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Autore: Ronnie02    06/02/2013    3 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Salve gente! Scusate ma la scuola chiama e mi ha trattenuta. PLUS, sono diventata un puffo (capelli blu :D) quindi l'euforia mi ha cancellato di mente l'aggiornamento. Chiedo umilmente perdono, sapete quanto io odi tenervi sulle spine per troppo tempo.
Ma ora vi lascio leggere, signori e signore.




Chapter 5. Secrets and mistakes

 





Andare da Starbucks non l’aveva mai preoccupata così tanto in tutta la sua intera vita. Ed è tanto a dirsi.
Natalie sembrava allegra come al solito, il che le fece sperare che non avesse capito nulla, oppure era veramente una brava attrice. Se avesse saputo la verità non sarebbe stata allegra… giusto?
Entrarono nella caffetteria e cominciarono a fare la fila. L’amica era totalmente rilassata e guardava in giro per cercare un posto dove sedersi. Dopo qualche persona toccò il loro turno e, senza lasciare parlare Ash, la spagnola ordinò due frappuccini: uno al caffè, il preferito di Natalie, e uno alla vaniglia, quello per cui andava matta Ash.
A volte ciò che gli Incompleti riuscivano a fare era davvero eccezionale. Edmund non l’avrebbe mai capito, ma ormai lei li apprezzava molto più di quelli che avrebbe dovuto considerare come fratelli.
“Allora signorina…”, sorrise Natalie appena si sedettero nel posto più nascosto della caffetteria e lei le passò il suo frappuccino perfetto. Okay, la ragazza aveva centrato il posto perfetto per parlare. “Va bene qui o dobbiamo andare via per parlare? Non so più se la spiaggia vada bene”.
Questo avrebbe dovuto rassicurarla? Natalie era sveglia, se non aveva capito le mancava davvero poco e la cosa la spaventava peggio di qualsiasi malattia letale o minaccia.
E soprattutto non so più se la spiaggia vada bene cosa dovrebbe averle fatto capire?
“Qui va benissimo”, disse preoccupata guardandosi intorno. Lo spazio attorno a loro era vuoto e nessuno avrebbe potuto disturbarle. “Ma dimmi che è successo dopo che sono andata via”.
“Chi era quel tipo vestito tutto di nero, tranne per il cappello?”, chiese però, senza rispondere ad Ash, spontanea, come se le avesse chiesto di che colore era la sua maglietta.
“Cosa?”, si stupì Ash. Non credeva che Natalie l’avesse vista in quel momento.
“Janet mi ha detto di aver visto un ragazzo, forse, vestito tutto di nero, tranne che per un cappello bianco ottico da far male agli occhi in confronto al resto. Non ha visto il viso però”, le spiegò Natalie, come se fosse una difesa perfetta.
“Si chiama Edmund”, si arrese Ash. “E’ un vecchio… conoscente. E’ venuto a chiedermi di tornare a casa”.
“E tu l’hai fatto? Così, di punto in bianco?”, chiese stupita Natalie, che sapeva quando Ash preferisse Los Angeles alla sua vera casa, sebbene questa non le avesse mai rivelato davvero dove abitasse prima del trasferimento nella città degli angeli.
Era ovviamente stupita, non si aspettava una risposta del genere. Sebbene avesse diversi sospetti, credeva fermamente che la scusa delle ferie per trovare la sua famiglia era una bugia. Eppure…
“Non li vedevo da anni ormai… avevo bisogno di ritrovarli”, mentì fermamente Ash, provando a tornare sul piano ora le domande le faccio io. Rivelarle di Edmund andava bene, forse, ma non sarebbe andata oltre.
“Sì, certo… era un tuo ex?”, entrò nel particolare la spagnola. Dio, sapeva che sarebbe finita così.
Natalie era certa che c’era dell’altro. Troppe cose non quadravano.
“Sì, Natalie… era un mio ex e ci siamo mollati di merda, quindi non volevo assolutamente rivederlo”, sbottò Ash, senza rendersi conto che in questo modo il suo alibi era caduto, in totale contraddizione con le precedenti affermazioni. Natalie si fece curiosa e sicura che Ash, in un modo o nell’altro, le avrebbe rivelato tutto.
“Quindi, facendo il punto della situazione: il tuo ex arriva all’asilo, ti chiede di tornare a casa e tu, visto che vi siete mollati orribilmente e non vuoi vederlo… ci vai?! Ora spiegami la tua teoria completamente logica e razionale, te ne prego”, ricapitolò Natalie, quasi a prenderla in giro.
Il problema era che Ash, seguendo la logica dell’amica, avrebbe dovuto risposto ‘non lo so!’ o ‘magari non avrei voluto che fosse finita…’, ma non era la verità. Non lo sarebbe mai stata e lei con le menzogne non ci voleva mai più avere a che fare.
Ma quando aveva deciso di trasferirsi lì aveva dovuto giurare a se stessa di non dire niente a nessuno, di mentire. Questa ormai era la sua vita.
Una bellissima bugia.
Se voleva dire a Natalie la verità, la miglior risposta sarebbe stata ‘stavo per morire e piuttosto che farmi uccidere da un emerito coglione che vuole la mia pelle, ho preferito svignarmela con quella spia del mio ex ragazzo che ora mi sta altamente sul cazzo’.
Quella sì che sarebbe stata una risposta con i fiocchi. Ma sarebbe finita in un mare di guai, peggio di quelli in cui già era immersa.
“Natalie, è andata così punto e basta. Sono dovuta tornare a casa”, cercò di riferirle il messaggio, sperando che lei capisse. Capisse cosa poi, Ash non l’aveva ancora afferrato davvero.
La sua mente era leggermente contorta, in quel momento, e Natalie voleva scoprire più cose possibili. Era come affamata di verità e nessuna delle risposte datale da Ash sembrava convincerla, men che meno saziarla.
Per lei era decisamente impossibile riuscire a capire perché Ash se n’era andata così all’improvviso con un ragazzo che, a quanto pareva, odiava con tutto il suo cuore, ma l’avrebbe scoperto.
“Va bene, lasciamo perdere il misterioso perché, Ash. Si può almeno sapere dove sei andata allora con questo tipo?”, cercò di scoprire più cose possibili la spagnola.
“Te l’ho detto: a casa”, rispose Ash, senza dire di più. Infondo in quella frase c’era una parte di verità. Altro non doveva dire.
Non poteva, ma Natalie ovviamente voleva saperlo. E l’avrebbe saputo, bastava solo essere concentrati sull’obiettivo.
“Non mi hai mai parlato di casa tua…”, sussurrò quasi delusa l’amica, mentre Ash desiderava ardentemente di alzarsi da quel tavolo e andare a casa. Non poteva farle questo.
Quando aveva accettato aveva creduto che sarebbe stata lei a scoprire qualcosa, mentre invece ora Natalie stava cercando qualsiasi modo per tirarle fuori quella verità che non poteva assolutamente comunicare a nessuno.
Ma che soprattutto la faceva star male più di ogni altra cosa al mondo. Fatemi andare via… piuttosto esco con Jared Leto!, pensò, quasi sperando che qualcuno la sentisse e la venisse a prendere.
“Non mi piace parlarne, lo sai Nat”, gli disse fredda, come se si fosse arrabbiata tutta d’un tratto. Non lo era, Natalie in fondo non poteva capire, ma in quel mondo sarebbe riuscita a salvare la verità.
Già solo al pensiero di parlare di casa sua, che poi non lo era affatto ormai, le faceva male, in più sapeva che Natalie ne sarebbe rimasta colpita… in tutti i sensi.
Loro non erano tenuti a sapere e in caso contrario, in questo periodo soprattutto, questi potevano anche venire uccisi. E lei non ci pensava proprio a far fare quella fine a Nat.
Se solo lei lo avesse capito…
“Avanti Ash, può averti fatto male, ma non puoi cancellarla del tutto quella parte della tua vita!”, rispose Natalie, mentre Ash sperava con tutto il cuore di rimanere bionda a ciocche blu.
“No, Nat, tu non sai niente! Posso eccome e ora non voglio parlarne”, alzò la voce, ma appena comparve del viola cercò di calmarsi, per tornare normale. Perché doveva fare così? Nat, basta, ti prego!, la supplicò mentalmente. “Lo sai come penso su casa mia, quindi ti pregherei di non chiedermi altro”.
“Va bene, Ash, okay. Calmati ora!”, sbuffò quella, non capendo il perché di tutta questa rabbia improvvisa.
Mai Ash Connor le aveva parlato a quel modo. Mai, in due anni che si conoscevano.
Certo, era poco in confronto ad amicizie secolari, ma Ash era sempre stata così tranquilla e sorridente con lei da non aspettarselo.
“Ora, per piacere, puoi spiegarmi che è successo? Sono in ansia da giorni!”, chiese Ash, sbagliando di nuovo. Le sue stupide domande mi faranno andare al manicomio, cazzo!, scosse la testa, preoccupata seriamente di non uscirne viva.
“Ma se l’hai saputo stamattina da Janet!”, l’accusò Natalie, per poi pensarci meglio, di nuovo curiosa. “Perché l’hai saputo da Janet, no? Oppure no… chi te la detto, Ash? Da quanto lo sai?”.
Cazzo Nat, lo so perché sono andata via proprio per quello!, avrebbe voluto rispondere la bionda, ma sapeva che non ci doveva nemmeno pensare.
Cercò di pensare svelta ad una soluzione, per sviare l’argomento, o sarebbe impazzita. Come se non lo fosse già abbastanza, poi. “Era per esagerare, Nat, non farmi il terzo grado. E comunque ancora non mi hai detto che cazzo è successo!”.
“Sei diventata parecchio strana, Connor, sappilo”, commentò la spagnola, chiamandola per cognome. Era da un anno e più che aveva smesso di farlo…
“E tu antipatica. Vuoi dirmelo o posso tornarmene a casa?”, le chiese scocciata Ash, tamburellando le dita sul tavolo, in preda ad una seria crisi di nervi.
Natalie sgranò gli occhi, la guardò malissimo e si ammutolì. “Sai una cosa? Visto che io sono antipatica, vai a cercarti qualcuno di più simpatico che ti racconti quello che è successo”, si alzò, prendendo la borsa e andandosene via. “Stronza!”.
“Oh, Natalie, finiscila”, la inseguì Ash, sperando che si fermasse e le raccontasse ogni cosa. Ma a quanto pare la scenata di prima non era andata molto a genio alla spagnola.
Allora lei cosa doveva dire? La stava praticamente interrogando su qualcosa che avrebbe compromesso la sua intera esistenza, senza alcuna pietà!
“Facciamo così, Miss Sei Antipatica”, si voltò Natalie, quasi a minacciarla. “Visto che ti sei arrabbiata per una stronzata, puoi anche farti gli affari tuoi e scappare con chiunque ti capiti a tiro, ma non venirmi a chiedere poi spiegazioni di quello che ti sei persa”.
“Natalie, lo sai che è un tasto dolente…”, cercò di spiegare Ash, provando invano di sistemare le cose. Ma voleva davvero tornare a parlare di quel posto con Nat?
No, per niente. Doveva sapere cos’era successo, però, e la testa le stava scoppiando. Che Dio mi salvi!, pensò.
“Siamo amiche da due fottuti anni, Ash, se non di più. Mi sono rotta il cazzo dei tuoi umori pazzi e dei tuoi segreti”, s’infuriò. “Finchè tu non mi dirai la verità, e voglio dire tutta la verità, tu non scoprirai niente di ciò che è successo”.
“Nat…”, provò a fermarla ancora.
Adios… amiga!”, la salutò ironicamente, andandosene via evidentemente furiosa. Bene… e ora?
Uscì lentamente dalla caffetteria, sotto lo sguardo scioccato dei clienti, e si appoggiò al muro color panna. Starbucks era solito essere nelle grandi piazze, e quello non era da meno, quindi evitò di scoppiare lì davanti a tutti.
Riprese le sue forze e, a testa bassa, tornò nel suo appartamento, non lontano. Intanto i suoi capelli si fecero sempre più scuri.
Era da tanto che non diventavano di quel colore. Era ancora una bambina quando era successo l’ultima volta.
Erano neri… neri come la pace.
Neri come un’anima spaccata in due dalla tristezza.
E nel mentre una lacrima cadde a terra.
 
“Merda!”, urlò Jared nel microfono, sotto lo sguardo stupito di Shannon e Tomo. “E vaffanculo, con tanto di grazie tante!”.
“Ehm… bro… che succede?”, provò a parlarci Shannon, entrando nella cabina di registrazione.
Jared era in piedi, davanti al microfono, senza chitarra alla mano e stava dando di matto. Tomo si stava preoccupando, ma lasciò fare ai fratelli, uscendo dal Lab per chiamare Vicki e sapere come andava il lavoro.
Stava lavorando su una nuova consegna, ma stavolta era più facile e stavano riuscendo a passare molto più tempo insieme, anche con Devon.
Intanto Shannon  guardava suo fratello come se lo dovesse studiare, in modo da non farlo arrabbiare più di quanto non fosse.
“Niente, non succede niente, merda!”, imprecò ancora, tirando un pungo al muro. Shannon si allontanò per un secondo, ma appena Jared coprì la mano con l’altra, ringhiando leggermente, si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla.
“Sei sicuro, bro?”, cercò di farlo parlare, con amore fraterno che tra loro avevano poche volte.
Non che non si volessero bene, anzi, ma poche volte avevano questi momenti affettuosi. Erano molto indipendenti tra di loro e provavano sempre a farcela senza l’aiuto di nessuno, ma a volte era meglio avere vicino il proprio fratello e Shannon sapeva che quello era uno di quei momenti.
“No, fanculo…”, si  voltò verso di lui, per poi girarsi a prendersi una sedia, abbandonata in un angolo della cabina, e sedersi pesantemente.
“Centra forse Ash Connor?”, provò a tirargli su il morale Shan, prendendolo un po’ in giro.
“Perché tutto deve collegarsi a quella bionda? Me la voglio scopare, non sposare!”, disse il fratello minore, alzando le mani come se volesse chiedere un qualche aiuto divino.
“Allora che succede?”, domandò il batterista, poggiando una mano sulla sedia, stanco di stare in piedi.
“Non lo so, ma più mi concentro per finire questa maledetta canzone più la testa mi scoppia. Trovo una nota e cancello un’intera frase, scrivo una parola e la musicalità va a puttane…”, spiegò il fratello, porgendo a Shannon il foglio che aveva davanti a sé.
Il batterista cominciò a leggere. Conosceva la canzone, Jared ci stava lavorando da mesi e per un attimo aveva pensato che l’avesse già finita. Invece aveva aggiunto solo poche cose e per il resto era tutto cancellato.
“Fratello basta con questa canzone, prenditi una pausa!”, gli disse Shannon spostando la mano dalla sedia alla spalla del fratello. “E’ ovvio che ti da alla testa dopo un po’; stacca un attimo”.
“Sì, forse hai ragione”, rispose Jared guardando Shannon, per poi alzarsi in piedi. “Vado a farmi un giro a prendere aria: questa stanzetta mi sta facendo impazzire”.
“Come vuoi, io provo un po’ la batteria, nel mentre”, sorrise il maggiore, mentre Jared lo salutava e usciva dal Lab. Andò nel giardino, dove c’era anche la grande piscina, e lì salutò Tomo, ancora al telefono con la sua bella.
Il croato ricambiò il saluto, solo con la mano, e così Jared lo sorpassò e uscì di casa.
Los Angeles.
La sua città. Era come sentirsi perennemente a casa.
Bossier City per lui era solo la cittadina in cui era nato, ma ci era stato davvero così poche volte e per così poco tempo che non riusciva a sentirsela sua. E così per tutti i posti in cui si erano trasferiti.
Los Angeles invece era la città che aveva sempre sognato, in cui aveva conosciuto uno dei suoi migliori amici e dove aveva realizzato tutti i suoi sogni.
Mise le cuffie nelle orecchie per sentire un po’ di musica e cominciò a camminare, pensando alla canzone. Shannon aveva detto di lasciarla perdere ma non ci riusciva. Si sentiva in dovere di finirla.
In strada c’era chiunque. Artisti senza casa, mamme con i passeggini, uomini d’affari di corsa, ragazzi in giro a non fare nulla e qualcuno che faceva jogging verso la spiaggia.
Il mare… era da una vita che davvero non andava al mare per un po’ di tempo. Era chiuso da troppo tempo in casa, quasi si era scordato com’era veramente uscire per farsi un giro.
Seguendo la folla di persone per strada, riprese a camminare, più veloce, e in pochi minuti arrivò in spiaggia. Casa sua non era in centro, ma ad arrivare al litorale ci si metteva comunque poco.
Il sole gli coceva quel poco di pelle che metteva in mostra – strana conseguenza dell’essere entrato negli anta, ma che appena sarebbe tornato a cantare in pubblico avrebbe dimenticato – ma si addentrò comunque nella sabbia.
C’era tanta gente, come ovvio visto che erano alla fine di Agosto e il turismo in quel periodo era alle stelle, così se ne stette di lato, camminando per arrivare agli scogli, che man  mano di facevano più alti.
Arrivato a destinazione decise di sedersi su uno dei sassi, lasciando che il vento si schiantasse sul suo cappello, che nascondeva il nuovo taglio di capelli.
Se lo tolse e alzò la testa verso il cielo, chiudendo gli occhi. Che lo vedessero pure e che gli facessero tutte le foto che volevano, a lui in quel momento non importava.
Abbassò la musica, fino a decidere che era ancora troppo alta e la spense del tutto. Il mare s’infrangeva sugli scogli e lo tranquillizzava. Provò a trarne una melodia per completare quella infinita su cui lavorava, ma, come sempre, più ci pensava più le cose non combaciavano.
“Fanculo”, disse a bassa voce. “Ha ragione Shannon”.
E lo pensava davvero, ma testardo com’era non riusciva a metterla da parte per crearne una nuova. Era come se fosse obbligato dal suo cervello a trovare una soluzione che non riusciva a cogliere, sebbene di sicuro era vicina più del mare, che gli spruzzava acqua dal basso.
“Sì, sono d’accordo”, sentì ridacchiare una voce femminile, dietro di lui. Si voltò e vide quella bionda di Ash Connor. Ok, il mio cervello è andato a puttane del tutto, pensò.
“Wow, Ash Connor mi parla come una persona normale”, sorrise lui, mentre lei si sedeva al suo fianco, guardando davanti a sé.
“Wow, Jared Leto ricorda il mio nome, ovvero di una comune mor… mortale”, disse Ash balbettando. Jared socchiuse gli occhi, come a cercare di capire il perché di quella pausa, ma lei nascose il viso con i biondi capelli. “E comunque mi dispiace, sei solo l’ultima spiaggia”.
“Cosa?”, s’offese lui, senza aver ben compreso che volesse dire.
“Ho litigato con Natalie, la mia collega nonché unica amica…”, spiegò lei, spostando la barriera di capelli e mostrando il suo profilo, ma sempre con lo sguardo fisso davanti a lei.
Jared si mise seduto bene e spostò la testa di lato, per guardarla meglio. Il blu dei suoi capelli era più scuro del solito… e i suoi occhi, anche se grigi come sempre, erano contornati da vene rosse.
“Hai pianto?”, chiese  lui.
Ash si voltò di scatto verso di lui, con uno sguardo strafottente e rimase così per qualche secondo. Jared la fissò per capire che aveva detto di male e alla fine lei fece un sorriso sforzato.
“Non sono una fottuta debole”, rispose lei, quasi come se fosse una scusa.
“Non ho mai detto questo. Le lacrime non ci rendono deboli”, disse lui, cercando di spostarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ma lei rifiutò il contatto.
“Pensavo di venire qui a sfogarmi con la natura, ma invece trovo te che mi dici frasi filosofiche da perfetto cantautore quale sei… che fortuna, eh?”, fece la spiritosa, cercando di trattenere le lacrime che, da quando era uscita da quella stupida caffetteria, volevano uscire.
Il ragazzo però era confuso.
“Sfogarti con la natura? Volevi prendere a pugni gli scogli?”, domandò.
Lei, in risposta, scoppiò a ridere, ma senza finzioni. Quel sorriso le aveva contagiato gli occhi e per un secondo fece sentire sollevato anche Jared.
Una frase perfetta gli saltò alla mente.
Eyes that laugh agaist the Hell.
Di sicuro l’avrebbe tenuta per la canzone, magari ci sarebbe stata bene. Ci avrebbe pensato poi.
“No, ma che dici?”, sorrise lei, per poi farsi più seria. “Pensavo di… di tuffarmi dagli scogli, tanto da buttar fuori un po’ di adrenalina”.
“Sì, sarebbe stata un’ottima soluzione”, commentò lui. “Ma se vuoi ti lascio fare”.
“No”, rispose lei, alzandosi di poco la maglietta, mostrando una pancia piatta, ma soprattutto pallida. “Niente costume”.
“E odi il sole, magari?”, sorrise lui, indicando il pallore della sua pelle. “Una californiana pallida mi mancava”.
“Anche tu sei pallido”, commentò lei, credendo di averla vinta. Ma quello non era il suo giorno fortunato a quanto pare.
“Io me ne sto rinchiuso in casa da Aprile  o anche prima, ovvero quando abbiamo deciso di partire a comporre per il nostro quarto album… tu che scusa hai?”, ridacchiò Jared, trovando la scusa migliore e lasciando Ash a bocca aperta.
“Va bene, vampiro dei miei stivali. Hai vinto tu, qui l’anormale sono io…”, disse lei, per poi continuare a bassa voce, dicendo: “Come se già non lo sapessi!”.
“Che intendi dire?”, chiese Jared, curioso, guardandola voltarsi verso di lui, sorpresa che avesse sentito il suo borbottio.
“Udito fine, sei davvero un vampiro allora”, scherzò lei, sperando di riuscire a farlo cambiare discorso. Oggi non era giornata, faceva un errore dopo l’altro. Era stata troppo tempo a contatto con il segreto da non essere più abituata a nasconderlo.
“A quanto pare…”, sussurrò lui. “Ma non hai risposto alla mia domanda”.
Merda, era convinto di poter strapparle la verità. Come in fondo aveva fatto anche Natalie.
Jared la guardò, provando a capire cosa le frullasse in quella testa bionda, ma senza capirci molto.
“Ecco io… non mi sono mai sentita… inserita, se così possiamo dire. Non vado mai d’accordo con le persone, mi fido di quelle sbagliate, oppure sono troppo irascibile per tenermele strette”, cominciò a parlare Ash, dicendo tutto quello che sentiva, seppur non rivelando qualcosa d’importante. “In più, non sono californiana, mi sono trasferita solo da qualche anno.
“Non mi sentivo a mio agio tra quelle persone, ma, comunque, sia qui che a casa mia… mi sento sbagliata. Laggiù ero strana, non ero come gli altri ragazzi o ragazze, e qui non sono abbastanza sociale per essere considerata”.
“Io non ti trovo strana”, le disse Jared, togliendo lo sguardo da lei e fissando l’orizzonte davanti a loro.
“Tu non mi conosci abbastanza”, sbottò Ash, in un sorriso triste e malinconico. “Se sapessi davvero chi io sia, avresti paura di me e non diresti che sono normale”.
“Che intendi dire? Che forse sei tu il vampiro, al posto mio?”, disse lui, forse prendendola come un gioco.
Sinceramente troppe cose non riusciva a capire di quello che Ash diceva. Ci provava, ma mancava sempre qualcosa.
“L’avrei seriamente preferito”, sorrise lei, senza essere davvero felice, come invece lo era stata quando lui le aveva detto di voler prendere a pugni gli scogli. “In realtà, io… non sono niente”.
“Niente?”, chiese Jared, sempre più curioso.
“Sono una Signora Nessuno a cui nessuno importa un bel niente”, riprese lei, cercando di non andare troppo nello specifico, visto che già stava rischiando grosso.
“Una volta ho fatto un film chiamato Mr. Nobody. Sei forse mia moglie e io non lo sapevo?”, sdrammatizzò Jared, mentre Ash lo guardò sorridendo, stavolta per davvero.
Come faceva a far stare così bene le persone con se stesse, senza nemmeno conoscerle a fondo?
“Wow… mi hai fatto sorridere due volte in meno di un’ora…”, commentò infatti.
“Sono bravo, eh?”, scherzò lui, facendola ridere. “Oh, ora siamo a tre. Mi merito proprio un premio speciale”.
“Già, hai ragione”, disse lei, mettendosi in piedi, e guardandolo dall’alto. “In fondo ho controllato la mia agenda come mi avevi consigliato e ho scoperto che venerdì sera sono libera”.
“Che fortuna. Direi che alle otto e mezza passo da te?”, chiese lui, contento di averla fatta franca, almeno in quel campo.
“No, non mi piace sapere che tu conosca il posto dove abito. Fammi sapere dove vuoi portarmi da Tomo, quando porta Devon, e mi farò trovare lì alle nove”, decise lei, sorridente.
“Mi sembra corretto”, accettò lui, pensando ‘tanto non ci metterò molto ad entrare in casa tua’.
“Bè, au revoir allora”, ridacchiò Ash, salutandolo con la mano e andandosene via.
Certo, quella ragazza lo intrigava parecchio, ma un appuntamento era un’altra storia. Qui si ritornava in guerra e lei aveva appena firmato una tregua.
Ma ovviamente lui aveva già programmato il trucchetto per sedurla nel modo più preciso ed efficace possibile. Un Leto, in fondo, non sbaglia mai.
“Arrivederci, biondina misteriosa”, sussurrò lui, tornando a guardare il mare.
She don’t really know what he wants from her.
 

...
Note dell'Autrice:
allora, punto 1. spero di riuscire ad aggiornare settimana prossima perchè: primo, è Carnevale e penso sarò impegnatissima; secondo, sono ad un punto morto dove sono arrivata sul mio pc, quindi penso ritarderò un pò. MI DISPIACE, sul serio. Vi farò sapere quando riaggiornerò, ma sarò o settimana prossima verso la fine, o inizio settimana dopo (non mesi, don't worry).
COMUUUUUUUUUUNQUE. Natalie, come siamo cattive, su! Un pò di fiducia! ...io sinceramente avrei dato di matto anche peggio di lei, ma fa niente :''D 
Jared... Jared, ci prova, come sempre. Ma riuscirà stavolta a fare qualcosa? (PS. tenete a mente la canzone).
PLUS, volevo dire una cosa: il fatto che Jared abbia cambiato look a Shan, qualche capitolo scorso, dicesse che fosse per un nuovo spot per Hugo Boss è stato un caso. Al tempo in cui scrissi quella parte non avevo davvero idea che lui avrebbe rifatto una pubblicità per quel profumo... anzi mi sono messa a ridere quando l'ho scoperto!
Bè, dopo questo papiro, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensiate, quindi recensitee  (senza obblighi ovviamente) :D

A presto, Ronnie02
   
 
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