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Autore: Shark Attack    07/02/2013    4 recensioni
Prendete una classica storia fantasy e buttatela via: il protagonista cade dalle nuvole e si ritrova a dover salvare il mondo come dice una profezia sbucata da chissà dove, giusto? No, non qui.
Lei è Savannah, lui è Nehroi: sono fratelli senza fissa dimora, senza passato, senza futuro ma con un presente che vogliono vivere a cavallo tra il loro mondo e il nostro seguendo solamente quattro regole: non ci si abbandona, si restituiscono i favori, non si prendono ordini e non si dimentica.
Sfidano antiche leggende, rubano amuleti e armi magiche di ogni genere per il solo fine di diventare più forti e usano i poteri per vivere da nababbi a NewYork. Il resto non conta. (... o almeno, così credono!)
[Grazie anticipate a chiunque vorrà essere così gentile da leggere e lasciare due parole di commento! ^-^]
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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22
Riflettere



«Così è questo il vostro piano?», mormorò odiandoli.
La voce della giovane jiin suonava così atona che non sembrava le appartenesse. Phil pensò per un istante alle voci artificialmente prodotte per gli apparecchi elettronici degli umani e si sentì preoccupato, prevedendo uno spettacolo simile a quello offerto dalla ragazza poche ore prima. Alzò lo sguardo su Silar Gerit, in piedi come lui dall'altra parte della sala, e non riuscì a non sorridere della sua espressione tranquilla ed ignara.
«Tutti gli orfani vengono messi nell'orfanotrofio. Si istiga la società perché non li facciano mai sentire amati. Li fate soffrire, patire, morire.»
Savannah snocciolava i concetti estrapolati dalle due riunioni con tanta freddezza da mettere a disagio i presenti, nonostante fossero già tutti al corrente di ogni cosa.
«Non sopravvive quasi nessuno. Ma se qualcuno ce la fa è perché è diventato abbastanza forte da poter diventare interessante per voi. Poi lo convocate e gli offrite una vita nuova e un posto in alto nella catena come premio e come colpo di spugna per cancellare l'odio verso il mondo. È così, Capi? O dovrei dire Assassini?»
Non una mosca avrebbe osato volare in una sala dall'aria tanto irrespirabile.
Nessuno disse nulla. Forse nessuno respirò.
Solo le righe scure sulla pagina del librone si mossero, allungandosi freneticamente ad ogni parola pronunciata dalla ragazza, po si fermarono.
Dopo quella che era sembrata un'infinità, il vecchio Kin posò le mani sui braccioli della poltroncina rossa ed iniziò a spingerla indietro. Gerit, alle sue spalle, lo aiutò prontamente e, non senza fatica, il vecchio barbuto si alzò in piedi, ergendosi per intero ed orgogliosamente nella sua piccola statura.
«Sono l'unico responsabile, qui dentro», disse con voce ferma e cristallina. Non era alto né fisicamente imponente, ma la sua presenza ricordava quella di una montagna e nessuno poteva dubitare che ne avesse anche la forza. Il suo sguardo era ancora più acceso di prima e sembrava provenire da tempi antichi ed immemori. «Nessun altro c'era quando il sistema è stato approvato. Se vuoi prendertela con qualcuno, io sono qui.»
Savannah si alzò in piedi a sua volta senza emettere un fiato. Lo fece lentamente, come se fosse stanca e ferita.
Gli occhi viola incrociarono quelli azzurri di Prachis Kin, il più anziano di tutti, e per un attimo l'atmosfera sembrò elettrica. L'espressione della jiin era indecifrabile ma questo non esulò i presenti dal convincersi che avrebbe accettato l'invito del Capo.
Quando schiuse le labbra rosee, tutti trattennero il fiato.
«La vendetta contro un vecchio», disse lentamente, con fatica ma fermezza. «Non riporterà indietro nessuno, e non ci toglierà le cicatrici.»
Kin abbassò la testa come se si stesse inchinando alla ragazza. Con enorme sorpresa di Savannah, non sorrideva.
«Sei saggia ed intelligente, Savannah di Feinreth. Confido che comprenderai il vero valore della proposta.»
Dette quelle solenni parole, Kin si sedette nuovamente sulla poltroncina e si richiuse in sé stesso e nello sguardo assente che aveva mostrato per la maggior parte del tempo. Si spense come se avesse finito le batterie e l'unico suono che provenne da lui fu quello della poltroncina che veniva spostata da Gerit, grattando sul pavimento.
L'atmosfera della sala sembrò rilassarsi con le sue membra stanche e tutti fecero un profondo respiro o due. Savannah rimase in piedi e immobile, tremendamente confusa. Provò un'orribile sensazione di vuoto allo stomaco e si scoprì ansimante.
Cosa voleva dire tutto ciò? Quale messaggio aveva cercato di farle arrivare il vecchio di Kyureth? Perché credeva che sarebbe stata all'altezza delle richieste dei Capi? E cosa gli faceva credere, dopo quel suo spietato resoconto sul sistema degli orfani, che avrebbe accettato di stare ancora alle loro regole?
Il respiro accelerò man mano che quelle e altre mille domande si affacciavano nitidamente nella sua mente e ben presto la ragazza si ritrovò sull'orlo dell'iperventilazione.
Girò su sé stessa ed uscì dalla sala veloce come un fulmine e nessuno, neanche Phil o Nehroi, riuscì a fermarla.
«Tra tutte le reazioni possibili... questa è quella che mi piace di più», commentò Goon ripensando a ciò che aveva rischiato poche ore prima. Si rilassò sullo schienale ed alzò una mano verso Nehroi, scattato a sua volta verso la porta ancora aperta. «Ti prego, caro, resta ancora con noi.»
«Devo an...»
«Tua sorella ha un terribile problema di autocontrollo, non credi? Forse è meglio che impari in fretta a gestirlo.»
Nehroi sbuffò stizzito mentre la porta sbatteva rumorosamente. «Ha un terribile problema con voi, non crede?», ribatté aspro.
Goon sorrise sereno e lo invitò a sedersi con un cenno della mano. «Sicuro che sia solo con noi?»
Il brehkisth smise definitivamente di tendere verso la porta. Tornò sui suoi passi ed appoggiò entrambe le mani sullo schienale della sua poltroncina. «Giusto, ha ragione. Krajal?», domandò pungente.
Phil si morse un labbro ma Goon sorrise ancora di più. «Come ho detto a tua sorella, avremo modo di parlare anche di questo.»
«Perché non me ne parla subito, invece?», tagliò corto Nehroi, «Perché ci avete chiamati con questo cognome? Nostro nonno è morto senza avercelo mai detto... ce l'avete dato a caso o è vero?»
La principessa sembrò agitarsi sulla sua poltroncina come se fosse diventata improvvisamente scomoda, ma non sollevò lo sguardo. «Siamo ancora indispensabili qui?», domandò con voce delicata e ferma. Nehroi realizzò solo in quel momento che era la prima volta che parlava e non riuscì a non sembrare sorpreso. Forse ormai iniziava a pensare che fosse muta.
Goon ed Heim si scambiarono una strana occhiata e scossero la testa quasi contemporaneamente.
«No, la riunione è sciolta. Stasera c'è una festa nella sala grande, sarà meglio che iniziamo tutti a prepararci...»
Nehroi allargò le braccia, sconfortato. «Quindi?», domandò. Nessuno lo udì, troppo impegnati a raccogliere le proprie cose e ad uscire nel corridoio spoglio come impiegati alla fine del turno di lavoro. «Non abbiamo finito!»
Il consigliere lo prese per un braccio e lo costrinse ad uscire, facendogli cenno di non dire altro, allontanandolo da Heim prima che lo disturbasse. Si era chinato sul librone e stava scrivendo qualcosa pronunciandolo sottovoce, alimentando ancora una volta le righe che comparvero magicamente sulla pagina. Nehroi e Phil camminarono seguendo la folla per un po', poi salirono una rampa di scale che nessuno stava prendendo e raggiunsero un terzo piano identico ai due sottostanti, con lo stesso corridoio spoglio. L'unica variante erano i tendoni delle tende, bianchi, e molte più porte.
«Ora possiamo parlare?»
Il tono di Nehroi lasciava perfettamente intuire la sua irritazione per essere stato zittito.
«O il nostro cognome è un segreto di stato?»
«Smettila di essere infantile», lo rimproverò il consigliere. «Goon vi ha promesso che avrebbe risposto ad ogni domanda, no? Saprai tutto, non fare il bambino esigente.»
Il brehkisth ridacchiò incredulo. «E da quando credi che vogliamo fidarci di questi tizi? O di te, ora che ci penso. Non so se eri attento, poco fa, quando Annah ha raccontato cosa...»
«Sì, c'ero anch'io», troncò Phil. «E vi sarei grati se la smetteste di fare le vittime e iniziaste ad essere adulti maturi.»
Nehroi si allontanò da lui indietreggiando di un paio di passi. Il suo sguardo obliquo non scalfì la determinazione del consigliere. «Parli sul serio?»
«Certo», disse, e Nehroi non dubitò di quell'affermazione.
«Quindi cosa, dovremmo dimenticare? Fare finta che non sia successo nulla?», domandò nuovamente, con la stessa insistenza che non smetteva di mostrare a tutti.
«No, no... ma superare la cosa? Credi che sarebbe così tragico?»
«Allora non hai capito niente!», sbottò furibondo.
Phil si inalberò. «Certo che ho capito! Ho visto anch'io cosa succede negli orfanotrofi di questo mondo, cosa credi? Non sono uno stupido e non potrei lavorare se non sapessi in che razza di posto mi trovo. Ho parlato con vari bambini che hanno passato esattamente quello che avete passato voi! Non siete speciali, raccontate tutti la stessa storia perché le vostre infanzie sono state tutte più o meno uguali, piene di dolore, perdite, mancanze...»
Nehroi si ritrovò per un attimo senza parole e senza fiato.
«Allora perché vogliono noi?», domandò dopo un po'.
«Adesso sei tu quello che non era attento prima.»
«Solo perché siamo ancora vivi?»
«Non tutti gli orfani si sono messi a girovagare per i due mondi come avete fatto voi, e forse è stata proprio questa la vostra salvezza. L'esperienza che avete guadagnato non la imparano neanche i jiin “normali”, quelli che studiano fino alla vostra età.»
Il brehkisth iniziò a sentirsi a disagio, incapace di ribattere alcunché.
Phil proseguì imperterrito, anche se la sua voce si incrinò. «Ma se non volete accettare la generosa proposta dei Capi, non se ne faranno una malattia. Aspetteranno che gli altri ragazzi in osservazione crescano e, se saranno idonei, proporranno lo stesso anche a loro. E voi avrete perso un'occasione irripetibile. Pensateci su.»
Phil fece per voltarsi e scendere le scale ma Nehroi lo afferrò per un braccio e lo fermò.
«Aspetta.»
«Devo andare a cercare Savannah e tu devi iniziare a prepararti per la festa», disse il consigliere senza neanche guardarlo in faccia.
Il ragazzo prese un bel respiro e lasciò la presa. Phil ricominciò a camminare, ma la voce desolata di Nehroi lo fece fermare.
«Cosa devo fare?», aveva detto.
Phil osservò la fronte corrugata di Nehroi, le sue labbra mordicchiate e gli occhi bassi, portatori di uno sguardo frenetico che non sapeva dove posarsi. «La tua stanza è la seconda su questo piano», gli rispose, «Dì alla cameriera di aiutarti, saprà cosa fare.»
L'umano svanì giù per le scale velocemente, prima che Nehroi si potesse accorgere che aveva evitato accuratamente di rispondere a ciò che gli stava chiedendo veramente.

Savannah era in giardino.
Phil non ci mise molto a trovarla, sebbene fosse nascosta dalle fronde coloratissime di uno dei tanti alberi rari e pregiati che vivevano lì da tempo immemore.
«Come stai?», le domandò quando fu abbastanza vicino da essere udito.
La ragazza lasciò cadere la foglia rossa che si stava rigirando tra le dita e si stiracchiò sull'erba, a braccia incrociate dietro la testa. «Mi sembra di non capire nulla», disse sconsolata.
L'uomo si sedette accanto al suo fianco ed alzò la testa: il cielo era scomparso quasi del tutto tra le foglie bianche, verdi e rosa dell'albero.
«Può consolarti sapere che tuo fratello è nella stessa situazione?»
«No.»
Phil sorrise. «Stasera c'è la festa, ricordi?»
«Perché Krajal?», domandò invece lei.
«Non ne sono sicuro... ma credo che il cognome di una persona provenga da quello del padre.»
Savannah gli lanciò una manciata di foglie colorate addosso. «Spiritoso!», soffiò, «Ma io dicevo sul serio...»
«Anch'io, cosa credi? Se potessi scegliere cambierei subito il mio, “Mayson” non mi piace per niente.»
«Cos'ha che non va?»
«Sono nato a Settembre.»
«Allora è tuo padre il “figlio di Maggio”?»
«Non ho idea di chi sia nato a Maggio. E ora andiamo, su, una festa ci attende.»
Si alzò in piedi e tese una mano verso la ragazza sdraiata tra le foglie. Quegli occhi viola spiccavano tra i colori tenui come gemme in un mosaico, protagoniste tra mille altre tessere anonime.
La bocca gli si fece improvvisamente arida e la mano sembrò vacillare mentre la pelle di Savannah la toccava, accettando la cortesia. «Grazie», disse lei.
Lui irrigidì il braccio più che poté per nascondere l'attimo di debolezza che l'aveva colto e la aiutò ad alzarsi. «Hai delle... delle foglie tra i capelli.»
Ci stavano bene, come delicate decorazioni floreali nella fluente chioma nera, ma non glielo avrebbe mai detto.
Savannah passò le dita tra i capelli e si tolse ogni foglia. Erano principalmente rosa e ne tenne una in mano, per giocherellarci.
Phil la condusse attraverso il giardino, tra tutti gli alberi variopinti, e non appena entrarono nel palazzo le indicò la strada per raggiungere le sue camere. «Una cameriera ti aiuterà a prepararti», la informò infine. «Ci rivediamo quaggiù alle dieci.»
Savannah annuì con un sorriso, poi sparì sulle scale.

Effettivamente, una cameriera c'era. Era una donna sulla cinquantina, dai lineamenti marcati e per niente dolci, lo sguardo piuttosto severo e la corporatura robusta. «Buon giorno», le disse con quello che forse voleva sembrare un tono cordiale. «Mi permette di aiutarla?»
Savannah deglutì e credette di aver sbagliato porta. Fece per voltarsi ed uscire ma la donna batté le mani con così tanta forza che le tremarono le ossa.
«Il mio compito per stasera è prendermi cura di lei, signorina», le disse marziale, ignorando il fatto che la sua sembrasse più una minaccia che una premura. «Mi segua nella camera del bagno.»
«So lavarmi da sola...», pigolò la ragazza.
Lo sguardo severo della donna si abbatté su di lei. «Mi permette di aiutarla?», domandò nuovamente. Savannah non ebbe la forza di contraddirla e la seguì a testa bassa.
Malgrado i suoi modi fin troppo energici, quella donna aveva saputo lavarla, curarla e sistemarla come mai nessuno aveva fatto prima di allora. All'inizio aveva provato imbarazzo nel togliersi i jeans, la maglietta bordeaux e l'intimo, ma non c'era voluto molto perché sprofondasse nelle piacevoli sensazioni che quell'esperta donna aveva saputo riservarle. Per qualche istante, Savannah si era domandata se una madre avrebbe fatto le stesse cose e quanti momenti simili avesse perso per sempre, avendoli finalmente conosciuti per poterli rimpiangere.
Si lasciò coccolare dai saponi, dall'acqua calda, dalle bollicine e dagli asciugamani soffici per una piacevolissima eternità e si sentì quasi triste quando fu il momento di uscire dal bagno per passare alla seconda fase della preparazione.
«Scelga l'abito», le comunicò la cameriera con il suo solito tono rude, come se fosse una questione di vita o di morte.
Aprì una piccola porta perfettamente mimetizzata con la parete e un'enorme cabina armadio comparve di fronte agli occhi sgranati di una jiin incredula.
La donna la prese per mano e la condusse nella stanzetta. «Gli abiti da sera sono di qua», disse.
«Sono... non ho mai visto tanti vestiti in vita mia! Neanche nei negozi!», esclamò la ragazza, incerta se lasciarsi andare all'euforia o se rimaner coi piedi per terra.
Solo quando la donna smise di camminare e la lasciò di fronte ad un'esposizione di tutto rispetto, Savannah realizzò che quelle cose color azzurro chiaro non erano delle custodie protettive degli abiti: erano gli abiti. Tutti dello stesso identico color nuvola.
«Sono tutti azzurrini?», domandò sorpresa.
La donna rise fragorosamente per un breve istante, poi scosse la testa e tornò seria. «Le feste dei Capi sono per i Capi e i loro ospiti. I Capi indossano abiti dello stesso colore del loro grado di magia e gli ospiti qualsiasi colore che non stia nella scala cromatica. Vanno bene anche bianco e nero, tanto tutti sanno che non esiste nessuno tanto potente.»
«Ma io non sono un Capo», concluse la ragazza, sforzandosi di non sembrare troppo sorpresa per la lunghezza e naturalezza della risposta appena ricevuta. Stava iniziando a pensare che non fosse in grado di mettere insieme più di quattro parole.
Allungò la mano per sfiorare quegli abiti splendidi e scoprire se fossero davvero morbidi e pregiati come sembravano. «Quindi avrò un vestito celes... ehi! Ma che diavolo!»
Il tessuto si era tinto di viola non appena la sua pelle l'aveva sfiorato. La cameriera ridacchiò ancora. «Non so chi sia e cosa faccia qui», le disse, «Ma mi hanno detto che lei deve mettere uno di questi abiti cangianti, ne scelga uno.»
Savannah provò una strana sensazione nell'osservare la rapidità con cui i tessuti si tingevano e stingevano tutti della stessa tonalità color glicine che aveva visto l'ultima volta nel rilevatore di Helea. Giocò per un po' a far scorrere le dita su tutti i capi, come se fossero i tasti di un pianoforte, e la scia violacea le seguiva perfettamente colorando ad intermittenza i vari vestiti.
«Scelga», le intimò la donna con un tono tanto scorbutico da far sobbalzare la ragazza. Le goccioline dei capelli scesero gelide lungo la sua schiena amplificando l'effetto agghiacciante dei modi bruschi della cameriera.
«Tu che colore fai?», le domandò candida, ancora meravigliata da quella scoperta.
La cameriera si alzò in piedi controvoglia, afferrò un attaccapanni a caso e sfiorò il busto di un abito senza maniche che terminava con una gonna rotonda e gonfia ricoperta completamente di altri pezzi di tessuto che svolazzavano come piccole ali. Non era uno dei vestiti più elaborati che ci fossero, né uno dei più belli, solamente il primo che la donna aveva vicino. Il vestito si tinse di un tenero color giallo canarino e Savannah trovò che fosse adorabile.
«Le piace?», abbaiò la donna. «Lo guardi lei.»
La jiin non fece in tempo a realizzare che la donna aveva pensato che la sua espressione sorridente fosse per l'abito e non per il colore quando si ritrovò il vestito, ora viola chiaro, tra le mani. «Sì, io... mi piace», balbettò. Non ne era per niente sicura, aveva adocchiato un altro paio di abiti più dettagliati ed affascinanti, ma non le andava più di stare in quello stanzino in compagnia di una presenza tanto ingombrante.
Quando lo indossò, però, dovette ricredersi e guardarsi più volte allo specchio. Non aveva mai indossato un abito del genere e vedersi lì, in quel rettangolo, tutta pulita, curata e racchiusa nel busto a tubino che si lasciava andare in mille veli sovrapposti l'uno sull'altro fino alle ginocchia... alzò un braccio e lo agitò per convincersi che quello fosse proprio il suo riflesso.
«Le piace», domandò o affermò la donna, Savannah non ne era sicura.
«Sì...»
Quell'abito non era niente di speciale, persino in un film di media qualità avrebbero trovato di meglio, ma era la cosa più bella che la jiin avesse mai indossato... o pensato che si sarebbe vista addosso.
La donna interruppe le sue fantasie con un grugnito. «Allarghi le braccia.»
«Perché?»
«Tolgo le cicatrici», rispose la cameriera con quella che voleva sembrare naturalezza.
Savannah fece un balzo all'indietro e la sua espressione contenta si trasformò subito in una smorfia impaurita. «No!», esclamò all'improvviso, spaventando la donna. «Se avessi voluto togliermele con la magia l'avrei fatto molto tempo fa, non credi?»
«Ma sono brutte», disse lei. «Rovinano la sua bella figura.»
La jiin scosse la testa con vigore. «Fanno parte di me, non le toglierò mai. Toglieresti i miei capelli se fossero brutti?»
«I suoi capelli sono belli.»
«Anche le mie cicatrici.»
La cameriera chinò il capo. Savannah capì solo qualche istante più tardi che la discussione era finita e si riavvicinò lentamente allo specchio. Quando rivide il suo riflesso, però, si accorse all'improvviso che la cameriera aveva ragione: quelle cicatrici, ora che gliele aveva fatte notare, erano davvero un pugno in un occhio. Ce n'erano due sul petto, vicino alla spalla sinistra, una sul collo, innumerevoli sulle braccia -compresa l'ultima arrivata, la più rossa, quella che Meede le aveva appena regalato – e altrettante più profondi sulle gambe. Non erano mai state così vistose, merito del lavaggio profondo ed accurato che aveva appena ricevuto, o forse non ci aveva mai fatto caso e non le aveva mai realmente viste.
In viso ce n'era una sola, vicina all'attaccatura dei capelli, e permise alla donna di farle un'acconciatura che lasciasse un ciuffo a coprirla, facendola felice almeno per un istante.
Mentre le ciocche nere venivano pettinate, ordinate arricciate od intrecciate a dovere grazie alla poca magia che la cameriera era in grado di usare, Savannah tese un braccio verso lo specchio e cancellò le cicatrici dal riflesso, immaginandosi come tutte quelle ragazze che non avevano mai dovuto lottare in vita loro. La sua immagine aveva tremato per momento, poi si era trasformata e la ragazza fece ancora più fatica di prima per riconoscersi. Immaginare di essere diversa, anche se solo in uno specchio, faceva uno strano effetto.
«È bellissima», disse la cameriera con un tono di voce così gentile e sincero che fece sussultare Savannah.
«Sembra una bambola.»
«Bella come una lady.»
Un pensiero attraversò la sua mente rapido come un fulmine, poi Savannah vide i suoi occhi riflessi trasformarsi e diventare da viola a verdi; i suoi capelli si schiarirono e diventarono castani. Guardò incredula il suo riflesso e questa volta ne fu certa: non era lei. Era la principessa Chawia.
Quando si accorse che era stata solo un'allucinazione, però, aveva già iniziato a sudare freddo e la cameriera si era allarmata. «Cosa succede», domandò di nuovo rude e scocciata.
Savannah provò a deglutire ma la gola era troppo secca. «Niente», sussurrò.
Il suo riflesso era tornato normale.
«Ha cambiato idea?»
La ragazza chiuse le mani a pugno. «No, assolutamente. Io non sono una lady.»
“E neanche una principessa.”



*-*-*-*



Sì, ci ho messo un po' (un beeel po') e sì, questo capitolo, come molti successivi, era già prontofattoefinito nel mio piccì da almeno un mesetto. Boh, diciamo che non avevo voglia di aggiornare, ma adesso sì ^^
Iniziamo a spostarci verso i capitoli più colorati, allegri e un po' frivoli di tutta (tutta!) la storia! ... godeteveli! xD
Sapete che ho scritto a mo' di puzzle tutta la storia fino al capitolo 54? O_O Sono pazzaaaa ma se mi viene l'ispiration all'improvviso devo metterla al sicuro, no?

Ah, adesso conoscerete meglio Silar! ^^ Poi voglio un parere tutto vostro su questi Capi e la vostra previsione su cosa succederà! Ahahah! <3

Alla prossima!
Ciao!

Shark
   
 
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