Questa sono io
Timida,
sognatrice, spesso
malinconica, tendenzialmente solitaria, molto complicata: questa sono
io.
Riflettere su me stessa e scavare in profondità nelle mie
emozioni quotidiane
non mi ha mai dato delle difficoltà, poiché tendo
spesso a rimuginare su tutto
ciò che dico e faccio ogni giorno, ma se dovessi parlare di
me in modo molto
dettagliato allora dovrei spremere per bene le meningi e cercare di
studiarmi
più a fondo. Sono quel tipo di persona che riflette molto
sul proprio
comportamento e sul proprio modo di vedere il mondo ma, nonostante
questo, mi
ritrovo sempre a scontrarmi con dei veri e propri contrasti interiori
che a
volte non riesco nemmeno io a capire.
Il mio cervello è un luogo
oscuro e intricato piuttosto difficile da esaminare, persino per me.
Penso che
tutto ciò non sia dovuto soltanto al mio carattere, ma anche
a cosa mi porto
dietro da anni e a tutte le insicurezze che si sono annidate in me
giorno dopo
giorno. Quando ero piccola non ero così chiusa e riflessiva
come lo sono
adesso.
Qualcosa mi ha cambiata. O
forse meglio dire qualcuno. Solo una cosa non è mai cambiata
in me: dare fin
troppa importanza ai pareri della gente. Pareri sul mio fisico, pareri
sui miei
modi di fare, pareri su ciò che penso.
Da quando ho
cominciato a sviluppare la mia
vita sociale, alla scuola materna, ho conosciuto non solo i primi
amici, ma
anche i primi disagi e le prime paure. Ciò che temevo
maggiormente era non
piacere agli altri. E purtroppo spesso era così. Gli altri
bambini non spesso
mi accettavano. Mi chiedevo cosa ci fosse di sbagliato in me e cosa
dovevo fare
per sentirmi in armonia con gli altri bambini ma, nonostante io mi
sforzassi di
capire, non riuscivo a trovare delle soluzioni.
Alle elementari avevo gli stessi problemi.
Qualche amico l’avevo ma io continuavo a sentirmi ugualmente
emarginata, sola,
diversa. Col tempo sono diventata sempre più riservata,
solitaria e anche
pessimista oserei dire. Si, pessimista.
Nel corso degli anni ho
cominciato a vedere
sempre tutto sotto una luce negativa e pian piano mi sono accorta che
tutti i
colori che un tempo apprezzavo stavano diventando grigi. Non accettavo
il fatto
di vedere ogni cosa monocromatica, piatta e priva di sfumature e,
crescendo,
cominciai a scoprire una mia piccola capacità, quella che io
tutt'ora sfrutto e
che cerco di migliorare sempre più: il disegno.
Con l’arte ho sempre cercato di sfogare la mia
fantasia e la mia irrefrenabile voglia di modificare il mondo attorno a
me;
disegnavo soggetti che rappresentavano i miei sogni, ciò che
mi faceva stare
bene, ciò che avrei voluto ci fosse nella mia vita, ma non
solo. A volte
riproducevo semplicemente forme che sapevano esplicare ciò
che mi passava per
la testa e per il cuore. Non erano belle immagini da vedere.
Più diventavo grande e più
il mio pessimismo cresceva insieme a quei disegni. Continuavo a non
avvertire
dei progressi nella mia vita, ad illudermi di favole mai esistite
davvero, a
piangere per i bulli e a ricevere delusioni da parte di persone in cui
credevo.
Da una visione grigia e spoglia del mondo, cominciai a vedere tutto
completamente nero.
La mia forte emotività è stata sollecitata da
tutti quegli elementi negativi che circondavano la mia vita e per me
era
naturale rendere tragica qualsiasi situazione. O forse lo erano
diventate tutte
per davvero. Nella mia mente viaggiavano solo pensieri e immagini
macabre. Il
mio pensiero fisso diventò il sangue. Il rumore che
riproducevo nel mio
cervello erano urla strazianti.
I miei genitori si sono
preoccupati molto nel
vedere ciò che ero diventata per colpa di tutte quelle
cattive influenze che
hanno urtato la mia delicata debolezza interiore. Io no, non avevo
paura. Ero
solo rassegnata, abituata a vivere e a sopportare quei macigni sul
cuore. Era
diventato normale per me.
La mia testa era completamente
devastata da problemi, fissazioni, brutti ricordi, contrasti. Mia mamma
mi ha
voluto portare da una psicologa, giusto per stare più
tranquilla. Per quanto
utile mi si sono rivelate quelle sedute, sono riuscita ad uscire da
quel buco
nero da sola. Non so esattamente come ci sono riuscita, ma man mano che
il
tempo passava riuscivo a percepire dei nuovi colori oltre il nero, il
grigio e
il rosso del sangue: vedevo finalmente anche il blu, il giallo, il
verde, il
rosa, l’arancio e tutte le sfumature che potevano crearsi tra
loro.
Forse sono semplicemente
cresciuta, forse ho
cambiato solo il modo di affrontare le situazioni, forse ho conosciuto
persone
che finalmente hanno saputo accettarmi così come sono.
Pensandoci bene non so
esattamente cos'è stato a cambiarmi, ma sono guarita,
guarita da quella
malattia mentale che le incomprensioni, i pianti, i disagi e il timore
di non
piacere agli altri mi hanno portato. Nonostante il mio progresso,
qualche volta
mi accorgo che alcuni frammenti di quel lungo periodo buio sono ancora
qui con
me, aggrappati al mio cuore con le unghie. Non mi mollano
più ed esse mi
tentano ancora a dubitare di chiunque, a non credere troppo a
ciò che mi appare
perfetto, a non farmi vivere in modo spensierato.
E a questo punto mi chiedo:
sono davvero io
questa? O sono i continui disagi che mi portano a pensare in modo
pessimistico?
Quindi la mia attuale identità è stata formata da
tutto ciò che ho passato
negli anni precedenti o sono sempre stata così in fondo, a
prescindere dalle
influenze esterne? A volte credo di avere le risposte, altre volte
invece no ed
è soprattutto qui che le mie insicurezze e i miei contrasti
interiori
riprendono il sopravvento.
Spesso, anche se passo interi
minuti a pensare
a questo mio dilemma, rinuncio a sapere la verità e mi
lascio sprofondare nel
mistero, rimandando ad un futuro indefinito le mie ricerche. Adesso
quando sono
giù di morale non mi dedico a pensieri macabri e
inquietanti, ma riesco a
gestire la mia tristezza in modo equilibrato senza sprofondare nel
vuoto ancora
una volta come facevo prima. Non parlo, guardo dritto al suolo,
sospiro. Ma
rimango in silenzio anche dentro.
Prima nel cuore urlavo a
squarciagola e soffocavo quelle grida tramite lacrime, lacrime
silenziose che
lentamente rigavano il mio viso pallido senza vergogna.
Per me adesso,e anche un
po’ di tempo prima,
la tristezza è una fonte di ispirazione. Dopo il disegno mi
sono cimentata
nella scrittura creativa e ispirandomi ad alcuni miei fatti personali
ho
composto dei testi, tra cui anche qualche autobiografia. Scrivo e parlo
di me
su dei diari segreti da otto anni e col tempo ho provato anche a
scrivere delle
storie al di fuori della mia. Facendo così ho scoperto
un’altra mia grande
passione, quella della scrittura e della progettazione di romanzi,
sperando che
un giorno questo mio amore possa essermi utile.
Uno dei miei tanti sogni è
quello di pubblicare un libro e di diffondere le mie storie a
moltissime
persone. Penso che per uno scrittore sia importantissimo trasmettere le
proprie
emozioni tramite le parole e farle arrivare ai cuori dei lettori.
Questa è una
cosa meravigliosa e spero che un giorno riesca anch'io ad esternare
tutto
l’amore e la passione che metto quando scrivo.
Io scrivo per esprimermi, per
non parlare, per
sfogarmi. Insomma, in qualche modo devo pur dire la mia. La scrittura
mi aiuta
a sentirmi autonoma, capace di gestirmi da sola e di non cercare sempre
la
compagnia di qualcuno.
A me basta poco per essere
felice, per essere me stessa: un computer, una tastiera sotto le dita
e, in
caso le prime due cose non possano essere disponibili, una penna e un
foglio
bianco. Tutto qui. Il mio io è basato sulle parole, i
pensieri, le atmosfere
che creo con la mia fantasia. Nulla per me è più
utile per trovare la mia
serenità.
L’arte è la mia bocca, il mio
parlato.
Esprimermi tramite essa è la cosa più naturale
che mi riesce fare, più naturale
di dare un abbraccio, un bacio, un sorriso o tutta me stessa ad una
persona.
Meglio non chiedermi di rimanere coi piedi per terra. Io non ci sto
proprio
stare. Osservare troppo ciò che mi circonda mi fa male a
volte.
Nella vita lassù, ai confini
dell’immaginazione, si sta molto meglio. Tendo sempre a
rincorrere sogni, sia
grandi che piccoli, e non smetterò mai di farlo.
thoughts.
dopo
molto tempo che non pubblico qualcosa, eccomi ancora qui con un'altro
testo che parla di me.
stavolta sono andata dritta al sodo e ho deciso di parlare della mia
storia e di come la mia identità si sia formata nel corso
dei miei diciott'anni.
inizialmente ho composto questo racconto per partecipare a un concorso
dell'Istituto Toniolo intitolato "con i piedi per terra", anche se la
professoressa di italiano me l'avrebbe sicuramente sconsigliato, dato
che lei non apprezza il mio modo di scrivere.
beh, ho partecipato lo stesso, senza dire nulla alla prof... dite che
ho fatto bene? AHAHAHAH sono trasgressiva (?)
il concorso scade il 18 febbraio 2013, cioè tra poco,
incrociamo le dita e speriamo di vincere! c:
a parte questo.. che ne pensate di questa storia? vi rivedete in
qualcosa? fatemelo sapere in una recensione c:
mi raccomando, voglio vedere quante persone ci sono in Italia con una
personalità simile alla mia, giusto per non sentirmi
l'alieno della situazione..
baci, Universe_
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