Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Horrorealumna    02/02/2013    2 recensioni
Sussulto, ma lei mi tiene l’indice affusolato premuto sulle mie labbra, intimandomi quindi il silenzio.
Non riesco a definirne i lineamenti, nell’ombra della notte, ma i suoi occhi sono vivi e quasi luminosi. Non hanno più il bel colore azzurro che li caratterizza: sono scarlatti, rossi come il sangue.
Involontariamente sento il mio corpo tremare.
Paura.
Timore.
Posa lo sguardo sul medaglione d’argento per un secondo, poi sussurra:
- Zitta. Resta zitta e non fiatare. Muoviti il più lentamente possibile.
Rimango immobile come ha detto.
- Non muovere gli occhi - mi rimprovera - Chiudili. Ci osserva...
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic


Nella Tana Del Lupo

- Brucia! - sibilo irritata puntellandomi coi gomiti sul morbido sedile posteriore, mentre la macchina corre a tutta velocità sull’asfalto.
- Cerca di resistere - dice Marisol - Rowhilton è vicina.
- Non riesci a togliermelo!? - esclamo verso Jason che esitante cerca, forse, di capire come estrarmi il pezzo di vetro senza dissanguarmi la gamba.
- E’ troppo buio! - grida esasperato - E se non ci riesco?!
- Ancora un po’! - ripete sua sorella stringendo i denti e accelerando ancora di più.
La puzza di sangue si fa insopportabile, ma per fortuna i finestrini sono tutti spalancati e la brezza notturna, unita alla spaventosa accelerazione del veicolo, mi mantengono sveglissima. Il dolore al polpaccio sembra diminuire un poco quando Jason mi asciuga il sangue; si sporca le mani, ma sembra non importagli.
Vedo casa mia dopo un pezzo... un’eternità, passata a imbrattare di rosso il sedile posteriore della macchina. Finalmente Marisol può accostare. Si scompiglia i capelli con strani gesti violenti e spegne il motore.
Suo fratello è già sceso e corre al mio fianco, ad aprirmi la portiera e ad aiutarmi a stare in piedi. Sembra che la ferita sia peggiorata, e di parecchio: alla luce dei lampioni, vedo che sulla gamba ho una strana macchia nera e rossa, che ancora sanguina.
- Ce la fai a camminare? - mi chiede lui.
Provo a fare un passo, ma sembra di avere la gamba chiusa in una morsa incandescente; se ne accorge subito e, senza che gli dica una parola, mi prende in braccio. Metto il braccio attorno alla sua spalla e dondolo, ad ogni suo passo nel vialetto di casa.
Mi volto indietro in cerca di Marisol, e la vedo ancora in macchina, col naso fuori dai finestrini. Forse è meglio che i miei genitori non la vedano, in effetti; loro credevano che Lucy mi avesse portato alla festa... quindi presentare loro i due strani gemelli e la mia gamba ferita era troppo per una sera. La sera del mio compleanno.
- Ho le chiavi, ho le chiavi - sussurro al “cavaliere” frugando la piccola borsetta al mio fianco... per scoprire che l’oggetto sembra sparito.
- Che c’è? - chiede lui.
- Ho... ho perso le chiavi! - esclamo guardandolo storto - Devo averle perse durante l’incidente nell’ingresso. Le avevo!
- Le troveremo dopo - taglia corto; mi mette in piedi, sempre sorretta dalle sue calde braccia illese mentre con la mano sinistra bussa forte alla porta.
- Mamma! Papà! - chiamo.
Silenzio.
Casa sembra deserta. Le luci sono tutte spente, ma i miei non potevano essere andati a letto senza prima avere mie notizie.
Marisol grida dalla macchina, dietro di noi:
- Qual è adesso il problema?!
Jason si volta scocciato e le spiega la situazione:
- Sembra che i suoi genitori non siano in casa!
- Forse stanno dormendo e non ci sentono - sparo, aspettando una loro risposta... che non arriva.
Piuttosto la bella gemella esce dalla macchina e a grandi balzi arriva al nostro fianco, si schiarisce la melodiosa voce e con una forza sovrumana batte sulla porta d’ingresso col pugno. La forza dei suoi colpi è un qualcosa di strano e straordinario allo stesso tempo: mi era sembrato di aver sentito i muri tremare.
- Se non ci hanno sentiti adesso... - sussurrò Jason sarcastico.
Ancora vuoto e silenzio.
- Evidentemente non ci sono - constato scoraggiata. E ora? E cosa ci facevano i miei genitori fuori a quest’ora.
- Salite in macchina! - sbotta la ragazza nervosa.
 
Ritorno a sedermi sul sedile macchiato; ora il dolore è un qualcosa d’atroce. Ma non conoscevano dei trucchi di pronto soccorso?!
- Andiamo a casa nostra. Lì abbiamo il necessario per... aiutarti - mi sussurrò Jason.
E dopo pochissimi istanti mi rividi portare ancora in braccio per un altro vialetto, verso casa dei gemelli. Non ci ero mai stata, naturalmente, ma sapevo che abitavano da quelle parti. Era un casa semplice e moderna, simile alla mia ma molto più grande.
Il giardino, però, era poco curato, lasciato quasi a sé stesso.
Marisol, stavolta, dovette rialzare i vetri dei finestrini e lasciare l’automobile. Ci accompagnò, leggiadra come sempre, e aprì la porta.
 
Era un’ambiente davvero molto illuminato. Il piccolo ingresso, dalle pareti candide, era pieno di mobili e scaffali stracolmi di centinai di libri. Una strana maschera esotica era appesa davanti a me, e mi rivolgeva uno sguardo minaccioso. Alla nostra destra un’enorme scalinata conduceva alle stanze da letto; continuando dritti, noi invece, arrivammo in un piccolo e grazioso soggiorno.
Era tutto così luminoso.
- Mamma starà dormendo - riflette ad alta voce Marisol, precipitandosi su per le scale.
Jason, intanto, mi trasporta e mi adagia su un morbido divanetto. Lo guardo riconoscente. Ha fatto così tanto per me, ha fatto tutto. E non potevo desiderare un amico migliore.
- Aspettami - mi dice lasciandomi la mano - Torno tra un secondo.
Si avvia lontano dalla mia vista.
Adagio la testa e chiudo gli occhi, stanca e dolorante.
 
Anche se la casa era decisamente accogliente e bella, c’era qualcosa che non mi convinceva. Anche il mio stomaco e il mio naso erano d’accordo. Non senti nessun odore. Mi aspettavo qualcosa. Ma forse era la febbre o la ferita e farmi ragionare così.
 
Marisol e sua madre anticipano Jason.
La signora, la loro mamma, è... strana. Proprio come ricordavo.
Una donna dall’aspetto smunto, con la pelle pallida intervallata da strane chiazze nere. I grandi occhi assonnati sono azzurri e lucidissimi; i capelli castani, ricci, e le arrivano fino al sedere. Veste un abito da notte color panna.
Non portava la fede.
La gemella le indica me. Cerco di mettermi seduta, per precipitare rovinosamente ancora nei morbidi cuscini bordeaux. Mi afferro la gamba ferita tra le mani e le sorrido timida e debole.
E i suoi grandi occhi chiari si illuminano quando vede cosa porto al collo.
Il suo ciondolo.
- Tu devi essere Elle - mi dice dolcemente.
La sua voce è un suono sconosciuto. Non ho mai sentito una frase detta così! Così melodiosa. Sembrava avesse appena cantato quelle quattro inutili parole. Anche le più brutte parole, con la sua voce, sarebbero diventate dolci come il miele.
Marisol mi sorride incoraggiante. Jason torna in quell’istante con delle bende in mano e, appena scorge sua madre, le salta accanto... e l’abbraccia.
E’ una scena che mi lascia senza fiato. Li vedo... e mi sento così vicina. E così inadeguata con il medaglione d’argento al collo.
Quando la stretta si scioglie lentamente, la donna si fa vicina a me. E’ così diversa dai figli, tranne per gli occhi, ma è così bella... anche se pallidissima e magrissima.
Posa una mano sul mio fianco e continuando a sorridermi mi parla ancora:
- Ti piace quel ciondolo?
Annuisco piano, ricambiando il sorriso meglio che posso.
- Mi chiamo Alicia - continua, i suoi occhi nei miei - Sei la bambina del parco.
Non è una domanda.
E lei sa.
Annuisco ancora, mentre sento i gemelli farmi qualcosa alla gamba ferita.
- Di tanti anni fa - sussurro piano.
Sono incantata dal suo sguardo. E’ una calamita.
Sento di conoscerla da sempre, anche se non è così. E mi sento bene al suo fianco...
Mi sfiora il mento con la fredda mano:
- Cos’è successo? Alla festa?
- C’è stato un incidente. Credo siano anche morte delle persone.
Ridacchia nervosa, proprio come suo figlio:
- No - riprende - So dell’incidente. Intendevo... ti sei divertita?
Annuisco ancora:
- Ringrazi Jason e Marisol. Senza di loro forse non sarei qui...
Non ho la più pallida idea di come quelle parole possano essere uscite dalla mia bocca. Mi sento stordita. Ho fame e sonno. Voglio...
La testa mi ricade sui morbido divano. Mi sento fluttuare, però.
- Sì - sussurra Alicia - Sei proprio la bambina di tanti anni fa.
Chiudo gli occhi. Non ce la faccio. Non più.
Rivedo Jason e Marisol chini sulla ferita.
Sento la donna sussurrarmi qualcosa... qualcosa di bianco... qualcosa riguardante il bianco...
Prima di addormentarmi nel nero dei miei pensieri.
 
Quando apro gli occhi il sole filtra da una finestra direttamente sul mio petto. Indosso ancora il vestito.
Il medaglione luccica e proietta mille arcobaleni sul soffitto.
- Buongiorno!
Un volto e una voce familiare sono accanto a me. Metto a fuoco Jason, con una tazza gialla in mano, con gli occhi celesti fissi su di me. Anche Marisol è qua.
Ha gli occhi gonfi e si trova vicino alla cucina. Non mi guarda.
- Casa! - sussurro sconcertata.
 

 
ANGOLO AUTRICE:
E sono ancora qui! : )
Fatemi sapere che ne pensate con una recensione. Grazie a tutti quelli che seguono e recensiscono. Come sempre, al prossimo capitolo!
Ciau ciau :D
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Horrorealumna