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Autore: elsie    08/02/2013    1 recensioni
"In ognuno di noi c'è un eroe e un assassino, essere l'una o l'altra cosa dipende da quale carta giocherà il destino." Delilah ha scelto di correre un rischio altissimo pur di proteggere la persona che l'ha abbandonata da bambina. Ora si trova ad essere una pedina in un gioco pericolosissimo, ma avrà anche la possibilità di tentare di salvare ciò che altri prima di lei hanno distrutto...
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Cap. 42 – The living and the dead Salve a tutti.

Se avete avuto la pazienza di aspettare, vi ringrazio di cuore. Se vi siete stufati dei miei aggiornamenti inaffidabili e mi avete mollata, non vi biasimo. In mia difesa posso dire che negli ultimi mesi ho avuto un po' di casini personali e la mia ispirazione si è data alla macchia. Ora però è tornata, e potete stare certi di una cosa: dovessero passare mesi o anni, io finirò questo racconto!!!

Questo è il penultimo capitolo; ne manca ancora uno e poi l'epilogo. Quindi, senza indugio (visto che vi ho mollato nel bel mezzo del cliffhanger) ecco il capitolo 42.

ATTENZIONE: questo capitolo contiene scene esplicite di violenza. (E' l'ultima volta, giuro.)

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Cap. 42 – The living and the dead

La prima cosa che Delilah notò quando riprese conoscenza fu l’odore pungente dell’erba bagnata contro la sua guancia. La nebbia che le avvolgeva la mente si stava lentamente ma inesorabilmente dissolvendo, e Delilah lottò per trattenerla. Non voglio svegliarmi, implorò una voce dentro di lei. Non voglio sentire più niente. Udì il crepitare di un falò, e il parlottio sommesso delle persone che gli si muovevano attorno.

“Delilah!” urlò una voce, e qualcuno corse verso di lei. Delilah tentò di aprire gli occhi, ma le sue palpebre si alzarono appena, riducendo la sua visione ad una fessura.

“Non ti avvicinare, Narcissa.” ordinò la voce di Micha, dietro di lei, e Dorian scoppiò sguaiatamente a ridere. Sua zia mugolò parole che Delilah non riuscì a comprendere.

Delilah sentì un’altra persona avvicinarsi e sussurrare qualcosa, poi altri passi che si allontanavano lentamente.

“Bellatrix!” gridò nuovamente Narcissa, la voce piena di disperazione, e Delilah sussultò. “Fa’ qualcosa! E’ tua figlia!”

Delilah sentì il suo cuore aumentare i battiti. Va tutto bene, sussurrò disperatamente una voce dentro di lei. Va tutto bene, lei é qui, lei si occuperá di me, deve farlo, andrá tutto bene...

“Delilah é sua, Narcissa.” rispose freddamente Bellatrix, come se stesse spiegando una cosa ovvia ad un bambino particolarmente stupido. “Può farne ciò che vuole.”

Delilah chiuse gli occhi e, lentamente, fece correre la lingua sulle sue labbra tumefatte. Il dolore era tornato, talmente intenso da toglierle il respiro, e Delilah sperò di poter svenire di nuovo.

In quel momento un lungo sibilo ruppe il silenzio, e quando Delilah tentò di nuovo di aprire gli occhi riuscì ad intravedere il grosso corpo di Nagini scivolare sul prato. L’odio che aveva provato fino a poco prima tornò a ruggire dentro di lei, scuotendo il suo corpo come una scarica elettrica e facendole serrare i pugni per la rabbia. Il dolore al braccio sinistro fu talmente intenso che Delilah non riuscì a trattenere un gemito.

L’intero campo ammutolì, come in attesa, e Delilah udì il rumore leggero di passi avvicinarsi al falò. “Mio Signore...” mormorò una voce piena di reverenza, e con un vaso senso di nausea Delilah immaginò di vedere sua madre accanto a Voldemort, le labbra socchiuse e gli occhi luccicanti.

“Nessuna traccia del ragazzo, mio Signore.” raspò Antonin Dolohov, e l’intera radura sembrò trattenere il respiro.

Per quello che sembrò un tempo infinito, sul campo calò il silenzio. “Ero sicuro che sarebbe venuto.” sibilò infine Voldemort, e in quel momento Delilah udì chiaramente qualcuno farsi largo tra i cespugli che delimitavano la radura.

“Harry, no!” gridò una voce disperata.

Stringendo i denti per non svenire, Delilah si sforzò di alzare la testa, e vide la grossa figura del guardiacaccia di Hogwarts, un mezzogigante di nome Hagrid, scuotere l’albero a cui era stato legato.

“Silenzio!” urlò Rowle, agitando la bacchetta, e la voce di Hagrid si spense.

Delilah si voltò. Potter era in piedi al centro della radura, gli occhi fissi in quelli di Voldemort, e per la prima volta Delilah lo vide per quello che era veramente, non come Il Ragazzo Sopravvissuto, non come La-Nostra-Unica-Speranza-Contro-Tu-Sai-Chi, ma come un diciassettene magro ed occhialuto, con le spalle troppo strette per la responsabilitá che gli era stata gettata addosso.

Non farlo! fu sul punto di gridargli. Non farlo. Vattene e vivi. Questa non é solo la tua guerra!

In quel momento Voldemort estrasse la bacchetta, ma Potter non lo imitò. Per un secondo, un’ora, un millennio, il tempo stesso sembrò congelarsi, poi un lampo di luce verde illuminò la radura, ed Harry Potter cadde all’indietro, faccia a terra, e non si mosse più.

Il silenzio che era calato sulla foresta si prolungò ancora di qualche secondo, come se nessuno dei presenti riuscisse a capacitarsi di quello che aveva appena visto, poi decine di grida di giubilo scossero la notte. La guerra era finita.

Delilah osservò il corpo di Harry, riverso dall’altra parte della radura, ma la sua mente rimase ostinatamente muta, come se il linguaggio umano non avesse ancora trovato parole per descrivere quello che era appena successo.

E’ finita. La ferita sul suo petto colò pus e sangue, e Delilah rabbrividì involontariamente. La guerra é finita.

Nella gioia del momento nessuno dei Mangiamorte, a parte Bellatrix, sembrò essersi reso conto che il loro maestro era caduto a terra. Delilah vide sua madre avvicinarsi di corsa alla sua figura accasciata, e posargli una mano tremante sulla spalla.

“Mio Signore.” mormorò Bellatrix, inginocchiandosi accanto a lui. “Mio Signore, lasciate che io...”

Voldemort si tirò in piedi e la allontanò bruscamente da sé. “Non ho bisogno di aiuto.” le disse freddamente, e in quel momento Nagini emise un sibilo acuto. Sulla radura calò nuovamente il silenzio.

“Il ragazzo...” sibilò Voldemort. Forse il dolore le stava ottenebrando il cervello, perché a Delilah sembrò di udire, nella sua voce, un’ombra di timore. “E’ morto?”

Tutti i Mangiamorte nella radura sembrarono trattenere il respiro. Attraverso la fessura tumefatta del suo occhio sinistro, Delilah vide Voldemort voltarsi verso sua zia, immobile in un angolo della radura. Lucius le era a fianco, il braccio cinto attorno alla vita di lei.

“Tu.” Voldemort le puntò addosso un dito scheletrico, e Narcissa impallidì. “Va’ a controllare.”

Per un istante, le dita di Lucius si contrassero sul fianco della moglie, come se non volesse lasciarla andare. Ma prima che lui potesse fare qualcosa per trattenerla Narcissa si staccò da Lucius, avanzando a passi incerti verso il corpo di Harry Potter.

Delilah trasse un lungo respiro, l’odore del sangue, del proprio sangue, intriso nelle narici. Il suo braccio sinistro era dal gomito al polso un ammasso di carne viva e vesciche gocciolanti, e il bruciore era talmente intenso da farle pensare che il suo braccio fosse ancora avvolto dalle fiamme. Si sentì sul punto di svenire di nuovo.

Qualcuno le sferrò un calcio nella schiena, facendole aprire gli occhi di colpo. Una nuova ondata di dolore squassò il suo corpo, togliendole per un attimo la vista. “Non puoi svenire proprio adesso.” le ringhiò Dorian Carrow con una risata di scherno. “E’ adesso che viene il bello, puttana.”

Quando le tenebre davanti ai suoi occhi si diradarono, Delilah vide Narcissa alzarsi tremante dal corpo di Harry e voltarsi a guardare Voldemort.

“E’ morto.” disse.

Ci fu come un’esplosione attorno a lei, decine, centinaia di voci che gridavano, urlavano, al colmo della gioia, persone che correvano da una parte all’altra della radura, scambiandosi abbracci e pacche sulle spalle. E’ finita, é finita. Narcissa era tornata accanto a Lucius e i due si tenevano da parte, la loro quietezza stranamente fuori posto nel mezzo dei festeggiamenti. Delilah chiuse gli occhi, e questa volta persino Dorian Carrow la lasciò in pace.

“Bene, bene.” La voce di Voldemort le arrivò al di sopra del tumulto. Le grida si spensero di colpo, e Delilah aprì gli occhi per vedere il Signore Oscuro voltarsi lentamente verso i suoi Mangiamorte, la bocca contorta in un ghigno di trionfo. Nagini si avvicinò strisciando al suo padrone, e sibilò forte.

“Bene, bene.” ripeté Voldemort lentamente, accarezzando la testa del serpente con le sue dita scheletriche. Lo scintillio vorace nei suoi occhi di sangue gelò Delilah di paura. “E’ora di tornare al castello e mostrare a tutti che ne é stato del loro eroe. Rowle, porta qui il mezzogigante.” comandò, e un coro di risate si alzò nella radura mentre il Mangiamorte biondo avanzava verso Potter, trascinandosi dietro il suo prigioniero in catene.

“Credo sia appropriato che sia tu a riportare ad Hogwarts il tuo piccolo amico, non credi?” gli sibilò Voldemort, la voce grondante sarcasmo, mentre Hagrid sollevava con delicatezza il corpo di Harry e lo stringeva fra le sue braccia, singhiozzando.

“In marcia.” ordinò Voldemort, e i Mangiamorte si misero in cammino. Delilah udì una risata acuta, quasi infantile, e vide sua madre avvicinarsi di corsa ad Hagrid ed osservare il corpo di Potter con un’espressione estasiata, per poi voltarsi verso il Signore Oscuro con un sorriso di pura gioia dipinto sul volto, gli occhi scintillanti d’adorazione.

Fu in quel momento che Delilah si rese conto che Bellatrix era innamorata di lui, e lo sarebbe stata per sempre.

Voldemort si voltò brevemente verso Delilah, squadrando freddamente il suo corpo martoriato.

“Carrow, portatela dietro.” ordinò a Dorian. “Ho intenzione di fare di lei un esempio.”

Delilah udì la risata di Carrow, e il mormorio di un incantesimo, poi il suo corpo immobile fu trascinato da forze invisibili lungo il terreno della foresta.

Dopo cento metri Delilah cominciò ad urlare. Dopo duecento, misericordiosamente, perse conoscenza.

****

“Sveglia!”

Un getto di acqua gelata la colpì in piena faccia e Delilah sobbalzò, annaspando per respirare.

Per un istante il sogghigno sadico di Carrow le si parò davanti, poi quello che vide fu un mare di gambe e di mantelli. La processione dei Mangiamorte si era fermata e Delilah si rese conto di essere ora sdraiata sulle pietre che lastricavano il cortile di Hogwarts. Una sottile striscia di sangue colava dalle sue ferite, imbrattando la pietra.

“NO!” urlò qualcuno. “NO, HARRY, NO!!”

Altre voci si unirono al grido, un coro di rabbia e disperazione che Delilah sapeva si stava alzando dal gruppo di coloro che erano sopravvissuti all’assedio. Con un barlume di speranza nel cuore, cercò di distinguere le voci di Charlie, di Tonks e di Draco, ma era impossibile in mezzo a quel caos.

“Silenzio!” gridò Voldemort. Ci fu un lampo di luce accecante seguito da un’esplosione, e il coro di voci si spense di colpo.

“Harry Potter é morto, ucciso mentre cercava di fuggire per mettersi al sicuro.” La voce del Signore Oscuro rieccheggiò nell’aria fredda del primo mattino. Delilah sentì un brusio levarsi tra i sopravvissuti.

“La vostra causa é persa.” continuò Voldemort. “I vostri numeri sono stati decimati, e il vostro condottiero é morto.” Il disprezzo nella sua voce sferzò l’aria come una frusta e, da qualche parte in mezzo alla folla, le arrivò la risata di Bellatrix.

“Inginocchiatevi di fronte a me,” continuò Voldemort, la sua voce ora quasi conciliante. “e otterrete il perdono per voi stessi e per le vostre famiglie. Giuratemi fedeltá, e non vi verrá fatto alcun male. Vi sará concesso di tornare alle vostre case, dai vostri genitori e dai vostri figli, e vivrete per vedere il nuovo mondo che costruiremo insieme.” Fece una pausa, e Delilah udì il sibilo acuto di Nagini. “Resistete, e sarete sterminati.”

Dall’altro lato del cortile giunse solo silenzio. Poi, inaspettatamente, una voce bassa e roca si alzò dal gruppo dei Mangiamorte.

“Draco.” chiamò Lucius Malfoy. “Draco.”

Delilah sentì il suo cuore accelerare pazzamente, e strinse i denti contro la fitta di dolore che la percorse. Chiuse gli occhi, ed immaginò di vedere Draco in piedi accanto all’entrata del castello, circondato dagli altri sopravvissuti.

“Draco.” La voce di Narcissa si era unita a quella del marito. “Vieni.”

Nella sua mente, Delilah poteva vedere gli occhi grigi di Draco scrutare la folla dei Mangiamorte dall’altro lato del cortile, i capelli spettinati e i vestiti sporchi e stracciati. Nella sua mente, lo vide raddrizzare le spalle e l’espressione sul suo viso farsi più decisa, e il suo sguardo fissarsi dritto in quello di Voldemort.

“No.” La voce di Draco eccheggiò tra le macerie del castello.

L’orgoglio le si insinuò come un’onda calda nel petto, facendole gonfiare il cuore di gioia e piegando in un sorriso gli angoli delle sue labbra tumefatte.
 
Il silenzio che seguì sembrò prolungarsi in eterno.

“Molto bene.” La voce di Voldemort era glaciale. “Carrow, portala qui.”

Delilah sentì le persone davanti a lei spostarsi e Dorian sferrarle un calcio nel costato per farla voltare verso l’altro lato del cortile. La punta del suo stivale entrò in contatto con le sue costole fratturate e Delilah urlò, accecata dal dolore.

Quando poté vedere di nuovo, scorse tra i sopravvissuti la figura di Charlie, pallido come una statua di gesso, gli occhi fissi su di lei. Quando i loro sguardi si incrociarono Charlie fece un passo in avanti, ma subito Bill lo trattenne per un braccio.

Sentì delle voci femminili chiamare il suo nome, e Delilah si voltò per vedere Tonks in piedi tra Remus e la signora Weasley, le mani premute sulla bocca e gli occhi pieni di lacrime.

Dorian l’afferrò per i capelli e la gettò ai piedi di Voldemort, ma Delilah gemette appena. I suoi occhi continuarono a scrutare il cortile, vide lo sgomento e l’orrore negli occhi delle persone che la osservavano. Vide Draco deglutire e cercare il suo sguardo, vide Hermione tremare ed aggrapparsi a Ron, vide Charlie scattare in avanti e tentare di divincolarsi dalla presa di Bill.

Vide sua madre scrutarla indifferente, come se fosse per lei un’estranea.

Questo é ciò che capita ai traditori.” sibilò la voce gelida di Voldemort. Si voltò verso i suoi Mangiamorte. “Che sia di lezione anche a voi.”

Delilah udì la sua bacchetta fendere l’aria e un secondo dopo si trovò sospesa a circa un metro da terra. Una corda invisibile sembrò avvolgersi attorno ad ognuno dei suoi polsi, facendole spalancare le braccia come se si trovasse su una croce. La sua maglietta era ridotta a brandelli che penzolavano insanguinati dalle sue braccia, ma solo una minuscola parte del suo cervello registrò l’umiliazione. Il dolore era talmente atroce da mozzarle il respiro e Delilah boccheggiò, ogni singolo nervo in fiamme.

Le corde si tesero improvvisamente, strattonando le sue braccia all’indietro come quelle di un burattino. Le sue articolazioni scricchiolarono dolorosamente e Delilah aprì la bocca per urlare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. Riuscì solo ad inghiottire un sorso d’aria, gli occhi spalancati per il dolore. Le corde tirarono ancora, lentamente, e Delilah strinse i denti per preparsi a sopportare il sonoro crack delle sue ossa che si spezzavano, e l’agonia che ne sarebbe seguita.

Improvvisamente ci fu uno scoppio e un grido, e l’incantesimo che la teneva legata svanì di colpo. Delilah cadde sulle pietre del cortile, e vide Harry Potter balzare via dalle braccia di Hagrid, bacchetta alla mano, e correre zigzagando lungo il cortile.

Delilah sbatté un paio di volte le palpebre, chiedendosi se il dolore e il trauma l’avessero fatta impazzire, ma poi il tremendo urlo di furore di Voldemort le confermò che era tutto vero.

Galvanizzati dalla misteriosa resurrezzione del loro eroe, i difensori di Hogwarts si lanciarono all’attacco, sorprendendo i Mangiamorte che ancora sembravano incapaci di credere a quello che era appena successo. La battaglia riprese; ma questa volta erano i Mangiamorte a doversi difendere, e le loro linee sembravano in seria difficoltá.

Delilah udì Nagini sibilare, rabbiosa e confusa, mentre molti dei seguaci di Voldemort abbandonavano la lotta e correvano verso i cancelli, smaterializzandosi non appena li avevano superati.

Voldemort non é più il più grande mago oscuro di tutti i tempi. Non può uccidere Harry Potter, e la sua leggenda é finita per sempre. Morta e sepolta.

In quel momento udì il rumore di stoffa che si lacerava, e Lucius Malfoy si inginocchiò accanto a Delilah, avvolgendola nel suo mantello. Narcissa si chinò su di lei e le accarezzò i capelli, piangendo. “Delilah, oh, Delilah.”

Nello stesso istante, Delilah vide Charlie farsi largo tra la folla e inginocchiarsi al suo fianco. Per quello che sembrò un’eternitá lui e Lucius si guardarono negli occhi, l’aria tra di loro tesa come la corda di un violino.

“Tornate indietro!” La voce di Bellatrix rieccheggiò per il cortile, schiumante di rabbia. “Tornate indietro e combattete!”

Lo sguardo di Lucius tornò su Charlie.

“Aiutala.” gli disse, la sua voce ferma e decisa come era stata un tempo.

Delilah vide Charlie annuire. Le sue braccia la sollevarono da terra per poi stringerla delicatamente contro il suo petto.

“Va tutto bene, piccola, va tutto bene. Ti faremo stare meglio. Andrá tutto bene.” le mormorò nell’orecchio mentre la portava verso la Sala Grande.

La battaglia infuriava attorno a loro, ma Delilah lasciò che la sua testa si abbandonasse contro la spalla di Charlie,
lasciò che una lacrima le solcasse finalmente una guancia, e che le tenebre tornassero ad inghiottirla.

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Ebbene sì, vi ho fatto aspettare mesi per poi incastrarvi con un altro cliffhanger. Sorry. Se può farvi stare più tranquilli, sappiate che Delilah non è morta neanche stavolta.

Come ho detto, il prossimo capitolo sarà anche l'ultimo. Poi ci sarà l'epilogo, e poi "The Other Side of This Life" sarà finalmente un'opera completa. Non faccio previsioni per quando posterò il capitolo, ma state sicuri che prima o poi succederà.

Mi rendo conto che questo capitolo si discosta abbastanza dal canon, ma nella mia headcanon Draco non è completamente imbecille ed ha imparato dalle esperienze che ha vissuto negli ultimi due anni. Per quanto riguarda Remus e Tonks, beh, mi dispiace, ma non perdonerò mai la Rowling di averli ammazzati liquidando la loro morte in due righette striminzite. E poi, Delilah aveva già sofferto abbastanza. (Tra parentesi, le scene cruente sono finite, lo giuro.)

Ringrazio di cuore Hotaru Tomoe e Erodiade per aver recensito i due capitoli precedenti. Loro due sono le mie lettrici più fedeli e non ho parole per esprimere la mia gratitudine per tutto il loro sostegno ed incoraggiamento.

Erodiade mi ha fatto notare che nel capitolo 39 c'è un errore madornale: Delilah para per ben due volte un Anatema-Che-Uccide. Ho provveduto a correggere le parti incriminate. Un grosso grazie ad Erodiade per avermi fatto notare il mio errore.

Concludo dicendo che il titolo è una canzone di David Dondero.

Grazie ancora per aver letto!
  
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