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Autore: hinata 92    10/02/2013    6 recensioni
Kaito Kuroba, alias Kaito Kid, è un abile prestigiatore, si sa... ma se fosse anche qualcosa di più?
Cinque anni di inspiegabile ritardo per una lettera che gli cambierà la vita, consegnatagli di persona da un misterioso Silente legato da un Voto Infrangibile di tanti anni prima... quale segreto nasconde il preside, che vuole a tutti i costi nascondere ai mangiamorte ancora in circolazione l'esistenza di Kaito?
Quale sarà il destino di Kaito, passato suo malgrado dai trucchi di prestigio alla magia vera? Riuscirà a vendicare suo padre distruggendo Pandora, la pietra della vita eterna, che nel mondo magico è chiamata più semplicemente... Pietra filosofale?
E se fosse arrivato troppo tardi?
Ripercorriamo insieme i libri del più famoso mago di Hogwarts da un punto di vista completamente nuovo!
Genere: Avventura, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Fred Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Uno sguardo pieno di passione

 

Con un po’ di titubanza, Kaito scese dall’aereo. Non era molto sicuro dell’avventura in cui si stava imbarcando, e allo stesso tempo era eccitato dalla novità.

Abbassando gli occhiali scuri, iniziò a guardarsi attorno. Silente gli aveva assicurato che questo Hagrid sarebbe stato molto riconoscibile, ma non aveva idea di cosa intendesse.

« Kaito Kuroba! Kaito Kuroba! Oh, scusi, non l’ho vista! Kaito Kuroba!!! »

Il ragazzo si voltò e solo l’irrinunciabile faccia da poker insegnatagli dal padre gli impedì di gridare alla vista di un uomo enorme e peloso che lo chiamava a squarciagola.

« Credo di aver capito cosa intendesse il vecchio… »

Con un po’ di titubanza, si avvicinò all’omone, che era talmente alto da sfiorare il soffitto dell’aereoporto.

« Lei… è il signor Hagrid? »

Il volto dell’uomo si aprì in un sorriso che sarebbe stato meraviglioso, se non fosse stato inglobato in quella gigantesca barba nera: « Oh, Kaito, eccoti finalmente! E non osare mai più chiamarmi signore, chiaro? Sono Rubeus Hagrid, custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts! »

Kaito lo guardò perplesso: « Ma avete tutti dei titoli così lunghi? »

Di tutta risposta Kaito ricevette una botta sulla schiena con la quale dovette dire addio a un paio di costole a cui era particolarmente affezionato.

« Nonostante il titolone, sono solo il guardiacaccia! E mi puoi chiamare tranquillamente Hagrid, come fanno tutti! Il professor Silente mi ha parlato molto bene di te, mi ha detto che sei uno in gamba… »

« Mi fa piacere! »

« … e che devo convincerti dell’esistenza della magia portandoti a Diagon Alley, altrimenti non verrai a Hogwarts! È una grossa responsabilità, ma io sono l’uomo di fiducia del preside e non mi tiro indietro! Avanti, allora, andiamo! »

Kaito si voltò indietro: « Aspetta, devo prendere la valigia… »

Hagrid sbatté violentemente una mano su una borsa dall’aria familiare: « È tutto qui! Rilassati, è tutto sotto controllo! »

Kaito deglutì, preferendo non sapere in che condizioni fossero le sue cose dopo una botta del genere, e si limitò a seguire docilmente il suo accompagnatore.

 

Kaito si lasciò guidare da Hagrid per le vie di Londra, chiedendosi come facessero a non attirare così tanto l’attenzione. Dopotutto era felice del viaggio imprevisto, e il suo accompagnatore, per quanto irruento, era sicuramente di buon cuore.

« Di qua, Kaito, seguimi! »

Il ragazzo si voltò, notando un localino talmente piccolo e malfamato che sicuramente se Hagrid non glielo avesse indicato avrebbe tranquillamente ignorato.

Incuriosito, alzò lo sguardo all’insegna: « Il Paiolo Magico? Un nome adatto all’occasione, senza alcun dubbio… ehi! »

Senza farsi troppi complimenti,il guardiacaccia l’aveva afferrato e trascinato all’interno. L’atmosfera del locale era effettivamente molto diversa dai negozi che lo circondavano, e per un attimo Kaito si chiese se era finito in una locanda medievale.

« Ehilà, Hagrid! Il solito? »

« No, oggi no, Tom, sono in servizio per Hogwarts! »

Il barista allungò un po’ il collo, notando il ragazzo: « Ehi, ma stai di nuovo accompagnando Potter a fare spese come l’anno scorso? »

Kaito chiese: « Chi? »

Hagrid rise, mettendo un braccio intorno al collo del malcapitato prestigiatore: « Oh, no, stavolta ho cambiato! Ti presento Kaito Kuroba, futuro studente di Hogwarts! »

Tom lo fissò perplesso: « Non è un po’ grande per essere al primo anno? »

Kaito stava per rispondere, ma il guardiacaccia lo interruppe all’istante: « Oh, è solo un po’ più alto dei suoi compagni! Se non ti dispiace ora dovremmo andare! A più tardi, Tom! »

« Ciao, Hagrid! »

Con nonchalance il guardiacaccia spinse Kaito verso l’uscita secondaria del negozio.

« Silente si è raccomandato di non far sapere che hai sedici anni invece che undici… attireresti troppo l’attenzione, e tu non sai ancora se verrai a Hogwarts o no, giusto? »

Kaito annuì: « Nessun problema, ma… si può sapere che ci facciamo qui? »

Di fronte a loro, infatti, c’era solo un muro di mattoni.

Hagrid lo guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo: « Questo è l’ingresso per Diagon Alley! »

Kaito mise una mano sui mattoni, poco convinto. Non vedendo porte mimetizzate, si appoggiò al muro con la schiena e fissò il suo accompagnatore con aria scettica e con le braccia incrociate: « Questo? »

Hagrid prese da una tasca della sua palandrana un curioso ombrellino rosa e batté sui mattoni seguendo un ordine preciso: « Questo. »

Non appena ebbe finito, i mattoni iniziarono a muoversi, e Kaito perse l’equilibrio, cadendo all’indietro. Seduto per terra, si voltò indietro per capire come un solido muro di mattoni avesse potuto cedere tanto all’improvviso.

Solo che il muro non c’era più. Al suo posto era comparsa una strada colorata e piena di vita.

Hagrid lo indicò con la mano, con un gesto e una frase che aveva già collaudato l’anno precedente: « Benvenuto, Kaito, a Diagon Alley! »

Il ragazzo si guardò intorno stupefatto. Se era tutta scena era sicuramente il miglior allestimento teatrale che avesse mai visto, e ne aveva visti tanti!

Un sacco di persone di ogni età si aggirava affaccendata per una strada selciata tutte curve e talmente piena di negozi da ricordare a Kaito un outlet “babbano” in periodo di saldi. Le persone avevano vestiti dalla foggia curiosa, con forte prevalenza di colori scuri e di lunghi mantelli neri. Ridacchiò nel vedere anche qualcuno con dei cappelli a punta.

Hagrid gli disse qualcosa mentre lo sollevava di peso dal terreno, ma Kaito era troppo rapito dallo straordinario ambiente per farci caso. Si limitò a seguire il guardiacaccia senza smettere un istante di guardarsi intorno per cogliere nuovi particolari. I negozi erano i più strani e curiosi, sicuramente corrispondenti alle esigenze delle streghe dei  più classici stereotipi: calderoni, ingredienti assurdi per chissà quali intrugli, persino scope su cui volare, a cui era dedicata un’intera vetrina su cui molti ragazzini tenevano gli occhi incollati.

Hagrid guardò il volto del ragazzo e rise: « Sei rimasto senza parole, eh? »

Per quanto gli scocciasse ammetterlo, Kaito dovette dargli ragione. Se si trattava di una candid camera era sicuramente la migliore mai architettata!

Il gigantesco guardiacaccia indicò un edificio: « Prima di fare qualsiasi cosa, una capatina alla Gringott è d’obbligo! »

« Gringott? »

« La banca dei maghi! Avete qualcosa di simile anche nel mondo babbano, no? Dobbiamo cambiare i tuoi soldi per fare gli acquisti per la scuola! »

L’edificio indicato da Hagrid era ancora più appariscente degli altri: alto, imponente e bianco come la neve, di una tonalità che a Kaito non poteva non piacere. Anche all’interno della banca c’era movimento, ma quello che attirò di più l’attenzione del prestigiatore fu un esserino con una divisa scarlatta e oro posto all’ingresso.

« Cos’è quel… coso? »

« Quale? »

Kaito si rese conto di essere stato un po’ generico e cercò le parole migliori per definirlo: « Quella sorta di ET in divisa d’ordinanza sulla porta! »

Hagrid guardò un po’ di storto il ragazzo e l’ingresso della Gringott, cercando di capire cosa potesse aver impressionato Kaito, soprattutto perché non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere un ET.

« Ah… aspetta… non dirmelo: ho dimenticato di avvertirti dei folletti, vero? »

« Folletti??? »

« Sì, sono le creature che si occupano dei soldi dei maghi. Sono degli ottimi custodi, ti assicuro che la Gringott è uno dei posti più sicuri al mondo. »

Kaito annuì e passò davanti al folletto cercando di sfoggiare la sua faccia da poker. Una volta entrati si ritrovarono davanti una seconda porta con una curiosa scritta:

 

Straniero, entra, ma tieni in gran conto

Quel che ti aspetta se sarai ingordo

Perché chi prende ma non guadagna

Pagherà cara la magagna

Quindi se cerchi nel sotterraneo

Un tesoro che ti è estraneo

Ladro avvisato mezzo salvato:

Più del tesoro non va cercato.

 

Kaito sorrise. Un avvertimento che sembrava scritto proprio per Kaito Kid! Ma potevano stare tranquilli, il ladro della luna piena non era interessato ai tesori della Gringott, almeno per il momento.

Hagrid lo condusse per un immenso salone pieno di porte: « Di solito mi tocca scendere nei sotterranei, ma visto che tu non hai un conto qui e dobbiamo solo cambiare, pare che almeno per questa volta mi risparmierò un giro su quei dannati carrelli! »

« Carrelli? Interessante… mi piacerebbe proprio farci un giro! »

« Se ci tieni al tuo stomaco te lo sconsiglio! L’unica cosa interessante nei sotterranei della Gringott sono i draghi di sorveglianza, ma preferirei non incontrarli da vicino, sono addestrati per incenerire chiunque si avvicini alle camere senza un folletto! »

« Draghi di sorveglianza? »

Hagrid lo guardò come se fosse la cosa più naturale del mondo e Kaito sospirò: « Non ho dubbi che ottengano migliori risultati intimidatori dei comuni rottweiler…  »

Il folletto allo sportello li squadrò dall’alto con aria di superiorità: « I signori desiderano? »

Kaito non sapeva bene cosa dire, ma ci pensò Hagrid a toglierlo dall’imbarazzo: « Il signor Kuroba dovrebbe cambiare denaro babbano con quello magico. »

Il folletto annuì: « Da quale valuta? »

Kaito presentò delle banconote. L’esserino le guardò con aria interessata.

« Yen? Non se ne vedono molti da queste parti… è fortunato, signor Kuroba, gli yen hanno un cambio molto conveniente! »

Il ragazzo si ritrovò fra le mani un mucchio di monetine di varie forme e dimensioni.

« Ehm… ok, grazie… ma non potrei avere qualche banconota? Non so se mi entrano tutte queste nel portafoglio… »

Il folletto lo fulminò con lo sguardo e Hagrid, ringraziando, prese sia i soldi che Kaito e li trascinò fuori dalla banca.

« Ehi, ma che ho detto di male? »

« I folletti sono molto suscettibili su questo punto… dicono che le banconote sono solo una follia babbana! Non concepiscono come la comune carta, ancora meno pregiata della pergamena, possa avere lo stesso valore dei metalli preziosi… se quel folletto fosse stato di cattivo umore avrebbe anche potuto portarti a conoscere di persona il drago di cui parlavamo prima! »

Kaito sospirò: « Saranno una follia babbana, ma le banconote ti permettono di non portarti dietro duecento chili di metallo! Non so dove metterle, mi bucheranno il borsellino e le tasche! »

Hagrid sorrise: « Se il problema è solo quello, lo si risolve in fretta! »

Il guardiacaccia entrò in un negozietto e ne uscì pochi minuti dopo: « Metti qui tutti i tuoi soldi! »

Kaito si vide mettere fra le mani un borsellino nero. Un po’ dubbioso, scaricò tutte le monete dalle tasche e dal portafoglio.

« Ehi, ci stanno tutte! E il borsellino è più leggero di quanto mi aspettassi… »

Hagrid lo guardò con orgoglio: « Monete magiche hanno bisogno di un borsellino magico! Consideralo un regalo da parte mia, mi stai simpatico, ragazzo! »

Kaito sorrise: « Bè… grazie mille, allora! Meglio del gonnellino di Eta Beta!  »

« Di nulla… ah, e ricordati: diciassette falci d’argento fanno un galeone d’oro e ventinove zellini di bronzo fanno un falci! Facile, no? »

Il ragazzo guardò perplesso l’interno del borsellino: « Più o meno… credo proprio che mi cucerò un biglietto sulla fodera per ricordarmelo! Dunque, dove vuoi trascinarmi ora?  »

« Abbiamo una lista da seguire, ma tanto per cominciare ti porterò in un negozio molto speciale… dobbiamo comprare ciò che rende un mago davvero degno di questo nome! »

« Un cappello a punta? »

« No… meglio questo! »

Kaito alzò lo sguardo. Si trovavano davanti a una bottega con un’insegna eloquente: “Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.”.

« Avanti Cristo? Addirittura? »

Kaito si fermò qualche secondo a guardare la vetrina. Fu inutile, l’interno era completamente oscurato. Si chiese se la bacchetta fosse così importante per un mago, poi si ricordò che anche quel vecchio pazzo ne aveva usata una per trasformargli l’armadio in un gatto.

« Coraggio, entra! Io ti aspetto qui! »

« Non… non vieni? »

Hagrid sorrise: « Ho già salutato il vecchio Olivander l’anno scorso… e credo la scelta della bacchetta sia un’esperienza importante nella vita di un mago. Per te, che non credi nella magia, forse è meglio non essere accompagnato da un vecchio brontolone come me! Ti aspetterò qua fuori, vai tranquillo! »

Kaito lo guardò sorpreso. Mise una mano sulla maniglia e suo malgrado si ritrovò a deglutire rumorosamente. Hagrid gli aveva messo addosso un po’ d’ansia. Diede ancora un ultimo sguardo al suo accompagnatore e il ragazzo si decise ad entrare.

 

Il locale era più spoglio e buio di quanto Kaito si fosse aspettato. All’interno del locale c’erano solo una sedia, un bancone e un’infinità di scatoline lunghe e strette. Per un attimo il prestigiatore fu tentato di contarle, poi, ricordandosi dell’incanto del borsellino che aveva in tasca, decise di lasciar perdere.

« Salve! »

Kaito si guardò intorno. Non era riuscito a individuare la fonte del saluto.

« Sono qui! »

Dai meandri del negozio comparve un uomo anziano, dagli occhi di un grigio straordinario, quasi d’argento, che sembravano brillare nel buio. Non avendolo visto arrivare, Kaito si convinse ancora di più che il locale fosse truccato, che si trattasse di magia vera o meno.

« Non ci siamo mai incontrati, vero? Mi chiamo Olivander, fabbrico bacchette magiche da una vita intera. »

Il ragazzo strinse educatamente la mano: « P-piacere, Kaito Kuroba! »

Olivander gli sorrise, comprensivo: « Capisco… lei è spaventato da tutte queste novità improvvise, vero? »

« Scusi? »

« Oh, il suo scombussolamento è più che comprensibile: uno straniero come lei, custode di un grande segreto, che si ritrova catapultato nel mondo magico nel giro di qualche giorno… lei è ancora combattuto se accettare tutto questo o continuare a combatterlo con la logica babbana… »

Kaito lo guardò stupefatto: « E lei come… »

L’uomo andò a prendere qualcosa dietro al bancone: « I miei vecchi occhi hanno visto molte cose e hanno imparato ad andare oltre le apparenze… tutti i maghi prima o poi passano di qui, a farsi scegliere dalle mie bambine… »

« Ma è un negozio o un’agenzia matrimoniale? »

Olivander rise: « Sei un ragazzo di spirito! Le mie bambine sono le mie creature, le mie bacchette… le creo con così tanto amore che dopo un po’ finisco per sentirle un pochino come figlie mie… »

Kaito sorrise intenerito. L’uomo gli sembrava un po’ rimbambito, ma innocuo.

« Dunque, passiamo alle cose serie! Con che mano avrebbe intenzione di usare la bacchetta? »

« Sono ambidestro… »

L’uomo guardò per un momento le mani di Kaito: « Non fatico a crederlo, queste sono mani ben allenate a fare ogni sorta di movimento! Va bene, allora misurerò entrambe le braccia… »

Il prestigiatore si ritrovò a guardare l’oggetto che il vecchio aveva tirato fuori dal bancone poco prima, un metro a nastro dalle tacche d’argento, muoversi da solo e iniziargli a prendere le misure delle braccia dalle spalle fino alle punte delle dita, poi dai polsi ai gomiti, poi dalle spalle a terra, dalle ginocchia alle ascelle e anche la circonferenza della testa, oltre la distanza fra le narici, cosa che provocò a Kaito un forte starnuto.

Olivander osservò per un po’ a braccia incrociate, memorizzando tutte le misure, mentre ripeteva un discorso che nel corso degli anni aveva ormai imparato a memoria: « Ogni bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, signor Kuroba. Usiamo peli di unicorno, penne della coda della fenice e corde del cuore dei draghi. Non esistono due bacchette costruite da Olivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago. »

« Tutto chiaro, ma io come faccio a sceglierne una? Ne indico una a caso, lasciandomi guidare dalla sorte? »

Olivander ridacchiò, mentre si allontanava verso la miriade di scatolette: « Oh no, signor Kuroba! Vede, in realtà non è il mago a scegliere la bacchetta… è la bacchetta stessa a scegliere il proprio mago! »

Kaito si guardò intorno con aria molto scettica: « E come dovrebbe fare? Mi vede e mi indica? »

Il vecchio tornò con una scatola: « Quando sarà il momento lo capirà! Intanto, inizi a prendere in mano questa: legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. »

Un po’ dubbioso, Kaito prese quello che per lui era un bastoncino di legno marrone, ma quasi immediatamente Olivander gliela strappò dalle mani.

« Tentiamo un altro classico: ebano e peli di unicorno. Otto pollici e mezzo. Elastica. »

Di nuovo Kaito prese la bacchetta nera e nuovamente gli venne strappata dalle mani.

« Dal cognome lei dev’essere giapponese… in onore al suo paese, ciliegio e piume di fenice. Otto pollici. Rigida. »

La scena si ripeté uguale, e così per un’altra ventina di bacchette almeno. Kaito non capì il senso di tutta questa pantomima all’inizio, ma non poté fare a meno di notare che, bacchetta dopo bacchetta, lo sguardo del vecchio s’illuminava sempre di più di una nuova luce, di una vitalità inattesa. Il fatto di continuare a passargli una bacchetta dopo l’altra non sembrava deprimerlo, anzi, lo considerava evidentemente un’entusiasmante sfida, in grado di togliere dal suo volto stanco almeno trent’anni di vecchiaia. Kaito lo vedeva volteggiare con un’agilità insospettabile su una grossa scala da biblioteca, avanti e indietro per il negozio, alla ricerca della scatola più nascosta e più segreta, e quando anche l’ennesima bacchetta sembrava non dare i risultati sperati, senza dire una parola ripartiva con più energie e più entusiasmo di prima.

Kaito sapeva come si chiamava: passione, amore puro e semplice per il proprio lavoro. Aveva visto quello stesso sguardo negli occhi di suo padre ogni volta che aveva dovuto salire su un palco, lo vedeva negli occhi dell’ispettore Nakamori quando lo inseguiva nei panni di Kaito Kid, era quasi certo di averlo sfoderato anche lui ogni qualvolta le sue mani creavano un nuovo gioco di prestigio. Aveva dovuto mettersi spesso nei panni di altre persone, ma quello sguardo così carico di passione non era mai riuscito a imitarlo in modo davvero convincente. Per esperienza, era certo che non fosse possibile recitare una parte conservando quello sguardo forte e puro. Quell’uomo era davvero convinto che le sue bacchette potessero aiutare le persone a sfoderare la propria magia. E questo, più di tutti gli incantesimi di Silente, più di tutti i giri di Hagrid, lo convinse della veridicità del mondo magico e di tutto ciò che lo circondava.

Olivander riemerse di nuovo, con i capelli un po’ impolverati: « Mi sono ricordato di questa! Era in un angolo sperduto del negozio, tutta impolverata, poverina, mi ero praticamente scordato di lei… »

Il vecchio soffiò sulla scatola, sollevando una nuvola di polvere che avrebbe probabilmente ucciso una persona allergica.

« Oh, ci avevo lavorato molto a questa! La sua particolarità è tutta nel legno… proviene dalle tundre siberiane, ed è rimasto talmente a contatto con la neve che pare che essa sia penetrata nelle fibre del legno, donando alla bacchetta questo colore così particolare… »

Olivander la tirò fuori dalla scatola e Kaito sbarrò gli occhi. Fino ad allora tutte le bacchette che gli erano state fatte provare erano state o marroni o nere. Quella invece era bianca, completamente candida. Come il costume di Kaito Kid.

« Abete e peli di unicorno, candidi come questo legno. Dieci pollici. Estremamente flessibile. »

Per qualche misterioso motivo, il cuore di Kaito accelerò nei pochi istanti che gli ci vollero per afferrarla. Fu allora che, a differenza delle bacchette precedenti, il ragazzo avvertì un calore alle dita, dolce e intenso come quello della cioccolata calda del bar vicino alla scuola che beveva con Aoko quando nevicava. Trattenendo il respiro, guidato da un istinto quasi atavico, Kaito la mosse nell’aria disegnando scie di scintille bianche, azzurre e argento. Il ragazzo ebbe la netta impressione che il suo braccio fosse nato apposta per quel momento, per quel movimento. Per un meraviglioso istante braccio, mano e bacchetta sembravano diventate un tutt’uno.

Olivander sospirò sollevato: « Finalmente! »

Kaito guardò la bacchetta con gli occhi sbarrati dalla meraviglia: « È… è stato… indescrivibile! »

Olivander gli sorrise: « Oh sì, in qualche caso la scelta della bacchetta può portare queste sensazioni, per di più a una persona che come lei prima d’ora non era mai entrata veramente in contatto con la magia. Sembra proprio che quella bacchetta sia in particolare sintonia con la sua magia… meno male, è un doppio sollievo! »

Quasi con riluttanza, Kaito riconsegnò la sua bacchetta all’artigiano per impacchettarla: « Doppio? »

Olivander rimise la bacchetta nella scatola e iniziò a comporre un elegante pacchetto: « Prima di tutto, per lei; in secondo luogo anche per la bacchetta stessa. Sa, l’avevo costruita su ordinazione per un signore… sì, adesso che ci penso bene, un signore asiatico come lei! Non mi disse il suo nome, ma me lo ricordo bene perché fu lui stesso a portarmi il legno… di solito mi procuro personalmente gli ingredienti, ma quel particolare tipo di legno mi aveva affascinato ed eccezionalmente accettai l’incarico. »

Kaito fu colto da un dubbio: « Ma allora il suo cliente non se la prenderà se vende a me questa bacchetta? »

L’uomo sospirò: « Non è mai stata ritirata. Sono passati molti anni da quando quell’uomo varcò per la prima e ultima volta la soglia del mio negozio… »

Il ragazzo ipotizzò: « Forse aveva cambiato idea. »

L’anziano scosse la testa, sorridendo dell’ingenuità del suo giovane cliente: « No, purtroppo no. Dopo qualche mese venne da me Silente, il preside di Hogwarts, ad annunciarmi la morte del mio committente. »

« Oh… mi scusi, non immaginavo… »

« Mi disse anche di tenerla in negozio, perché conoscendo la persona era certo che gli avrebbe fatto piacere se qualcuno, prima o poi, avesse potuto utilizzarla. Ai morti questi oggetti straordinari sono completamente inutili… ma ora basta con questi piagnistei, lei è giovane e di queste cose non deve preoccuparsi! »

Kaito annuì e Olivander gli sorrise porgendo il pacchetto: « Sono sette galeoni! »

Il ragazzo aprì il borsellino e ne guardò il contenuto perplesso: « Ok… il problema qui è capire quali siano questi benedetti galeoni… »

« Sono le monete d’oro. »

Chiarito il problema, Kaito pagò, prese la sua bacchetta, salutò con molta gentilezza e uscì dal negozio.

L’artigiano, rimasto solo, si appoggiò pesantemente sul bancone: « Silente, Silente… perché ho la netta impressione che mi abbia di nuovo coinvolto mio malgrado in qualcosa di grosso? »

 

Hagrid lo stava aspettando fuori dal negozio tutto pimpante: « Ehi, sei stato là dentro così tanto che credevo che Olivander ti avesse assunto come apprendista! »

Kaito rise: « No, ma mi avrebbe fatto piacere, quell’uomo mi affascina molto! »

« Allora, com’è questa bacchetta? »

Il ragazzo la tirò fuori dalla scatola con aria evidentemente orgogliosa: « Abete e peli di unicorno, dieci pollici, estremamente flessibile! »

Hagrid la prese e la guardò ammirato: « Non ne avevo mai viste di questo colore… »

« Una bacchetta rara per una rara matricola di sedici anni! Dunque, che altro c’è su quella lista? »

Hagrid notò subito che l’atteggiamento tanto critico di Kaito si era improvvisamente addolcito, ma non glielo fece notare e continuò come se nulla fosse, intimamente fiero di essere riuscito nel compito affidatogli dal preside.

 

Dopo aver superato miracolosamente i controlli bagagli all’aeroporto, Kaito si voltò per salutare Hagrid.

Il guardiaccia lo scrutò dall’alto: « E dunque? Alla fine verrai? »

Il ragazzo sospirò: « Sì, penso proprio di sì! »

« E allora perché stai tornando indietro? Fra quattro giorni inizia la scuola! »

« Non posso sparire dieci mesi nel nulla senza avvertire nessuno! Dammi il tempo di sistemare qualche faccenda e poi tornerò qui per entrare a Hogwarts, va bene? »

Hagrid gli consegnò un biglietto del treno, ma Kaito storse il naso: « Treno? Non c’è un volo aereo? Dal Giappone farei decisamente prima… »

Hagrid rise: « L’unico modo per arrivare alla scuola è prendere quel treno, in quella stazione e a quell’ora precisa! »

« E va bene, mi farò questa trafila! »

« Allora a presto, Kaito! Ti aspetto nella mia baracca per un tè, mi raccomando! »

« Non mancherò! »

Kaito s’accomodò sul sedile, chiedendosi se Hagrid lo stesse ancora guardando dall’interno dell’aeroporto o se se ne fosse già andato. Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto inventarsi una marea di scuse per giustificare a sua madre e a Aoko la sua partenza e tutti quegli strani bagagli.

« Temo che partire sarà ancora più difficile che frequentare questa scuola assurda… »

 

Ciao a tutti! In un momento di pura ispirazione ho scritto il secondo capitolo molto prima di quanto io stessa mi aspettassi! Non prendeteci l’abitudine, però, non credo che il prossimo aggiornamento sarà altrettanto rapido! Intanto ne approfitto per ringraziare MeiyoMakoto e darkroxas92 per aver commentato e aver deciso di continuare a seguire questa storia.

Mi permetto solo una nota. Amo questa serie di libri, e in questo come nei prossimi capitoli cercherò mi mantenermi il più possibile fedele ai libri, a volte copiandone dei pezzi, ma sempre (o quasi sempre) dal punto di vista dissacrante di Kaito, che credetemi, non risparmierà niente e nessuno! Prossimo capitolo: l’espresso per Hogwarts, con tante vecchie conoscenze, una certa Ford volante e i primi dettagli che inizieranno a cambiare… uno come Kaito non può esimersi dal scombinare un po’ le carte in tavola, no?

A presto!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

  
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