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Autore: BellinianSwan    07/02/2013    2 recensioni
Scena di quotidianità nella vita napoletana del Leopardi, da considerare come un pezzetto di storia strappato via dalla storia principale, scritta da me "Amor Puro". Spero vi piaccia!
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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 Vivevano a Napoli ormai da due mesi. Beth non si era ancora abituata all'apertura e alla generosità di quella gente che anche vivendo nella miseria cercava di essere altruista e poco egoista.
Quello spostamento come tutti gli altri era stato dettato dal clima favorevole che forse avrebbe potuto aiutare la salute di Giacomo, lei ormai aveva quasi perso ogni speranza, ma nonostante ciò toccava a lei dare coraggio all'uomo che in tutti quegli anni non aveva mai smesso di amare. Era un pomeriggio soleggiato,l'aria era tiepida ed Elizabeth era seduta su una piccola spiaggetta deserta che distava pochi metri dalla loro villetta. Contemplava il mare da sotto le fronde dell'ombrellino che la riparavano dal sole. Lui era in veranda a prendere un po' d' aria, così come gli aveva detto il medico, gli aveva detto che avrebbe fatto bene alla sua salute. Passava il tempo chiacchierando con Antonio di filosofia, parlavano di Napoli, progettavano un' uscita a teatro. Da molto tempo Giacomo non andava a teatro nonostante la sua passione per l' Opera, perché la sua vista lo aveva abbandonato e la luce gli dava fastidio.La presenza di Antonio, molto cara anche a lei, era d'aiuto per risollevare la catastrofica situazione interiore di Giacomo. Il suo pessimismo e la disperazione erano diventati insostenibili più di quanto non lo fossero già i suoi malanni. Per staccare e poter riaffiorare nel mondo comune Elizabeth si prendeva quelle ore in cui abbandonava tutto e tutti per essere sola con sè stessa. Lasciò la spiaggia poco prima che il sole iniziasse a calare e tornò a casa.

Silvia, già giovane donna, partecipava volentieri alle conversazioni tra Ranieri e il padre, che erano soliti chiedere sempre la sua opinione sull' argomento preso in considerazione. Giacomo era fiero di sua figlia, ogni volta che dava tutta sé stessa in un' espressione d' opinione, lo faceva con grazia e filosofia e subito il padre le regalava un complimento e una dolce carezza sui setosi capelli mossi e castani, dei quali lui era tanto innamorato. Ormai era quasi ora di cena ed Elizabeth era tornata a casa giusto in tempo, seduti in salotto passavano il tempo giocando a carte, Silvia ricamava seduta in silenzio sul divano, il caminetto era acceso e riscaldava la stanza.

Elizabet aveva stabilito insieme alla cuoca, una signora napoletana di mezza età, il menù per la cena. Le aveva dato una mano nella preparazione non appena tornata daalla spiaggia. Mancava poco all'ora di cena quando entrò nella sala dove si trovavano marito e figlia.

Giacomo vide entrare la moglie.

- Buonasera... sei stata tutto il giorno fuori...

Sorrise divertito.

Elizabeth si avvicinò prima a Silvia e le diede una dolce carezza poi a Giacomo che baciò teneramente:

- Sono stata sulla spiaggia, oggi c'era un sole meraviglioso, ed il tempo è volato.

Giacomo sorrise dolcemente dopo aver ricambiato il bacio della moglie.

- Manca ancora molto per la cena?

- E' quasi pronta.

Disse posando delicatamente una mano sulla sua spalla.

- Chi sta vincendo?

Chiese notando che Giacomo ed Antonio erano intenti a giocare a carte.

- Siamo pari.

Rispose Antonio divertito mentre gettava una carta sul tavolo con un gesto quasi violento dopo aver dato uno sguardo veloce alle altre carte già posate.

Ma che bravi.

Disse ironica. Si sedette su un divanetto e attese che gli fosse servita la cena. Trascorsero alcuni minuti prima che fosse servita, in sala da pranzo. Presero tutti il loro posto senza quasi guardarsi negli occhi. La monotonia regnava.

Giacomo rimase tutto il tempo col capo chino sul piatto, il silenzio regnava, proprio come nel palazzo Leopardi a Recanati, ma Elizabeth dopo un po' non resistette più.

- Non abbiamo proprio nulla da dire? Questo silenzio mi distrugge...

Un' altra cena o colazione simile e le sarebbero saltati i nervi.

- Oggi non è stata una giornata molto movimentata... - Intervenne Antonio. - ... Ma io e Giacomo ci siamo ripromessi di andare a teatro una sera di queste..

Fu Antonio a cercare di sistemare la situazione, Giacomo non mosse neppure un dito. Elizabeth decise dunque di rivolgersi solo all'amico.

- Ah si? C'è qualcosa di interessante in calendario?

- Rossini.

Sbottò Giacomo poco prima di mettere in bocca un altro boccone.

- Dovevo immaginarlo.. - Disse sorridendo. - Beh sarà sicuramente una bella serata

- Sicuramente..

Sorrise Antonio per poi mettere in bocca un boccone.

Quando finirono di cenare, Elizabeth si mise al piano ed iniziò a suonare per sè stessa. Non era affatto certa che qualcuno desiderasse ascoltarla. Antonio era uscito con la sorella, senza specificare bene dove stessero andando, ma avevano detto che non sarebbero mancati per molto.

Giacomo sorrise dolcemente guardandola suonare, seduto su una poltrona in un angolo, si godeva il calore del camino acceso.

Lei si accorse di avere lo sguardo di Giacomo puntato su di sé. Non volle deluderlo ed iniziò a suonare uno dei pezzi da lui più amati.

Giacomo chiuse gli occhi beandosi di quella musica e poggiò il capo all' indietro sullo schienale della poltrona, era vestito da camera, un cuscino dietro la schiena e una calda coperta sulle gambe.

Non c'era nulla che sua moglie amasse più di poter dare piacere con piccoli gesti al suo amato marito. Suonò per quasi un'ora senza alcuna interruzione, fin quando lui, deliziato da quelle melodie, si addormentò col sorriso sulle sottili labbra.

Nel momento in cui terminò di suonare si accorse che nella stanza stava iniziando a fare freddo, così cercando di fare il minor rumore possibile ravvivò il fuoco nel camino.

Il poeta tossì appena stringendo appena la coperta nelle mani che teneva sul ventre con le dita incrociate tra loro.

La stanza si riscaldò in poco tempo. Beth tornò a sedere sullo sgabello davanti al pianoforte, si limitò ad osservare Giacomo che riposava beatamente. Il sonno era l'unico momento della sua giornata in cui nessun malessere lo disturbava.

Si muove appena chinando il capo di lato, poggiandolo sul cuscino che la moglie gli aveva messo dietro la schiena.

Elizabeth lo osserva come si fa con un'opera d'arte, una di quelle che ti lascia senza parole.. Merito dell'amore?

Dopo un po' si svegliò, aprì piano gli occhi, sollevò lo sguardo e vide la moglie, sorrise* Scusate... Mi sono addormentato...

- Non devi chiedere scusa, caro.

Gli disse lei sorridendogli con amore, poi gli chiese dubbiosa:

- Dove è andata Silvia?

Domanda inutile, dato che neppure suo marito poteva saperlo.

- Sarà a dormire, credo... perché?

Chiese.

- No, solo per sapere, mi sembra un po' presto per i suoi orari...

Elizabeth alzò le spalle e fece cadere l'argomento.

- Che ne dici di un bel tè caldo e poi ce ne andiamo a letto?

E la serata sarebbe finita così, con una tazza di tè e via. Ma no, era troppo bello per esser vero...

- E' una buona idea. Vado a prepararlo.

Elizabeth si alzò e andò in cucina, dove la cuoca stava per lasciare la stanza, pronta a tornare a casa. Appena la vide le chiese: - A Signò ma vostra figlia dove se ne va tutta sola la sera? - Elizabeth non comprese, eppure anche lei si era accorta dell'assenza di Silvia e la ragazza non poteva essersene andata a letto come aveva pensato Giacomo.

- Come dite?! - Ripeté. - E' uscita? - La donna continuò: - Si , poco fa, ma voi non ne sapevate niente?

Beth non sapeva assolutamente nulla., ma avrebbe dovuto e voluto scoprirlo. Giacomo, sentendo voci nell' altra stanza, si strinse nella vestaglia e scostò la coperta dalle gambe per poi alzarsi, sentì la moglie parlare con la domestica e le raggiunse in cucina. - Che succede qua? - Chiese entrando.

- Signor Conte, vostra figlia...

Elizabeth le fece cenno di tacere, ma Giacomo si precipitò davanti alla donna, preoccupatissimo e la prese per le braccia.

- Parlate... parlate, per l' Amor di Dio! Cos' è successo a mia figlia?!

La guardò con gli occhi fuori dalle orbite ed il viso era improvvisamente diventato più pallido del normale.

- Giacomo, tesoro, calmati, va tutto bene.. - Fece una pausa, poi continuò: - Silvia deve solo essere uscita a prendere una boccata d'aria..

Minimizzò la questione. Ci mancava solo che Giacomo si sentisse male, allora sì che sarebbero stati nei pasticci!

- Senza avvisare?! Non è mai uscita senza chiedere il permesso e tu lo sai bene, Elizabeth!

Le disse in inglese guardandola, mentre lasciava la domestica, che fino a poco tempo prima lo guardava sbigottita.

- E' abbastanza grande per poterlo fare, ha sicuramente sbagliato, ma ti prego non pensare al peggio.. Ci deve essere una risposta a tutto.

Continuò lei in inglese, una volta avvicinatasi a lui.

La povera domestica li guardava accigliata non capendo una singola parola di quello che si dicevano marito e moglie. Giacomo un momento la guardò e la congedò gentilmente, poi tornò alla moglie, sempre in inglese:

- Vorrei tanto sapere dove diamine se n' è andata!

L' affanno si faceva sempre più forte, sicché poggiò una mano sul petto e con l' altra si appoggiò al tavolo al centro della stanza, chiudendo gli occhi e cominciando a boccheggiare.

- Amore... - Lo sorresse. - Ti prego, stai calmo, sdraiati e rilassati, penserò io a cercarla.. Non ti devi preoccupare, sai che agitarti ti fa male...

Silvia non se ne sarebbe mai andata, e di certo non era stata rapita. Sarebbe tornata, lo sentiva nel suo cuore.

- Pero', ti prego, non esagerare col rimprovero.

- Non temere, saprò esser giusta.

Lo accompagnò fino al divano dove lo fece stendere. Poi indossò un mantello ed uscì. Le bastarono pochi metri, qualche isolato dalla loro villetta per trovare Silvia in compagnia di un ragazzo del luogo. Silvia parlava tranquillamente col ragazzo. Alto, elegante, poteva avere diciassette o diciotto anni, capelli scuri e occhi verdi, carnagione chiara, tipica dei nobili. Ogni tanto si lasciavano sfuggire qualche risata a qualche battuta. Elizabeth si appoggiò al muro del palazzo che faceva angolo con Vico del Pero, dove viveva Ranieri, sorrise teneramente guardandoli, mentre teneva le mani giunte, inguantate di camoscio bianco. Non volle disturbarli, non ne ebbe il cuore. Sembravano felici e spensierati. la paura l'aveva ormai abbandonata. Non sapeva solo se fosse giusto o meno parlarne a Giacomo. Indietreggiò di qualche metro iniziando a passeggiare al chiaro di luna.

Quando Silvia ed il ragazzo si salutarono, la ragazza non ci mise molto a trovare sua madre in attesa. Tentò di discolparsi, ma Beth la interruppe.

- Avresti dovuto dire che uscivi, almeno a me, io ti avrei retto il gioco, invece così facendo hai fatto preoccupare inutilmente me e tuo padre, lui soprattutto, cara, sai quanto sia fragile...

La guardò negli occhi, quasi addolorata e poi sorridendole disse:

- Non biasimo il tuo incontro, sono felice che tu abbia qualche amico.

Si limitò a dire amico, eppure sapeva bene come andavano le cose, le aveva provate lei per prima durante la sua vita londinese.

Quando tornarono a casa trovarono Giacomo in preda a un altro attacco d' asma, seduto sul divano, il respiro pesante si sentiva anche da dietro la porta d' entrata.

Elizabeth corse da lui, gli somministrò le gocce* e attese che il respiro si regolarizzasse.

- Caro, è tutto a posto.. Silvia era solo uscita a prendere una boccata d'aria, come avevo immaginato, ed ora è qui..

Non ebbe il cuore di dirgli la verità, non in quel momento.

Egli annuì tranquillizzato e poggiò la schiena sullo schienale del divano tenendo chiusi gli occhi.

Silvia non volle farsi vedere, si sentiva colpevole e temeva un qualche rimprovero. Beth si sedette sul bordo del divano e con grazia gli carezzò il viso, volendo così chiudere la questione fuga di Silvia.

- Dov' è Silvia...?

Biascicò con la sua voce fioca e tremante.

- E' Andata nella sua stanza..

Rispose lei dolcemente continuando a carezzargli il viso.

- Falla venire...

E fece per rimettersi dritto e si sollevò poggiandosi coi pugni sul cuscino del divano sul quale era seduto.

Andò a chiamare Silvia e la incoraggiò a raggiungere il padre in salotto* Papà, perdonatemi, io non aveva alcuna intenzione di farvi preoccupare...

- Non avete pensato che magari io mi sarei potuto preoccupare, com' è successo..? Stavo cominciando a pensare il peggio e sapete bene che ne risente la mia salute!

Disse leggermente irato.

- Ho sbagliato, ne sono consapevole, ma dato che si trattava di pochi minuti, credevo che nessuno se ne sarebbe accorto... Papà sapete quanto voi e la vostra salute mi stiano a cuore...

Disse Silvia prendendo una delle mani di Giacomo fra le sue.

Lui ritirò la mano senza degnarla di uno sguardo.

- Dovete avvisare la prossima volta. Domani non uscirete per tutto il giorno e nemmeno la sera, manderò qualcuno a controllarvi e guai a voi se non sarete in camera vostra!

Beth intervenne.

- Caro, non essere troppo duro con Silvia, ha sbagliato e lei stessa l'ha ammesso..

Non approvava quela durezza e quell cattiveria, e poi non voleva allontanare la figlia da un eventuale amico.

- Son io il capo famiglia! Non si discutono le mie decisioni! Ora andate!

- Vai pure cara.

Disse alla fglia che lasciò la stanza a testa bassa. Elizabeth tornò a sedersi accanto al marito.

- Non sei mai stato tanto duro con lei, non puoi cominciare proprio adesso...

- Sì invece, questa è un' età critica e bisogna tenerli d' occhio... i propri figli.

- Hai perfettamente ragione.. ma resta il fatto che sei stato troppo duro.

- Non cercare di farmi cambiare idea "furba inglese". - Enfatizzò le ultime due parole in inglese. - Sai bene che non puoi riuscirci!

- Te la vuoi prendere anche con me, adesso? Mio dio, più invecchi, meno si può parlare con te.... Incrociò le braccia al petto, indignata.

- Và a preparare quel thè, piuttosto...

- Adesso mi dai anche gli ordini? - disse fuori di sé. - Preparatelo da solo, io esco!

E ciò detto, indossò una seconda volta il mantello e tentò di uscire di casa, ma Giacomo si alzò di scatto e la prese per un braccio.

- Tu non vai da nessuna parte!

- Sei diventato matto? - Si divincolò. - ... E' così che mi tratti dopo tutto quello che faccio per te..?

Gli sputò quell'amara sentenza con violenza, se voleva la guerra che guerra fosse.

- Sai bene che non voglio che tu esca a quest' ora della notte!

- Va bene Giacomo, non esco, solo ed esclusivamente se mi prometti di non punire Silvia così duramente.

Lo guardò con sguardo amorevole.

- Ma è solo per un giorno! Cosa vuoi che sia un giorno?

- E va bene, hai vinto tu.. Ma almeno non fale pesare quest'errore.. Me lo prometti?

Chiese rassegnata senza staccare lo sguardo da lui.

- Sì... Ora, ti prego, ho bisogno di quel thè... Ho un gran mal di testa e voglio andare a letto...

Disse quasi con sofferenza.

- Va bene, tesoro.

Gli sorride dolcemente e gli diede una piccola carezza, andò in cucina a preparare il thè.

Ci vollero poco più di una decina di minuti per preparare il té, tornò da lui ormai calma, dopo aver allontanato dalla sua mente ogni sorta di pensiero negativo.

- Ecco, caro.

Gli porse una tazza di thé e Giacomo la prese tra le mani sorridendole.

- Ti ringrazio, tesoro... l' hai già zuccherato?

- Certamente, quattro cucchiaini colmi, come sempre

Gli sorrise ancora, prima di sedersi accanto a lui, che sorrise alla moglie e cominciò a sorseggiare il the.

- Stasera le andrò a parlare... Io voglio che lei si confidi con me! È molto probabile che tu sappia cose di lei che io non so. Dopotutto io non sono come mio padre e neanche come mia madre... Nonostante io sia cresciuto nei loro criteri, facendomi invecchiare precocemente.

Sospirò.

- Non è una questione di come sei tu, caro... La nostra Silvia ormai è adulta, e forse preferisce tenere per sé certe esperienze o emozioni.

Sperò che suo marito non fraintendesse.

- Certo, certo... Lo avevo dimenticato...

Dice mortificato e beve un altro sorso.

- Caro, spero che tu non mi abbia fraintesa... non era di certo mia intenzione..

- No, no... ho capito perfettamente... anch' io ero così.

Tenne il capo chino.

Gli cinse le spalle con un braccio e gli sussurrò:

- Sei un padre meraviglioso, non temere di aver commesso sbagli...

Lui terminò di bere il thè e batté dolcemente una mano su una di quelle della moglie, si alzò con cautela appoggiandosi alla moglie e si strinse la vestaglia attorno alla vita magra.

- Vado da lei..

Elizabeth gli sorrise.

- Sono certa che saprai dire la cosa giusta.

Almeno se lo augurava. Non era certa di come Giacomo avrebbe potuto prendere la notizia del nuovo amico di Silvia.

Le ricambiò il sorriso e si diresse verso la porta della camera della figlia, sentì dei singhiozzi, si sentì in colpa, non ostante questo bussò, un po' tentennante.

Silvia avrebbe voluto non rispondere, ma si sentì costretta a farlo. - Avanti.. - Disse timidamente.

Giacomo aprì piano la porta e fece capolino da essa.

- Silvia... ti prego, non piangere, bambina mia... Mi dispiace...

Le disse mortificato, entrò e si avvicinò a lei lentamente, sdraiata sul letto, ancora coi vestiti addosso.

- Padre, vi prego lasciatemi sola - disse. - So di avere sbagliato non ho bisogno di ulteriori spiegazioni...!

Affondò il viso nel cuscino.

-No, sono stato io ad aver sbagliato... Sono stato troppo duro con te.

Si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, accanto a lei, le prese dolcemente una mano tra le sue. Amore mio.. puoi perdonarmi..?

La guardò mortificato.

Silvia alzò la testa dal cuscino e vedendo quel suo sguardo mortificato non potè fare a meno di sentirsi ancora più in errore.

- Solo se voi potete perdonare me.

Strinse la mano del padre nella sua.

-Ma non avete nessuna colpa...

- Avrei dovuto avvertirvi prima di uscire, perdonatemi.

Lo guardò dritto negli occhi con tanto affetto e il padre le sorrise dolcemente.

- Scuse accolte.

Silvia ricambiò il sorriso.

- Ve ne sono grata, padre.

Mettendosi a sedere lo abbracciò, ora aveva il cuore in pace, il padre ricambiò il suo abbraccio e poggiando una mano dietro la sua nuca le baciò i capelli, ora tutto avrebbe potuto tornare come prima.

LEGGENDA dell' autore: gocce*: è una cura per l' asma inserita da me: un olio estratto da una specifica pianta, il nome della quale non ricordo, comunque pubblicherò presto un aneddoto molto carino scritto sempre da me sulla "scoperta" di questa cura.
   
 
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