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Autore: Red_Ginger    10/02/2013    10 recensioni
Quando la vidi, per la prima volta dopo secoli il cuore morto nel mio petto sembrò riprendere a battere e la cenere arida che aveva sostituito il mio sangue diventò un fiume di lava bollente. Decisi in un solo istante che l'avrei avuta. Io sono il conte Alexandros Demetriou, e questa è la mia storia.
Una gradevole (o almeno lo spero) storia nella venezia del '700.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rivelazioni

 

In quella tranquilla

sera finalmente

tornai nella mia Venezia,

felice come forse non

ero mai stato.

E festeggiai quel rientro

a modo mio:

solo, ridendo, mentre

 il sangue copioso

scorreva.

 

 

Quell'ultima settimana di maggio fu umida e piovosa. I giorni si susseguirono lentamente, ornati da un cielo grigio pallido e bagnati da una pioggerellina lieve e costante. Elisabetta uscì di casa per andare al mercato accompagnata da Daniele, uno dei garzoni. Di solito andava con Emma, che purtroppo quel giorno non stava bene, e la signora Antoniou non aveva voluto lasciarla andare da sola, perciò l'uomo aveva avuto l'incarico di scortarla. A Elisabetta lui non piaceva particolarmente perché tentava costantemente di conquistarla ed era alquanto rozzo, ma dato il clima di tensione che si era creato nella città si era dovuta adattare. Infatti da qualche tempo giungevano notizie allarmanti: si sentiva parlare di persone aggredite, donne, uomini, ragazzi. Persone che sparivano di notte e venivano ritrovate all'alba nei vicoli, confuse, spaventate, senza sapere come erano arrivate lì, ma soprattutto deboli, pallide e con degli strani segni sul collo. Inutile dire che le guardie che il Doge e il Senato avevano messo al lavoro sulla faccenda non sapevano che pesci prendere: le vittime non vedevano l'aggressore perché era buio e l'individuo portava un mantello con un ampio cappuccio che nascondeva il suo volto, né tantomeno venivano derubate o riportavano lesioni, fatta eccezione per quei segni sul collo. La gente era spaventata. In quel clima di paura si cercava di uscire almeno in coppia, e di tornare prima del tramonto.

 

-A che pensi, Betta?- Le chiese Daniele, curioso.

-A niente in particolare- rispose lei, guardando il viso dell'uomo. Pelle olivastra, capelli scuri, occhi vispi e bocca sempre sorridente, di un sorriso a volte idiota e a volte furbo. Un tipo strafottente, sempre in cerca di un modo veloce, e di conseguenza poco onesto, di far soldi. Gli piaceva giocare d'azzardo, bere e andare a donne e non lo nascondeva. Era sempre coinvolto in qualche losco affare, che si concludeva puntualmente con una rissa e l'intervento dei gendarmi.

-Non è vero, secondo me stai rimuginando qualcosa- le rispose in tono canzonatorio lui cingendole le spalle, e tirandosela vicina. Ecco che ci riprovava.

-E che cosa starei rimuginando?- Domandò lei esasperata, alzando gli occhi al cielo e cercando di liberarsi dal suo braccio e dalla sua mano callosa, che cercava immancabilmente di toccarle il fondoschiena.

 

Daniele avvicinò eccessivamente il viso il suo, sorridendo furbamente.

-Facciamo che se indovino mi dai un bacio?- E fece la boccuccia a cuore sbattendo le palpebre in una patetica imitazione delle ingenue ragazze che seduceva e abbandonava oltre che spassarsela con le prostitute.

È proprio senza speranza, si disse la ragazza, per poi ribattere ad alta voce: -Scordatelo, assolutamente no! Se proprio vuoi divertirti va a spassartela al Val d'amore!- Il Val d'amore era il bordello più ricco e famoso della città. Le donne che vi vivevano e lavoravano erano colte e raffinate, oltre ad essere esperte dell'arte amatoria. Ogni tanto Elisabetta le vedeva uscire in gruppo, avvolte nei loro vestiti di seta e broccato. Da una parte le invidiava perché con quello che guadagnavano potevano permettersi tutto quello che volevano, ma dall'altra si diceva che una vita passata ad accontentare le voglie degli uomini non doveva essere molto bella.

Daniele le si avvicinò ghignando. -Dai, non fare la difficile, lo so che ti piaccio…- Le sussurrò, prima di cercare di baciarla. Ma la ragazza lo spinse via, disgustata. Le sembrava di rivedere suo padre: prepotente, strafottente, senza freni nei vizi. Persino l'odore di quell'uomo glielo ricordava; tabacco e vino misto a sudore. Che maiale. L'uomo non si diede per vinto e cercò ancora di darle un bacio, ma questa volta lei fu più veloce. Si sentì un sonoro schiocco mentre gli tirava un ceffone, e la porta di legno scuro sul retro della casa si spalancò, sorprendendo entrambi: Elisabetta con la mano ancora alzata e l'altro che si teneva la guancia.

 

La signora Antoniou, dritta e impeccabile come al solito, guardò prima la ragazza, con il volto arrossato e gli occhi verdi sfavillanti di rabbia e poi l'uomo, che guardava a terra massaggiandosi lo zigomo. L'unico movimento che fece nel suo contegno di ferro fu alzare un sopracciglio chiaro.

-A quest'ora sareste già dovuti essere al mercato. Sapete che il conte tornerà per mezzogiorno, volete che mangi le gambe del tavolo?- chiese la governante con voce piana, caratterizzata da quel leggero accento greco, stroncando sul nascere la replica di Daniele, che aveva aperto la bocca per ribattere, con uno sguardo gelido. Lui la richiuse stupidamente, ricordando ad Elisabetta un grosso pesce molto ottuso.

-Dovrei richiamarvi entrambi e parlare con il conte- continuò la governante, -tuttavia il caso vuole che abbia sentito il vostro… Scontro. Perciò Daniele, torna in casa e finisci il lavoro di Giovanni. Sarà lui ad accompagnare Elisabetta al mercato. L'ultima cosa che mi serve e che voi due vi prendiate a schiaffi- la voce della donna era asciutta e non ammetteva repliche.

-Certo, signora Antoniou- bofonchiò quello, prima di entrare in casa chiamando Giovanni ad alta voce, lasciando così sole la governante e la ragazza.

-Grazie signora Antoniou. Non l'avrei sopportato un minuto di più- affermò Elisabetta, sinceramente grata alla donna che la guardò dritto negli occhi.

-Di nulla. Comunque se ci riprova dimmelo. Ci penserà il conte a fargli capire che deve lasciarti in pace- rispose, mentre Giovanni, un ragazzo robusto, allegro e solare, con i capelli castano scuro ondulati e gli occhi neri, ridenti, usciva dalla porta sorridendo.

-Buongiorno Betta! Allora, andiamo al mercato?- Esclamò il giovane, con quel suo sorriso tutto fossette, scoprendo i denti bianchi regolari, in contrasto con la sua carnagione ambrata. Quel ragazzo aveva un'allegria contagiosa, che fece presto spuntare un sorriso anche sul viso di Elisabetta.

-Sì. Dai, sbrighiamoci, il conte torna per pranzo!- rispose lei vivacemente. E si avviarono ridendo.

 

 

Nel centro di Venezia tirava aria di tempesta. Il Senato era riunito al completo nella sala più grande e sfarzosa del Palazzo Ducale. Si stava svolgendo una discussione molto accesa da più di due ore, riguardo i provvedimenti da prendere nei confronti del misterioso aggressore notturno; ma nessuna delle opzioni proposte soddisfaceva tutti o almeno la maggioranza dei senatori. Il cardinale Stefano Leone sedeva alla destra del doge Giovanni Corner, invitato dallo stesso.

 

Il capo di Stato era ormai anziano, tuttavia seguiva con vivo interesse l'acceso dibattito, curioso. Invece lui, il cardinale, si guardava in giro, annoiato dalle voci concitate dei membri del consiglio e dalle loro inutili proposte. La sala era molto grande, quadrata: la luce fredda del mattino che entrava dalle finestre illuminava gli splendidi affreschi alle pareti, e si rifletteva sui grandi lampadari di cristallo che disegnavano giochi di luce sul lungo tavolo ovale, di rovere, attorno al quale tutti erano riuniti. Le tende di broccato rosso sangue, l'oro dei candelabri, delle cornici degli specchi, degli orologi e degli intarsi delle preziose e comode sedie damascate su cui erano seduti rendevano molto bene l'idea di potenza della Repubblica. Tuttavia, nonostante lo sfarzo dell'arredamento, la riunione a parere del cardinale era diventata inutile, perché ormai si era arrivati ad un punto morto.

Infatti ad un certo punto gli sfuggì uno sbadiglio di cui il doge si accorse subito.

 

-Siete annoiato, cardinale?- Chiese questi, infatti.

-Per nulla, Serenissimo, è solo che sono stanco per il viaggio- rispose l'altro in modo disinvolto.

-Ah certo, l'incarico del Papa… Com’è  la Scozia?- Il doge sembrava molto interessato.

-È una terra fredda e umida, ma in compenso gli abitanti sono calorosi e ospitali. E soprattutto fedeli alla Santa romana Chiesa-

-Interessante, molto interessante davvero. Dovremmo parlarne da soli con più calma- affermò Corner, facendo gesto ad un valletto di portare il vino, e continuò a voce più bassa: -Comunque, riguardo alla faccenda delle aggressioni, voi cardinale, che siete esperto di criminali, cosa ne pensate?-

Aveva fatto un chiaro riferimento al suo passato di inquisitore.

Se il doge non fosse stato così preoccupato il cardinale sarebbe scoppiato a ridere per l'ironia della situazione, ma si impose di restare serio.

-Beh, Serenissimo, secondo la mia modesta opinione, in base agli elementi che abbiamo, ovvero vittime aggredite di notte, ritrovate deboli e pallide e con quei sospetti buchi sul collo…- S'interruppe mentre il valletto serviva del vino invecchiato, e ne bevve un lungo sorso. Il doge era impaziente di sentire il resto.

-Allora?- Lo incalzò. Lui lo guardò dritto negli occhi e per la prima volta lo vide intimorito davanti all'autorità che il suo sguardo azzurro ghiaccio, la sua tunica rossa e la sua grossa croce d'oro esprimevano. L'autorità della Chiesa.

-Allora, Serenissimo, vuol dire che ci troviamo davanti una creatura del demonio, e a quanto pare sono tornato giusto in tempo per trovarla e combatterla- la sua voce bassa e tesa fu come uno schiaffo per il capo di stato.

-Una… Creatura del demonio?- Chiese Corner con un debole pigolio. Si afflosciò sulla sedia come un sacco di patate, sembrando improvvisamente molto più vecchio.

E l'altro rispose alzando la voce, che sferzò l'aria zittendo tutti.

-Sì Serenissimo, una creatura del demonio. Quello che voi cercate, che ormai tutti cerchiamo, che deve essere eliminato- si interruppe un secondo, per poi riprendere con più forza di prima, i freddi occhi che fiammeggiavano -è un vampiro-

 

 

Angolo autrice

Ciao ragazzi!!! Allora, che ne dite? La faccenda è interessante?

Ne approfitto per dire una cosa: per il mio modello di vampiro NON mi sono ispirata alla Meyer, ma ad altri autori, secondo i quali i vampiri fanno tutto quello che fanno gli umani (compreso dormire e mangiare), non sono sberluccicosi e non perdono il colore degli occhi. Sono comunque molto più forti degli umani e alcuni possono presentare dei ‘’poteri speciali’’ anche se ripeto NON sono come i vampiri di twilight. E soprattutto bevono SOLO sangue umano.

Ho fatto così perché secondo me un vampiro è molto più intrigante se è più simile agli esseri umani, e poi sinceramente, una creatura del genere che beve sangue animale mi fa un po’ ridere!

Spero di essere stata chiara :)

Besos a todos

BlueStarMoon

P.S: ogni riferimento a cose, persone o fatti reali è puramente casuale, soprattutto per quanto riguarda Giovanni!! (chi deve intendere intenda XD)

 

  
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