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Autore: Lelaiah    10/02/2013    2 recensioni
Ethelyn è figlia del Vento, ma ha i capelli di fiamma.
Drew vive in un villaggio di minatori, in compagnia del suo fidato amico Blaking.
Simar e Kiron sono gli eredi al trono di un Regno celato da una misteriosa e potente foresta.
Nive è stata abbandonata e si guadagna da vivere facendo la danzatrice.
Zahira è a capo del proprio villaggio, ma è rimasta sola.
Gizah ha la capacità di trasformarsi in un centauro grazie all'eredità paterna.
Infine Roving è l'ultimogenito dell'antica casata dei Kite, indomito come il simbolo della propria famiglia.
Tutti loro sono attesi al varco e si ritroveranno a viaggiare per lunghi chilometri nel disperato tentativo di impedire la morte di uno dei Veglianti, i grandi lupi elementali. Non dovranno temere le ombre perchè è in esse che si cela il loro nemico.
Nessuno di loro è nato per diventare un eroe, ma voi siete disposti ad accompagnarli in questo viaggio?
Qualsiasi sia la vostra risposta, vi do comunque il benvenuto a Suran!
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 26 Il covo
Finalmente, dopo tanto tempo, sono riuscita a concludere un nuovo capitolo! Sono stra felice!! :)
Spero vivamente che vi piaccia, anche se non ci sono combattimenti o scene plateali.
I nostri amici sono finalmente riusciti ad ottenere un incontro col capo degli studiosi, mentre i Cair hanno risvegliato il Primo. A fine capitolo vi aspetta una sorpresa, un ritorno ;)
Buona lettura!

P.S.: Il nome Analyon significa "padrone di tutto", in quanto il Primo è quello a detenere il maggior potere.



Cap. 26 Il covo


   Analyon spalancò gli occhi di colpo, sentendo il potere scuotere la quercia in tutto il suo essere. Si riscosse dalla propria apatia e scacciò le nebbie del sonno, facendosi vigile.  
Aveva risposto al richiamo nella semi coscienza, ma ora era sveglio.
Prese un respiro profondo e fluì attraverso la corteccia, manifestandosi in forma solida come se fosse un’emanazione dell’albero stesso.
Quando la sua corte lo vide apparire nel grande giardino ai piedi della quercia, furono molte le esclamazioni di sorpresa. Una donna lasciò cadere a terra un vaso, che si ruppe in mille pezzi.
Subito venne affiancato da Xira, la sua fedele aiutante.
-Mio signore.- si inchinò profondamente, coprendo parte del proprio corpo con una delle sue ali. Essendo un’arpia aveva gli arti superiori piumati e quelli inferiori uncinati. Non era una creatura facile da gestire, in particolar modo quando era arrabbiata.
Ma il suo acume e la sua capacità di smascherare i bugiardi ne facevano un’alleata insostituibile.
E poi se lui, in quanto Primo, avesse iniziato a fare preferenze tra le razze, cos’avrebbero pensato i suoi fratelli? O il suo popolo?
Posò i suoi occhi color ruggine sulla donna e rimase in silenzio per qualche istante, meditabondo. Non capiva bene perché, ma sentiva di aver riposato troppo allungo, lasciando agli altri la responsabilità di Suran.
“Perché ho abbandonato i miei doveri?”, si chiese, confuso.
-Mio signore…?- Xira richiamò la sua attenzione, raddrizzandosi e fissandolo, in attesa di ordini.
-Ho bisogno che tu mi assista.- disse solo. Lei annuì, pronta a qualsiasi richiesta.
Il lupo voltò le spalle ai presenti, ignorando i mormorii concitati che si stavano spandendo a macchia d’olio. Avrebbe avuto tempo per le spiegazioni, più tardi. Senza aggiungere altro scomparve all’interno della quercia secolare, sparendo come solo un fantasma avrebbe potuto fare.
  Il suo consigliere non si lasciò impressionare e si affrettò a spiccare il volo per raggiungere i rami più alti dell’albero: era lì che il Cair si recava quando doveva comunicare coi fratelli.   Soprattutto se la conversazione era privata.
Il Vegliante ricomparve in alto, alla fine della lunga spirale che collegava le radici della pianta al cielo. Quello era il suo giaciglio, la sua casa, fatto di rami intrecciati e perle di rugiada.
Alcune fenici gli vennero incontro, salutando il suo arrivo con melodiose note canore e piume di fuoco, che planarono dolcemente al suolo, aggiungendosi al tappeto già esistente.
-Eccomi.- si annunciò Xira. I volatili si affrettarono a nascondersi, spaventati dalla presenza dell’arpia. La donna represse una smorfia, essendoci ormai abituata. –Cos’è successo?
“Dritta al punto.”, pensò Analyon. –I miei fratelli mi hanno contattato. È stato un attimo, poi le loro voci sono sparite.- spiegò brevemente.
Annuì. –Devo trascrivere la conversazione?- domandò.
-Per favore.- la bocca della creatura si sollevò leggermente, in quello che doveva essere l’accenno di un sorriso. Si sistemò esattamente al centro della propria dimora e divaricò le zampe, graffiando i rami con le unghie.
Prese un respiro profondo e i peli sulla sua schiena vibrarono, come accarezzati da una leggera brezza. Poco dopo nell’aria si spanse un piacevole e penetrante odore di terra smossa.
  Svuotò la mente e lasciò che il proprio potere entrasse in comunicazione con quello della quercia. Era come il naturale fluire della linfa all’interno dei suoi rami, solo che i flussi di magia scorrevano in molteplici direzioni, pulsando.
Il primo tentativo andò a vuoto. Analyon digrignò leggermente i denti, irritato e tornò a concentrarsi. Da qualche parte, nel terreno, sentiva echeggiare le voci di Fenris e Manannan.
Erano lontane e flebili, come l’eco di un canto tra le montagne.
Xira rimase in disparte, attendendo in religioso silenzio. Sapeva che non doveva disturbare il Cair mentre entrava in comunicazione con la pianta o coi propri fratelli, perché la reazione sarebbe stata terribile. Così come il suo elemento, anche lui aveva una forza sovrumana e poteva scatenarla contro chiunque.
Normalmente era un animale mite, anche se autoritario, ma poteva diventare nervoso e inavvicinabile nel giro di poco tempo, allo stesso modo in cui un semplice sassolino poteva diventare una frana.
  Un basso rumore di gola la distrasse dalle sue elucubrazioni e i suoi occhi si posarono sulla figura dell’enorme lupo davanti a lei. Aveva le spalle contratte e le orecchie abbassate, nello sforzo di penetrare il potere della quercia.
Improvvisamente avvertì uno strappo e la sua mascella scattò. “Fratelli.”, disse.
“Analyon, sei davvero tu?”, domandò il Cair dell’Acqua.
Rilassò un poco la postura. “Naturalmente. Perché mi avete contattato?”
Ci fu una pausa, poi Fenris prese parola. “Siamo sotto attacco.”, annunciò. Diretto come una raffica di vento.
Il Primo si fece confuso. “Chi ci sta attaccando? Non capisco.”, ammise.
Gli altri due Cairansis si scambiarono un’occhiata e poi iniziarono a narrargli i fatti, alternandosi vicendevolmente.

“Quindi sono rimasto assopito per tutto questo tempo per colpa di un potere nemico?!”, il Cair della Terra era oltraggiato.
La sua ira fece scuotere i rami della quercia e anche la stessa Xira, intenta ad appuntare ogni singola parola della conversazione.
“E’ probabile che sia stato il potere dell’albero, nel tuo caso. Per preservarti.”, ipotizzò Manannan.
Analyon si mise a camminare in cerchio, sempre tenendo gli occhi chiusi. Conosceva così bene la propria dimora che non aveva bisogno della vista. “E quei ragazzi sono in viaggio?”, chiese conferma.
“Sì, da più di un mese.”, rispose Fenris.
“Dobbiamo diramare un comunicato. Allertare tutte le genti. Allertare tutti quelli che possono aiutarci e trovare il modo di comunicare con Shunka.”, stabilì un piano d’azione.
“Non sarà facile.”, commentò il Vegliante dal pelo argentato.
“Nessuno può minacciare la nostra terra e la vita di nostro fratello. Non posso permetterlo, non possiamo permetterlo.”, replicò con enfasi.
Gli altri due si trovarono d’accordo. “Per quanto riguarda i Balhia…”, iniziò il lupo dagli occhi rossi.
“Speriamo di riuscire a riaverli con noi. In quel caso avremmo una possibilità in più. Sento che il legame che ci unisce può essere sfruttato contro di noi.”, commentò il Primo.
Improvvisamente qualcosa bloccò il flusso di pensieri tra i tre lupi. Un potere oscuro, strisciante e vischioso come la pece.
“Che succede…?”, chiese la creatura dal pelo color della terra. Non ebbe risposta. “Fratelli!”
Il tempo di un battito di ciglia e la comunicazione venne definitivamente interrotta, come se qualcuno avesse strappato il flebile filo che permetteva loro di parlare.
Analyon spalancò gli occhi, reprimendo un ringhio. –Xira, chiama i Guardiani.- ordinò.
-Sarà fatto.


***

-Ho bisogno di parlare con Csi.- annunciò Nive, avvicinandosi al bibliotecario.
Era da poco passata l’una di notte, ma l’edificio era comunque aperto al pubblico, dato che lavorava ventiquattr’ore su ventiquattro.
L’uomo, un Elfo con un paio di eleganti occhiali dalla montatura d’argento, la scrutò per qualche istante. Poi fece un lieve cenno del capo e disse:-Molto bene. Aspetta qui, piccola danzatrice.
  Detto questo si dileguò tra gli scaffali pieni di libri. Lo osservò accarezzare alcuni volumi in un gesto inconsapevole: sapeva che Quintilius li amava al pari della sua famiglia, glielo aveva detto poco dopo aver incontrato Csi.
Ricordava quella sera con chiarezza e si lasciò sfuggire un sorriso, ripensando a come quell’Elfo l’avesse avvicinata e sembrasse sapere tutto su di lei, anche i suoi sogni più nascosti.
A quei tempi lei voleva solamente fuggire dalla Locanda dei Fiori, ma lui l’aveva convinta ad aggregarsi al suo gruppo di studiosi e a diventare i loro occhi. Le aveva spiegato che, in un posto come la sua casa, transitavano persone provenienti da tutto Suran.
  Il che voleva dire notizie fresche pressoché ogni giorno.
Così lei aveva continuato a fingersi bella, ma anche stupida, per poter ottenere quello che serviva a Csi.
Provava molto rispetto per quell’uomo e, ogni volta che incrociava il suo sguardo, vi leggeva affetto, nonostante fossero poco più che conoscenti.
  Non sapeva quale fosse il suo vero nome né la storia che lo riguardava, ma era quasi certa che non fosse qualcosa di piacevole. Lui non ne aveva mai accennato, preferendo allontanare l’ombra del passato con un sorriso gentile e Nive non aveva mai chiesto, evitando di rompere quel tacito accordo.
-Csi è pronto a riceverti.- la voce di Quintilius la strappò ai suoi pensieri. Sobbalzò leggermente e vide l’angolo della sua bocca sollevarsi.
-Mi hai spaventata.- brontolò, avviandosi verso il terzo scaffale, quello contenente i volumi di storia.
-E’ che tu stai sempre a rimuginare.- la canzonò l’uomo. –Ti ricordi come si attraversa, vero?
Gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. –Certo.- rispose, spavalda.
Il bibliotecario si congedò con un gesto della mano e tornò alla sua postazione, lasciandola tra le scaffalature.
Raccolse una piccola lampada dal suo supporto e si inoltrò nella penombra, iniziando a contare mentalmente i libri. Il meccanismo di apertura era nascosto in un tomo abbastanza anonimo ed impiegava sempre un po’ di tempo per ritrovare la sua collocazione.
“Csi sa il fatto suo.”, si disse, facendo scorrere gli occhi sui dorsi delle rilegature in pelle. Ad un certo punto si bloccò ed avvicinò la lampada. “Eccolo! Chissà perché proprio un libro sui rapaci…”, lo afferrò saldamente e fece leva.
Una parte del pavimento si abbassò, mostrando una scala a chiocciola in ferro battuto. Lo Spirito sorrise, soddisfatto.
  Raccolse le sue gonne e si affrettò a scendere, aiutandosi con la luce della lanterna. Dopo una prima discesa si ritrovò all’interno di un corridoio di roccia: senza esitare puntò avanti, sicura della strada da percorrere.
Alcune svolte più tardi vide il familiare chiarore e si trovò davanti Ràvion.
Nonostante fosse un Doslor, quasi mai nella sua forma miniaturizzata, sapeva celarsi nell’oscurità come uno spirito.
Non conosceva la sua storia, così come non intendeva il passato di molti altri appartenenti al gruppo, ma qualcosa le diceva che quell’uomo doveva esser stato un guerriero.
-Buonasera Ràvion.- lo salutò.
Quello rispose con un rapido gesto della mano, disegnando un anello di fuoco nell’aria. Sapeva una sola cosa sul suo conto: era muto.
E questo lo rendeva ancora più inquietante, escludendo i suoi occhi di due colori diversi.
Nive si affrettò a passare oltre e sbucò nel grande atrio centrale.
Era un immenso giardino scavato nella roccia, con al centro un grande albero. Le sue radici si immergevano in complicati arabeschi d’acqua, che irroravano le piante per tutta l’estensione di quel grande spazio.
La luce arrivava dalla grande apertura che dava sul cratere, nascosta da una cascata d’acqua. Era strano che nessuno avesse mai scoperto quel rifugio, ma sicuramente Csi aveva preso tutte le misure di sicurezza necessarie per evitarlo.
-Ah, piccola danzatrice. Qual buon vento ti porta qui?
Sorrise all’udire quella voce e si voltò verso il suo interlocutore, pronta a spiegare tutto.


“Tra quanto ce ne andremo?”, domandò Nehir, stiracchiandosi. Si era rifugiato nuovamente nel parco della città ed era tornato per svegliare il suo compagno.
Simar uscì dal letto, allungando le braccia sopra la testa ed arruffandosi i capelli. –Come…?
Il lupo gli si avvicinò ed abbassò il capo in modo da poter avere i loro occhi alla stessa altezza. “Tra quanto tempo partiremo per le terre del Sud?”, ripetè la domanda, lentamente.
-Oh… appena Nive sarà tornata con la risposta dei suoi amici, decideremo il da farsi.- rispose, prendendo coscienza di sé.
“Ti vedo stanco.”, osservò l’amico.
-E’ la tensione… sento il peso di quest’avventura, ma è difficile da gestire.- ammise, indossando una tunica di lino.
“Ricorda che non sei solo, in quest’avventura.”, gli fece presente, osservandolo aggirarsi per la stanza. L’Elfo annuì, allacciandosi il fodero dei pugnali sul petto. Li portava dietro la schiena, in quanto gli era più comodo estrarli.
-Raggiungiamo gli altri.- disse.
“Così armato?”, fece l’amico, perplesso. L’altro si osservò e decise di optare per qualcosa di più discreto. Depose i pugnali gemelli e ne infilò uno più piccolo nello stivale.
-Andiamo.- diede una pacca sulla spalla del Fisàan e si avviò.
Non si curò di bussare alle porte degli altri, li avrebbe attesi di sotto, nella grande sala comune della locanda.
Quando raggiunse il piano terra lo accolse un piacevole chiacchiericcio, segno che c’erano già molte persone. Si guardò un attimo attorno e, dopo aver individuato Nehir nella corte, raggiunse il tavolo a cui erano seduti Drew ed Ethelyn.
-Buongiorno.- salutò.
-‘Giorno…- mormorò la Ferift, mentre il Nun non disse nulla.
Simar si accigliò. –Tutto ok...?- chiese. Al che notò che la ragazza sfuggiva il suo sguardo e aveva le guance rosse. Lanciò un’occhiata al suo compagno e lui gli fece capire che non era il momento. Allora si sedette e chiese:-Notizie da Nive?
-Sì. Blaking sta parlando con lei, in questo momento. Si è offerto portavoce, quando lei ci ha raggiunti, questa mattina.- spiegò il giovane.
-Questa mattina?- il principe era confuso. Gli sembrava di essersi perso un pezzo di conversazione.
-Ti spiegherò dopo.- sussurrò l’altro.
“Qui è successo qualcosa… ma cosa?”, si chiese il ragazzo. Aveva intuito che fossero coinvolti sia Drew che Ethelyn, ma non avrebbe saputo dire altro. Meglio aspettare il ritorno dell’Ippogrifo: la sua capacità di fare da paciere era proverbiale, in certe situazioni.
“Danzatrice a ore dodici.”, l’avvisò Nehir.
“Non avvicinarti. Sta riferendo a Blaking… potresti spaventarla.”, lo pregò. Lo sentì ridacchiare e poco dopo gli disse che sarebbe uscito per una piccola battuta di caccia.
Annuì distrattamente, cercando di richiamare l’attenzione di una cameriera per farsi portare la colazione.
-Nehir?- domandò la rossa.
-A caccia. La città continua ad andargli stretta.- rispose. Lei annuì, poi tornò a smangiucchiare le uova che aveva ordinato. Simar tentò di attirare l’attenzione di Drew, ma tutte le volte lui si rifiutò di parlare.

-Vado a prendere una boccata d’aria. Sono nella corte.- annunciò ad un certo punto Ethelyn. I due ragazzi la guardarono stupiti, ma poi annuirono.
Non appena si fu allontanata, il principe andò all’attacco. –Si può sapere cos’è successo?- chiese, esasperato.
-E’ tutta colpa di Nive.- sospirò l’altro, abbandonandosi contro lo schienale della sedia.
L’Elfo alzò un sopracciglio, perplesso. –Quindi…?
-Stavamo dormendo, quando lei è entrata in camera. Io ed Ethelyn eravamo… be’, nella notte ci siamo avvicinati ed eravamo… sì, insomma, hai capito.- scacciò l’improvviso rossore che gli era salito alle guance. –Comunque, la signorina ha pensato bene di fare la spiritosa e credo che Ethelyn sia morta d’imbarazzo. Sarebbe stato diverso se fosse successo mentre eravamo soli, ma così… lei non è abituata a queste cose.- terminò di suo resoconto.
-E ora è arrabbiata con te.- concluse il suo interlocutore.
-Non credo. Oppure, non solo. Anche con se stessa, credo, perché non ha saputo reagire alla provocazione.- tentò di spiegare.
-E io che credevo fosse chissà che…- ridacchiò Simar. –Basta che ne parliate.
-Sì… appena la smetterà di esser violenta.- brontolò l’altro. All’occhiata dell’amico aggiunse:-Mi ha dato un bel pugno nello stomaco.
L’Elfo tentò di soffocare un sorriso, ma senza molto successo. Quei due ci avrebbero messo secoli a trovare un equilibrio e tentare di farlo nel bel mezzo di un’avventura non era impresa semplice.
-Prima finiamo questa faccenda, meglio è. Quella mi mette sempre in situazioni scomode.- mormorò il Nun. Non c’era bisogno di tanto acume per capire a chi si stesse riferendo.
-Sono d’accordo.- concordò Simar.
Poco dopo videro Blaking camminare lentamente verso di loro, le grandi ali ripiegate contro i fianchi. Alla sua sinistra Nive si muoveva leggiadra, ancheggiando con disinvoltura.
Ethelyn lanciò loro un’occhiata e poi li seguì all’interno.
“Nehir, dove sei? La riunione sta per cominciare.”, lo contattò il principe.
“Nel parco. Tienimi aggiornato tu, ora ho da fare.”, e lo escluse, senza tante cerimonie, dalla sua mente. Il ragazzo ci rimase un attimo, perché si comportava in quel modo solo era arrabbiato con lui o c’erano guai in vista.
Si accigliò visibilmente, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
-Oh, Simar, buongiorno!- lo salutò l’Ippogrifo. Lui si riscosse e sorrise in risposta, spostandosi per far spazio alla danzatrice.
-Allora? Siete arrivati ad un accordo?- domandò Drew, impaziente. Lo Spirito gli scoccò un’occhiata provocatoria, ma lui la ignorò.
-Sì, abbiamo un accordo.- annuì la creatura, avvicinandosi al tavolo.
-E…?
-Stanotte. Ci accompagnerà Nive: farà da garante.- spiegò.
La Ferift le lanciò un’occhiata. –Senza offesa, ma è sicuro?- chiese. Nonostante cercasse di vedere il buono, nelle persone, aveva imparato a diffidare dalle apparenze. Soprattutto dalle dolci ed ingannevoli parole pronunciate da una bocca amabile.
Nive fece spallucce. –Fate come vi pare. Io ho fatto la mia parte.- commentò, per nulla toccata dal commento.
-Ragazze, calme. Possiamo aiutarci a vicenda e Nive ha molto da perdere.- le blandì Blaking.
La ragazza stava per ribattere, ma preferì evitare, dato che il pennuto sembrava essersi schierato dalla sua parte. Almeno per il momento.
-Io dico di tentare.- intervenne Simar. Era ancora preoccupato per il modo in cui il suo Fisàan si era congedato, ma cercò di relegare quel pensiero in un angolo della sua mente.
Dopo un attimo d’esitazione anche Drew si trovò d’accordo. Ethelyn non ne fu particolarmente contenta, ma si disse che era la cosa migliore da fare.
-Bene, abbiamo un accordo. Incontriamoci sulla vostra terrazza, a mezzanotte.- e con questo Nive raggiunse le sue compagne danzatrici.


-Ethelyn… io… dovrei parlarti.- Drew la prese per un polso, esitante.
Lei si fermò e lo guardò. –Non c’è bisogno.- abbassò lo sguardo, arrossendo. Gli altri si erano già avviati ed erano rimasti soli.
-Invece sì. Andiamo fuori.- puntò gli occhi nei suoi, verdi come la primavera. La ragazza esitò un attimo, ma poi annuì.
La condusse attraverso le varie corti, fino a quando non ne trovò una molto piccola e appartata, impreziosita da cespugli odoranti di gelsomino e da una fontana gorgogliante, al centro dello spiazzo lastricato.
-Che bello!- mormorò la giovane, colpita.
Il Nun annuì, accomodandosi sul bordo di pietra. Ethelyn esitò un attimo e poi lo imitò. –Io… io non ce l’ho con te…- iniziò.
-Capisco che questa situazione sia nuova, per te. Ma devi fidarti di me e non dare ascolto agli altri, soprattutto a Nive. Lei si diverte a mettere a disagio le persone.- la bloccò prima che potesse dire altro.
-Lo so. Cioè, lo capisco… ma mi sento così stupida, in questo frangente. Non so niente di queste cose, se non che il bacio del vero amore può risvegliare una principessa addormentata.- replicò, leggermente esasperata.
Drew si lasciò sfuggire un sorriso. –Be’, tu non eri addormentata, però ti ho liberata, in un qualche modo.- commentò.
La rossa lo sguardò di sottecchi. –Ma non ci siamo baciati, la prima volta che ci siamo visti.- osservò.
Lui allora sospirò, non sapendo bene se disperarsi o buttarla sul ridere. –Stavo cercando di essere romantico.- le spiegò.
-Oh.- fece lei. Ridacchiò nervosamente e poi mormorò qualcosa circa la sua “ignoranza in questioni amorose”.
Rimasero in silenzio per un po’, ascoltando la limpida voce della fontana ed il canto degli uccelli.
Erano entrambi in attesa di qualcosa, forse della mossa dell’altro, ma nessuno si decideva a compiere il primo passo.
“Ethelyn, smettila! Pensi troppo e questo ti blocca.”, si rimproverò per l’ennesima volta. Lanciò uno sguardo a Drew e poi inspirò profondamente. –Mi dispiace. E ti perdono.
-C-come? Sul serio?- si voltò a guardarla, stupito. Lei annuì, scostando una ciocca di capelli dal viso. –Oh… meno male! Sono sollevato!- sorrise, rilassando i muscoli delle spalle.
La Ferift esitò un attimo, poi chiese:-Nive non ti piace, vero?
Il suo compagno la fissò, cercando di capire se intendesse veramente quello che aveva detto. A giudicare dal suo sguardo era seria. –No. Assolutamente.- replicò, convinto.
-Nemmeno se ti si offrisse…?
-Ma per chi mi hai…- iniziò.
-Scusa, non volevo offenderti!- s’affrettò a dire. Lui allora ingoiò le parole e stette a guardarla, aspettando la sua prossima mossa. –Avvicinati.
Obbedì e le si fece vicino, sempre in attesa. Lei si torturò le mani per qualche istante e poi lo afferrò per la casacca, tirandolo verso di sé. Assecondò il movimento e si abbassò, incontrando i suoi occhi.
Vide le sue guance imporporarsi leggermente e poi le sue palpebre abbassarsi nell’attimo in cui le loro bocche si toccarono. Rimase piacevolmente sorpreso dal suo imprevisto spirito d’iniziativa e la lasciò condurre.
Il bacio fu lento e a volte incerto. E lo lasciò assolutamente insoddisfatto: avrebbe voluto osare di più, ma sapeva che non poteva.
Non ancora.
“E quando?”, si chiese, reprimendo il desiderio. Chissà se anche Ethelyn sentiva quel caldo pulsare, quando stava in sua compagnia.
Vedendola abbastanza rilassata, prese il comando. La obbligò ad arretrare, fino a che non si ritrovò distesa con metà del corpo sul bordo di pietra della fontana. I ricci le si sparsero attorno al viso come una fiamma.
La vide socchiudere la bocca, pronta a domandare, ma non glielo permise. Si abbassò e rivendicò le sue labbra, facendosi più esigente rispetto al bacio di poco prima.
Le cose stavano andando inaspettatamente bene quando sentì Ethelyn irrigidirsi. Quello era il suo segnale.
Si staccò lentamente, le sorrise e sussurrò:-Torniamo dagli altri?
L’aiutò ad alzarsi e la prese per mano, conducendola al piano di sopra. La giovane represse un brivido, sentendosi strana, ma sempre e comunque molto imbarazzata.


-Ci siamo tutti?- domandò Nive, guardandosi attorno.
Si era tolta la maggior parte dei gioielli che indossava solitamente, dato che sarebbero stati solo un’inutile modo per attrarre l’attenzione. E, almeno in quel caso, non voleva che succedesse.
  Fece scorrere lo sguardo per la terrazza, poi si fermò a guardare Simar. Era un gran bel principe, non c’era che dire, ma non le dava l’impressione di essere accomodante. A lei piaceva giocare con gli uomini, un po’ come fa il gatto col topo.
Sempre col loro consenso, ovviamente.
“E quando mai si sono rifiutati?”, pensò, reprimendo un sorriso.
-Ci siamo tutti.- proprio la voce dell’Elfo la strappò alle sue considerazioni. Alzò il capo e lo fissò confusa.
-E il lupo?
-Ci raggiungerà più tardi.- assicurò il ragazzo con un piccolo ghigno. Sapeva che la metteva in soggezione.
Annuì, sbrigativa. –Bene, muoviamoci allora.- disse e saltò oltre il parapetto, scivolando lungo la pianta rampicante che ne lambiva i bordi.
-Quella è pazza…- commentò Drew, scuotendo la testa.
-Be’, al di là di tutto, sa come muoversi.- dovette ammettere Ethelyn. –E lo fa molto bene, pur essendo solo una danzatrice.
Il Nun lesse ammirazione negli occhi della rossa e capì che la ragazza le invidiava i suoi movimenti flessuosi e femminili. Forse… Non era sicuro al cento per cento.
-Muoviamoci.- li esortò Blaking. Spalancò le grandi ali ed aspettò che gli montassero in groppa. Drew non se lo fece ripetere due volte, ma quando allungò la mano verso la sua compagna, lei scosse la testa.
Sorrise e si fece spuntare le ali. -Ho voglia di sgranchirmi un po’.
-Come vuoi. Simar, salta su!- fece allora l’Ippogrifo.
-Grazie.- il giovane si sistemò e in poco si ritrovarono fuori dalle mura della Locanda, guidati dall’abile e silenziosa Nive.
Mentre avanzavano tra le ombre e i vicoli della città di Neith, la si poteva intravvedere per via del suo incarnato pallido e dei suoi veli luccicanti.
Ad un certo punto Nehir li raggiunse e Simar si spostò sulla sua groppa. Drew non ci pensò nemmeno a rimpiazzarlo con lo Spirito Blu.
  Continuarono a proseguire, allontanandosi sempre più dal centro della capitale. Man mano che si avvicinavano ai quartieri periferici, caratterizzati da ampi possedimenti, le persone diminuirono, ma rimasero comunque sempre più di quelle che si sarebbero potute trovare in un piccolo villaggio.
Ad un certo punto la giovane si fermò ed indicò loro una costruzione a due piani, dai volumi semplici e squadrati, con un grande pergolato davanti alla porta d’ingresso.
Simar intravide l’insegna. –Una biblioteca? Non è molto originale.- commentò, dopo aver letto.
-Bisogna diffidare dalle apparenze.- replicò Nive, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla.
-E’ un riferimento personale?- la punzecchiò.
Lei socchiuse gli occhi e non rispose, limitandosi a puntare verso l’edificio. Poco prima di entrare sia il principe che Drew smontarono dalle loro cavalcature.
Non appena furono dentro un Elfo venne loro incontro. –Ben arrivati.- li accolse, cortese. –Piccola danzatrice, non ci avevi detto che i tuoi ospiti sarebbero stati così… eterogenei.- aggiunse, dopo aver dato un’occhiata a Blaking e Nehir.
-Non avrebbe cambiato le dimensioni del passaggio, no?- commentò lei.
-Mhm… non esattamente.
-Scusate… lei chi sarebbe?- Ethelyn li interruppe.
Il bibliotecario si riscosse e le sorrise. –Che maleducato. Io sono Quintilius, il guardiano dell’ingresso. E un semplice bibliotecario.- disse. –In ogni caso, ho un altro ingresso per le due creature.- tornò a rivolgersi a Nive.
La mora lo guardò stupita. –Sul serio? E perché non ne sapevo nulla…?- chiese, piccata.
-Perché sei una novellina. Ci sono ancora molti segreti del mestiere che ti sono ignoti.- la punzecchiò allegramente. –Ma non perdiamo altro tempo, seguitemi.
Recuperò un paio di lanterne e, dopo averle affidate ai suoi ospiti, li condusse attraverso le file di scaffali. Quando arrivarono davanti alla leva, fece cenno alla danzatrice di tirarla. Lei obbedì e poco dopo ecco comparire il passaggio segreto.
“Ingegnoso.”, pensò Simar, ammirato.
“E io dovrei passare per quel buco?”, si chiese Nehir, scettico. “Nemmeno in questa forma…!”
-Per voi c’è un'altra via.- l’Elfo sembrò leggergli nel pensiero. Si avvicinò ad una scaffalatura di fondo e, come per magia, ecco comparire un’apertura abbastanza grande per far passare un cavallo.
“Molto meglio.”, fu il commento del Fisàan.
-Basta che seguiate il corridoio di pietra. Vi ricongiungerete e poi… be’, Nive sa la strada. Spero possiate trovare quello per cui siete venuti.- augurò loro. Esitò un attimo e poi si congedò, tornando alla sua postazione.
-Andiamo. Ci ritroviamo di sotto.- Nive fu la prima ad iniziare la discesa.

-All’ingresso troveremo Ràvion. Non spaventatevi, è innocuo: attacca solo gli intrusi.- disse loro, una volta riunitisi.
-Che genere di creatura è?- chiese Blaking, perplesso.
-Un Doslor.
Come se nominare una delle quattro grandi razze potesse risolvere la questione. Non fecero altre domande, dicendosi semplicemente che avrebbero visto coi propri occhi.
Stavano camminando da un po’ quando, davanti a loro, apparve il tremulo baluginio di una luce. Nive non esitò e proseguì, ben consapevole di quello che avrebbe trovato dopo la svolta.
-Ben trovato, Ràvion.- si fermò giusto in tempo per non sbattergli contro.
L’uomo le fece un cenno del capo e poi tracciò alcune parole nell’aria, dando il suo muto benvenuto agli ospiti.
I ragazzi ringraziarono, leggermente a disagio, poi si affrettarono a proseguire. Solo Nehir esitò, scambiando qualche pensiero col guardiano.
Quando sbucarono nel rifugio rimasero tutti ad osservare immobili il grande albero e la finestra sulla cascata. Blaking lanciò un’occhiata all’esterno e capì di trovarsi nel canyon sottostante il lago Daika.
Come potevano celarsi alla vista del Cair?
-Ho portato i viaggiatori.- annunciò Nive, fermandosi al centro del giardino.
Sembrava non esserci nessuno in giro, ma sapevano che non poteva essere assolutamente così.
Ad un certo punto ecco comparire due Spiriti dalle lunghe chiome color oltremare. Quando passarono sotto la luce lunare le loro squame, che si intravedevano sotto i vestiti, lanciarono timidi luccichii.
-Csi vi sta aspettando.- disse uno dei due uomini.
Nive non sapeva i loro nomi, dato che il gruppo era formato da molte persone e parecchi di loro preferivano non socializzare.
-Siamo sicuri che possiamo fidarci…?- sussurrò Drew. Blaking lanciò un’occhiata ai loro accompagnatori, poi dovette scuotere impercettibilmente la testa.
Aveva uno strano presentimento in corpo, ma non era totalmente negativo: assomigliava più ad agitazione che paura.
Vennero condotti verso il fondo della grotta, dove si aprivano numerosi corridoi. Presero quello centrale, illuminato da fuochi talmente chiari da sembrare bianchi.
-Ci sono dei Nun, qui.- commentò Drew, meravigliato.
Passarono attraverso diversi archi di pietra, scorgendo passaggi in cui si affacciavano grandi sale affollate e porte chiuse.
I due Spiriti li portarono fino ad una grande porta di legno, perfettamente sigillata. Quello che aveva parlato per primo bussò discretamente.
-Falli entrare.- disse una voce dall’interno.
L’uomo fece come gli era stato detto ed aprì il battente, invitandoli ad immettersi nella stanza. Fu Nive ad aprire la strada, dato che era l’unica a conoscere quel luogo.
-Oh, Nive. Finalmente siete arrivati.
Simar si stupì di ritrovarsi all’interno di una sala circolare, dall’alto soffitto di vetro. Aggrottò le sopracciglia, rimanendo a fissare le stelle.
-Quello è un vecchio trucco che ho imparato tanto tempo fa.- si sentì rivolgere la parola. Si riscosse e si affrettò ad abbassare lo sguardo. –La terra si apre, lasciandomi ammirare il cielo, ma dall’esterno tutto sembra al suo posto.
La persona che aveva parlato era un Elfo, proprio come lui. Ma a differenza del principe non era più nel fiore dell’età e le rughe tessevano una sottile ragnatela sul suo viso. I folti capelli castano ramati mostravano qualche ciocca bianca, senza nulla togliere al fascino dell’uomo. I suoi occhi, dello stesso colore del cielo, erano pronti a percepire ogni più piccolo dettaglio del mondo che li circondava.
  Al di là del suo sguardo, deciso e gentile al tempo stesso, quello che balzava subito all’occhio era la brutta cicatrice che sembrava deturpare tutto il lato destro del suo corpo.
Ethelyn cercò di non abbassare gli occhi, tentando di mostrare rispetto. Sapeva che non era bello esser giudicati semplicemente dal proprio aspetto.
-Apprezzo lo sforzo, ma capisco che possa essere difficile, i primi tempi.- commentò l’uomo.
-Come?- chiese, stupita.
-La cicatrice. Non vi preoccupate: so quanto sia brutta, a vedersi. A volte turba ancora anche me.- le sue labbra si distesero in un sorriso, che allentò sensibilmente la tensione. –Prego, accomodatevi pure. Mi presento, io sono Csi.
-Vi ringrazio per aver accettato d’incontrarci.- disse Blaking, indeciso sul da farsi.
-Come potevo non farlo? Non capita molto spesso, di questi tempi, di poter incontrare un gruppo del genere.- replicò, scrutandoli attentamente uno per uno. –Ditemi cosa cercate. Se la vostra è una richiesta ragionevole, potrete dirmi i vostri nomi. In caso contrario, non intendo saperli: sarà più sicuro per entrambe le parti.
“Mi piace.”, osservò Nehir, accucciatosi accanto a Simar. Il giovane gli lanciò un’occhiata. “E’ sincero, sa quello che fa ed è una persona molto dotata.”, aggiunse.
“Sì… sento una specie di formicolio lungo le braccia.”, ammise il ragazzo.
E quella sensazione era la stessa per tutti gli altri.

  Dopo alcuni lunghi istanti d’attesa, tutto il gruppo si accomodò. Nive, la più vicina a Csi, si guardò intorno e chiese:-Dove sono gli altri?
-In ricognizione.- fu la risposta.
Solitamente l’uomo era solito farsi assistere dai suoi due fidati compagni, l’equivalente di un Beta e di un Gamma per un branco di Fisàans. Quella notte sembrava aver giudicato… scomoda la loro presenza.
“Peccato… mi stanno simpatici.”, pensò la giovane, appoggiandosi allo schienale di legno della sedia.
-Nive mi ha detto che vi serve una mappa.- esordì Csi.
Blaking scambiò un’occhiata veloce con gli altri, poi confermò. –Dobbiamo andare a Sud.
L’Elfo appoggiò i gomiti sul tavolo, intrecciando le dita. Nei suoi occhi si poteva scorgere una scintilla d’interesse. –E perché mai?- chiese. “Mi hanno riferito che sono stati ricevuti da Manannan, ma a quale scopo?”, meditò, osservandoli apertamente.
Simar prese la parola. –Prima di dirvelo avremo bisogno di sapere una cosa.- disse.
“Uno dei figli di Dama Undine, suppongo.”, lo riconobbe. “Ho sentito molto parlare di lei, ma mai dei suoi eredi.” –Chiedi pure.- gli sorrise. Gli piaceva il suo sguardo, era fiero e diretto.
-Qual è il vostro scopo?
Csi distese lentamente le labbra in quello che doveva essere un sorriso di vittoria. Sapeva che glielo avrebbero chiesto. –Sono arrivato a Neith circa due anni fa, dopo aver viaggiato a lungo. Sono sempre stato uno studioso e i segnali che ho letto nelle stelle mi hanno preoccupato.- iniziò.
-Quali segnali?- lo interruppe Drew.
Gli lanciò un’occhiata. –Quelli che annunciavano la venuta di questo male oscuro.- rivelò. Tutti i presenti trattennero il fiato.
“Lo sapeva?”, chiese Nehir, arricciando leggermente il labbro superiore.
-State calmi.- li acquietò.
Simar si alzò a mezzo, pronto a dirgliene quattro. Un’occhiata di Ethelyn, però, lo dissuase dall’avere una reazione violenta: aveva promesso di controllare le proprie emozioni. –Se sapevate che tutto questo sarebbe successo, perché non avete avvertito i Cair?- domandò, tornando a sedersi.
-Non sapevo cosa sarebbe successo, non di preciso. Sapevo solo che qualcosa di grande sarebbe sopraggiunto. Nessuno mi avrebbe creduto, per quanto io potessi essere rispettabile.- rispose, pacato. –I primi semi del male hanno attecchito, coinvolgendo persone a me vicine. A seguito di alcuni avvenimenti che non vi racconterò, mi sono messo in viaggio per trovare informazioni.
-Che tipo d’informazioni?- domandò la Ferift. Nive era l’unica che non stava partecipando attivamente alla conversazione, anche se la stava seguendo con molta attenzione. Aveva sempre voluto sapere qualcosa di più sul conto di Csi.
-Tutte quelle che potessero essere utili alla causa. Resoconti storici, manufatti, leggende, testimonianze… qualsiasi cosa. Così ho deciso di radunare persone che potessero darmi una mano. A quel tempo era improbabile che i Cair si smuovessero, l’incantesimo era troppo forte: così abbiamo iniziato anche a proteggere la città.- si fermò per guardare le loro espressioni. Erano confusi, ma anche incuriositi, proprio come un gruppo di bambini mentre ascoltano racconti di fantasia attorno al fuoco.
Blaking inclinò il capo piumato. -Siete una sorta di guardiano?
-Sì, diciamo che siamo un gruppo di guardiani.- la definizione era abbastanza calzante.
-E perché agite in segreto? Insomma, state lavorando per il bene comune, no?- s’inserì Ethelyn.
“Discendenza mista…”, ragionò il suo interlocutore. Si soffermò sulla sua chioma di fiamma, chiedendosi se avesse origini Doslor. –Ritengo che rivelarci al mondo porterebbe più grattacapi che altro. Se ho bisogno dell’aiuto di qualcuno, mi faccio vivo io. È più comodo per entrambi.- le rispose, guardandola dritto negli occhi.
La giovane arrossì leggermente, ma sostenne lo sguardo.
-E rivelarvi al Cair?- chiese allora Drew.
-Questo potrei farlo… soprattutto ora che Manannan è di nuovo il vecchio Manannan.- mormorò, meditabondo.
-Lo conoscete personalmente?- domandò Simar, stupito.
Csi scosse la testa. –Ho avuto modo di osservarlo. Mi piace osservare la gente, tanto quanto mi piace osservare il cielo. Ora… vi servono altre informazioni?
Si scambiarono qualche rapido mormorio, dicendosi soddisfatti circa le parole dell’Elfo. Mentre loro si consultavano, l’uomo scambiò un sorriso con Nive, facendole intendere che apprezzava quello che aveva fatto.
Lei ricambiò con un attimo di ritardo, colta di sorpresa.
-Siamo pronti a parlare.- disse infine Blaking.
“Un gruppo formato da forti personalità, discendenze miste e guidato da un Ippogrifo che nasconde più di quello che si vede. Mi chiedo cosa sia.”, pensò. –Vi ascolto.
-All’inizio eravamo solo io e Drew. Siamo stati scelti per andare nelle terre del Cuore e conferire col Primo.- iniziò la creatura.
-E’ quasi impossibile raggiungere il Primo, soprattutto ora.- commentò, accigliato.
-Ce ne siamo resi conto. Ma il problema era… è grave.
Csi si sporse sul tavolo, interessato. –Continua. Che genere di problema?
-Non ci sono più nascite da cinque anni.- rivelò il Nun.
Al che l’Elfo sgranò gli occhi. Sospettava che al Cair della Luce fosse successo qualcosa, ma non immaginava che la situazione fosse così grave. –Ditemi tutto, vi prego.- li incitò.
 
  Parlarono a lungo, intervallandosi ogni qual volta ce ne fosse bisogno.
Ancora prima della fine del racconto Csi era convinto di una cosa: li avrebbe aiutati. Non avrebbe potuto starsene con le mani in mano, mandando avanti un gruppo di ragazzi che, per quanto volenterosi, erano appena diventati adulti.
-Vi darò la mappa. E vi aiuterò con ogni mezzo a mia disposizione. In cambio, però, vorrei chiedervi un favore.- disse alla fine.
-Certo.- accettò Ethelyn. Quell’uomo le piaceva, nonostante sembrasse scavarle nell’anima con una precisione ed una profondità preoccupanti.
-Dato che dovrete attraversare quasi tutto il Sud per giungere alla capitale, vorrei che cercaste una persona per me.- si voltò e recuperò un carboncino ed una pergamena.
-Potete darci qualche altra informazione?
-Un attimo.- sollevò la mano sinistra, poi iniziò a far scorrere rapidamente la punta nera, riempiendo di linee la carta. In poco ebbe realizzato un ritratto. –Ecco. Sono passati cinque anni, ma non credo sia cambiato molto. Il suo nome è Roving, è mio nipote.
Fu la rossa a prendere per prima il foglio. Abbassò lo sguardo e rimase stupita dalla tecnica con cui era stato realizzato il ritratto: sembrava che gli occhi potessero prender vita da un momento all’altro.
Nive le si avvicinò, curiosa. –Non mi avevi mai detto di avere un nipote.- commentò, sbirciando. –Niente male, tra l’altro.
Csi non rispose, lo sguardo perso nei ricordi.
-Csi…?
Si riscosse e deglutì, a disagio. –Scusatemi. Potete farlo?- chiese.
-Sì. E una volta trovato?- chiese Drew.
-Oh, sono certo che qualcuno di voi saprà contattarmi.- disse, lanciando un’occhiata intensa a Simar e Blaking.
I due si scambiarono un’occhiata allarmata, ma senza darlo a vedere.
-Bene. Ora, se volete seguirmi, vi darò la mappa.
Li precedette fuori dalla sala, fermandosi poco dopo per aspettarli. Il gruppo di amici esitò un attimo, poi lo raggiunse, chiedendosi, ancora una volta, chi fosse in realtà.
  
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