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Autore: Ryta Holmes    11/02/2013    8 recensioni
“Se è tardi a trovarmi, insisti, se non ci sono in un posto, cerca in un altro, perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.„ [Walt Whitman]
Spoiler 5 stagione
Fu a quel punto che si inginocchiò per guardare meglio quel vecchio e… non vide nient’altro che un vecchio. Sporco e impaurito. Ed esausto. Con gli occhi di un azzurro vivido che adesso ricambiavano lo sguardo.
“Non dovrebbe stare qui. Quest’uomo va portato in ospedale o in un osp-“ non concluse la frase. La voce gli morì in gola, quando la mano raggrinzita ma forte del vecchio lo arpionò sull’avambraccio. Vide quegli occhi azzurri sgranarsi di sorpresa e poi quella bocca nascosta dalla folta barba bianca spalancarsi come per dire qualcosa.
Ma non ne uscì nulla alla fine. Il vecchio lo guardò iniziando inspiegabilmente a piangere. E lui si sentì a disagio.
“Mi… occuperò io di lui.”
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: Merlin e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, se lo fossero sarei ricca, la serie non sarebbe finita e Ginevra avrebbe sposato Lancillotto.

 

MENTRE TI ASPETTO

 

Capitolo 7
 
Il bollitore del the sul fornello fumava con insistenza, spargendo vapore sul piano della cucina. Nessuno si era accorto che il punto di ebollizione era stato superato da parecchio e se qualcuno non lo avesse spento, presto si sarebbe consumata tutta l’acqua che c’era dentro.

All’improvviso qualcuno entrò in cucina correndo e spense il gas, sbuffando.

“Vi ho detto di no!”

“Oh ma insomma, Vecchio! Perché no!”

“Ve l’ho già detto, non c’è bisogno che io sia presente.”

“E invece ti dico di sì!”

“E perché mai?”

Silenzio. Nell’aria per alcuni istanti si sentì solo il soffio dell’acqua che ancora bolliva nel pentolino. Lucius si umettò le labbra incerto sulla risposta, mentre il vecchio lo guardava attendendo con le braccia incrociate e l’aria compiaciuta per essere riuscito a zittirlo.

“Beh, perché…”

Perché lo voleva assolutamente con lui durante lo spoglio delle primarie? Perché ci teneva tanto? Ma soprattutto, perché quel testardo di un vecchio non voleva esaudire il suo desiderio?

“Non c’è un perché!” sbottò infine, esasperato. Erano due ore – precisamente da quando era suonata la sveglia – che cercava di convincerlo. Quel giorno alle 14 avrebbero chiuso le votazioni delle primarie e poi avrebbero dato il via allo spoglio; lui doveva presenziare presso il centro di raccolta assieme ai suoi avversari, dove la stampa e le tv erano pronte a decretare il vincitore.

Era un giorno importante. E Lucius quel giorno voleva il vecchio con lui. Ne aveva bisogno. Ma come fare a spiegarglielo?

“Non è vero. Ditemi perché volete che venga.” L’uomo lo fissò con aria di sfida, sollevando le sopracciglia.

E Lucius si sentì ancora più in difficoltà. “Mi farebbe piacere, ecco.” Era la verità. A modo suo e piena di sottintesi ma era la verità.

Il vecchio sorrise, scuotendo il capo. “Lo so. Ma è meglio che non ci sia, credetemi! Davvero, non posso fare un viaggio in treno, sono vecchio ormai. E poi la gente si chiederà perché il politico Chaste si porta dietro un decrepito rimbambito in un giorno così importante.”

Lucius si sentì scoraggiato dalla convinzione del vecchio che pareva irremovibile. Sospirò affranto, non nascondendo per niente la sua delusione.

“Mi mancherai. Avevo bisogno di una faccia amica, oggi.”

“Mi troverete qui al vostro ritorno. Così mi potrete raccontare della vostra vittoria.”

“…o della sconfitta.”

Il vecchio scosse il capo. “Siate ottimista! Al vostro ritorno, dovrete permettermi di dire, ve lo avevo detto!”

Lucius finalmente ritrovò il sorriso. “Allora speriamo di perdere, odio sentirmelo dire!”


***


Tutto era grigio intorno a lui. Un vapore denso che lo circondava e gli impediva di capire dove si trovasse. Nonostante quel grigiore, il suo animo era tranquillo. Percepiva il suo respiro regolare.

Quando nelle orecchie risuonò lo sciabordio dell’acqua, si accorse di essere su una chiatta. Sbatté le palpebre e l’immagine della barca si diradò, oltre quella che ormai riconobbe come nebbia.

La nebbia di Avalon. Lo sentiva. Lo sapeva. Il posto era quello.

Nell’esatto momento in cui seppe, si rese anche conto che la barca si muoveva. Guardò davanti a sé senza vedere nulla e allora aspettò di conoscere la sua meta, anche se… la conosceva già.

“Merlin…”

Una voce risuonò attraversando il velo delle nebbie e lui la sentì così distinta e perfetta che ebbe un brivido. Sollevò gli occhi verso il suono di quella voce ma non vide niente.

“Merlin!”

Di nuovo il suo nome e allora si alzò in piedi sulla barca e nonostante ondeggiasse cercò la sua fonte. Sapeva di chi era quella voce. Sapeva a chi appartenevano quelle note che tanto aveva desiderato ascoltare… un’altra volta, ancora.

Aprì la bocca per parlare ma si accorse di non potere. Forse era il pianto impellente o ancora una forza più grande di lui glielo impediva. Soffiò un nome senza però sentire il suono e allora continuò a guardarsi intorno, sperando di essere visto. Ma le nebbie lo avvolgevano fin quasi a soffocarlo.

La barca ondeggiò all’improvviso in maniera violenta e uno scossone lo fece barcollare fino a crollare seduto. Non sentì dolore. Sentì invece – ancora – quella voce.

“Merlin.”

Più vicina, adesso. Più tranquilla. E quando sollevò lo sguardo, lo vide.

Gli occhi celesti, lo sguardo fiero. Incorniciato da fili di grano accomodati in maniera quasi perfetta. Come se non avessero mai attraversato mille anni, come se non avessero mai combattuto una battaglia suicida e non avessero affrontato un viaggio senza speranza verso la salvezza.

Merlin trattenne il fiato nel riconoscere il suo re e il suo amico. Il suo compagno sulla strada del Destino.

“Sto arrivando, Merlin! Vieni a prendermi… io sto per arrivare!”

Il mago provò a parlare ma ancora la voce gli venne meno. Sollevò una mano, incerta eppure desiderosa di toccare, di afferrare la consistenza di un corpo tanto anelato. Ma non riuscì nemmeno a sfiorare. Il re iniziò a disperdersi tra le nebbie, la sua figura si fuse con il vapore perdendo consistenza.

E Merlin si sporse in avanti gridando e gridando ma la sua voce era persa chissà dove. Le nebbie lo avvolsero sempre di più, smise di distinguere la chiatta, poi se stesso ma a lui non importava nulla, voleva vederlo, voleva….


“Arthur!!”

Il grido si perse tra le pareti della camera. La testa si volse più volte intorno, prima di rendersi conto di aver sognato. E di non essere sul lago di Avalon ma in casa. Nella dimora di Lucius Chaste.

Posò una mano sul petto che si alzava e si abbassava violentemente, a ritmo del respiro affannoso. Una pellicola di sudore freddo gli imperlava la fronte e non gli servì sforzo per rendersi conto che sul viso colavano scie di lacrime.

Si prese un po’ di tempo per calmarsi, continuando a massaggiarsi il petto, mentre in testa i pensieri vorticavano a una velocità che lui non riusciva quasi a distinguere. Poi quel respiro si fermò. Per un solo istante. Giusto quello per rendersi conto che la mano poggiata sul cuore era diversa da quando qualche ora prima si era addormentato.

Sollevò l’arto rigirandolo, mentre l’intuizione sovrastava tutto quel marasma di pensieri. Come se qualcuno gli avesse all’improvviso dato una spinta, schizzò dal letto e corse incespicando fino al bagno, verso lo specchio.

L’immagine riflessa lo costrinse ancora una volta a trattenere quel respiro che nonostante tutto non voleva saperne di calmarsi. La conseguenza fu che si sentì soffocare e per un attimo venne colto da un eccesso di tosse. Cercò di calmarsi e di ingoiare e di tornare a respirare normalmente… doveva farlo se non voleva restarci secco, proprio ora!

Si costrinse a farlo, sedendo sul bordo della vasca da bagno e concedendosi alcuni minuti per calmarsi. Intanto la voce di Arthur e il suo viso, le sue mani, il suo corpo tornarono alla mente. E quelle parole.

Quando fu convinto di essere di nuovo in sé si alzò in piedi e tornò a guardarsi allo specchio. L’immagine di un uomo di circa trent’anni lo fissava sbigottito. I capelli corvini spettinati, il viso pulito come di barba appena fatta, gli occhi azzurri sempre vivi e lucenti. Era tornato giovane. E questo poteva significare soltanto una cosa.

“Arthur…”

Il Re stava tornando. Lui doveva andare a prenderlo. Tutto il resto, non aveva importanza.


***


Quante mani aveva stretto nelle ultime due ore? Lucius aveva letteralmente perso il conto. Ma d’altronde era ovvio che tutte le persone presenti in quel luogo volessero fare le congratulazioni al vincitore.

“Signor Chaste, un’intervista!”

Da lontano una giornalista seguita dal fidato cameraman lo puntò venendogli incontro e superò con malagrazia alcuni signori avvicinati a lui per salutarlo. Lucius era troppo felice per dispiacersi della cosa. In realtà era troppo felice per dispiacersi di alcunché.

Aveva vinto. A dispetto di statistiche, pronostici e altre diavolerie, lui aveva vinto. Si era aggiudicato il 40% dei voti, sbaragliando la concorrenza e persino il vecchio capolista Geoffrey Monmouth, dato per vincente fino a poco prima.

Aveva vinto. Lucius non riusciva a crederci. Aveva vinto. Ok, forse doveva smettere di ripeterlo nella sua testa…. Ma che importanza aveva? Aveva vinto!!

Sorrise con aria che qualcuno avrebbe definito un po’ ebete e accolse la giornalista che gli piazzò un microfono vicino la bocca, chiedendogli qualcosa sulla vittoria. In realtà non la ascoltò granché ma lui ripeté il discorsetto che aveva studiato con Jennifer nel caso di vittoria.

Che era molto contento, che ovviamente non si montava la testa perché la strada era ancora lunga, che i suoi avversari erano stati all’altezza – ma quando mai? Pensò tra sé e sé gongolando – e che adesso si sarebbe impegnato per concorrere alla carica di Primo Ministro.

“Le aspettano due mesi di fuoco. Come ha intenzione di prepararsi?” le domandò la giornalista e lui stavolta dovette ascoltare.

“Farò del mio meglio per far conoscere agli inglesi le mie proposte con cui vorrei portare avanti la nazione.” Rispose di getto, con una convinzione che costrinse la giornalista ad annuire.

“C’è qualcuno che vorrebbe ringraziare per questa vittoria?”

Lucius si avvicinò al microfono, pronto a rispondere mentre, a dispetto delle parole, l'immagine di una persona gli attraversava il cervello. “I miei elettori, ovviamente. Non sarei qui se non fosse per loro, quindi dal cuore, grazie. E poi tutte le persone che mi sono state vicine.”

Alla giornalista sembrò abbastanza, perciò lo ringraziò lasciandolo andare. Sparì velocemente inghiottita da altra gente che voleva salutarlo e stringergli la mano. Ma lui a quel punto ne aveva avuto abbastanza e quel pensiero che lo aveva colto, si era fatto quasi un bisogno.

Ora aveva voglia di tornare a casa e farsi dire dal vecchio “Ve lo avevo detto!”

Poteva immaginarsi la scena, mentre lui faceva finta di prendersela e poi con una risata gli chiedeva di mettersi comodo per raccontargli ogni cosa.

Le mani da stringere, però, non volevano diminuire. A quel punto decise di ricorrere a Jennifer, che dall’altro capo della stanza, era incollata al cellulare probabilmente a continuare a fare il suo lavoro. Inutile dire che quella donna – nonostante avesse ormai iniziato a uscire regolarmente con Carter e la cosa ancora un po’ gli bruciava – era stata l’acquisto migliore che avesse potuto fare in vita sua. Se aveva vinto, in buona parte, era stato proprio per merito suo.

Camminando e continuando a stringere mani riuscì lentamente e con molta fatica a percorrere la sala fino ad avvicinarsi a lei. Quando le fu accanto, la afferrò per un braccio catturando la sua attenzione.

“Mi porti in salvo?” soffiò all’orecchio, quasi disperato.

Jennifer scoppiò a ridere e decise di prendere in mano la situazione. “Signor Chaste, eccola qui! C’è l’auto fuori che la aspetta! Venga con me!”

Il grido servì a scoraggiare alcuni avventori ma non tutti, qualcuno continuò a seguirli fin sulla strada, dove Lucius fu costretto persino a firmare un autografo. Ancora sorpreso per la richiesta – ma in fondo era stata una ragazzina quasi sicuramente folgorata dal suo fascino – riuscì a ficcarsi in macchina, seguito a ruota da Jennifer, che continuò nel frattempo a parlare al cellulare, accordando e organizzando cose che lui al momento non voleva sapere.

Era stanco. Voleva soltanto tornare a casa. Aveva intenzione di festeggiare la vittoria ma non quella sera. Quella sera sarebbe tornato a casa a raccontare tutto al suo ospite. Al suo amico. All’unico che aveva creduto in lui e con cui avrebbe voluto davvero festeggiare.

L’auto, guidata da un autista che Jennifer si era premunita di affittare per fare più scena, imboccò l’autostrada diretta verso Glastonbury e lui finalmente rilassò le spalle, sorridendo. Tornava a casa.
 

***

 
Si era sbagliato. Purtroppo non aveva tenuto conto dei suoi colleghi e di quell’infame di Carter che lo aveva osteggiato fino alla fine e che poi gli aveva organizzato persino una festa. Quando arrivati in città, l’auto non si era diretta verso la sua abitazione, aveva intuito che qualcosa lo avrebbe fatto attardare. E quando si erano fermati esattamente sotto il suo distretto, aveva capito tutto.

Con un coro di congratulazioni, di pacche sulle spalle – molto più apprezzate di tutte quelle strette di mano – e di parolacce – in fondo sempre di poliziotti si parlava – Lucius si ritrovò a partecipare alla festa più lunga a cui avesse mai partecipato, con la testa altrove. A casa sua, precisamente e al suo amico che probabilmente lo aspettava con una battuta sulle labbra e un sorriso assieme. Cose che lui desiderava, perché sapevano scaldargli il cuore come mai prima gli era accaduto.

Così, dopo un po’, fu costretto a dire a tutti di essere stanchissimo e che la tensione per le elezioni lo aveva distrutto a tal punto da desiderare nient’altro che il suo letto. Nonostante la delusione generale, salutò Carter, disse a Jennifer di restare con lui e se ne andò.

Quando fu sulla strada, affrettò il passo e intimò all’autista di riportarlo a casa sua il più in fretta possibile. Il viaggio gli sembrò interminabile, mentre dentro si accorse di fremere. Poi si sentì stupido e si impose di calmarsi. In fondo, cosa mai doveva fare?

Eppure quando l’auto parcheggiò davanti casa sua e lui ebbe congedato l’autista, si accorse di nuovo che il passo si affrettava verso l’entrata. Cercò le chiavi impaziente nella valigetta e quando le trovò le inserì bruscamente nella toppa aprendo la porta. Se la richiuse alle spalle con un colpo e si insinuò in casa, trovandola spenta.

“Vecchio! Dove sei?” al piano di sotto era tutto buio e immobile. Provò in cucina nel caso fosse attaccato alla tv, come lo beccava sempre ma anche lì non c’era nessuno. Ipotizzò allora fosse di sopra, in camera sua. Fece le scale a due a due e poi quasi correndo si avvicinò alla stanza degli ospiti dove lui dormiva.

La spalancò ancora sorridente, convinto di trovarlo lì. “Vecchio! Guarda che sono rientrato!”

La stanza era buia. E vuota.

Il sorriso si spense lentamente, mentre una strana sensazione si insinuò prepotente nella bocca dello stomaco. Si fece avanti, provando anche in bagno ma senza risultato. Quel presentimento sempre più acuto.

“Vecchio… dove sei…?” un sussurro, preoccupato. Poi sul letto vide qualcosa, si avvicinò riconoscendo un foglietto.

Quando lesse, quella sensazione spiacevole gli aveva ormai artigliato lo stomaco. E un senso di nausea lo colse, facendo sparire tutta la felicità di poco prima.

«Mi dispiace. »

Lasciò cadere il foglietto e serrò la mascella. Il vecchio se n’era andato.

 
Continua…
 

//////
 
Non picchiatemi u_u oggi è lunedì e io sono malaticcia e triste in casa, perciò non picchiatemi! Tutto ha un perché, ve lo assicuro! Avevo detto qui e là che questo sarebbe stato il capitolo della svolta eh… beh, a me le svolte piace farle in grande! Hahaha

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché da adesso in poi vi annuncio che cambieremo punto di vista, diciamo che complichiamo un po’ le cose, va =P

Intanto vi invito come sempre a lasciarmi un commento!! Su su, che siete tantiiiiiiii >_____<  non volete fare felice una povera anima malaticcia che vuole sorridere un po’? *mostra occhi lucidi stile Gatto con gli Stivali di Shrek*

Comunque vi devo ringraziare per tutte queste letture, per i preferiti che aumentano e per tutti quelli che inseriscono questa storia tra le seguite e le ricordate! Non immaginavo tanto successo, davvero! Ma se avete anche qualcosa da dire, io sono qui, perché sono curiosissimaaaaaaaaa :D

Voglio ringraziare col cuore la mia beta Emrys che più va avanti questa storia e più si sorbisce le mie pare mentali e i miei dubbi esistenziali! Un baciooooo

E grazie anche a Parre, AsfodeloSpirito, None to Blame eGosa, che non mancano mai con i loro commenti bellissimi! *-*

E adesso, il momento dell’anticipazioneeeee

 
Merlin lo scorse da lontano mentre si avvicinava al lago, l’aria un po’ sperduta ma il passo veloce e marziale, come se una rabbia incontrollabile lo avesse condotto fin lì. Merlin sollevò gli occhi al cielo, sospirando, quasi seccato da quell’intrusione.

Eppure avrebbe dovuto immaginare che quell’uomo avrebbe provato a cercarlo. O meglio a cercare quello che lui credeva solo un vecchio.

Si alzò in piedi – non con senza difficoltà, dopo essere stato fermo per così tante ore – e piegò un paio di volte le ginocchia per sgranchirle, mentre Chaste si avvicinava sempre più velocemente appena lo aveva notato.

“Mi scusi!” lo richiamò.


Complichiamo, complichiamoooo hahahaha

Un bacione a tutti e a Lunedì prossimoooo ;)
Ryta
   
 
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