosse il capo, sollevata. “Credo sia il momento di una disintossicazione di gruppo, care rockstar.”
“Prima vediamo se questi due ci lasciano le penne o no!” sogghignò Duff, ricevendo un bel pugno fra le costole dalla giovane.



Un abbraccio al mio bimbo rasta, a tutte le ragazze che leggono e alle pulzelle che recensiscono. GRAZIE! PJ_
  
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