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Autore: itstheinfinity_    05/02/2013    0 recensioni
mi chiamo julie, ho sedici anni e ho una storia da raccontare. una storia bellissima, per certi versi anche drammatica, la mia vita insomma. tutto incominciò quel lunedi sette gennaio...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Appena entro, corro nella mia classe, inciampando in almeno quindici ragazzi impazziti che scorrazzano qua e là. Mi siedo appena prima che l’amabile campanella pronunci il suo lunghissimo driiiiiiiiiiiiin. Mi giro verso il posto vuoto a fianco a me. Strano che Sara non sia ancora arrivata, abita a cinque minuti dalla scuola. Mi stringo nelle spalle, magari entrerà l’ora dopo. Osservo le ragazze ridacchiare con i ragazzi e mi sento sola, completamente sola. Sara è l’unica che riesce a capirmi nonostante il mio carattere un po’ emh.. forte. Devo solo stringere i denti, poi fra due anni mi cercherò un lavoro e me andrò da qua. Magari in Francia, o al nord, nei Paesi baltici, di cui sono profondamente affascinata. Sto ancora progettando il mio futuro a occhi aperti quando il professor Price, uomo di mezza età di letteratura inglese, entra sbattendo la porta col suo solito fare brusco, trascinandosi dietro un ragazzo mai visto prima. Tossisce, aspettando che ognuno si rimetta a proprio posto e presenta il tipo. ‘‘Lui è Liam Payne, ha sedici anni ed è nuovo, perciò diamogli un caloroso benvenuto okay? Facciamolo sentire a suo agio.’’ Va detto che i miei compagni sono le persone meno indicate a dare il benvenuto a nuovi compagni, figuriamoci me. La classe rimane in religioso silenzio, scrutando il nuovo arrivato. Spazientito, il prof indica a Liam la sua nuova sistemazione, ossia il banco vuoto vicino al mio. ‘’Ma professore’’ –scatto subito io- ‘’qua dovrebbe esserci Sara..’’ ‘’Ma siccome lei non c’è, qui ora ci viene lui, chiaro? Dal momento che mi sembri molto entusiasta della tua nuova sistemazione, avrai Liam di fianco per tutto l’anno, signorina Edwards io-sono-snob.’’ Ribollendo d’indignazione, mi risiedo, mentre il ragazzo deposita le proprie cosa sul banco della mia migliore amica, facendomi un sorriso a cui rispondo con una smorfia. ‘’Perfetto, ora aprite il libro a pagina 135 che continuiamo a studiare la vita di Joyce..’’ La classe sbuffa, ma a me letteratura piace moltissimo, è l’unica materia in cui ho il sette, mentre nelle altre.. in parole povere, faccio cagare. Liam apre il suo libro e si volta verso di me, di nuovo con quello stupido sorriso sulla faccia. ‘’Come ti chiami?’’ mi chiede un po’ timidamente. Ci metto qualche istante a rispondergli. ‘’Julie’’- rispondo a denti stretti, continuando intanto a prendere appunti. ‘’Bel nome Julie, mia zia si chiama così.’’- a quanto pare questo Liam non ha la minima voglia di seguire la lezione. ‘’Sono contenta nell’apprenderlo’’ – rispondo sarcasticamente, come mio solito. A quanto pare il ragazzo non coglie l’ironia e sorride ancora di più. ‘’Sai, a Wolverhamptom, da dove vengo, mia zia..’’ Un colpo mi colpisce al petto, perforandomi lo stomaco, ancora più su, raggiungendo il cuore. Wolverhamptom è la città dove mio padre nacque, la città in cui vivono tutti i miei parenti, che noi visitavamo ogni Natale. I ricordi si riversano nella mia mente, ricordi felici, le mani di mio padre, calde e protettive, la sua risata contagiosa, i profondi occhi scuri, identici ai miei.. Un laghetto dall’acqua cristallina, una zattera, un boschetto lussureggiante, il nostro nascondiglio segreto, nessuno lo conosceva all’infuori di noi. Wolverhamptom. Dopo la morte di mio padre, ci tornai una volta sola, chiudendo i rapporti con i nonni e gli zii. Mi manca il respiro,e annaspo, come un pesce fuor d’acqua. Se nominano la morte di mio padre direttamente, soffro, è vero, ma questa frase, detta casualmente dal mio compagno, mi riporta alla mente ricordi che per mesi ho celato ai margini della mente. ‘’Ehi, tutto bene?’’ – Liam preoccupato mi si avvicina, sfiorandomi la mano. ‘’Si, tutto ok, ho avuto solo un lieve giramento di testa, ho la pressione bassa, sai.’’ –mento sforzando un sorriso. ‘’Allora va bene, mi stavo preoccupando, eri davvero pallida. Comunque, io di cognome faccio Payne e sono qua da ieri sera, abito a pochi isolati da qua.’’ Cominci a venirmi il mal di testa, io sono una di poche parole e il mio nuovo compagno sta cominciando a stufarmi, coi suoi modi gentili ed educati. Grazie al cielo Price fulmina Liam con lo sguardo, e questo basta a zittirlo per tutta l’ora. Finalmente in pace, posso concentrarmi sulla lezione. Joyce mi piace moltissimo, è uno dei miei autori preferiti. Non credo possa dire lo stesso di Liam, che intento a disegnare aeroplani sul banco. Improvvisamente, non so bene perché, comincio ad osservarlo. Capelli castani, folte sopracciglia dello stesso colore dei capelli e occhi scuri. Alto, bel fisico, da sopra del colletto della camicia scozzese gli spunta una voglia nocciola, proprio sul collo. Devo ammettere che non è affatto un brutto ragazzo, ma non penso proprio sia il mio tipo. Lui gentile, chiacchierone e loquace, io aggressiva, sarcastica e sempre a corto delle parole giuste da dire. In fondo non mi interessa, è solo un compagno di banco. Però c’è qualcosa in lui, che non so ben definire, qualcosa che mi attrae.. Bah, sarà il mal di testa, la mancanza di sonno a farmi pensare queste cose. ‘’Tu mi stai fissando,’’ – fa Liam di colpo, guardandomi negli occhi. ‘’Invece non è vero,’’ – ribatto io sentendomi il sangue ribollire nelle vene. ‘’Certo che è vero, è più di dieci minuti che mi fissi, credi che non me ne accorga?’’ e di nuovo sorride, quello stupidissimo sorriso a trentadue denti. ‘’Sei davvero così arrogante da credere si essere al centro dei miei pensieri?’’ – gli rispondo di botto, con aggressività. Hola e benvenuta, alla parte migliore di me. Liam ride, una risata bella e cristallina, scuotendo la testa. ‘’Sei davvero spiritosa Julie. Neanche ti sei accorta di essere diventata tutta rossa. Sembri un peperone di quelli che si trovano ai supermercati.’’ E di nuovo ride, di certo la sua risata ha uno scopo crudele e maligno, ha già individuato il mio punto debole, così mi potrà colpire di nuovo. La campanella suona, tutti si alzano, il professore saluta, e io, io non so a cosa penso in quel momento, so solo di essere in imbarazzo, di certo quella cretina di Kate starà ridacchiando indicando il rossore sulle mie guance, magari ha assisto alla conversazione, ecco, ora parlano di me.. Così, di colpo, senza pensarci, tiro una sberla al mio nuovo vicino, una sberla forte, che gli lascia le cinque dita sul volto. Il ragazzo, stupito e ferito, mi fissa, in attesa di spiegazioni, che io però non do, perché esco dalla classe correndo, sentendo su di me le occhiate di tutti, le dita che mi indicano.. corro, attraverso le strade, fra macchine, donne, uomini, bambini, fino al grande campo che costeggia una fila di abitazioni lontane dal centro città, uno spiazzo verde solo per me. E lì mi butto a terra, tremando, cercando di trattenere le lacrime per l’ennesima volta.
  
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