Uno sguardo pieno di passione
Con un
po’ di titubanza, Kaito scese dall’aereo. Non era molto sicuro dell’avventura
in cui si stava imbarcando, e allo stesso tempo era eccitato dalla novità.
Abbassando
gli occhiali scuri, iniziò a guardarsi attorno. Silente gli aveva assicurato
che questo Hagrid sarebbe stato molto riconoscibile,
ma non aveva idea di cosa intendesse.
« Kaito
Kuroba! Kaito Kuroba! Oh, scusi, non l’ho vista! Kaito Kuroba!!! »
Il
ragazzo si voltò e solo l’irrinunciabile faccia da poker insegnatagli dal padre
gli impedì di gridare alla vista di un uomo enorme e peloso che lo chiamava a
squarciagola.
« Credo
di aver capito cosa intendesse il vecchio… »
Con un
po’ di titubanza, si avvicinò all’omone, che era talmente alto da sfiorare il
soffitto dell’aereoporto.
« Lei… è il signor Hagrid? »
Il volto
dell’uomo si aprì in un sorriso che sarebbe stato meraviglioso, se non fosse
stato inglobato in quella gigantesca barba nera: « Oh, Kaito, eccoti
finalmente! E non osare mai più chiamarmi signore, chiaro? Sono Rubeus Hagrid, custode delle
chiavi e dei luoghi di Hogwarts! »
Kaito lo
guardò perplesso: « Ma avete tutti dei titoli così lunghi? »
Di tutta
risposta Kaito ricevette una botta sulla schiena con la quale dovette dire
addio a un paio di costole a cui era particolarmente affezionato.
« Nonostante
il titolone, sono solo il guardiacaccia! E mi puoi chiamare tranquillamente Hagrid, come fanno tutti! Il professor Silente mi ha
parlato molto bene di te, mi ha detto che sei uno in gamba…
»
« Mi fa
piacere! »
« … e che
devo convincerti dell’esistenza della magia portandoti a Diagon
Alley, altrimenti non verrai a Hogwarts!
È una grossa responsabilità, ma io sono l’uomo di fiducia del preside e non mi
tiro indietro! Avanti, allora, andiamo! »
Kaito si
voltò indietro: « Aspetta, devo prendere la valigia…
»
Hagrid sbatté
violentemente una mano su una borsa dall’aria familiare: « È tutto qui!
Rilassati, è tutto sotto controllo! »
Kaito
deglutì, preferendo non sapere in che condizioni fossero le sue cose dopo una
botta del genere, e si limitò a seguire docilmente il suo accompagnatore.
Kaito si
lasciò guidare da Hagrid per le vie di Londra,
chiedendosi come facessero a non attirare così tanto l’attenzione. Dopotutto
era felice del viaggio imprevisto, e il suo accompagnatore, per quanto
irruento, era sicuramente di buon cuore.
« Di qua,
Kaito, seguimi! »
Il
ragazzo si voltò, notando un localino talmente piccolo e malfamato che
sicuramente se Hagrid non glielo avesse indicato
avrebbe tranquillamente ignorato.
Incuriosito,
alzò lo sguardo all’insegna: « Il Paiolo Magico? Un nome adatto all’occasione,
senza alcun dubbio… ehi! »
Senza
farsi troppi complimenti,il guardiacaccia l’aveva afferrato e trascinato
all’interno. L’atmosfera del locale era effettivamente molto diversa dai negozi
che lo circondavano, e per un attimo Kaito si chiese se era finito in una locanda
medievale.
« Ehilà, Hagrid! Il solito? »
« No,
oggi no, Tom, sono in servizio per Hogwarts! »
Il
barista allungò un po’ il collo, notando il ragazzo: « Ehi, ma stai di nuovo
accompagnando Potter a fare spese come l’anno scorso? »
Kaito
chiese: « Chi? »
Hagrid rise,
mettendo un braccio intorno al collo del malcapitato prestigiatore: « Oh, no,
stavolta ho cambiato! Ti presento Kaito Kuroba, futuro studente di Hogwarts! »
Tom lo
fissò perplesso: « Non è un po’ grande per essere al primo anno? »
Kaito
stava per rispondere, ma il guardiacaccia lo interruppe all’istante: « Oh, è
solo un po’ più alto dei suoi compagni! Se non ti dispiace ora dovremmo andare!
A più tardi, Tom! »
« Ciao, Hagrid! »
Con
nonchalance il guardiacaccia spinse Kaito verso l’uscita secondaria del
negozio.
« Silente
si è raccomandato di non far sapere che hai sedici anni invece che undici… attireresti troppo l’attenzione, e tu non sai
ancora se verrai a Hogwarts o no, giusto? »
Kaito
annuì: « Nessun problema, ma… si può sapere che ci
facciamo qui? »
Di fronte
a loro, infatti, c’era solo un muro di mattoni.
Hagrid lo
guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo: « Questo è l’ingresso per Diagon Alley! »
Kaito mise
una mano sui mattoni, poco convinto. Non vedendo porte mimetizzate, si appoggiò
al muro con la schiena e fissò il suo accompagnatore con aria scettica e con le
braccia incrociate: « Questo? »
Hagrid prese da
una tasca della sua palandrana un curioso ombrellino rosa e batté sui mattoni
seguendo un ordine preciso: « Questo. »
Non
appena ebbe finito, i mattoni iniziarono a muoversi, e Kaito perse
l’equilibrio, cadendo all’indietro. Seduto per terra, si voltò indietro per
capire come un solido muro di mattoni avesse potuto cedere tanto
all’improvviso.
Solo che
il muro non c’era più. Al suo posto era comparsa una strada colorata e piena di
vita.
Hagrid lo
indicò con la mano, con un gesto e una frase che aveva già collaudato l’anno
precedente: « Benvenuto, Kaito, a Diagon Alley! »
Il
ragazzo si guardò intorno stupefatto. Se era tutta scena era sicuramente il
miglior allestimento teatrale che avesse mai visto, e ne aveva visti tanti!
Un sacco
di persone di ogni età si aggirava affaccendata per una strada selciata tutte
curve e talmente piena di negozi da ricordare a Kaito un outlet “babbano” in periodo di saldi. Le persone avevano vestiti
dalla foggia curiosa, con forte prevalenza di colori scuri e di lunghi mantelli
neri. Ridacchiò nel vedere anche qualcuno con dei cappelli a punta.
Hagrid gli
disse qualcosa mentre lo sollevava di peso dal terreno, ma Kaito era troppo
rapito dallo straordinario ambiente per farci caso. Si limitò a seguire il
guardiacaccia senza smettere un istante di guardarsi intorno per cogliere nuovi
particolari. I negozi erano i più strani e curiosi, sicuramente corrispondenti
alle esigenze delle streghe dei più
classici stereotipi: calderoni, ingredienti assurdi per chissà quali intrugli,
persino scope su cui volare, a cui era dedicata un’intera vetrina su cui molti
ragazzini tenevano gli occhi incollati.
Hagrid guardò
il volto del ragazzo e rise: « Sei rimasto senza parole, eh? »
Per
quanto gli scocciasse ammetterlo, Kaito dovette dargli ragione. Se si trattava
di una candid camera era sicuramente la migliore mai
architettata!
Il
gigantesco guardiacaccia indicò un edificio: « Prima di fare qualsiasi cosa,
una capatina alla Gringott è d’obbligo! »
« Gringott? »
« La
banca dei maghi! Avete qualcosa di simile anche nel mondo babbano,
no? Dobbiamo cambiare i tuoi soldi per fare gli acquisti per la scuola! »
L’edificio
indicato da Hagrid era ancora più appariscente degli
altri: alto, imponente e bianco come la neve, di una tonalità che a Kaito non
poteva non piacere. Anche all’interno della banca c’era movimento, ma quello
che attirò di più l’attenzione del prestigiatore fu un esserino
con una divisa scarlatta e oro posto all’ingresso.
« Cos’è quel… coso? »
« Quale?
»
Kaito si
rese conto di essere stato un po’ generico e cercò le parole migliori per
definirlo: « Quella sorta di ET in divisa d’ordinanza sulla porta! »
Hagrid guardò
un po’ di storto il ragazzo e l’ingresso della Gringott,
cercando di capire cosa potesse aver impressionato Kaito, soprattutto perché
non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere un ET.
« Ah… aspetta… non dirmelo: ho
dimenticato di avvertirti dei folletti, vero? »
« Folletti??? »
« Sì,
sono le creature che si occupano dei soldi dei maghi. Sono degli ottimi
custodi, ti assicuro che la Gringott è uno dei posti
più sicuri al mondo. »
Kaito
annuì e passò davanti al folletto cercando di sfoggiare la sua faccia da poker.
Una volta entrati si ritrovarono davanti una seconda porta con una curiosa
scritta:
Straniero,
entra, ma tieni in gran conto
Quel che
ti aspetta se sarai ingordo
Perché
chi prende ma non guadagna
Pagherà
cara la magagna
Quindi se
cerchi nel sotterraneo
Un tesoro
che ti è estraneo
Ladro
avvisato mezzo salvato:
Più del
tesoro non va cercato.
Kaito
sorrise. Un avvertimento che sembrava scritto proprio per Kaito Kid! Ma potevano stare tranquilli, il ladro della luna piena
non era interessato ai tesori della Gringott, almeno
per il momento.
Hagrid lo
condusse per un immenso salone pieno di porte: « Di solito mi tocca scendere
nei sotterranei, ma visto che tu non hai un conto qui e dobbiamo solo cambiare,
pare che almeno per questa volta mi risparmierò un giro su quei dannati
carrelli! »
«
Carrelli? Interessante… mi piacerebbe proprio farci
un giro! »
« Se ci
tieni al tuo stomaco te lo sconsiglio! L’unica cosa interessante nei
sotterranei della Gringott sono i draghi di sorveglianza,
ma preferirei non incontrarli da vicino, sono addestrati per incenerire
chiunque si avvicini alle camere senza un folletto! »
« Draghi di sorveglianza? »
Hagrid lo
guardò come se fosse la cosa più naturale del mondo e Kaito sospirò: « Non ho dubbi
che ottengano migliori risultati intimidatori dei comuni rottweiler… »
Il
folletto allo sportello li squadrò dall’alto con aria di superiorità: « I
signori desiderano? »
Kaito non
sapeva bene cosa dire, ma ci pensò Hagrid a toglierlo
dall’imbarazzo: « Il signor Kuroba dovrebbe cambiare denaro babbano
con quello magico. »
Il
folletto annuì: « Da quale valuta? »
Kaito
presentò delle banconote. L’esserino le guardò con
aria interessata.
« Yen?
Non se ne vedono molti da queste parti… è fortunato,
signor Kuroba, gli yen hanno un cambio molto conveniente! »
Il
ragazzo si ritrovò fra le mani un mucchio di monetine di varie forme e
dimensioni.
« Ehm… ok, grazie… ma non potrei
avere qualche banconota? Non so se mi entrano tutte queste nel portafoglio… »
Il
folletto lo fulminò con lo sguardo e Hagrid,
ringraziando, prese sia i soldi che Kaito e li trascinò fuori dalla banca.
« Ehi, ma
che ho detto di male? »
« I
folletti sono molto suscettibili su questo punto…
dicono che le banconote sono solo una follia babbana!
Non concepiscono come la comune carta, ancora meno pregiata della pergamena,
possa avere lo stesso valore dei metalli preziosi… se
quel folletto fosse stato di cattivo umore avrebbe anche potuto portarti a
conoscere di persona il drago di cui parlavamo prima! »
Kaito
sospirò: « Saranno una follia babbana, ma le
banconote ti permettono di non portarti dietro duecento chili di metallo! Non
so dove metterle, mi bucheranno il borsellino e le tasche! »
Hagrid sorrise:
« Se il problema è solo quello, lo si risolve in fretta! »
Il
guardiacaccia entrò in un negozietto e ne uscì pochi minuti dopo: « Metti qui
tutti i tuoi soldi! »
Kaito si
vide mettere fra le mani un borsellino nero. Un po’ dubbioso, scaricò tutte le
monete dalle tasche e dal portafoglio.
« Ehi, ci
stanno tutte! E il borsellino è più leggero di quanto mi aspettassi…
»
Hagrid lo
guardò con orgoglio: « Monete magiche hanno bisogno di un borsellino magico!
Consideralo un regalo da parte mia, mi stai simpatico, ragazzo! »
Kaito
sorrise: « Bè… grazie mille, allora! Meglio del
gonnellino di Eta Beta! »
« Di nulla… ah, e ricordati: diciassette falci d’argento fanno
un galeone d’oro e ventinove zellini di bronzo fanno
un falci! Facile, no? »
Il
ragazzo guardò perplesso l’interno del borsellino: « Più o meno…
credo proprio che mi cucerò un biglietto sulla fodera
per ricordarmelo! Dunque, dove vuoi trascinarmi ora? »
« Abbiamo
una lista da seguire, ma tanto per cominciare ti porterò in un negozio molto speciale… dobbiamo comprare ciò che rende un mago davvero
degno di questo nome! »
« Un
cappello a punta? »
« No… meglio questo! »
Kaito
alzò lo sguardo. Si trovavano davanti a una bottega con un’insegna eloquente: “Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore
dal 382 a.C.”.
« Avanti
Cristo? Addirittura? »
Kaito si
fermò qualche secondo a guardare la vetrina. Fu inutile, l’interno era
completamente oscurato. Si chiese se la bacchetta fosse così importante per un
mago, poi si ricordò che anche quel vecchio pazzo ne aveva usata una per
trasformargli l’armadio in un gatto.
«
Coraggio, entra! Io ti aspetto qui! »
« Non… non vieni? »
Hagrid sorrise:
« Ho già salutato il vecchio Olivander l’anno scorso… e credo la scelta della bacchetta sia un’esperienza
importante nella vita di un mago. Per te, che non credi nella magia, forse è
meglio non essere accompagnato da un vecchio brontolone come me! Ti aspetterò
qua fuori, vai tranquillo! »
Kaito lo
guardò sorpreso. Mise una mano sulla maniglia e suo malgrado si ritrovò a
deglutire rumorosamente. Hagrid gli aveva messo
addosso un po’ d’ansia. Diede ancora un ultimo sguardo al suo accompagnatore e
il ragazzo si decise ad entrare.
Il locale
era più spoglio e buio di quanto Kaito si fosse aspettato. All’interno del
locale c’erano solo una sedia, un bancone e un’infinità di scatoline lunghe e
strette. Per un attimo il prestigiatore fu tentato di contarle, poi,
ricordandosi dell’incanto del borsellino che aveva in tasca, decise di lasciar
perdere.
« Salve!
»
Kaito si
guardò intorno. Non era riuscito a individuare la fonte del saluto.
« Sono
qui! »
Dai
meandri del negozio comparve un uomo anziano, dagli occhi di un grigio
straordinario, quasi d’argento, che sembravano brillare nel buio. Non avendolo
visto arrivare, Kaito si convinse ancora di più che il locale fosse truccato,
che si trattasse di magia vera o meno.
« Non ci
siamo mai incontrati, vero? Mi chiamo Olivander,
fabbrico bacchette magiche da una vita intera. »
Il
ragazzo strinse educatamente la mano: « P-piacere,
Kaito Kuroba! »
Olivander gli sorrise,
comprensivo: « Capisco… lei è spaventato da tutte
queste novità improvvise, vero? »
« Scusi?
»
« Oh, il
suo scombussolamento è più che comprensibile: uno straniero come lei, custode
di un grande segreto, che si ritrova catapultato nel mondo magico nel giro di
qualche giorno… lei è ancora combattuto se accettare
tutto questo o continuare a combatterlo con la logica babbana…
»
Kaito lo
guardò stupefatto: « E lei come… »
L’uomo
andò a prendere qualcosa dietro al bancone: « I miei vecchi occhi hanno visto
molte cose e hanno imparato ad andare oltre le apparenze…
tutti i maghi prima o poi passano di qui, a farsi scegliere dalle mie bambine… »
« Ma è un
negozio o un’agenzia matrimoniale? »
Olivander rise: « Sei
un ragazzo di spirito! Le mie bambine sono le mie creature, le mie bacchette… le creo con così tanto amore che dopo un po’
finisco per sentirle un pochino come figlie mie… »
Kaito
sorrise intenerito. L’uomo gli sembrava un po’ rimbambito, ma innocuo.
« Dunque,
passiamo alle cose serie! Con che mano avrebbe intenzione di usare la
bacchetta? »
« Sono ambidestro… »
L’uomo
guardò per un momento le mani di Kaito: « Non fatico a crederlo, queste sono
mani ben allenate a fare ogni sorta di movimento! Va bene, allora misurerò
entrambe le braccia… »
Il
prestigiatore si ritrovò a guardare l’oggetto che il vecchio aveva tirato fuori
dal bancone poco prima, un metro a nastro dalle tacche d’argento, muoversi da
solo e iniziargli a prendere le misure delle braccia dalle spalle fino alle
punte delle dita, poi dai polsi ai gomiti, poi dalle spalle a terra, dalle
ginocchia alle ascelle e anche la circonferenza della testa, oltre la distanza
fra le narici, cosa che provocò a Kaito un forte starnuto.
Olivander osservò
per un po’ a braccia incrociate, memorizzando tutte le misure, mentre ripeteva
un discorso che nel corso degli anni aveva ormai imparato a memoria: « Ogni
bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto
di una potente sostanza magica, signor Kuroba. Usiamo peli di unicorno, penne
della coda della fenice e corde del cuore dei draghi. Non esistono due
bacchette costruite da Olivander che siano uguali,
così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto
identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con
la bacchetta di un altro mago. »
« Tutto
chiaro, ma io come faccio a sceglierne una? Ne indico una a caso, lasciandomi
guidare dalla sorte? »
Olivander
ridacchiò, mentre si allontanava verso la miriade di scatolette: « Oh no,
signor Kuroba! Vede, in realtà non è il mago a scegliere la bacchetta…
è la bacchetta stessa a scegliere il proprio mago! »
Kaito si
guardò intorno con aria molto scettica: « E come dovrebbe fare? Mi vede e mi
indica? »
Il
vecchio tornò con una scatola: « Quando sarà il momento lo capirà! Intanto,
inizi a prendere in mano questa: legno di faggio e corde di cuore di drago.
Nove pollici. Bella flessibile. »
Un po’
dubbioso, Kaito prese quello che per lui era un bastoncino di legno marrone, ma
quasi immediatamente Olivander gliela strappò dalle
mani.
«
Tentiamo un altro classico: ebano e peli di unicorno. Otto pollici e mezzo.
Elastica. »
Di nuovo
Kaito prese la bacchetta nera e nuovamente gli venne strappata dalle mani.
« Dal
cognome lei dev’essere giapponese…
in onore al suo paese, ciliegio e piume di fenice. Otto pollici. Rigida. »
La scena
si ripeté uguale, e così per un’altra ventina di bacchette almeno. Kaito non
capì il senso di tutta questa pantomima all’inizio, ma non poté fare a meno di
notare che, bacchetta dopo bacchetta, lo sguardo del vecchio s’illuminava
sempre di più di una nuova luce, di una vitalità inattesa. Il fatto di
continuare a passargli una bacchetta dopo l’altra non sembrava deprimerlo,
anzi, lo considerava evidentemente un’entusiasmante sfida, in grado di togliere
dal suo volto stanco almeno trent’anni di vecchiaia. Kaito lo vedeva
volteggiare con un’agilità insospettabile su una grossa scala da biblioteca,
avanti e indietro per il negozio, alla ricerca della scatola più nascosta e più
segreta, e quando anche l’ennesima bacchetta sembrava non dare i risultati
sperati, senza dire una parola ripartiva con più energie e più entusiasmo di
prima.
Kaito
sapeva come si chiamava: passione,
amore puro e semplice per il proprio lavoro. Aveva visto quello stesso sguardo
negli occhi di suo padre ogni volta che aveva dovuto salire su un palco, lo
vedeva negli occhi dell’ispettore Nakamori quando lo
inseguiva nei panni di Kaito Kid, era quasi certo di
averlo sfoderato anche lui ogni qualvolta le sue mani creavano un nuovo gioco
di prestigio. Aveva dovuto mettersi spesso nei panni di altre persone, ma
quello sguardo così carico di passione non era mai riuscito a imitarlo in modo davvero
convincente. Per esperienza, era certo che non fosse possibile recitare una
parte conservando quello sguardo forte e puro. Quell’uomo era davvero convinto che le sue bacchette
potessero aiutare le persone a sfoderare la propria magia. E questo, più di tutti gli incantesimi di Silente, più di tutti i giri
di Hagrid, lo convinse della veridicità del mondo
magico e di tutto ciò che lo circondava.
Olivander riemerse
di nuovo, con i capelli un po’ impolverati: « Mi sono ricordato di questa! Era
in un angolo sperduto del negozio, tutta impolverata, poverina, mi ero
praticamente scordato di lei… »
Il
vecchio soffiò sulla scatola, sollevando una nuvola di polvere che avrebbe
probabilmente ucciso una persona allergica.
« Oh, ci
avevo lavorato molto a questa! La sua particolarità è tutta nel legno… proviene dalle tundre siberiane, ed è rimasto
talmente a contatto con la neve che pare che essa sia penetrata nelle fibre del
legno, donando alla bacchetta questo colore così particolare…
»
Olivander la tirò
fuori dalla scatola e Kaito sbarrò gli occhi. Fino ad allora tutte le bacchette
che gli erano state fatte provare erano state o marroni o nere. Quella invece
era bianca, completamente candida. Come il costume di Kaito Kid.
« Abete e
peli di unicorno, candidi come questo legno. Dieci pollici. Estremamente
flessibile. »
Per
qualche misterioso motivo, il cuore di Kaito accelerò nei pochi istanti che gli
ci vollero per afferrarla. Fu allora che, a differenza delle bacchette
precedenti, il ragazzo avvertì un calore alle dita, dolce e intenso come quello
della cioccolata calda del bar vicino alla scuola che beveva con Aoko quando nevicava. Trattenendo il respiro, guidato da
un istinto quasi atavico, Kaito la mosse nell’aria disegnando scie di scintille
bianche, azzurre e argento. Il ragazzo ebbe la netta impressione che il suo
braccio fosse nato apposta per quel momento, per quel movimento. Per un
meraviglioso istante braccio, mano e bacchetta sembravano diventate un
tutt’uno.
Olivander sospirò
sollevato: « Finalmente! »
Kaito
guardò la bacchetta con gli occhi sbarrati dalla meraviglia: « È… è stato… indescrivibile! »
Olivander gli
sorrise: « Oh sì, in qualche caso la scelta della bacchetta può portare queste
sensazioni, per di più a una persona che come lei prima d’ora non era mai
entrata veramente in contatto con la magia. Sembra proprio che quella bacchetta
sia in particolare sintonia con la sua magia… meno
male, è un doppio sollievo! »
Quasi con
riluttanza, Kaito riconsegnò la sua bacchetta all’artigiano per impacchettarla:
« Doppio? »
Olivander rimise
la bacchetta nella scatola e iniziò a comporre un elegante pacchetto: « Prima
di tutto, per lei; in secondo luogo anche per la bacchetta stessa. Sa, l’avevo
costruita su ordinazione per un signore… sì, adesso
che ci penso bene, un signore asiatico come lei! Non mi disse il suo nome, ma
me lo ricordo bene perché fu lui stesso a portarmi il legno…
di solito mi procuro personalmente gli ingredienti, ma quel particolare tipo di
legno mi aveva affascinato ed eccezionalmente accettai l’incarico. »
Kaito fu
colto da un dubbio: « Ma allora il suo cliente non se la prenderà se vende a me
questa bacchetta? »
L’uomo
sospirò: « Non è mai stata ritirata. Sono passati molti anni da quando
quell’uomo varcò per la prima e ultima volta la soglia del mio negozio… »
Il
ragazzo ipotizzò: « Forse aveva cambiato idea. »
L’anziano
scosse la testa, sorridendo dell’ingenuità del suo giovane cliente: « No,
purtroppo no. Dopo qualche mese venne da me Silente, il preside di Hogwarts, ad annunciarmi la morte del mio committente. »
« Oh… mi scusi, non immaginavo… »
« Mi
disse anche di tenerla in negozio, perché conoscendo la persona era certo che
gli avrebbe fatto piacere se qualcuno, prima o poi, avesse potuto utilizzarla.
Ai morti questi oggetti straordinari sono completamente inutili…
ma ora basta con questi piagnistei, lei è giovane e di queste cose non deve
preoccuparsi! »
Kaito
annuì e Olivander gli sorrise porgendo il pacchetto:
« Sono sette galeoni! »
Il
ragazzo aprì il borsellino e ne guardò il contenuto perplesso: « Ok… il problema qui è capire quali siano questi benedetti galeoni… »
« Sono le
monete d’oro. »
Chiarito
il problema, Kaito pagò, prese la sua bacchetta, salutò con molta gentilezza e
uscì dal negozio.
L’artigiano,
rimasto solo, si appoggiò pesantemente sul bancone: « Silente, Silente… perché ho la
netta impressione che mi abbia di nuovo coinvolto mio malgrado in qualcosa di
grosso? »
Hagrid lo stava
aspettando fuori dal negozio tutto pimpante: « Ehi, sei stato là dentro così
tanto che credevo che Olivander ti avesse assunto
come apprendista! »
Kaito
rise: « No, ma mi avrebbe fatto piacere, quell’uomo mi affascina molto! »
« Allora,
com’è questa bacchetta? »
Il
ragazzo la tirò fuori dalla scatola con aria evidentemente orgogliosa: « Abete
e peli di unicorno, dieci pollici, estremamente flessibile! »
Hagrid la prese
e la guardò ammirato: « Non ne avevo mai viste di questo colore…
»
« Una
bacchetta rara per una rara matricola di sedici anni! Dunque, che altro c’è su
quella lista? »
Hagrid notò
subito che l’atteggiamento tanto critico di Kaito si era improvvisamente
addolcito, ma non glielo fece notare e continuò come se nulla fosse,
intimamente fiero di essere riuscito nel compito affidatogli dal preside.
Dopo aver
superato miracolosamente i controlli bagagli all’aeroporto, Kaito si voltò per
salutare Hagrid.
Il
guardiaccia lo scrutò dall’alto: « E dunque? Alla fine verrai? »
Il
ragazzo sospirò: « Sì, penso proprio di sì! »
« E
allora perché stai tornando indietro? Fra quattro giorni inizia la scuola! »
« Non
posso sparire dieci mesi nel nulla senza avvertire nessuno! Dammi il tempo di
sistemare qualche faccenda e poi tornerò qui per entrare a Hogwarts,
va bene? »
Hagrid gli
consegnò un biglietto del treno, ma Kaito storse il naso: « Treno? Non c’è un
volo aereo? Dal Giappone farei decisamente prima… »
Hagrid rise: «
L’unico modo per arrivare alla scuola è prendere quel treno, in quella stazione
e a quell’ora precisa! »
« E va
bene, mi farò questa trafila! »
« Allora
a presto, Kaito! Ti aspetto nella mia baracca per un tè, mi raccomando! »
« Non
mancherò! »
Kaito
s’accomodò sul sedile, chiedendosi se Hagrid lo
stesse ancora guardando dall’interno dell’aeroporto o se se ne fosse già
andato. Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto inventarsi una marea di scuse
per giustificare a sua madre e a Aoko la sua partenza
e tutti quegli strani bagagli.
« Temo
che partire sarà ancora più difficile che frequentare questa scuola assurda… »
Ciao
a tutti! In un momento di pura ispirazione ho scritto il secondo capitolo molto
prima di quanto io stessa mi aspettassi! Non prendeteci l’abitudine, però, non
credo che il prossimo aggiornamento sarà altrettanto rapido! Intanto ne
approfitto per ringraziare MeiyoMakoto e darkroxas92
per aver commentato e aver deciso di continuare a seguire questa storia.
Mi permetto
solo una nota. Amo questa serie di libri, e in questo come nei prossimi
capitoli cercherò mi mantenermi il più possibile fedele ai libri, a volte
copiandone dei pezzi, ma sempre (o quasi sempre) dal punto di vista dissacrante
di Kaito, che credetemi, non risparmierà niente e nessuno! Prossimo capitolo: l’espresso
per Hogwarts, con tante vecchie conoscenze, una certa
Ford volante e i primi dettagli che inizieranno a cambiare…
uno come Kaito non può esimersi dal scombinare un po’ le carte in tavola, no?
A presto!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata
92