Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: mesafe    11/02/2013    2 recensioni
Mi lavo i denti. 16 movimenti secchi. 16 e solo 16. Mi lavo le mani. una. due. tre. quattro volte. Vado in camera. Calze, camicetta, gonna e felpa. Sempre e solo così. Predo la cartella e fortunatamente mi accorgo che è venerdì. 7 ore. Letteratura, Tedesco, Matematica, Storia, Pranzo, Ora-buco, Ginnastica, Ginnastica. Prendo le mie cose per ginnastica dall’armadio. A scuola non lascio vestiti perché è tutto pieno di germi ed è tutto sporco. Chiudo la porta di camera, attraverso il soggiorno, metto il giubbotto, apro la porta dell’appartamento, scendo le scale. L’aria fredda di Earl’s Court Road mi entra nelle vene. Sento le linee rosse nelle mie braccia risuonare, sento il dolore dell’incomprensione dentro di me. Stazione della metro, igienizzante a portata di mano; fortunatamente c’è un posto a sedere libero e mi ci siedo. Mi lavo le mani con il gel. St James’ Park. E’ la mia fermata; scendo e prendo l’autobus. Arrivo a scuola e il portone immenso mi da il benvenuto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Appena mia madre arrivò a casa io ero a letto. Il cuscino è bagnato dalle mie lacrime e sotto le coperte un asciugamano e tanto cotone asciugavano le lacrime che pulsavano dal mio cuore e che fuoriuscivano dolorosamente dal taglio.

“Megaaaan, sono a casa!”
La voce stanca di mia madre rimbomba nel mini-appartamento. Siccome la porta di camera mia da sul salotto mia madre entra subito.
“Megan, ti senti bene?”
“Si mamma sto benissimo, ero solo un po’ stanca”
La ferita si è rimarginata. Non avevo premuto molto anche perché sapevo che il pomeriggio dovevo andare da Sasha, la psicologa.
Mi alzo solo quando mia mamma è uscita dalla stanza e butto l’ovatta nel cestino. Guardo il calendario e le mestruazioni dovrebbero venirmi domani quindi dico a mia madre che ho tenuto l’asciugamano tra le gambe perché non trovavo gli assorbenti. Devo dire che questa mi era venuta bene e mi sono strappata una risata da sola.
Mentre vado in bagno per mettermi un assorbente mia madre mi urla dalla cucina.
“Megan prendi l’antidepressivo.”
“Lo prendo dopo Ma”
“No Megan, Sasha ha detto che lo devi prendere tutti i giorni alla stessa ora e ieri l’hai preso alle 18:00 e siccome ora sono le 18:00 lo devi prendere.”
“Veramente è un quarto”
“Megan, vai subito in bagno a prendere la pasticca”
Entro nel bagno e mi metto un assorbente che non servirà a nulla, ma comunque sento già i dolori di pancia quindi meglio prevenire che curare. Mi alzo la manica del maglione e tolgo i pelucchi di cotone dalla ferita. Il sangue incrostato mi fa tremare la mano. Il sangue mi scorre dentro e vederlo, anche se solo in una crosta, mi fa tanto schifo. Prendo un cerotto dal cassetto e copro la ferita.
Il mio water prende l’antidepressivo come sempre, gli farà bene.
Non ho ancora capito perché li dovrei prendere. Io vivo benissimo con le mie manie e non ho manie pericolose per l’umanità come il dover uccidere almeno 2 persone al giorno, in quel caso le prenderei quelle pasticche del cavolo, ma solo perché devo ripetere dei gesti quotidiani e mi devo lavare le mani non penso di dare noia a nessuno, no?
Esco dal bagno non prima di aver chiuso il porta-pillole arancione e di aver messo a posto la confezione di cerotti.
“Ma sono pronta”
 
Arrivati allo studio della mitica risolvi problemi, mia mamma mi guarda con un sorriso spento.

“Cosa c’è che non va Becca?”
Ogni tanto mi diverte chiamarla per nome per strappargli un sorriso e ci riesco.
Uoooo Megan 1-Becca 0.
“Ogni tanto penso a come saresti se ci fosse stato tuo padre”
“Ti prego chiamalo Devon”
“Non pensi che dovresti conoscerlo?”
“Mamma, sono così per colpa sua”
“Forse no.”
“Forse no cosa?”
“Forse dai la colpa a lui per quello che sei te. Perché devi dare la colpa a qualcuno te. Sei come lui.”
Megan 1-Becca 1000.

Sasha mi fa da psicologa da 2 anni e devo dire che non ne posso proprio più. Non mi piace come si approccia con me e non mi piace il fatto che una volta mi ha chiamata “testina malata”.
La sala d’attesa della psicologa fa schifo, diciamocelo. Lei fa da psicologa anche ai bambini piccoli quindi quando sto in sala d’attesa mi tocca stare nelle seggiole di plastica.
Odio i bambini. Sbavano, vomitano e si fanno tutto addosso. Mi ricordo che quando nacque mio cugino regali a mia zia del disinfettante. Mi disse che non sono tutti come me. Ups, regalo sbagliato.
Mia mamma mi guarda e ride. In effetti ogni volta che vengo qui sembro una suora di clausura che cerca di coprirsi le mutande. Queste cacchio di sedioline mi costringono a rannicchiarmi e a tenere le mani sulla gonna. Fortunatamente sono l’ultima della giornata sennò la cosa si farebbe davvero imbarazzante.
Una donna cicciottella mi chiama e mi fa cenno di entrare. Mi alzo da quella tortura di una sedia e saluto mia mamma.
“Megan, vado a fare la spesa, dopo torna a casa da sola”
Mi sorride e esce.
Prendo il mio giubbotto e la borsa e entro nello studiolo di Sasha. Lo studio ha un illuminazione perfetta e sogno sempre di farci delle foto. Lo studio è l’unica cosa bella dell’andare dalla psicologa.

Sasha è bassina con un caschetto color nocciola e gli occhi neri. E’ molto esile per la sua statura e incute tanto terrore. Non so come fa a lavorare con i bambini. Magari è l’altezza che inganna.
“Ciao Megan”
Cerca sempre di fare la dolce smielata, ma è una stronza e quindi non la saluto, mi metto a sedere e aspetto che i 55 minuti finiscano.
“Come va?”
“Male”
“Perché?”
“Perché sono qui”
Sto usando il tono più freddo al mondo. Non voglio far trasparire nulla, non voglio far trasparire Josh, non voglio farle capire che mi auto lesiono. Tecnicamente dovrei dirglielo, ma ogni mese lei ha un appuntamento con mia madre per discutere della mia situazione.
“Come va con gli antidepressivi?”
“Bene”
Al water piacciono molto.
“Allo scorso colloquio mamma mi ha detto che continui ad avere le tue manie, è vero?”
“Bho, forse.”
“Megan, dai puoi dirmelo”
Gli scaraventerei la borsa in faccia, solo che dentro c’è la mia lomo e non lo farei per nulla al mondo.
“Ok, mi lavo le mani, ho le mie manie e mi piace igienizzare qualunque cosa. Tutto ok, vivo, mangio e faccio tutte le cosa che le persone normali a questo mondo fanno.”
“Gli antidepressivi allora non funzionano”
Invece si, a quanto pare non abbiamo più problemi di scarico.
“Gli antidepressivi, come dice la parola, sono per i depressi. Io NON SONO DEPRESSA”
Ok ho urlato. Non dovevo far trasparire nessuna emozione, ma io sta qui la odio.
“Megan ti servono, ti aiutano”
“Oh mi aiutano? A fare cosa? A non essere più Megan? A essere uno stereotipo umanitario? No, mi dispiace, ma non lo sarò mai.”
“Non è questione di principio Megan, è questione di salute!”
“Salute mentale? Sto benissimo, ho le idee chiarissime sul mio futuro lontano e quello imminente.”
Prendo la borsa e mi alzo. Un ciuffo dalla treccia che mi ero fatta mi ricade sul viso.
“Megan dove vai?!”

“ Affanculo lontano da lei.”

Esco, sbatto la porta. Scendo le scale e tiro fuori iPod e la macchina fotografica.
Londra è fantastica e c’è una luce pazzesca.
Accendo la macchina fotografica e il rumore dell’otturatore mi rilassa, mi metto le cuffie e la musica mi riempie.

Mondo:off Megan:on

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: mesafe