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Autore: Jay_Bismen    10/02/2013    0 recensioni
Una ragazza come tante.
Una famiglia distrutta.
Un gruppo di ragazzini irruenti.
Un tradimento che metterà a dura prova l'amicizia tra persone cresciute insieme.
Un Paese distrutto.
Un capo malvagio.
Un popolo stanco di subire soprusi e sottomissioni continue.
Una città in pericolo.
E forse la nascita di un nuovo amore....
L'Italia è stata sottomessa dal Governo dopo una violenta rivolta,e solo una parte è riuscita a salvarsi (l'isola della Sicilia). I suoi abitanti vivono sereni. Questo ancora per poco. Chi non vive in questa città inizia a dubitare dell'onestà dei siciliani,che per motivi di sicurezza non lasciano entrare nessuno sconosciuto dentro il confine. Le pattuglie del Governo iniziano ad aggirarsi intorno all'isola,in cerca di vendetta. La storia si focalizza su una ragazza, Christy,che ha un passato eun presente particolari. Costretta a vedersela da sola e ad accettare il fatto di appartenere una famiglia basata non sul legame di sangue,ma su quello dell'amicizia,che sta per infrangersi. Il mondo di Christy sta per crollare sotto i suoi piedi e lei si dimostrerà la persona capace di sistemare le cose. E' arrivato il momento di cogliere l'attimo per lei.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci avviamo doloranti verso la base. E’ nel nostro quartiere,ovviamente. Prima era una specie di teatro con tanto di galleria,così abbiamo tutto lo spazio che vogliamo. Ormai non sta più in piedi,quindi nessuno lo usa più. A parte noi. Ne abbiamo fatto forse il posto più bello di tutta la nostra bella Sicilia a pezzi. Abbiamo messo delle insegne fuori,e dentro i ragazzi hanno coperto le prima tristi e sgombre pareti di murales. Abbiamo anche riciclato vecchi oggetti dalla discarica,come un divano o una sedia. Ogni cosa che possa rivelarsi anche assolutamente inutile,sappiamo che può valere oro. E la portiamo qui. Il grande edificio è staccato dagli altri per una decina di metri a ogni lato e circondato da rocce qua e là e residui di erba gialla. Un tempo,dicono,era un posto magnifico. Durante la guerra civile era diventato un covo per ladri,vagabondi,fuggiaschi che lo avevano distrutto. Poi lo abbiamo trovato noi e lo abbiamo sistemato. All’entrata c’è un cartello con su scritto “Un popolo che non aiuta e non favorisce il suo teatro, se non è morto, sta morendo”. Dopo un breve corridoio,una grande tenda rossa sbarra la via per la platea. La superiamo. Alcuni sedili sono rotti,soprattitto sul lato destro,dove è posizionato il divano,altri resistono. In lontananza c’è il palco,la cui vecchia magnificenza fa ancora rabbrividire. Sono sempre stata attirata dal teatro. Dalla recitazione,forse. A volte ricordo immagini sfocate di attori e film,e mi sento a casa. Quando avevo quattro anni ancora la guerra non era scoppiata. L’Italia non era benestante,ma resistevamo. E non eravamo separati dal resto del mondo. Ricordo che dicevo sempre che da grande avrei fatto l’attrice. A quanto pare il mio sogno non sarebbe stato coronato. Ora non potevamo più usare oggetti del genere,non c’era campo nemmeno per un telefonino. Sembravamo tornati alla preistoria,chiusi nelle nostre case senza intrattenimenti, e dovevamo anche ringraziare di avere quel poco di elettricità. Precedo tutti e mi accomodo sul divano. Peter fa lo stesso. Dopo un po’ il nostro vociare si placa e Caius inizia a parlare.                                                                                                                                                                                                            
–Oggi abbiamo assistito ad un attacco da parte della flotta italiana. Questo ci fa capire che lo Stato non si arrende. Ci sta combattendo,e noi,in quanto Audaci metteremo in atto una controffensiva. Tutti seguirete le mie regole e farete quello che dico io.                                                                                                                                     
Arriccio il labbro. Non mi piace l’idea di farmi comandare da lui. – E se qualcuno – continua guardandomi – ha voglia di fare per conto proprio…beh…la conoscete la regola                                                                                                                   
Nessuno parla. Certo che la conosciamo. La prima cosa che dobbiamo fare entrando nel gruppo è recitarla davanti a Caius e Peter. I capi. Beh,in realtà il capo dovrebbe essere solo Peter. E questo mi fa saltare i nervi. Perché si fa mettere così i piedi in testa? –Tu che ne dici,Peter? – sibilo. Lui mi guarda spaesato mettendosi  seduto bene. – Io? – domanda confuso.                                                                                                                                                  
–Sì,tu. Tu sei il capo originario,hai fondato il gruppo. Non farti da parte – Forse la mia voce era un po’ meno innocente di quello che avrebbe dovuto essere,visto che gli sputo letteralmente in faccia le ultime parole.                                  
–Beh…No,insomma… . Fissa Caius, che guarda prima me poi lui con degli occhi che fanno rabbrividire –Per me va bene – dice infine.
Lo guardo come se mi avesse tradita,anche se Caius ha ricominciato a monologare,ma lui si tiene a distanza.                                                                                                                            
–Angela? – mi fa Caius. –Puoi dirmi cos’hai capito di quello che sto dicendo? – Lo guardo. Non lo stavo ascoltando.
Non rispondo,ma bado bene a non abbassare lo sguardo. Ma d’un tratto mi è vicino,mi prende la faccia con una mano e la gira verso di lui. Mi ritraggo per quel che posso,ma lui non molla –Tu dovresti imparare a stare attenta,quando parlo,feccia . Dovresti ascoltare il vero capo! Oppure potresti fare una cattiva fine- I suoi occhi vicini sono pieni di fiamme,ma non quanto lo è il mio odio per lui. Mi molla e la mia testa vaga. Feccia? Potrei fare una brutta fine? Ha forse dimenticato che è stato lui a insegnarmi a fare a pugni? Faccio per alzarmi e prenderlo alle spalle,ma una mano gelata mi prende dal polso e mi rigetta sul divano. Mi volto e guardo storto Peter. – No – mi sussurra. Spendo tutta l’energia che ho per tentare di liberarmi,ma non ci riesco. Mi arrendo e gli dico in silenzio che dopo oggi lo odierò per sempre. Non scherzo.                                                                                                                                                                                                                                      
–Bene. Stavo giusto dicendo che abbiamo bisogno di denaro. Per comprare attrezzature che ci potrebbero servire. Armi,cose del genere.                                                                                                                                                                                      
–Ma non ne abbiamo!  - ribatte Jess facendo svolazzare i suoi lunghi capelli rossi.                                                                                     
–Esatto. E’ per questo che stanotte andremo alla gioielleria Ninfa.                                                                                                                 
–Restiamo in silenzio mentre assimiliamo il significato delle parole di Caius. No. Non di nuovo. Avevamo già fatto cose del genere prima,per divertimento,ma credevo fosse finita dopo che Peter,Martin e lo stesso Caius erano finiti in carcere per qualche giorno.                                                                                                                                                
–No – mormora  Jane – Sei impazzito? Una rapina?                                                                                                                                         
-Jane,cara – dice lui avvicinandola – vuoi pagare tu tutto quello di cui abbiamo bisogno? – dice con un tono do voce talmente dolce da fari rabbrividire. Lui sa perfettamente che Lane e la sua famiglia vanno avanti a stenti. – No – sussurra lei. Non c’è altro da dire. Nessuno ribatte,anche se si vede che qualcuno vorrebbe. Tutti rimaniamo ad occhi aperti. Non vogliamo che si ripeta quello che è successo qualche anno fa. Ma non possiamo farne a meno. Già abbiamo sentito troppe volte Caius minacciarci di eliminarci dalla banda,oggi.                                   
–Io vado nel mio laboratorio – fa lui – venite a chiamarmi quando sono le undici di sera – detto questo,ci passa due scatole di pizza e delle bottiglie d’acqua che ha preso prima di chiamarci, e se ne va verso uno di quelli che prima era un camerino. Passiamo il resto della giornata cercando di scherzare un po’ tra noi e mangiando,ballando,ascoltando musica. Arrivati a una cert’ora ci addormentiamo anche. Beh,io no. Non ho parlato con Peter oggi. Sono troppo furiosa con lui. Guardo l’orologio. Sono le undici. Cavolo,Caius aveva detto di chiamarlo a quest’ora. Scendo dalla mia amaca e controllo se qualcuno è sveglio. Ma figurati.                                                    
Controvoglia mi dirigo verso il laboratorio. La porta è aperta e si sente una voce. Ma non è normale…è metallica,sicuramente non di Caius. Mi affaccio lentamente nella stanza tremando di paura. Non c’è nessuno. Solo una cosa è strana: la scivania. E’ ricoperta da tanti aggeggi  grandi un po’ più del palmo della mia mano. E’ da là che proviene il rumore. – Caius,Caius,mi senti? Generale Evans a rapporto. Notizia urgente. Insurrezione a Potenza. Se ci sei rispondi. Caius? – la voce ripete all’incirca sempre le stesse cose. Mi avvicino e guardo. Sembrano palmari,tutti uguali. Gli schermi trasmettono immagini tutti uguali,come se fossero sintonizzati su uno stesso canale,e la voce proviene da ognuno di loro. Ne prendo uno. Sono proprio ad alta tecnologia,credo,e solo alcuni bottoni so cosa fanno. C’è quello di accensione e spegnimento,quello che regola il volume… Non se conosco altri. Sento dei rumori dalla platea. E questo il momento,mi dico. Ora puoi scegliere se essere la solita santa oppure fare qualcosa che non potresti. Non mi ci vuole troppo per decidere. L’ho già detto prima.                                                                                                                                                              
Non sono fatta per seguire le regole.
 
  
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