Avrebbe
potuto dirle tutto, Phebe, quella volta :
“Guarda che lui è innamorato di te!
Sveglia!”. Però non lo fece. Ci aveva
riflettuto, e le occasioni per farlo erano state moltissime…
Ma era un compito
che non spettava a lei; così sarebbe uscita di scena
lasciando il destino a
fare il suo corso.
Era
arrivato il momento di partire, tornare alla babbana
normalità.
Così
Ron, volenteroso, la stava aiutando a caricare il
suo baule sul retro della carrozza sulla quale sarebbe partita alla
volta della
stazione. Apprezzava molto che quella mattina fossero accorsi i suoi
amici,
saltando la colazione, per venirla a salutare. Li abbracciò
uno per uno,
un’ultima volta: Ron, Harry, Hermione, Cho, Colin, Cedric, e
per ultimo suo zio
: “Grazie dell’ospitalità!”
gli disse abbracciandolo alla vita, “è stato un
piacere, torna presto a trovarmi!” rispose lui, con gli occhi
lucidi e tirando
su col naso. Harry allora guardò Colin eloquentemente.
Questo gli consegnò un
piccolo libricino che aveva tutta l’aria di contenere delle
fotografie.
“Abbiamo
chiesto a Colin di fare questo per te.” Disse a
Phebe avvicinandosi per porgerglielo; lei sorridendo lo prese e lo
aprì: come
volevasi dimostrare era un album, e le foto ritraevano alcuni momenti
passati
con loro negli ultimi giorni.
“Ti
giuro, non mi sono mai accorta che ci stessi
spiando!”
“è
un paparazzo professionista!” scherzò Ron dandogli
una pacca sulla spalla.
“Grazie…-
richiuse l’album,- grazie mille…è stato
bellissimo stare qui con voi…- Hagrid si soffiò
il naso, - è meglio che vada,
ora, prima che inizi a piangere…”
“Mi
raccomando, scrivici!” le disse Cho, mentre lei
saliva sulla carrozza, sporgendosi per salutarli tutti con la mano
mentre il
mezzo iniziava a muoversi lungo il sentiero battuto costeggiando la
collina che
colava poi a picco sul lago. Dopo una curva non li vide
più…era finita.
Si
affacciò allora dall’altro lato, osservando
malinconicamente le acque calme del Lago Nero. Ma sul ciglio della
strada,
prima che si inoltrasse tra gli alberi di un piccolo bosco poco
più avanti,
un’altra figura attendeva il suo passaggio.
Draco era
uscito presto quel mattino in cui la nebbia
gli pizzicava il volto. Aveva passeggiato fino al campo di quidditch.
Presto
avrebbe ripreso gli allenamenti, gli mancava giocare. Poi aveva
raggiunto la
via che portava alla stazione.
Voleva
vederla andare via, assaporare il momento del
distacco totale, quello della sua partenza. Non l’avrebbe
più rivista, lei, la
sua unica debolezza, e sarebbe presto potuto ritornare ad essere il
Malfoy di
sempre, glaciale e spietato. L’amore lo aveva reso
smidollato, lo aveva fatto
sbandare e mandato fuori strada, ora i suoi obbiettivi erano tornati ad
essere
nitidi nella sua mente: mai più avrebbe amato,
l’amore è da stupidi e fa
soffrire inutilmente. Suo padre aveva ragione. E voleva essere come
lui: niente
poteva scalfire quell’uomo che mettendo da parte ogni
sentimento era diventato
intoccabile. Che idiota era stato a non dargli retta…
Era ormai
giunto al limite del bosco quando sentì il
rumore delle ruote avanzare sul terreno dissestato e roccioso: ecco la
carrozza. La osservò attentamente passargli davanti. Quando
questa lo ebbe
superato velocemente, una testa si sporse dalla finestrella, un viso
incorniciato da lunghi capelli che presero a svolazzare coprendolo a
tratti.
Phebe. Si guardarono…. ma un muro di vetro freddo era sceso
davanti agli occhi
di lui, impermeabile ormai ad ogni emozione.
Prima che
lei sparisse nell’ombra cupa degli alberi, una
stilla d’acqua gli cadde sulle labbra. Draco la
assaporò…No, non era pioggia:
era calda, amara e salata. Era una lacrima, ma non era stato lui a
piangerla…
era sua…
D’improvviso,
per un istante, un millesimo di secondo,
il suo cuore si sciolse, di nuovo.
FINE
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