CAPITOLO 9
-Babbo... Che
dovrei fare?- chiese una voce dolce, di donna.
–Di cosa hai paura, piccola?- fece un vocione alle sue
spalle.
Umi era seduta
sulle ginocchia del grande Barbabianca, pensierosa, le gambe al petto e
le
braccia che cingevano le cosce.
La manona del capitano le accarezzava piano i
capelli.
–Ho paura che mi scacci... Che non mi voglia più
accanto, che abbia
paura lui di me...- mormorò la ragazza.
–Non temere: anche Ace ti vuole bene. E
te l’ha dimostrato più volte, mi pare.- la
rassicurò.
–Sì, ma...- obiettò, ma
l’uomo la interruppe: -Vai a chiederlo a lui, non stare qui a
tormentarti. Vai
e affrontalo.-
Nella sua voce c’era assieme dolcezza e durezza, la fermezza
che
lo caratterizzava da sempre.
Lei annuì poco convinta, ma si alzò e fece un
mezzo inchino.
–Grazie, babbo!- esclamò.
–Di nulla. Su, sii coraggiosa.- la
incoraggiò.
Umi corse di fronte alla cabina di Ace.
Era notte fonda, e le
stelle illuminavano limpide il cielo senza luna.
Rimase per qualche minuto lì
davanti, indecisa, poi prese coraggio e bussò un paio di
volte. Non le rispose
nessuno.
Stava per andarsene quando la porta si aprì, e comparve un
Ace a torso
nudo, con dei pantaloncini di cotone per pigiama, tutto
assonnato.
Il ragazzo
sobbalzò quando la vide, e si affrettò a
svegliarsi per bene: si stropicciò gli
occhi e scrollò la testa.
–Umi! Ciao, che ci fai qui?- chiese allibito.
Lei non
disse nulla. Lo spinse dentro la stanza e gli afferrò le
spalle. Fece un bel
respiro profondo e si alzò sulle punte, avvicinando il volto
al suo.
Ace sgranò
gli occhi, soprattutto quando la ragazza percorse velocemente la
distanza che
li separava e poggiò le labbra sulle sue.
Rimase un istante immobile,
sbigottito, poi rispose al bacio, abbracciandole le spalle con
dolcezza.
Il
cuore di lei si aprì quando lo sentì rispondere,
capendo che, alla fine, tutte
le sue preoccupazioni erano state totalmente inutili.
Dopo qualche istante si
staccarono, entrambi imbarazzati.
–Wow...- fece il pirata –Ma non eri timida,
prima?- scherzò.
Umi sorrise e si alzò ancora, baciandolo nuovamente e con
più
passione. Ace chiuse gli occhi e le cinse la vita, sorreggendola
delicatamente.
–Ti amo- le sussurrò piano, tra un bacio e
l’altro.
–Anche io...- rispose,
arrossendo vistosamente.
Appoggiato allo stipite, all’esterno, Marco sorrise e
chiuse la porta senza far rumore, lasciandoli soli col loro amore.
-Ace...-
mormorò Umi svegliandosi.
–Sono qui- la rassicurò
subito lui, accarezzandole dolcemente la guancia. Le diede un dolce
bacio sul
collo, poi tornò a stendersi. Era incredibile come il loro
rapporto fosse
cambiato, solo nel giro di una notte passata ad amarsi.
–Umi...- la chiamò
piano.
–Sì?- chiese voltandosi a guardarlo.
–Ti amo. So di avertelo già detto,
ma abituati perché te lo ripeterò
all’infinito.- Lei sorrise e appoggiò il capo
sul suo petto muscoloso.
–Non mi stancherò mai di sentirlo- lo
rassicurò. Le
accarezzò i lunghi capelli biondi.
Aveva tra le braccia la ragazza che tanto
aveva sognato, che tanto lo aveva impensierito ed angosciato,
l’unica persona
che aveva amato.
Sentiva un peso nel petto, perché sapeva di starle mentendo,
ma comunque non volle raccontarle nulla sul suo passato. Temeva che
potesse
rifiutarlo.
Si alzò e si rivestì lentamente, uscendo poco
dopo, ma senza
dimenticare di baciare un’altra volta la ragazza.
Fuori venne intercettato da
Marco. –Ehi, tenerone! Avete chiarito, eh?- disse
l’uomo passandogli il braccio
destro attorno al collo e scompigliandogli i capelli. Ace divenne
rossissimo,
più di un pomodoro.
–C-cosa?! Aspetta... TU!!!- gridò, prima confuso e
poi
sempre più arrabbiato.
–TU MALEDETTO ANANAS...!!! VIENI QUI CHE TI SPENNO!!!-
urlava rincorrendo il comandante, che rideva allegro come un bambino,
per tutto
il ponte, seguito dallo sguardo allibito di Satch e di tutto
l’equipaggio. In
quel momento Umi fece la sua comparsa.
–Cos’ha fatto la Fenice, stavolta?-
chiese rassegnata, sbadigliando. Non ricevette risposta, quindi con un
balzo
arrivo tra i due pirati e li afferrò entrambi per la
collottola, sbattendoli
sul legno duro del pavimento.
–Adesso smettetela, sembrate due mocciosi!- li
rimproverò. I ragazzi si guardarono e sogghignarono
furbetti.
–Ok, mamma!-
esclamarono all’unisono. Un istante più tardi
tutti e due avevano un bellissimo
bernoccolo sulla testa, e un occhio nero.
–AHI!!!- gridarono, sempre assieme.
–Cavolo, Umi, porta rispetto per chi è
più grande di te!- protestò Marco con le
lacrime agli occhi.
–Zitto ananas! E tu, piratucolo, vedi di fare il bravo
bambino!- Subito dopo scoppiò a ridere, allontanandosi
divertita.
–Ehm...
Ok... Tutto normale, no? Ehehehe...- fece ironico Satch, senza parole,
guardandola perplesso.
Passarono i
mesi... Uno, due, tre, quattro, cinque...
Tutto
procedeva tranquillo e sereno: il rapporto tra i due ragazzi andava via
via
diventando sempre più intimo e stretto, ed ormai le notti di
luna piena non
spaventavano più Umi, che le affrontava sapendo di poter
contare sul compagno.
Un giorno fu avvistata una nave. Vennero attaccati e si difesero,
naturalmente
vincendo.
–Ehi Ace, guarda cos’ho trovato!- gridò
Satch sollevando un oggetto
violaceo, dalla forma strana
-È un Frutto del Diavolo! Forte, vero?- Il ragazzo
di fuoco si sporse per vedere meglio.
–Che figo! E hai intenzione di
mangiarlo?- chiese eccitato.
–Be’... A dirti la verità non lo so...
L’avere dei
poteri speciali mi entusiasma, ma dopo chi ripescherà te e
Marco se cadrete in
acqua?- scherzò sorridendo.
–Ehi! Ci sono pur sempre io!- gli gridò dietro
Umi,
fingendosi offesa. I due risero di gusto.
–Vedremo... Ci devo pensare.-
concluse il castano rimettendo il Frutto dentro la sacca da dove lo
aveva
preso.
Nessuno di loro si accorse del ghigno malvagio stampato sul volto di
Teach...
Mi spiace di non saper scrivere una scena dolce veramente bella, e
lascio molto all'immaginazione...
Be', ditemi che ne pensate...
Keyla