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Autore: Universe_    11/02/2013    1 recensioni
Il mio cervello è un luogo oscuro e intricato piuttosto difficile da esaminare, persino per me. Penso che tutto ciò non sia dovuto soltanto al mio carattere, ma anche a cosa mi porto dietro da anni e a tutte le insicurezze che si sono annidate in me giorno dopo giorno. Quando ero piccola non ero così chiusa e riflessiva come lo sono adesso.
Qualcosa mi ha cambiata. O forse meglio dire qualcuno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa sono io







Timida, sognatrice, spesso malinconica, tendenzialmente solitaria, molto complicata: questa sono io. Riflettere su me stessa e scavare in profondità nelle mie emozioni quotidiane non mi ha mai dato delle difficoltà, poiché tendo spesso a rimuginare su tutto ciò che dico e faccio ogni giorno, ma se dovessi parlare di me in modo molto dettagliato allora dovrei spremere per bene le meningi e cercare di studiarmi più a fondo. Sono quel tipo di persona che riflette molto sul proprio comportamento e sul proprio modo di vedere il mondo ma, nonostante questo, mi ritrovo sempre a scontrarmi con dei veri e propri contrasti interiori che a volte non riesco nemmeno io a capire.
Il mio cervello è un luogo oscuro e intricato piuttosto difficile da esaminare, persino per me. Penso che tutto ciò non sia dovuto soltanto al mio carattere, ma anche a cosa mi porto dietro da anni e a tutte le insicurezze che si sono annidate in me giorno dopo giorno. Quando ero piccola non ero così chiusa e riflessiva come lo sono adesso.
Qualcosa mi ha cambiata. O forse meglio dire qualcuno. Solo una cosa non è mai cambiata in me: dare fin troppa importanza ai pareri della gente. Pareri sul mio fisico, pareri sui miei modi di fare, pareri su ciò che penso.
 Da quando ho cominciato a sviluppare la mia vita sociale, alla scuola materna, ho conosciuto non solo i primi amici, ma anche i primi disagi e le prime paure. Ciò che temevo maggiormente era non piacere agli altri. E purtroppo spesso era così. Gli altri bambini non spesso mi accettavano. Mi chiedevo cosa ci fosse di sbagliato in me e cosa dovevo fare per sentirmi in armonia con gli altri bambini ma, nonostante io mi sforzassi di capire, non riuscivo a trovare delle soluzioni.
Alle elementari avevo gli stessi problemi. Qualche amico l’avevo ma io continuavo a sentirmi ugualmente emarginata, sola, diversa. Col tempo sono diventata sempre più riservata, solitaria e anche pessimista oserei dire. Si, pessimista.
Nel corso degli anni ho cominciato a vedere sempre tutto sotto una luce negativa e pian piano mi sono accorta che tutti i colori che un tempo apprezzavo stavano diventando grigi. Non accettavo il fatto di vedere ogni cosa monocromatica, piatta e priva di sfumature e, crescendo, cominciai a scoprire una mia piccola capacità, quella che io tutt'ora sfrutto e che cerco di migliorare sempre più: il disegno. 
Con l’arte ho sempre cercato di sfogare la mia fantasia e la mia irrefrenabile voglia di modificare il mondo attorno a me; disegnavo soggetti che rappresentavano i miei sogni, ciò che mi faceva stare bene, ciò che avrei voluto ci fosse nella mia vita, ma non solo. A volte riproducevo semplicemente forme che sapevano esplicare ciò che mi passava per la testa e per il cuore. Non erano belle immagini da vedere.
Più diventavo grande e più il mio pessimismo cresceva insieme a quei disegni. Continuavo a non avvertire dei progressi nella mia vita, ad illudermi di favole mai esistite davvero, a piangere per i bulli e a ricevere delusioni da parte di persone in cui credevo. Da una visione grigia e spoglia del mondo, cominciai a vedere tutto completamente nero.
La mia forte emotività è stata sollecitata da tutti quegli elementi negativi che circondavano la mia vita e per me era naturale rendere tragica qualsiasi situazione. O forse lo erano diventate tutte per davvero. Nella mia mente viaggiavano solo pensieri e immagini macabre. Il mio pensiero fisso diventò il sangue. Il rumore che riproducevo nel mio cervello erano urla strazianti.
I miei genitori si sono preoccupati molto nel vedere ciò che ero diventata per colpa di tutte quelle cattive influenze che hanno urtato la mia delicata debolezza interiore. Io no, non avevo paura. Ero solo rassegnata, abituata a vivere e a sopportare quei macigni sul cuore. Era diventato normale per me.
La mia testa era completamente devastata da problemi, fissazioni, brutti ricordi, contrasti. Mia mamma mi ha voluto portare da una psicologa, giusto per stare più tranquilla. Per quanto utile mi si sono rivelate quelle sedute, sono riuscita ad uscire da quel buco nero da sola. Non so esattamente come ci sono riuscita, ma man mano che il tempo passava riuscivo a percepire dei nuovi colori oltre il nero, il grigio e il rosso del sangue: vedevo finalmente anche il blu, il giallo, il verde, il rosa, l’arancio e tutte le sfumature che potevano crearsi tra loro.
Forse sono semplicemente cresciuta, forse ho cambiato solo il modo di affrontare le situazioni, forse ho conosciuto persone che finalmente hanno saputo accettarmi così come sono. Pensandoci bene non so esattamente cos'è stato a cambiarmi, ma sono guarita, guarita da quella malattia mentale che le incomprensioni, i pianti, i disagi e il timore di non piacere agli altri mi hanno portato. Nonostante il mio progresso, qualche volta mi accorgo che alcuni frammenti di quel lungo periodo buio sono ancora qui con me, aggrappati al mio cuore con le unghie. Non mi mollano più ed esse mi tentano ancora a dubitare di chiunque, a non credere troppo a ciò che mi appare perfetto, a non farmi vivere in modo spensierato.
E a questo punto mi chiedo: sono davvero io questa? O sono i continui disagi che mi portano a pensare in modo pessimistico? Quindi la mia attuale identità è stata formata da tutto ciò che ho passato negli anni precedenti o sono sempre stata così in fondo, a prescindere dalle influenze esterne? A volte credo di avere le risposte, altre volte invece no ed è soprattutto qui che le mie insicurezze e i miei contrasti interiori riprendono il sopravvento.
Spesso, anche se passo interi minuti a pensare a questo mio dilemma, rinuncio a sapere la verità e mi lascio sprofondare nel mistero, rimandando ad un futuro indefinito le mie ricerche. Adesso quando sono giù di morale non mi dedico a pensieri macabri e inquietanti, ma riesco a gestire la mia tristezza in modo equilibrato senza sprofondare nel vuoto ancora una volta come facevo prima. Non parlo, guardo dritto al suolo, sospiro. Ma rimango in silenzio anche dentro.
Prima nel cuore urlavo a squarciagola e soffocavo quelle grida tramite lacrime, lacrime silenziose che lentamente rigavano il mio viso pallido senza vergogna.
Per me adesso,e anche un po’ di tempo prima, la tristezza è una fonte di ispirazione. Dopo il disegno mi sono cimentata nella scrittura creativa e ispirandomi ad alcuni miei fatti personali ho composto dei testi, tra cui anche qualche autobiografia. Scrivo e parlo di me su dei diari segreti da otto anni e col tempo ho provato anche a scrivere delle storie al di fuori della mia. Facendo così ho scoperto un’altra mia grande passione, quella della scrittura e della progettazione di romanzi, sperando che un giorno questo mio amore possa essermi utile.
Uno dei miei tanti sogni è quello di pubblicare un libro e di diffondere le mie storie a moltissime persone. Penso che per uno scrittore sia importantissimo trasmettere le proprie emozioni tramite le parole e farle arrivare ai cuori dei lettori. Questa è una cosa meravigliosa e spero che un giorno riesca anch'io ad esternare tutto l’amore e la passione che metto quando scrivo.
Io scrivo per esprimermi, per non parlare, per sfogarmi. Insomma, in qualche modo devo pur dire la mia. La scrittura mi aiuta a sentirmi autonoma, capace di gestirmi da sola e di non cercare sempre la compagnia di qualcuno.
A me basta poco per essere felice, per essere me stessa: un computer, una tastiera sotto le dita e, in caso le prime due cose non possano essere disponibili, una penna e un foglio bianco. Tutto qui. Il mio io è basato sulle parole, i pensieri, le atmosfere che creo con la mia fantasia. Nulla per me è più utile per trovare la mia serenità.
L’arte è la mia bocca, il mio parlato. Esprimermi tramite essa è la cosa più naturale che mi riesce fare, più naturale di dare un abbraccio, un bacio, un sorriso o tutta me stessa ad una persona. Meglio non chiedermi di rimanere coi piedi per terra. Io non ci sto proprio stare. Osservare troppo ciò che mi circonda mi fa male a volte.
Nella vita lassù, ai confini dell’immaginazione, si sta molto meglio. Tendo sempre a rincorrere sogni, sia grandi che piccoli, e non smetterò mai di farlo.

thoughts.

dopo molto tempo che non pubblico qualcosa, eccomi ancora qui con un'altro testo che parla di me.
stavolta sono andata dritta al sodo e ho deciso di parlare della mia storia e di come la mia identità si sia formata nel corso dei miei diciott'anni.
inizialmente ho composto questo racconto per partecipare a un concorso dell'Istituto Toniolo intitolato "con i piedi per terra", anche se la professoressa di italiano me l'avrebbe sicuramente sconsigliato, dato che lei non apprezza il mio modo di scrivere.
beh, ho partecipato lo stesso, senza dire nulla alla prof... dite che ho fatto bene? AHAHAHAH sono trasgressiva (?)
il concorso scade il 18 febbraio 2013, cioè tra poco, incrociamo le dita e speriamo di vincere! c:
a parte questo.. che ne pensate di questa storia? vi rivedete in qualcosa? fatemelo sapere in una recensione c:
mi raccomando, voglio vedere quante persone ci sono in Italia con una personalità simile alla mia, giusto per non sentirmi l'alieno della situazione..

baci, Universe_

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