Bluemary: per i suoi preziosi consigli e per avermi dato sempre il suo appooggio in quanto lettrice in anteprima dei bozzetti.
Lord Larry: per essere stato il primo recensore a darmi un prezioso consiglio e per apprezzare la storia di una "scrittrice" alle prime armi.
Luci: Grazie per essere stata la mia prima recensitrice e grazie per i complimenti, ne sono davvero lusingata.
Gabry: Grazie per i complimenti, per i consigli e per l'appoggio che mi dai standomi accanto in tutto ciò che faccio.
La bestia avanza con le ali spiegate a mezz’aria, di tanto in tanto le cangianti piume fremono e sembrano rabbrividire alle dolci sferzate della brezza marina.
Oliver, respirando il vento impregnato di salsedine, osserva pigramente il lento estendersi delle increspature prodotte dall’incessante battito d’ali del drago. D’un tratto la creatura, come imprigionata da invisibili catene, si blocca: impietrita. Il bambino, scosso dall’inaspettato arresto, scivola goffamente lungo il dorso dell’animale immobile e, con sguardo attonito, nota che il fulgore del folto piumaggio va progressivamente sbiadendo e i colori, non più vividi, si affievoliscono come la stella infuocata che, al crepuscolo, si adagia sonnacchiosa all’orizzonte.
Le piume alari ormai raggrinzite, si ritirano lasciando spazio a metalliche squame dai toni ramati. All’altezza del capo il trio di aculei, irti sul manto corvino, appare avidamente risucchiato dal pelo ispido del drago; ora un’altezzosa pinna, solcata da nodose venature, si staglia all’estremità del collo pingue: sostituendolo. Gli affilati artigli, incastonati nelle tozze zampe dell’animale, sono adesso scomparsi e al loro posto affusolati arti palmati sfiorano delicatamente la superficie acquosa delineando sinuose pennellate.
Oliver, rapito, osserva con occhi sgranati quell’incalzante metamorfosi, mentre sente il fiato smorzarglisi in gola. Tenta invano di respirare, ma l’aria gli appare rarefatta; boccheggia per alcuni istanti, mentre impercettibili spasmi lo fanno vibrare e la vista si appanna, offuscando le forme.
La creatura ritira le ali, fino a quel momento distese, facendole aderire lungo il corpo sinuoso non più flesso, bensì raccolto, inerme. Solleva il capo, gettando un ultimo fuggente sguardo al cielo, e poi, senza indugio, varca la superficie del mare. Si immerge nell’immensa discesa mentre gli spruzzi imperlano il volto di Oliver: pallido, inespressivo. Il bambino porta debolmente le mani alla gola, le dita frementi inciampano lungo profondi tagli situati appena sotto le orecchie: branchie. Si divincola, come tentando di liberarsi da una morsa invisibile, e, scosso da brividi incontenibili, mentre i sensi lo abbandonano, scivola di lato, cadendo pesantemente in mare.
L’acqua si insinua rapida tra le vesti, inzuppandole; Oliver viene inesorabilmente trascinato lungo gli abissi e subito la spiacevole sensazione di oppressione, provata in superficie, svanisce. Agita gli arti e i movimenti, non più goffi, appaiono ora agili e fluidi. Getta uno sguardo verso il basso, verso le inesplorate profondità marine, e questo, risalendo con un guizzo di stupore, nota che i piedi sono scomparsi lasciando spazio a scheletriche zampe palmate.
Il bambino, disorientato, atterrito, si guarda intorno nel vano tentativo di scorgere il compagno di viaggio. Il mondo marino si spalanca, con prepotente bellezza, dinanzi ai suoi occhi intimiditi: i coralli sanguigni ondeggiano al ritmo della corrente, sfiorano pigri gli anemoni che, quasi timorosi, si raggomitolano, schiudendosi subito dopo solleticati dal passaggio di una strisciante murena. Il pavimento naturale di conchiglie e gusci, di tanto in tanto interrotto da piante acquatiche, appare debolmente illuminato dalla flebile luce che filtra dalla superficie marina.
Senza preavviso, l’armonia che pervade gli abissi viene interrotta da un tonfo sordo, seguito dallo sfregamento metallico di spada sguainata. Il fascio di luce che prima inondava le profondità si è affievolito, lasciando il fondale avvolto dalla semioscurità. Oliver, in preda al panico, alza lo sguardo e coglie sopra al suo capo un’ombra; accanto a sé, nello stesso istante, uno sfioramento lo scuote, facendolo trasalire, mentre in lontananza echeggiano cupi rimbombi.
Allunga istintivamente un braccio e freme sentendo sotto le mani palmate il dorso squamoso del drago, si arrampica su di esso mentre la bestia, scivolando agilmente, inizia l’esplorazione. Oliver si guarda intorno aguzzando di tanto in tanto lo sguardo dove l’intricata penombra si fa più fitta e la flora marina si infoltisce.
Proseguono per alcune ore, lasciando alle loro spalle monotoni paesaggi tappezzati di rocce melmose; attorno a loro c’è silenzio, un silenzio opprimente, che si annida nell’animo rendendolo inquieto; d’un tratto un lamento assordante lo infrange, lacerandolo. La schiena di Oliver viene percorsa da un brivido di terrore, il bambino, agghiacciato, sente fitte di dolore attraversarlo come lame, mentre quell’ululato profondo gli attanaglia il cuore, nutrendosene.
Il drago si volta e Oliver comprende che quell’assordante suono è il suo pianto straziante; grosse lacrime purpuree gli rigano il muso, scivolano lente ma inesorabili, lasciando, al loro passaggio, profondi tagli sulla carne rugosa. Oliver inorridisce e mentre un’altra fitta di terrore lo attraversa divorandolo, accarezza, con mano tremante, il dorso del drago.
Dinanzi a loro, maldestramente nascosto dalla vegetazione, un sanguinario spettacolo impregnato di crudeltà si rivela essere il responsabile di quella profonda disperazione.