Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses
Segui la storia  |       
Autore: La neve di aprile    24/08/2007    2 recensioni
Ricordo la prima volta che ti vidi, Izzy.
È una scena che si è stampata nella mia memoria, un marchio che non vuole saperne di sbiadire.
Pioveva da giorni, non c’era stato un attimo di tregua. Nemmeno il più piccolo spiraglio di sole.
Il cielo continuava a vomitare pioggia sulla città, che scintillava.
Le luci dei lampioni, le vetrine, i grattaceli: si rifletteva tutto nelle strade coperte di pozzanghere.
E adesso che gli anni sono passati, che le cose sono cambiate, mi rendo conto che forse la mia vita, la tua vita, sarebbe stata diversa se le cose avessero preso una piega diversa.
Forse ci saremmo risparmiati tante cose, forse saremmo stati persone diversi.
Ma non sarebbe stata la stessa cosa.
REVISIONE IN CORSO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Hand in glove'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

HAND IN GLOVE
#9 PROMISES, DRAMAS AND WHISKY

~ part I

 

PARLA IZZY:

Il matrimonio di Duff.
Sono sicuro che quel giorno è fermo nella tua mente, scolpito in un blocco di marmo.
C’è tutto, nei miei ricordi.

Le immagini sono nitide, fotogrammi di un passato sfuggito alle nostre mani, rese goffe e incerte dai nostri stessi errori, le parole dette sono incise sulla pietra grezza della memoria, ormai corrosa dagli anni e dagli eccessi, i colori sono lampi di luce in un contesto che non è proprio possibile scordare.
Non ho mai amato i matrimoni, tantomeno il mio, ma quello di Duff fu speciale.
Probabilmente è l’unico che ricordo con un sorriso malinconico e basta, senza che una ressa selvaggia di emozioni si ammassi nel mio cuore e minacci di farlo scoppiare da un momento all’altro.
Sul fatto che non fu tradizionale, nel senso stretto del termine, non ci piove: Slash si presentò ubriaco, Steven completamente fatto e io ero una via di mezzo tra i due, in preda ad un’euforia accentuata dal tuo profumo e il tuo calore al mio fianco.
Feci il possibile per non staccarmi da te, quel giorno.
Avevo un po’ l’impressione di doverti stare vicino per forza, come se un ciclone stesse per strapparti via e catapultarti in un’altra dimensione, dove non potevo raggiungerti.
Ma tu ridevi, quando ero riluttante a lasciarti ballare con questo o con quell’amico, ridevi e volavi via in una frusciare di raso che volteggiava attorno alle tue gambe, piroettando leggera sulle note di canzoni eterne.
Ridevi, e il tuo sorriso placava la mia preoccupazione.
Come quando un bambino piccolo vede il sorriso della madre e pensa che nulla può andare storto.
Ancora non sa, quel bambino, che la vita nasconde molti segreti, dietro quel sorriso.


 

Declare this an emergency
Come on
And spread a sense of urgency.
 

Muse, Apocalypse please.

 

LOS ANGELES, 28 maggio 1988

Il mare scintillava sotto i raggi del sole, screziandosi di bianco e argento laddove la luce andava a baciare la cima delle onde, impegnate nel loro lento infrangersi sulla spiaggia.
Il suo ruggisto basso e costante si confondeva con il brusio delle chiacchiere che si levavano verso un cielo azzurro smalto, privo di nuvole, nel cui centro splendeva sovrana la stella diurna, in un trionfo dorato.

Le code dei nastri di seta bianca danzavano assieme alla brezza salmastra un pigro valzer, allungandosi e disegnando onde tra una fila di sedie e l’altra, su un immenso prato davanti ad un gazebo bianco, alle cui spalle aspettava paziente una piccola orchestra.
Gli invitati si aggiravano per il giardino della villa a piccoli gruppetti, chiazzando il prato verde smeraldo con un’infinità di colori e stoffe che svolazzavano leggere, accompagnate da gridolini femminili e risate compiaciute, decisamente maschili, man mano che le persone presente aumentavano di numero: mezz’ora prima dell’inizio della cerimonia, la villa contava più di cinquecento ospiti.
Axl accese una sigaretta ad Erin, accarezzandole una guancia teneramente: la ragazza gli sorrise, soffiando fuori il fumo assieme alle parole.
“Grazie, amore.”
“Prego.” il cantante si appoggiò ad un tavolo ingombro di fiori, incrociando le gambe, e lasciò che gli occhi verdissimi vagassero nella folla.
“Conosci qualcuno?” indagò Steven, sbucando alla destra del cantante, che scosse il capo.
I capelli rossastri brillarono di riflessi dorati, diventando biondi per qualche breve istante.

“Per quel che mi riguarda sono tutti fottuti estranei,” replicò stonereo, cacciando le mani nelle tasche dei pantaloni, “forse sono amici di Duff.”
“O forse no.” Erin scrollò le spalle, picchiettando delicatamente la sigaretta con l’indice e facendo cadere la cenere in eccesso tra i fili d’erba, ai suoi piedi.
Il batterista s’imbronciò, incrociando le braccia al petto.
“Ci fosse almeno qualche faccia conosciuta...” brontolò, prima di illuminarsi alla vista di Izzy e Roxanne.
“Come non detto!” si corresse, guardando i due che dovevano essere arrivati si e no da cinque minuti, a giudicare delle loro espressioni sconcertate.

“Ehi, coppia d’oro!” li chiamò con un gran sorriso, sbracciandosi nella loro direzione.
Fu il chitarrista a notarlo: ricambiò il gesto con uno dei suoi soliti sorrisi tirati, guidando gentilmente la ragazza verso il trio.
Roxanne rise per qualcosa che lui le aveva sussurrato, reclinando il capo e offrendo la gola ai caldi raggi del sole quasi estivo, mentre il vento giocava dispettoso con il suo abito pervinca, agitando due lunghi nastri che scendevano liberi lungo la schiena della ragazza, che avanzava tranquilla nonostante i dieci centimetri di tacco nascosti dallo strascico dell’abito.
Aveva il fascino di una diva hollywoodiana degli anni ’70, capitata per sbaglio nel futuro.

“Izzy non mi uccidere, ti prego, ma devo dirlo,” esclamò Steven con un largo sorriso, chinandosi a baciare la mora sulle guance, “sei uno schianto, Roxy.”
“Per questa volta passi.” dichiarò il chitarrista, con un sorriso.
La ragazza lo colpì con il dorso della mano sul petto, sbuffando.

“Vorrei ben vedere!” protestò, soffiando un bacio ad Erin “Stevie può dirmi tutto quello che vuole.”
“Ancora con questa storia?” Axl roteò gli occhi, agitandosi inquieto “Sei diventato noioso, Stradlin.” gemette, circondando la vita di Erin con un braccio e affondando il viso nella curva del suo collo.
“Axl, mi fai il solletico!” rise la bionda, cercando di scansarsi.
Steven incrociò le braccia al petto, inarcando le sopracciglia: davanti a lui, Izzy stava facendo la stessa identica cosa con Roxanne.
“Ho bisogno di bere, sennò finisce che mi deprimo.” decretò cupo “Ho decisamente bisogno di bere.”
“No, dai.” la mora lo trattenne, sorridendogli “Andiamo a prender posto, vieni.” lo prese a braccetto, e, tra lui e il suo ragazzo, si incamminò attraverso le sedie, adocchiando un annoiatissimo Slash stravaccato qualche fila più un là.
“Dovresti vestirti così più spesso, sai?” commentò allegramente, rivolta al batterista “Stai molto bene.”
Steven sorrise orgoglioso, passandosi entrambi le mani sul petto e lisciandosi l’impeccabile camicia bianca, dalle larghe maniche, infilata in un paio di attilatissimi pantaloni di pelle nera.
Il front-man alle loro spalle borbottò qualcosa di incomprensibile e molto poco gentile, sbuffando di tanto in tanto.

“Si, Mr. Rose, anche lei è molto elegante oggi.” recitò Izzy, imitando la voce della sua ragazza e il suo tono ironico, voltandosi a guardare l’amico che, come il biondino, indossava dei pantaloni di pelle nera e una camicia bianca, sotto un’impeccabile giacca nera.
Accanto a lui, Erin era un’esplosione di fuoco, in un lungo abito di seta che le arrivava fino ai piedi, lasciando scoperta una generosa porzione di schiena.

“Hudson!” chiamò Steven “Fatti un po’ più in là, animale!”
Il chitarrista sollevò il capo, scrutandoli da sotto il suo immancabile cilindro e una cascata di riccioli nerissimi.
Quando lo raggiunsero, l’unica cosa visibile del suo volto era la bocca, piegata in un mezzo sorriso.

“..’giorno” li salutò sbadigliando “Come butta?” biascicò, barcollando vistosamente e franando addosso a Steven quando tentò di alzarsi in piedi.
Izzy lo guardò aggrottando la fronte.
“Quanto cazzo hai bevuto per ridurti così?” gli chiese, sollevandolo di peso e rimettendolo seduto.
“Una, due bottiglie..” scrollò le spalle, vago.
“Di birra?”
Steven guardò Roxanne scuotere il capo e mormorare qualcosa a Erin, prima di sparire assieme a lei nella ressa.
“Naaa!” Slash ridacchiò “Del caro, vecchio, Jack!”
“Gesù!” Axl sospirò “E perché di grazia?”
“Ohhh, non te lo dico.” protestò il chitarrista riccioluto, imbronciandosi.
“Non fare il bambinone..” gli intimò Steven, bonario.
Il chitarrista sbuffò.

“E va bene.” cedette, incrociando le braccia al petto “Perla non è voluta venire qui con me.”
“E tu ti sei ubriaco per questo...?” gli occhi di Axl si ridussero a due fessure.
Slash annuì, con un largo sorriso.
“E mi spieghi come cazzo dico a Duff che il suo testimone non è nemmeno in grado di reggersi in piedi perché la sua ragazza non è venuta con lui?!” lo aggredì il cantante, afferrandolo per il colletto della camicia sapientemente aperta sul petto e scuotendolo come fosse un pupazzo.
Fu quando vide il volto del ragazzo assumere un colorito vagamente verdognolo che Izzy intervenne, strappandolo di mano ad Axl e rimettendolo seduto, mentre Steven si lanciava contro il cantante.
“Dannazione Axl, ma non hai proprio mezze misure tu, eh?” strillò furibondo “Ci manca solo che si vomiti addosso e poi siamo a posto, Duff ci decapita di persona uno ad uno.”
Relax.” gli intimò il front-man “Duff non ci farà un cazzo, non se ne accorgerà nemmeno...”
“E COME PUO’ NON ACCORGERSI CHE è UBRIACO, DAL MOMENTO CHE NON SI RIGGE IN PIEDI?” ruggì il biondino.
“Steven, abbassa la voce!” sibilò Izzy, che tentava inutilmente di evitare che Slash rimettesse anche l’anima davanti a una marea di persone che sembravano non aver nulla di meglio da fare che accerchiarli e guardarli con aria interessata.
“Dannazione, dannazione!” il batterista iniziò a girare in tondo, mordicchiandosi nervosamente le nocche delle mani, lanciando occhiatacce velenose a chiunque osasse incrociare il suo sguardo.
“Adler!”
Si voltò di scatto, riconoscendo la voce di Erin.
La bionda era in piedi su una sedia, qualche fila più indietro, e si stava sbracciando per attirare la sua attenzione.

“Erin!” gridò di rimando.
“Venite!” urlò ancora la ragazza, indicandogli la villa che si alzava maestosa alle sue spalle, in un trionfo di colonne e archi immacolati.
Si sbracciò un altro paio di volte, prima di saltare giù dalla sedia e scomparire, rapida come un folletto rosso fuoco.
Steven non perse tempo: si scrollò di dosso Axl, che fremeva letteralmente per sapere cosa la sua ragazza avesse detto, e assieme ad Izzy sollevò il chitarrista, rimettendolo in piedi e passandogli un braccio attorno alla vita, in modo da sostenerlo.

“Andiamo.” disse all’amico “Prima che Duff ci veda per davvero e decida che è una bella giornata per commettere un triplice omicido.”

 

On her ghost white wings
She will be carrying the weight of our deeds
And she bleeds for love
Forever gone.
 

HIM, Drunk on shadows.

 

Il silenzio della villa avvolse Izzy nel suo confortevole abbraccio, strappandolo alla confusione che regnava sovrana nel giardino.
Poteva sentire l’eco dei suoi respiri mescolarsi ai passi dei ragazzi che lo seguivano in un labirinto di corridoi, inseguendo il miraggio rosso dell’abito di Erin che spariva dietro ogni angolo.

“Dove siamo?” biascicò Slash, trascinato dal chitarrista e dal batterista su pavimenti di marmo lucidi e immacolati “Dove...andiamo...? Io ho sonno!”
“Buono Slash, buono.” lo ammonì il biondino, cercando di evitare che il ragazzo rovinasse a terra.
Non sapeva nemmeno lui dove stessero andando, sapeva solo di dover andare.

Alle loro spalle, Axl fischiettava allegramente, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e una smorfia noncurante stampata sul bel viso.
Se non fosse stato che era impegnato a tenere in piedi Slash, Izzy gli avrebbe volentieri mollato qualche ceffone.

“...dove cazzo sono?” esclamò Roxanne, spalancando una porta che per poco non centrò il cantante in pieno viso.
“Ah, eccovi!” commentò, aggrottando la fronte.
Aveva un’aria talmente contrariata che nessuno ebbe il coraggio di dirle nulla: i ragazzi seguirono il ticchettare arrabbiato dei suoi tacchi sul pavimento, dentro la stanza.

Erin fece capolino da un’altra porta.
“Qui.” ordinò secca ai ragazzi, mentre Roxanne le sfilava accanto infilandosi in quello che Izzy intuì fosse il bagno.
In un angolo, la doccia scrosciava allegramente, senza riuscire a coprire del tutto il cicaleggio che saliva dal giardino e passava oltre le grandi tende bianche, tirate davanti alle finestre aperte.
“Slash, ti prego di non raccontare mai a Perla quello che sto per fare.” sospirò la mora, le labbra tirate in un sorriso rassegnato “Ma, credimi, è necessario.”
Roxanne si avvicinò al ragazzo che sbatté le palpebre un paio di volte, intontito dal troppo alcol in circolo, e la guardò mentre gli slacciava la pesante cintura argentata che portava in vita e la lasciava cadere a terra, con un allegro tintinnare.
“Co-cosa diavolo fai?” boccheggiò Izzy, completamente paralizzato mentre lei iniziava a sbottonare i pantaloni del chitarrista, dopo avergli sfilato gli stivali neri dai piedi.
“Mi pare evidente.” replicò lei, proseguendo imperterrita nella sua opera.
“Lo sta spogliando, razza di idiota.” intervenne Axl, posandosi sullo stipite della porta, con una sigaretta penzolante tra le labbra.
Gli brillavano gli occhi.

“Si, lo sta spogliando.” convenne Steven, annuendo con aria grave.
“Lo stai spogliando?!” strillò il chitarrista dopo qualche attimo di silenzio, fissando la sua ragazza come se fosse completamente impazzita.
“Mi sta spogliando!” ridacchiò Slash, sorridendo felice come un bambino che ha appena ricevuto in regalo un intero pacco di caramelle.
“Si, lo sto spogliando.” confermò Roxanne, mentre con un strattone deciso, abbassava i pantaloni del chitarista, scoprendo un baio di boxer bianchi a righine blu “E credimi, non ho intenzione di fermarmi qui.”
Izzy sbiancò, le labbra strette in una linea nervosa e sottile.
Non disse niente, mentre le mani di Roxanne scivolavano sul petto di Slash, sfilandogli il frack e la camicia.
La ragazza schioccò la lingua contro il palato, posando entrambe le mani sulle spalle del chitarrista e guardandolo dritto negli occhi.

“Pronto, tesoro?” gli chiese con un largo sorriso.
I riccioli neri ballarono un paio di volte, mentre il ragazzo annuiva, senza nemmeno immaginare a cosa stesse dando il suo consenso. 
“Bene. Diamoci una mossa, o facciamo notte.”

Erin ridacchiò, aspettando che l’amica scostasse la tendina della doccia per spingere Slash dritto sotto il getto d’acqua.
L’acqua schizzò da tutte le parti, accarezzando la pelle scura del chitarrista che ci mise più  o meno una decina di secondi a realizzare quanto fredda fosse.

“Cazzooooo!” strillò, cercando di sottrarsi all’acqua gelida che gli cadeva addosso.
“No, tesoro, di lì non ti muovi!” gli intimò Roxanne, spingendolo nuovamente sotto il getto scrosciante, sorda alle sue proteste.
Strillò inferocita, quando uno spruzzo la colpì in pieno volto, ma non mollò la presa sui fianchi di Slash, costretto a rimanere immobile con addosso solo un paio di ridicoli boxer completamente fradici, fino a quando Izzy non si fece avanti e la spostò gentilmente, prendendo il suo posto.

“Lascia, faccio io..” le sorrise dolcemente, afferrando l’amico per gli avambracci e impedendogli di sfuggire all’acqua ghiacciata.
Aveva arrotolato le maniche della camicia, in modo da non bagnarsi troppo, e si teneva indietro con il busto, in modo che qualche schizzo non raggiungesse panciotto nero e i pantaloni, rovinandoli.
Il suo immancabile cappello, lo aveva affidato a Steven.

“Grazie, sei un tesoro..” gli posò una bacio su una guancia, prima di affondare il viso nell’asciugamano che Erin le porgeva.
“Come stiamo a tempo?” le chiese poi.

La biondina guardò pensierosa l’orologio che portava al polso.
“Un quarto d’ora abbondante,” decretò, aggrottando la fronte.
“Forse era meglio farlo vomitare..” la mora si passò il telo bianco sul collo e sulle spalle, prima di lanciarlo in un angolo.
“Vomitare?” domandò Steven “E perché mai?”
“Per fargli passare prima la sbornia,” gli sorrise, posandogli una mano sulla spalla destra “E’ quello che facevano a me le mie amiche, quando a una festa bevevo troppo e non ero in condizioni di tornare a casa.”
“La grande Roxanne ha un lato umano, dunque!” commentò sarcastico Axl, abbracciando Erin e posando il mento sulla sua spalla.
“Non ho mai sostenuto di non esserlo,” scrollò le spalle, osservandosi il vestito con aria critica dopo aver infilato nuovamente i guanti color perla, “ho fatto le mie buone cazzate, ai miei tempi” ghignò, aprendo un mobiletto di legno chiaro e agguantando un enorme asciugamano, probabilmente fresco di bucato.
Dopo che Izzy ebbe chiuso l’acqua, l’allungò a Slash , che se lo avvolse attorno, tremando per il freddo.
“Quando ero al liceo, ero un caso umano.”

“Stento a crederlo.” Steven si accoccolò su uno sgabello, allungando le gambe davanti a sé.
“Oh, fidati!” gli occhi della ragazza brillarono, sornioni “Ero una persona completamente diversa. Ma poi è successo quel che è successo, le cose sono cambiate e io con loro.” scrollò le spalle, raccogliendo i vestiti di Slash da per terra.
“Cosa è successo?” indagò il chitarrista, incuriosito.
“Probabilmente le è morto il pesce rosso e per lo schock ha giurato di diventare una bacchettona rompi-coglioni” acido, Axl la guardò male. Lei sospirò, senza prendersela.
“No, Axl. Hai presente quella cosa che il mondo è solito chiamare ‘realtà’? Ecco, diciamo che ci ho sbattuto il muso contro con ragguardevole intensità.”
“Una delusione d’amore?”
“No, Stevie, no.”
Izzy le posò un braccio sulle spalle, stringendola a se con fare protettivo.
“Ah.” il batterista si alzò in piedi “E allora cosa?”
“E non vedi che non vuole parlarne? E fammi il favore di tapparti quella fogna anche tu, mi scoppia la testa cazzo.” sbottò Slash, rivestito alla meno peggio e intento ad asciugarsi i capelli con l’asciugamano.
Roxanne gli sorrise, accoccolandosi meglio contro Izzy e chiudendo gli occhi per qualche attimo.

Sono passati anni, si disse, posso anche dirlo.
Ma non era facile.
Non era mai facile, per lei, toccare quell’argomento che per anni aveva condizionato la sua vita.
Non aveva mai imparato a conviverci completamente, non l’aveva mai accettato del tutto.
Inspirò a fondo, riempiendosi i polmoni dell’odore del ragazzo, quel miscuglio di nicotina e malinconia che alle volte le faceva venire le lacrime agli occhi, e si fece coraggio. Non c’è nulla di cui vergognarsi, si disse per l’ennesima volta.

“Questioni di famiglia.” disse alla fine, una mezza verità che non avrebbe fatto male a nessuno.
Riaprì gli occhi su Steven, per posarli poi su Axl, che non perse l’occasione per lanciarle una frecciatina.

“Oh, poverina, fammi indovinare: i tuoi hanno divorziato.” rise, beffardo, senza accorgersi di come il volto di Izzy si fosse contratto per la rabbia.
“Veramente no.” Roxanne si stupì nel sentire la sua voce ferma e limpida.
Mantenne lo sguardo fisso sul cantante, del tutto decisa a non abbassarlo per prima.
“Hanno arrestato mio fratello. La polizia lo ha fermato, una sera, stava tornando a casa in macchina: lo hanno trovato ubriaco come una merda e con un po’ troppe dosi di eroina in tasca.” spiegò con un distacco che fece rabbrividire il ragazzo accanto a lei.
Erin trattenne il respiro.
“Lo hanno sbattuto dentro prima che potesse dire una sola parola. E dal quel giorno ha cominciato ha fare dentro e fuori dal carcere, ad intervalli più o meno regolari. Ha smesso di spacciare, si è trasformato in un tossico disposto a tutto per la sua dose, e da mesi non abbiamo più sue notizie. Ecco cosa è successo.”

“Oh, Roxy, mi dispiace tanto..” Steven spezzò il silenzio che era calato nella stanza, gli occhi azzurri colmi di un dispiacere che traspariva, palese, anche nella voce.
“E’ stato tanto tempo fa, Stevie, non dispiacertene.” sorrise al batterista e a Slash, che senza dire una parola le si era avvicinato e le aveva posato una mano sul capo.
“Si, ma...”
“Niente ma, è una storia vecchia e triste che non dovrebbe esser raccontata in un giorno di festa!” Roxanne sorrise, vivamente, sciogliendosi dall’abbraccio di Izzy e recuperando il cilindro dell’altro chitarrista, abbandonato sul tappeto dove prima sedeva Steven.
“Quel che è stato, è stato, non si può cambiare il passato. Ma si può fare un tentativo con il futuro.” rigirò il cappello tra le mani, prima di calcarlo in testa a Slash. “E poi, siamo qui per festeggiare Duff, non per compiangere me o criticare mio fratello.”

Prese la mano a Izzy e, senza lasciarla andare, sfilò accanto ad Axl, che continuava a stringere Erin tra le sue braccia senza dire nulla.
Fissava la mora, in silenzio. C
ombattutto tra l’antipatia nei suoi confronti e il disgusto verso se stesso, per la cattiveria gratuita.

“...scusa” borbottò alla fine, mentre la ragazza lo sorpassava.
Roxanne si fermò un attimo, indecisa se rispondergli o meno: fu un attimo, un attimo soltanto nel quale sentì che sarebbe potuta scoppiare a piangere o avrebbe addirittura potuto abbracciarlo.
Izzy le strinse la mano con più forza e, dopo aver incrociato il suo sguardo limpido, verde scuro, inclinò appena il capo di lato, come a dire che non era importante.
Senza dire o fare altro, varcò la soglia della stanza.

 

With you I am revealed
All my shame all my faults and virtues
Behold body mind and spirit
Heart and soul devoted all to you.
 

Tracy Chapman, Wedding song.
 

Quando Mandy attraversò la navata improvvisata sul prato, leggera come una libellula e aggraziata come una ballerina, percorrendo al fianco di suo padre il lungo tappeto rosso che era stato steso sull’erba, Roxanne non seppe trattenersi dal sospirare e appoggiare il capo contro il petto di Izzy.
Il chitarrista le posò un bacio tra i capelli, abbracciandola e seguendo con lo sguardo la sposa che avanzava sorridendo verso il gazebo, dove Duff l’aspettava.

“E’ un gran bel pezzo di ragazzo.” commentò Erin alla loro destra, squadrando il bassista da capo a piedi un paio volte.
Elegantissimo nel suo smoking nero, portato con disinvoltura sopra un paio di pantaloni attillati, esibiva per l’occasione uno degli innumerevoli cilindri di Slash.

“Decisamente.” sussurrò Roxanne, mentre il biondino all’altare sollevava il velo alla sua futura moglie e gli invitati tornavano a sedersi.
“Siamo qui oggi,” iniziò a dire il vecchio prete, alternando gli occhi scuri tra i due ragazzi, in piedi davanti a lui, “per celebrare l’amore. Un amore che ha deciso di sfidare le distanze, un amore che non ha paura di affrontare le difficoltà della vita, un amore che è sbocciato come un fiore tra questi due giovani. Duff e Mandy.”
“Izzy, hai un fazzoletto?” domandò con un sospiro la ragazza, sentendosi pizzicare gli occhi.
“Santo cielo, ma è appena iniziata la cerimonia!” osservò il chitarrista, senza comprendere il perché di tutta quella commozione.
Steven gli rifilò una gomitata tra le costole, tirando su con il naso.

“E allora?” gli chiese, quasi offeso, tastandosi le tasche alla ricerca di un fazzoletto “E’ commovente!”
“Come guardare Madama Butterfly.” la voce strascicata di Axl non li colse di sorpresa e, per una volta, Izzy si disse d’accordo con lui.
“Sono noiosi i matrimoni.” borbottò, guadagnandosi tre occhiatacce velenose.
“Insensibili.” sibilò dopo qualche attimo Roxanne, incrociando le braccia al petto.
“Siete aridi da paura.” rincarò Erin, anche lei con gli occhi lucidi.
“Animali” concluse Steven.
Il chitarrista non disse niente, guardando l’amico sconsolato: il front-man scrollò le spalle, rassegnato.
Poco da fare, sembravano dire i suoi occhi, li abbiamo persi.

“Duff,” stava intanto dicendo Mandy, stringendo forte le mani del bassista e guardandolo negli occhi, “se tu mi dicessi di piangere per te, lo farei. Se mi chiedessi di morire per te, lo farei. Guardami: non c’è prezzo che non pagherei per poter restare sempre al tuo fianco e poterti dire quanto ti amo per il resto dei miei giorni. Vorrei poterti regalare tutti i miei sogni e le mie speranze, prenderli uno ad uno e chiuderli in una scatola da mettere tra le tue mani. La mia vita, il mio cuore, la mia anima.” s’interruppe un attimo, gli occhi lucidi per l’emozione “Ti amo, Michael Duff McKagan. Ti amo e ti amerò sempre, fino a quando le stelle smetteranno di brillare, fino a quando i cieli bruceranno e quando morirò.. quando morirò avrò te tra i miei pensiari, e null’altro. Ti amo, e ti amerò sempre.”
Roxanne singhiozzò rumorosamente, coprendosi la bocca con una mano guantata, mentre l’altra andava istintivamente a cercare quella di Izzy.
Il ragazzo sorrise, ricambiando la sua stretta.
Accanto a loro, Axl si era acceso una sigaretta ed era intento a guardare il cielo senza particolare interesso, perso in chissà quali pensieri, mentre Erin era sul punto di scoppiare a piangere.
Ma nessuno avrebbe potuto dire se fosse per la commozione o per il comportamento del suo ragazzo.
Steven, dal canto suo, seguiva la cerimonia in religioso silenzio, tenendo d’occhio Slash, che di tanto in tanto barcollava pericolosamente e continuava a tenersi una mano alla tempia.
I riccioli neri, ancora bagnati, brillavano nella calda luce del sole ogni qualvolta lui agitava la testa. Ma sembrava resistere.

“Non posso proprio baciarla, Padre?” domandò Duff dopo aver ascoltato la promessa di Mandy, stringendole entrambe le mani con dolcezza.
La folla rise, mentre il prete scuoteva il capo e sorrideva indulgente, invitandolo a pronunciare la sua, di promessa.
Il biondino si schiarì la voce, annuendo brevemente.

“Mandy Brix,” iniziò, con un mezzo sorriso che fece ridacchiare Slash, “non ho mai incontrato una come te. Ho visto tante cose, ho amato molte donne, ho perso tante persone lungo la strada, ho pagato per i miei errori. Sono finito all’inferno e sono tornato indietro, e tu sei sempre stata al mio fianco. Non sei solo la mia compagna, sei la mia migliore amica, la persona di cui mi fido di più, e per tutte le parole che non ti ho detto, le cose che non ho fatto...beh, da oggi in poi, ti prometto che troverò il modo per non fartele più mancare” s’interruppe, mentre una lacrima rotolava lungo la guancia di Mandy. La catturò con il pollice, portandosela alle labbra. “Ogni volta che ti guardo, ogni volta che guardo il tuo bellissimo viso, vedo qualcosa di nuovo che mi porta sempre più in alto, dove non sono mai stato prima d’ora, e mi fa desiderare di averne sempre di più.”
Izzy guardò Roxanne, che aveva affondato il volto in un fazzoletto gentilmente offertole da una vecchina seduta qualche fila più avanti, e desiderò di poter essere al posto di Mandy e Duff: desiderò di poter essere davanti al prete, con le mani di Roxanne tra le sue, a dire quello che celava nel suo cuore e non aveva mai il coraggio di dire.
“Ti amo, piccola..” le sussurrò, riavviandole una ciocca dietro un’orecchia e soffermandosi ad accarezzarle il collo. Lei singhiozzò di nuovo, stringendo più forte la sua mano.
“..mi fai desiderare di non dormire la notte, sognare diventa uno spreco di tempo quando sono accanto a te, quando posso ascoltare il tuo respiro. Quando guardo a dove sono arrivato, nella mia vita, mi rendo conto che io vivo solo per amare te. Puoi distruggere il mondo che ci circonda, puoi distruggere tutto ciò che sono, ricorda solo questo: vivo solo per amare te.”
Gli invitati trattennero il fiato, persino Axl si sciolse in un sorriso e strinse a se Erin, definitivamente in lacrime.
Steven sospirò, mentre Roxanne sorrise, asciugandosi una lacrima e abbracciando Izzy, che la cullò fissando il gazebo e i due ragazzi lì davanti con sempre più invidia.

“...al diavolo!” esclamò all’improvviso Mandy, prima che l’anziano prete potesse dire qualcosa: si slanciò in avanti, buttando le braccia al collo di Duff e baciandolo.
Slash fu il primo ad applaudire, entusiasta, presto imitato da buona parte dei presenti, tenuti a freno dalle proteste dell’officiante, che faticava a non sorridere.

“Vedere un tale amore in due creature tanto giovani fa bene al cuore.” commentò, chiamando con un cenno Slash e chiedendogli di dare gli anelli ai due ragazzi. “Duff, ripeti dopo di me.”
Il bassista si schiarì la voce, annuendo.
“Io, Micheal Duff McKagan.”
“Io, Micheal Duff McKagan.”
Izzy sorrise, sentendo la voce dell’amico tremare impercettibilmente.
“Prendo te, Mandy Brix.”
“Prendo te, Mandy Brix.”
Smise di seguire lo scambio di battute tra i due, troppo preso dalla presenza di Roxanne al suo fianco.
Se chiudeva gli occhi, poteva sentire il suo profumo solleticargli il naso.
Non aveva mai capito perché, ma aveva lo stesso dolce profumo dei bambini piccoli, un profumo che era un miscuglio di albicocca, mandorla e talco, con una punta di nicotina che lo faceva letteralmente impazzire.
La fece sedere sulle due gambe, circondandole la vita con le braccia e nascondendo il viso tra i suoi capelli.

“Ti ho già detto che sei bellissima?” sottovoce, soffiò le parole tenendo gli occhi fissi sulla coppia.
“Si, un paio di volte” replicò lei, vivacemente “E’ un vestito straordinario, lo so.. l’ho trovato per pura fortuna in fondo all’armadio, ero convinta di averlo buttato quando..”
“Non parlavo del vestito.” la interruppe, ascoltando i battiti del suo cuore pulsare nella vena che risaliva il suo collo.
Roxanne arrossì, voltando il capo fino ad incrociare la fronte del ragazzo sulle labbra.
“Ancora non ho capito,” mormorò, “cosa ho fatto per meritare te.”
“Potrei chiederti la stessa cosa.” replicò il chitarrista ridendo, mentre Duff finiva di promettere che si sarebbe preso cura di Mandy da lì all’eternità.
Lei sospirò, sorridendo.

“Quando mi sposerò,” iniziò a dire, cambiando bruscamente dicorso, “voglio pochi invitati. Gli amici più stretti, i miei genitori, mio fratello e basta.”
“E come la mettiamo con i giornalisti, i tizi della casa discografica e compagnia bella?”
“Cosa ti fa pensare che sposerò te?” lo battè sul tempo lei, con un sorriso sornione ad illuminarle gli occhi scuri.
Izzy la fissò pensieroso, perdendosi in quel mare color cioccolata.
Fece per baciarla, ma lei si ritrasse.

“Perché mi ami e io amo te.” le disse allora, aggrottando la fronte.
“E tu che ne sai dell’amore?” lo schernì, accarezzandogli il volto affettuosamente.
“Che l'amore sia la sola cosa, è la sola cosa che so dell'amore: tanto basta.” Rispose prontamente il chitarrista, citando Emily Dickinson.
Roxanne si lasciò baciare, questa volta, senza ritrarsi. Fu la voce gioiosa del prete, a farli separare.

“E in nome del potere conferitomi dalla chiesa, io vi dichiaro marito e moglie! Puoi baciare la sposa, adesso.”
Gli occhi scuri della ragazza corsero rapidi alla coppia, che si scambiava il suo primo bacio da sposati, mentre gli invitati esplodevano in un applauso spontaneo, che durò fino a quando la coppia non si voltò verso le file gremite di persone scattate in piedi per acclamarli.
“I prossimi siamo noi.” assicurò Axl ad Erin, tenendola per mano.
La bionda sorrise, vaga, lasciandosi trascinare via verso il bassista.

“Congratulazioni, Duff.” Roxanne sorrise, baciando il ragazzo sulle guance e passando poi a Mandy, che abbracciò di slancio “Sono così felice per voi!”
“McKagan, congratulazioni!” Izzy strinse la mano all’amico, imitato poi dal cantante e da Steven, intento a congratularsi con la novella sposa.
Il bassista inspirò a fondo, guardando uno ad uno i ragazzi presenti.
Sembrava sul punto di dire qualcosa, osservò Izzy. Ma se davvero voleva, non lo fece: il biondino si limitò a regalare loro un largo sorriso, prima di prendere per mano Mandy e annunciare con voce gioiosa.

“E adesso, ladies and gentleman, inizia la fottuta festa!”

 

Forever we are
Forever we've been
Forever we'll be crucified to a dream
In the nightside of Eden.
 

HIM, The nightside of Eden.

 

Slash scoppiò in una fragorosa risata, ascoltando Steven raccontare di una strana ragazza incontrata appena fuori dai bagni, che gli era letteralmente saltata addosso dichiarando di essere follemente innamorata di lui.
“E tu chei hai fatto?” indagò Axl, bevendo un sorso di vino.
“Me la sono filata, chiaramente!” esclamò il batterista, dopo essersi concesso a sua volta una generosa sorsata di Merlot.
“Ecco perché vai sempre in bianca, cretino!” replicò Duff, molto più ubriaco di quanto non avrebbe voluto.
L’intero tavolo si mise a ridere, batterista compreso, sino ad avere le lacrime agli occhi.
Era da poco passata la mezzanotte, e i festeggiamenti erano giunti al loro apice: dopo una cena che era sembrata infinita, i novelli sposi avevano aperto le danze sulle note di una vecchia canzone intonata da Axl, accompagnato dalla chitarra di Izzy.
Roxanne aveva fatto il suo primo ballo con Slash, volteggiando leggera sulla pista in un turbinare di raso blu scuro e riccioli neri, per poi cadere tra le braccia di Steven che le aveva tenuto compagnia per altri tre brani, prima che Izzy la reclamasse tutta per sé.
Avevano ballato per ore, senza mai accusare la stanchezza.
E anche quando erano stati troppo stanchi per proseguire erano andati avanti, troppo entusiasti per la splendida giornata che avevano alle spalle per poter lasciare che finisse troppo presto

Roxanne si sedette a gambe incrociate sulla sedia, dopo essersi sfilata le scarpe dai piedi dolorati, e si versò un bicchiere d’acqua.
Si sentiva abbastanza euforica e traballante per sapere che era brilla, l’ultima cosa che voleva era ubriacarsi prima che venissero serviti i super-alcolici.

“Ragazzi, io vorrei dire quattro paroline.” biascicò Duff, alzandosi in piedi a fatica e appoggiandosi al tavolo per non cadere “Wow..” commentò, chiudendo gli occhi per qualche attimo, in attesa che il mondo smettesse di girare così vorticosamente.
I ragazzi si zittirono, voltandosi a guardarlo.

“Innantitutto!” iniziò, sollevando il bicchiere “Un brindisi alla mia bellissima, straordinaria, fantastica, splendida moglie. A te, Milly!” aggrottò la fronte, subito dopo aver pronunciato il nome, un tantino perplesso, mentre la ragazza al suo fianco lo fulminava “Mandy!” si corresse fulmineo, scoppiando in una risatina imbarazzata “Mandy! Scherzavo tesoro, scherzavo. La mia vita non sarebbe la stessa, senza di te. Ti amo.”
“A Mandy!” esclamarono tutti in coro i ragazzi, levando il bicchiere a loro volta e buttandone giù il contenuto tutto d’un fiato.
I calici tornarono sul tavolo, coperto da una non più immacolata tovaglia rosa pallido, in attesa di essere riempiti di nuovo.

“Un brindisi anche a Slash, il miglior testimone che un uomo può desiderare!” riprese Duff, la voce impastata e lo sguardo opaco, perso.
Il cilindo gli pendeva da un lato, sui capelli biondissimi.

“A Slash!”
I bicchieri si svuotarono di nuovo, mentre il volume delle risate aumentava in diretta proporzione con il diminuire del contenuto della bottiglia, ben presto vuota.
Al quarto brindisi, non ebbero più nulla da versare.

“Un’altra bottiglia, un’altra bottiglia!” esclamò lo sposo, tra una risata e l’altra.
Izzy accarezzò il viso di Roxanne, che gli sorrise, soffiandogli un bacio.

“Sei stanca?” le chiese mentre un cameriere faceva comparire dal nulla una nuova bottiglia di vino.
“No.” rispose lei, con un sorriso luminoso.
Lui annuì, mentre la band attaccava una canzone di Johnny Cash.

“...e un brindisi anche ai migliori amici di sempre!” proruppe Duff, alzando nuovamente il suo bicchiere.
“A chi ha vissuto per mesi in quel dannato pullman, a chi ha saputo resistere alle cene preparate da me, a chi ha fatto tremate il mondo e ha urlato contro il cielo ogni-fottuta-sera. A Axl, che se non è il primo mi uccide! A Slash, il migliore con quella cazzo di chitarra! A Izzy e alle sue sigarette che non finiscono mai! A Stevie, il nostro Pop-corn, e le sue bacchette disperse per il paese!” s’interruppe un attimo, con gli occhi lucidi “Siete i migliori, ragazzi. Siamo i migliori, cazzo!”

“Ai migliori amici di sempre!” gridarono tutti assieme, per l’ennesima volta, celebrando la loro amicizia.
“E ai panini di Roxy!” aggiunse Steven dopo qualche attimo.
“E alla pazienza di Erin!” sottolineò Roxanne, sorridendo alla bionda che ricambiò il gesto. 
“A noi.” concluse Izzy, semplicemente. Scoppiarono a ridere, senza motivo, i visi arrossati per il caldo e i bicchieri di troppo, le lingue sciolte e le gambe traballanti.
Roxanne si appoggiò allo schienale della sedia, guardando i volti dei ragazzi che la circondavano.
Se, nove mesi prima, qualcuno le avesse detto che avrebbe partecipato al matrimonio di Duff McKagan, lei sarebbe scoppiata a ridere.
Nove mesi.
Guardò Izzy, al suo fianco, il bel volto disteso in un sorriso, i lunghi capelli neri, gli occhi di quell’insolito verde scuro che quando si posavano su di lei avevano il potere di scaldarle il cuore, le mani sempre fredde, dalle lunghe dita affusolate, il sorriso sbilenco.. ogni volta che lo guardava, scopriva piccoli particolari che finiva irrimediabilmente con l’amare alla follia. Amava ogni cosa, di Izzy.
Ogni sfumatura della voce, ogni espressione, ogni atteggiamento.

Nove mesi.
Stentava a credere che una cosa del genere fosse successa proprio a lei, una banalissima cameriera di Los Angeles.
Eppure era successo, e adesso stava vivendo il periodo più felice della sua vita, nonostante gli alti e bassi e la distanza.
Stava vivendo la sua favola personale, quella che nessuno avrebbe potuto mai rubarle.
Sorrise, accettando il bicchiere che Izzy le porgeva.
Le cose non possono andare meglio, si disse, scoppiando a ridere ad una battuta di Mandy.
Era come se la realtà, quella stessa realtà che presto o tardi era sempre tornata a bussare alla sua porta per colpirla fino a farle sputare sangue, ricordandole che non aveva alcun diritto di essere felice, si fosse dimenticata della sua esistenza.
O avesse deciso di concederle una pausa particolarmente lunga, dandole il tempo di prendere fiato prima di un ultimo attacco.
O forse.
Forse si era arresa.
Forse aveva deciso di averla fatta soffrire abbastanza e che poteva lasciarla tranquillamente in pace: erano mesi che suo fratello non si cacciava nei guai, in fondo, e le cose anche a casa sembravano andare per il meglio.

“...nne? Roxanne!” la voce di Duff la strappò ai suoi pensieri. Sobbalzò leggermente, voltandosi verso il bassista, che le stava porgendo un bicchierino colmo di liquido ambrato.
“Eh?” spaesata, guardò il biondino aggrottando la fronte.
“Tocca a te.” la esortò questi, con un largo sorriso. Roxanne allungò una mano, prendendo il bicchierino tra le dita, coperte da stoffa color perla.
“Tocca a me cosa?” domandò smarrita.
“Confessa un tuo segreto e bevi per dimenticare di averlo raccontato.” le spiegò Izzy, strascicando le parole.
La ragazza sospirò: di nuovo quel gioco. Aveva visto ognuno dei cinque musicisti confessare le assurdità più irripetibili, man mano che i giri andavano avanti: segreti che era meglio non svelare, confessioni di tradimenti di cui nessuno avrebbe dovuto sapere nulla, vecchi rancori nascosti per anni.
Non aveva nessuna intenzione di partecipare a una cosa del genere.

“Non mi va, Duff, scusami...” mormorò.
Era sufficentemente brilla dopo tutti i brindisi che avevano fatto, non aveva bisogno di altro alcol.
E poi, già da sobria aveva la tendenza a parlare troppo, la sua lingua stava bene così, senza bisogno di sciogliersi un altro po’.

“E perché?” Steven sgranò gli occhi, incredibilmente azzurri.
“Non mi va, ci deve essere per forza un motivo?” protestò vivacemente, con una mezza risata.
Slash la fulminò con lo sguardo, intimandole silenziosamente di partecipare al gioco senza troppe storie.

“Fuori-il-segreto.” sibilò Axl, mangiandosi metà delle lettere che componevano ogni parola. Il cantante si sporse sul tavolo, puntandole l’indice contro. “Non rovinare la festa a tutti.”
“Ma non mi va!” esclamò esasperata la ragazza, alzando gli occhi al cielo. Al suo fianco, Izzy ridacchiava senza ritegno, godendosi la scenetta.
“Di grazia, vuoi dirci almeno il perché?” insistette Axl, gli occhi verdi animati da un luccichio divertito.
“Non mi piace il whisky!” sbottò Roxanne, guardando torva il front-man, che sorrise trionfante.
“Ma ora lo butti giù tutto d’un fiato, perché nessuno di noi lo sapeva e sono le regole!” gongolò felice, mentre Izzy scoppiava definitivamente a ridere, piegandosi fino a toccare il tavolo con la fronte. La ragazza lo fulminò.
“Grazie per il supporto, eh!” sibilò gelida, posando con rabbia il bicchierino sul tavolo.
“Amore, ha ragione... hai svelato un segreto, adesso devi bere.” confermò il chitarrista, con più alcol che sangue nelle vene.
“Signorina May?” un cameriere si fermò discreto alle spalle di Roxanne, che si voltò, grata per poter rimandare la bevuta indesiderata.
“Si?”
“C’è una telefonata per lei, da parte di sua madre.” riferì compunto il ragazzo.
“Ah.” la mora si alzò, stupita. Non era tipico di sua madre chiamare alle tre del mattino ad un numero lasciato solo ed esclusivamente per le emergenze.
“Dove posso rispondere?”

“C’è una stanza, subito prima dei bagni, con un telefono. Può parlare lì, senza salire alla sua stanza.”
“Grazie.” Roxanne gli sorrise, chiedendosi cosa avesse causato la telefonata.
Accantonò la preoccupazione, schioccando un bacio sulla guancia ad Izzy e scusandosi con gli altri.

“Salutamela!” gridò il chitarrista, guardandola allontanarsi e imboccare un corridoio, dove sparì.
Non ci mise molto a trovare la stanzetta indicatale da cameriere: era l’unica porta nell’intero corridoio, se si escludevano quelle dei bagni, ed era talmente minuscola che non poteva essere assolutamente scambiata per una camera.
Una poltroncina rossa era sistemata accanto ad un tavolino, sopra il quale un telefono nero, smaltato, faceva bella mostra di se in attesa di poter essere utilizzato.
Roxanne si accoccolò sul pavimento, coperto da una folta e soffice moquette color porpora, con il telefono in grembo, e sollevò la cornetta.

“Ciao mamma, sono io!” esclamò pimpante, dopo aver aspettato che una centralinista le passasse la chiamata “Come stai?”
"Roxanne." disse la donna, con la voce rotta da un pianto troppo a lungo trattenuto "Tuo fratello è morto."
Lo disse tutto d'un fiato, alla stessa maniera con qui il whisky scappava lungo le gole dei suoi amici.
Senza pause, per non sentire il sapore.
Per non sentire il dolore.

Le cadde di mano la cornetta, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Una volta ancora, il mondo non aveva perso occasione per farla schiantare contro il muro incrollabile della realtà.
E aveva scelto il momento migliore per farle più male.

 

PARLA IZZY:

Tutti capirono che era successo qualcosa di brutto, quando ti videro tornare pallida come un cencio.
Quando poi afferrasti il bicchiere che ti è rifiutata di bere poco prima e lo svuotasti tutto d’un fiato, ne ebbero la confema.
Ma tu sorrisi, un sorriso talmente tirato e poco convincente che solo a pensarci mi vengono le lacrime agli occhi, e dicesti che no, era tutto a posto.
Fummo tutti d’accordo con Axl nel dire che eri una pessima bugiarda.
Ma nessuno di noi riuscì a scucirti nulla: ti rifugiasti in un carcere di silenzio dal quale ti rfiutasti di uscire fino a quando non rimanemmo soli io e te, nella nostra stanza.
Fu allora che ti vidi crollare, per la prima volta in nove mesi.
Scoppiasti in un pianto che mi lacerò il cuore, abbracciasti e affondasti il volto nella mia camicia, stringendomi come se la terra ti stesse cedendo sotto i piedi, facendoti precipitare in un baratro nero, senza fine.
Continuò per ore.
Ogni singhiozzo, ogni gemito, era una stilettata dritta al mio cuore, che piangeva con te e mi biasimava per la mia totale incapacità di riuscire a dire qualcosa che potesse placare quel dolore che ti dilaniava senza sosta.
Il rapporto tra te e tuo fratello era qualcosa che sfuggiva alla mia comprensione, all’epoca: non riuscivo a capire come tu potevi essere tanto legata ad una persona che ti causava così tante sofferenze.
Io avevo tagliato i ponti con il mio passato, quel passato che mi faceva stare sveglio la notte in preda dei pensieri più atroci.
Ma tu ti ci aggrappavi, disperatamente.
Solo adesso ho capito che lo facevi perché, in fondo, vivevi con l’illusione che le cose sarebbe cambiate in meglio e tutto sarebbe finito bene.
Era lo stesso motivo per cui chiudevi un occhio ogni volta che mi facevo o mi ubriacavo, e finivo nei guai.
Avevi bisogno di credere che sarei cambiato, un giorno.
Io questo non l’ho mai capito Roxanne, fino a quando non è stato troppo tardi.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses / Vai alla pagina dell'autore: La neve di aprile