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Autore: Clockwise    11/02/2013    2 recensioni
Questa storia mi è venuta in mente ascoltando la bellissima Shiver dei Coldplay, anche se il risultato finale ha poco a che fare con la canzone.
Parla di un ragazzo e di una ragazza, di amore, di freddo, di tanto tempo fa.
Leggete e lasciate qualche recensione, mi piacerebbe sapere come posso migliorare!
E.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Don't you Shiver?

Passò Natale. Helen e Peter sembravano due estranei: non si vedevano quasi più e quando parlavano usavano una formale cortesia che non gli era usuale. L’amicizia, l’intesa e l’affetto che c’erano prima erano spariti, lasciando una cortina di ghiaccio fra loro.

Peter non sopportava quella situazione. Se solo avesse saputo prima cosa avrebbe comportato dichiararsi non l’avrebbe mai e poi mai fatto. Due giorni prima di Capodanno andò a trovarla; voleva parlarle e cercare di capire perché tutto fosse cambiato, rassicurarla e dirle che non pretendeva nulla da lei, nessun obbligo nei suoi confronti e dirle che, se era quello che voleva, avrebbe costretto se stesso a innamorarsi di qualcun'altra, pur di non perdere la sua amicizia.
Bussò alla porta. Aprì la piccola Alyssa.
«Ciao piccola. C’è Helen?»
«È in giardino con quel ragazzo. Vado a chiamarla?»
«Ragazzo?» chiese guardando gli occhi innocenti della bambina.
«Quello alto con i capelli neri. Voleva parlare con Helen pure lui. Mi ha portato il cioccolato.»
Peter serrò la mascella e irrigidì la schiena.
«Posso aspettarla dentro?»
La piccola gli fece strada fino al soggiorno poi, dimenticandosi di lui, si sedette sul tappeto e riprese a giocare con le bambole. Peter sorrise: erano le stesse con cui aveva giocato Helen, quando erano bambini, gliele aveva fatte la mamma con scampoli di stoffa, bottoni e vecchi giornali. Ogni tanto, nelle giornate di pioggia, lo costringeva a giocare con lui e gli toccava fare il principe e partecipare al ballo in maschera nel castello del re; e puntualmente dopo qualche minuto, lui si annoiava e la convinceva a trasformare il castello in una nave pirata e il principe in un corsaro. Perso in dolci ricordi si avvicinò alla finestra che dava sul piccolo cortile nel retro. Stava nevicando. Eccola. Rideva e guardava il cielo, incantata dalla meraviglia di quello spettacolo. Era al braccio di quel ragazzo. Lo stringeva a sé, forse per scaldarsi. Rideva.  E come lo guardava, le guance arrossate. Al braccio di un ragazzo che non era lui.
 
Nevicava. Con occhi di bambina guardava i piccoli fiocchi di neve turbinarle intorno, come in una magia, come in un sogno. Si voltò verso di lui, ridendo. Aspettava di incontrare i ricci rossi e quegli occhi caldi e vivaci. Invece erano scuri, profondi e insondabili. Non è Peter, ricordò a se stessa con una fitta al cuore. Poi si sentì in colpa; si stava talmente divertendo con Erik, perché Peter veniva a disturbarla nei suoi pensieri? Agitò una mano per scacciarlo. Eppure… Eppure niente.
«Entriamo? Fa freddo.» gli chiese senza sorridere. Lui la guardò, sorpreso del suo improvviso cambiamento. Helen allora ridacchiò e lo baciò su una guancia, per farlo ridere ancora. Erik la guardò ancora più sorpreso ma non si scompose, si inchinò e le fece il baciamano, come fosse una gran dama.
 
«Alyssa… Alyssa dove sei?» Peter sentì la sua voce dall’ingresso e la vide entrare nel soggiorno. Aveva fiocchi di neve fra i capelli scompigliati e gli occhi lucenti.
«Peter. Oh. Io… non ti aspettavo. Che ci fai qui?» chiese sbigottita. Sentì il sangue affluirle alle guance. Lui era vicino alla finestra. L’aveva vista.
«Volevo parlarti. Ma ora è inutile.»
«Aspetta… perché, cosa…»
Peter sospirò e fece qualche passo avanti, verso il camino.
«Così questo è Erik, eh? Don Giovanni.»
«Peter…»
«Lavora lì con te, vero? Sì, devi avermene parlato. Beh, siete molto in confidenza sembra: passeggiate a braccetto, ridete, vi baciate… vi date già del tu, suppongo.»
Oh, no. Aveva visto anche quello.
«È passato di qui per dirmi che domani non sarei dovuta andare al lavoro, che il signor Calvert è malato…»
«Ed è venuto di persona. Che galantuomo.»
«Peter smettila, basta.» urlò sull’orlo delle lacrime. Non sopportava l’ironia, l’amarezza e il dolore in quelle parole.
Lui cambiò tono, buttò via le maschere e rivelò la sua anima disperata.
«Perché non me l’hai detto, Helen? Perché mi hai fatto aspettare e sperare inutilmente? Pensavo di essere il tuo migliore amico, che mi dicessi tutto! Non me l’hai detto. Perché? Non mi avrebbe fatto piacere, ma almeno avrei evitato di fare la figura dell’idiota a rivelarti i miei sentimenti. Sarei stato felice per te.»
Lei abbassò il viso, non reggeva quegli occhi furiosi. Le lacrime che aveva trattenuto iniziarono a sgorgarle, lente, giù per le guance.
«No, Lena, no. Io… non volevo arrivare a questo, mi dispiace, ma…» disse lui mortificato, facendo un passo verso di lei e allungando la mano per stringerle il braccio. Lei si scostò, asciugandosi rabbiosamente le guance con la manica del vestito.
«Non toccarmi.» sibilò. Lui si ritrasse, ferito. «Hai mai cercato, almeno per un istante, di capire come mi sento? D-di provare almeno? Io, non so, non so più niente! Sono così confusa! C’è Erik, e io non capisco bene cosa provo per lui, se è solo un’infatuazione o no, e poi arrivi tu e dici che mi ami, e io… io non lo so.»
Era bellissimo. Era disperato, amareggiato e addolorato, ma Helen non poté fare a meno di rendersi conto di quanto fosse bello. Di come i miseri abiti che portasse, la giacca logora che viveva la sua quarta vita, essendo passata per tutti i fratelli di Peter, o i pantaloni troppo corti, lo facessero sembrare un principe, un Lord.
La guardò, cercando di frenare le sue di lacrime.
«Ma Lena, l’hai baciato. L’hai baciato come se, se io non ti avessi mai parlato, come se niente fosse. È davvero questo che sono per te, Lena? Valgo così poco? E non pensi a te, al tuo onore? Non dico per amor mio, ma almeno per te stessa, Helen… »
Sentì un’ondata di rabbia alle sue parole.
«Cosa credi, che sia la tua bambolina? Non siamo sposati, Peter, posso baciare chi voglio! Non sei mio padre, cosa faccio non ti interessa, io…»
«Non mi interessa?» sibilò «Dici che non mi interessa? Helen, mi interessa più di te che di me stesso. Ma a te no, lo vedo. Non ti importa un accidenti di qualcuno che non sia tu. E va bene, sai. Va bene. Spero solo che al tuo Erik lì non dispiaccia una ragazza egoista e senza cuore. Anzi, di ghiaccio il cuore, di ghiaccio.»
Alyssa guardava, impaurita, ora l’uno ora l’altra, cercando di capire cosa stessero dicendo.
Uscì passandole avanti senza neanche guardarla.
In piedi sulla soglia lo vide allontanarsi con i piedi che affondavano nella neve fresca. Dentro Alyssa giocava con le sue bambole, il principe e la principessa che vivevano per sempre felici e contenti. Anche le lacrime erano ghiacciate sulle sue gote.


*** 
No comment, va. 
Il prossimo capitolo - per i pochi coraggiosi che ancora avranno voglia di leggere dopo questa caz- hem, capitolo - non riuscirò a scriverlo prima della settimana prossima. Per cui vi prego abbiate pazienza. 
Grazie mille a tutti quelli che leggono e ancor di più a silvieritchiecobain che ha commentato, a CaliforniaLA e writemealullaby94 che l'hanno messa fra le seguite e last but not least - la più importante di tutte - HeartSoul97 che legge, mi sostiene e fa il tifo; cosa si può volere di più da un'amica? Grazie. =)
Ciao!
E. 
  
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