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Autore: ShinigamiGirl    09/02/2013    4 recensioni
Amelia è una ragazza con la colpa di essere nata con capelli rossi e occhi bianchi come la neve. La sua vita è solitaria, da emarginata, ma ben presto alcuni avvenimenti strani la sconvolgeranno.
Cap. 1: "Lui la mollò, lasciandola cadere a terra stremata, e continuando a ridere si chinò, sussurrandole: -Ci rivediamo presto, Mhirael."
Cap. 4: "Amelia sentì una vibrazione salirle dal braccio destro, col quale teneva il pugnale, e sentendo l’animale, ormai a un passo dietro di loro, si voltò per affrontarlo.
-AMELIA!- sentì urlare Tivresh, ma ormai era troppo tardi.
Il puma che li inseguiva le era già addosso."
Cap. 11: "Amelia, stordita, desiderò con tutta se stessa di poter essere libera. In quel caso, avrebbe staccato tutti gli arti di quel tizio e l’avrebbe torturato finché non fosse morto dissanguato. Stranamente, l’idea non le faceva per niente schifo."
Cap. 22: "Quando abbassò lo sguardo, vide che il libro e le sue mani si erano illuminate.
Fece cadere il volume, cacciando un urlo di spavento, ma la luce non scomparve. Incuriosita, si guardò meglio le mani: non erano proprio illuminate, erano dei segni comparsi sulla pelle a illuminarsi. Sembravano quasi dei tatuaggi"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Tivresh stava riempiendo l’ultima borraccia d’acqua, al fiume, proprio quello che scorreva verso il lago del villaggio che gli elfi avevano distrutto la sera prima.
Mentre l’acqua cristallina gli bagnava le mani, rifletteva. Che gli elfi l’avessero trovato? Che avessero capito le sue intenzioni?
Era davvero una brutta situazione. Se avessero scoperto i suoi piani, non avrebbe potuto fare più nulla, era spacciato.
Si alzò, chiudendo il recipiente pieno, e diede un calcio ad un sassolino dalla frustrazione. Ora che Amelia era stata scelta dal pugnale, non avrebbe potuto fare altro che portarsela dietro.
Il sole, sorto da un paio d’ore, illuminava il bosco pieno di vita. Non si sarebbe mai detto che delle creature così mostruose vi abitassero. Eppure era così, Tivresh lo sapeva bene, anche fin troppo.
Si voltò, pronto a tornare alla caverna dove aveva lasciato Derek e le due sorelle.
Mentre camminava, pensava a una scusa per portare Amelia nel suo viaggio. Se Kelly non l’avesse amata così tanto, non sarebbe stato difficile.
Aveva poche alternative: poteva uccidere Derek e Kelly, facendole credere che erano stati gli elfi, ma scartò l’idea sul nascere. Andava contro i suoi stessi ideali.
Poteva fingere di amarla, chiedendole di viaggiare insieme con la scusa dell’amore, ma anche quello andava contro il suo buon senso.
L’ultima alternativa era raccontarle tutto, svelarle i suoi piani, ma comportava una totale fiducia, che lui ancora non provava nei suoi confronti.
Inciampò in una radice, imprecò, ma con un mezzo salto riuscì a rimanere in piedi e continuò a camminare nella fitta e sgargiante boscaglia.
Seguendo gli alberi che aveva segnato con la spada, giunse ai cespugli che nascondevano la grotta.
Appena entrò Kelly gli corse incontro: -Tivresh! Tivresh! Com’è andata? Stai bene?
-Certo! E’ tutto a posto! Se anche non mi maciulli il braccio…
La bambina si era infatti aggrappata al braccio del ragazzo, ma a quella frase si staccò col sorriso sulle labbra.
-Siete pronti, piuttosto?- chiese allora.
-Si. Ci siamo preparati, ma ci stavamo giusto chiedendo, tu sai qual è il villaggio più vicino?- domandò Kelly.
Tivresh spiegò: -In realtà non ci sono villaggi, o almeno non sono visibili sulla mappa. Però siamo a due giorni di distanza di una cittadina, chiamata Yostrid. Ve la sentite?
Amelia annuì, e così fece anche Derek, mentre Kelly lo guardava a occhi spalancati.
-Qualcosa non va?- le chiese allora Tivresh, e lei, terrorizzata, rispose: -Non riuscirò a camminare per due giorni, per tutto il giorno!
Derek scoppiò a ridere, e disse: -Tranquilla, quando sarai stanca, ti porterò sulle spalle.
La sorellina gli si lanciò addosso, ringraziandolo animatamente.
Successivamente presero ciascuno il proprio zaino (recuperati tutti da Tivresh, fra le macerie del villaggio) e partirono.
Amelia seguiva Tivresh, in testa al gruppetto, e aveva dietro di se Kelly e Derek.
La bambina, mentre camminava, recitava le filastrocche che si ricordava, incitando Derek a cantare insieme a lei.
La boscaglia era tutta uguale, piena di vita e dai colori fluorescenti, ma la ragazza seguiva Tivresh con fiducia. Fu una camminata faticosa, in salita, e Kelly fu presto stanca. Come promesso, il fratello la portò sulle spalle, dando ad Amelia il suo zaino, in modo tale da trasportarla meglio.
Si fermarono a metà giornata per mangiare, Amelia e Derek si offrirono per recuperare nuove provviste.
Appena tornarono, ripresero la camminata.
Prima che il sole tramontasse trovarono una strada sterrata, probabilmente quella che percorrevano i mercanti per andare al villaggio. Percorrendola inversamente sarebbero giunti a Yostrid.
Quando tramontò il sole, però, dovettero allontanarsi dal sentiero per trovare un riparo.
Un albero dal tronco enorme e cavo fece a caso loro.
Kelly e il fratello, stremati, si addormentarono appena posarono il capo a terra.
Anche Amelia era stanca, ma non riuscì a prendere sonno. Continuava a pensare all’essere che le aveva marchiato la schiena, agli elfi che avevano attaccato la città e all’incidente avuto con Tivresh.
Qualcosa non tornava.
Ma non sapeva cosa.
Tivresh le si avvicinò: -Non dormi?
-Non riesco. Sono successe molte cose, troppe, non riesco a metabolizzarle.
-Ti capisco. Ma ci sarebbe una questione più urgente che devo risolvere.
Lei lo guardò senza capire. Cosa avrebbe mai potuto avere di urgente? E perché mai parlarne proprio a lei?
-Dovrei metterti al corrente di alcune cose, ma devi fidarti di me.
Amelia si fece attenta: -Cosa devi dirmi?
Lui sospirò. Poi disse: -Devo compiere una missione. Una missione molto importante, in cui il pugnale che porto con me è di vitale importanza. Non posso dirti ulteriori dettagli, poiché non ci conosciamo abbastanza, ma mi serve assolutamente che tu venga con me, per cercare l’altro pugnale e trovare l’altra persona destinata ad utilizzarlo. Mi dispiace dovertelo chiedere così, su due piedi, ma dovrai decidere entro il nostro arrivo a Yostrid.
Amelia rimase di stucco: -E Kelly? Non la vedrò mai più? E perché?
-Sarò sincero a dirti che non so se potrai rivederla, ma il perché di questa richiesta te lo spiegherò più avanti. Sappi solo che ne va della vita e dell’esistenza di tutti, anche della tua sorellina.
La ragazza non reagì. Disse: -Ci… Ci devo… Lasciami riflettere.
Tivresh acconsentì: -Prenditi tutta la notte, se necessario, ma pensaci bene, prima di rifiutare.
Poi il ragazzo si alzò, per andare all’esterno del tronco a fare la guardia, ma Amelia lo fermò, dicendo: -Oggi veglio io, tanto devo ragionare sulla mia decisione.
Il giovane la guardò con i suoi occhi nocciola, che al buio sembravano pozzi neri, e annuì col capo.
La ragazza uscì dall’albero e si sedette, col pugnale in mano, davanti al tronco.
Un altro avvenimento del cavolo. Ora sì che era nei pasticci… Cosa avrebbe dovuto fare?
Rifiutando, sarebbe vissuta con Kelly e Derek, a Yostrid, avrebbe curato la casa e non avrebbe mai più avuto a che fare con Tivresh.
Però… Lei era diversa. Sarebbe stata discriminata ancora, nonostante avesse deciso di non farsi più trattare male. Avrebbe dovuto tenere con se il pugnale, e sarebbe stata vista come un’assassina.
E poi si ricordò dell’essere. “Ci rivediamo presto, Mhirael” le aveva detto.
No. Non poteva mettere in pericolo a quel modo Kelly. Tivresh sarebbe riuscito a affrontarlo, invece.
Appoggiando la schiena alla radice dell’albero, guardando le stelle, Amelia capì che sarebbe stato stupido rifiutare, anche perché se davvero ne andava della vita di tutti…
Chiuse gli occhi, assonnata, promettendosi di non addormentarsi, ma era tutto così tranquillo che il suo respiro si regolarizzò, e cadde nel mondo dei sogni.
 
Una donna piangeva. Il marito urlava: -Come è potuto succedere? Se solo ci fossi stato io…
Erano di schiena, Amelia non riusciva a capire chi fossero.
-Mi ha violentata, non è colpa tua… Il problema è che l’ostetrica dice che sono gemelli- singhiozzò la donna.
-Ne terremo uno, per far finta che fosse nostro figlio, ma l’altro non lo accetto!- urlò l’uomo.
-Diamoli via entrambi, ti prego- supplicò la donna, con voce strozzata -saranno dei mostri, metà elfi e metà umani!
-Non possiamo, o la gente penserà che abbiamo commesso un infanticidio.
La donna annuì, singhiozzando, e si voltò. Era Alicya.
 
 
 
 
Spazio Autrice
 
Salve a tutti!
Mi ci è voluta una notte insonne per capire come impostare il capitolo, spero di aver risvegliato il vostro lato da “Sherlock Holmes”, pagherei oro colato per vedere come vi scervellate per collegare gli avvenimenti.
Spero anche che vi sia piaciuto.
Ci vediamo nel prossimo capitolo!
   
 
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