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Autore: CAMM    12/02/2013    3 recensioni
La verità?
Tom era un emerito coglione, in tutto e per tutto, un ragazzo cresciuto in fretta, troppo preso dal suo ego, fin troppo spavaldo ed estroverso, che amava scherzare con la vita.
Connie era tutto il contrario, aveva paura della vita, lei.
Connie non era stupida e quando ripensò ai loro mondi opposti le venne istintivo alzarsi dalla sedia, congedarsi sbrigativamente con l’amica e infilare in quattro e quattr’otto la porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Travis Barker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER TWO

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Il mattino seguente Connie non aveva voglia d’alzarsi, appena la sua sveglia la costrinse ad aprire gli occhi sentiva le occhiaie gonfie che le pesavano.
Cercò in qualche modo di alzarsi, si vestì nascondendo come sempre la sua timidezza dentro una felpa troppo larga, non fece colazione ed uscì di casa accendendosi una Marlboro rossa, sentì il catrame percorrerle le vie respiratorie. Come al solito passò per casa DeLonge, aspettò all’ingresso fino a che i due, in inevitabile ritardo, uscirono dal ciglio di casa.
La mattina, per tutti e tre, era una dura situazione. Perlopiù si limitavano ad un lieve segno di saluto.
Arrivati davanti all’ingresso del liceo, Connie notò subito una figura che avrebbe preferito non vedere. Quel tipo alcolizzato, stupratore, maniaco. Com’è che si chiamava? Forse Matt o forse Mark, non ricordava.
-Deme, ti prego, cambiamo strada, quel tizio è un maniaco- Sussurrò all’orecchio dell’amica cercando un appoggio. Tom, dopo poco, si avvicinò al losco tizio e gli battè il cinque, ci mancava solo che fosse un suo amico.
Troppo tardi per fuggire, Connie.
Ehilà, chi non muore si rivede!- Il maniaco sfoggiò un ampio sorriso, Connie era completamente paralizzata, il massimo che riuscì a fare fu alzare il labbro superiore in una sottospecie di smorfia abominevole.
-Vi conoscete?- Chiese allora Tom guardando la ragazza stupito.
Connie cominciò a scuotere la testa in modo ossessivo compulsivo, le sue guancie si colorarono in un attimo.
-Mi ha fatto compagnia sabato sera, vero baby?- Esclamò infine lo psicotico, leccandosi le labbra e facendole l’occhiolino con fare sexy. Se possibile, le guancie di Connie diventarono ancora più rosse. Demetra dette un colpetto al braccio dell’amica e la fissò incredula.
-Non è un cazzo vero, maniaco, degradato, pervertito- La lista di insulti continuò per una decina di minuti, era assurda l’ampiezza di sinonimi che conosceva quella ragazza.
Finita quella lista, Connie fece dietrofront e si addentrò rapida nella scuola.
Incontrò Gregory nel corridoio che la bloccò per un braccio e la fece voltare verso di lui.
-Che cazzo vuoi, Gregory?-
-Mamma ha detto di tenerti d’occhio che ti vede strana, devi dirmi qualcosa?- 
Come se a lui interessasse veramente quello che aveva da dirgli Connie. Il nervoso che quelle poche parole le crearono, le iniettarono gli occhi di odio.
-Ma che cazzo vuoi, Gregory? Come se a te importasse davvero… Ah, vaffanculo!- Furono le uniche parole che il cervello di Connie riuscì a sputare fuori.
-Comunque mamma ha detto anche che non puoi uscire questo pomeriggio… Dobbiamo andare dalla nonna- Furono poco efficaci quelle ultime parole, Connie ormai era distante, non gl’importava nulla del permesso di sua madre, lei sarebbe uscita lo stesso, figuriamoci se sarebbe andata da quella ritardata della nonna.
Connie era decisamente troppo misantropa in quel periodo, doveva darsi una calmata.
Entrò in classe in ritardo, tutti già ai loro posti, fulminò la prof che la stava guardando male. Per fortuna di Dio che Demetra le aveva tenuto un posto affianco a lei, in terza fila.
Si sedette sbuffando, lanciando la cartella al suo fianco per poi stravaccarsi nel banco cercando un qualsiasi conforto, come se quella superficie potesse infonderle un pochino d’amore.
Gli balenò in un istante, come un flash, l’immagine di Tom che andava in skate. Doveva smetterla di pensare a lui, doveva decidersi una volta per tutte che lei e Tom non avevano nulla a che fare; doveva essere realista un volta tanto nella vita.
Si sentì un po’ più pesante di prima con quell’immagine ancora nella testa, come se le sue spalle dovessero portare un altro masso in più.
-Connie, cazzo, mi ascolti?- La rimproverò l’amica al suo fianco.
Connie la guardò di sbieco, come per dirle di cominciare il suo racconto, perché la ragazza conosceva fin troppo bene Demetra e sapeva da quello sguardo che ora l’amica avrebbe cominciato una lunga storia.
-Hai presente Trevis? Quello dell’ultimo anno, l’amico di mio fratello?- Connie aggrottò la fronte cercando di focalizzare un’immagine di una persona con quel nome, ma non riuscì a trovarla. Scosse la testa.
-Dai, Connie, quello pieno di tatuaggi!- 
Oh, cazzo. No, quello era un tossico, Connie le percepiva queste cose, quel tipo era sicuramente un tossico, maniaco e stupratore. Tre in uno.
-Ah, sì, ho capito chi è… Non dirmi che ti sei scopata quel tossico, Demetra!- Lo sguardo che Connie mandò all’amica fu penetrante.
-Oh, che palle che sei! Non è un tossico, cazzo! Guarda, Connie, la prossima volta non ti dico un cazzo così non rompi le palle- Era incredibile il numero di parolacce che Demetra riusciva ad inserire in una sola frase.
A Connie non interessava quella stupida situazione. Ci fu un periodo di silenzio, Demetra cercava di seguire un minimo la lezione mentre Connie si addormentò sul banco.
Demetra le tirò uno spintone nel gomito, Connie sobbalzò.
-Connie, cagami per l’ultima volta. Senti, questo lo dico solo a te e se quella tua boccaccia oserà a divulgarlo in giro per la scuola, ti strappo le ovaie! Va bene?- Connie odiava quelle sue rivelazioni mattutine, non poteva dormire e tacere?
-Senti, io-io credo c-che- no, un attimo, una Demetra che balbettava non s’era mai vista.
-Sì, insomma, Connie, ci sto sotto!- 
-Che schifo, Cristoiddio, Demetra, non voglio sapere i vostri loschi dettagli sessuali! Teneteli per voi!- La ragazza continuò a borbottare quanto la cosa le provocasse mal di stomaco.
-Ma che cazzo hai capito, Connie? Ci sto sotto nel senso che mi piace seriamente quel Trevis. Dio mio quanto sei pervertita, tu- Connie si sentì un completa rincoglionita a quel punto e sprofondò lentamente nella sedia.
-Ammesso che non posso affermare che è un tossico perché tu me lo vieti, cos’altro dovrei dire? Di essere felice per te? Beh, non pensavo ti piacessero dei tipi del genere, Deme- Connie alzò leggermente la voce, com’è che quel giorno aveva la tendenza ad alzare la voce con tutti?
-Parli tu, Connie, che ti imbamboli ogni volta che c’è mio fratello trai paraggi e non riesci a formulare una frase coerente. Guarda che non sono stupida, lo so che muori dietro a Tom- 
Quello era troppo. La goccia che fece traballare la poca stabilità mentale di Connie.
Tutti i ragazzi della classe si erano voltati a guardare le due, Demetra aveva urlato troppo forte le ultime parole. La prof le fissava basite.
Connie non poteva sopportare tutto questo, si alzò di scatto dal banco e corse fuori dall’aula con il cuore pieno d’odio.
Corse per i lunghi corridoi della scuola, la Madison  assomigliava di più ad un’università che ad un liceo.
La stessa sensazione di sempre, le gambe che corrono, la testa da tutt’altra parte.
Uscì dal portone principale della scuola, un bidello cercò di rincorrerla invano.
Connie sapeva essere veloce come il vento quando voleva, il suo sguardo si fece appannato dalle lacrime.
Demetra l’aveva ferita.
Connie faceva sega a scuola molto spesso, sua madre era troppo ingenua e la sua firma era facilmente riproducibile. Corse ancora un po’, fino a che il fiato il gola era talmente corto da farle girare la testa, per un attimo ebbe l’impressione di svenire. Si sedette negli scalini sotto i portici.
Quello era il posto dei tossici, dei barboni e di chi, come lei, faceva sega a scuola.
Si rannicchiò su se stessa, cercando di comprimere le emozioni in modo che non facciano troppo male, eppure sembrava un tentativo vano, le fitte al ventre la prendevano e la facevano versare alcune lacrime salate. Connie era una ragazza dalle lacrime facili, le capitava spesso che la sera, prima di coricarsi, le veniva una malinconia che le prendeva lo stomaco e la faceva singhiozzare.
Come aveva potuto dirlo? Non riusciva a capacitarsene. Tom l’avrebbe saputo sicuramente entro l’arco della giornata. Fanculo.
-Perché hai i capelli verdi?-
Connie sussultò in preda al terrore. Possibile che non si fosse accorta di quella presenza?
Si asciugò con la manica le lacrime e inspirò forte una boccata di quell’aria gelata.
Tom era di fronte a lei e non se n’era nemmeno resa conto.
Tom le aveva fatto una domanda, avrebbe dovuto come minimo rispondere.
Arrossì quando capì che Tom si sedette di fianco a lei.
-Non lo so perché, mi piacevano … Ecco sì, mi piaceva il colore, tutto qua- 
-Ah- Quella risposta non fu molto entusiasmante.
Il cuore di Connie cominciò a accelerare appena Tom rimase con gli occhi puntati sul viso della ragazza, le guancie di Connie erano paonazze come mai prima.
-Mi ha appena chiamato Demetra, che è successo, Connie?- La ragazza abbassò lo sguardo, era una cogliona. Cos’era successo non lo sapeva nemmeno lei, nella sua mente era solamente impressa l’immagine degli occhi iniettati d’odio e delle parole troppo forti. Non riusciva a trattenere quelle fottutissime lacrime, la gola si annodava e delle morse allo stomaco la facevano scattare.
Demetra era l’unica amica che Connie avesse mai avuto e questo era il punto più dolente della situazione.
Tom era paralizzato dalle lacrime ch’erano sempre state la sua più grande paura. Un ragazzo tanto grande e grosso, immobilizzato da quelle lacrime.
-Mi-mi sembrava abbastanza in panicata, comunque se vuoi parlarne, altrimenti fa nulla- La voce di Tom era sommessa, Connie non l’avrebbe mai riconosciuta se non fosse stata certa che c’era solo lui, lì di fianco.
Per un attimo, per un solo istante, la mente di Connie si bloccò. Assaporò quel secondo di fianco a lui, si sentì per la prima volta a suo agio accanto a Tom, le sue guancie smisero di bagnarsi e tornarono al loro solito colorito cadaverico. Avrebbe voluto fermare il tempo un altro secondo, per restare ancora un po’ lì, con lui.
-Non è successo nulla, Tom, risolveremo presto.- Le sue parole scivolarono fuori pulite, candide, senza problemi, ma sopra ad ogni cosa quelle poche parole erano vere. Connie, era sicura, il giorno seguente sarebbe ricominciato tutto da capo, come sempre anche se a Connie questa storia bruciava sotto la pelle.
-Ti credo, Connie, ma non farla star male, intesi?-
Tom sparì portandosi dietro un pezzo di Connie, trascinandosi addosso le emozioni della ragazza dai capelli verdi.
Connie non tornò a casa a mangiare, non mangiò affatto.
Andò all’uscita della scuola, cercando con la vista Demetra. Dov’era finita?
Il piazzale si svuotò nell’arco di un quarto d’ora e di Demetra nessuna traccia.
Connie non riusciva a sopportare quella situazione ancora per molto, sfilò il telefono dalle tasche e compose rapidamente il numero dell’amica che sapeva a memoria.
Prima che la destinataria rispondesse, apparve la sua figura magra camminare lentamente affianco ad un tizio completamente avvolto di tatuaggi dalla testa ai piedi, Trevis.
Connie, d’un tratto chiuse la telefonata e si sentì di troppo.
Appena l’amica s’accorse della presenza di Connie, le corse in contro.
-Che cazzo di fine hai fatto, sei fuori di testa ad andartene così?-
Lo sguardo di Connie si rivolse a terra.
-Hai ragione, Deme, non so che m’è preso- 
-Non rifarlo mai più, stupida-
La accolse tra le sue braccia, non ci abbracciavamo spesso, noi due, anzi, quasi mai. Erano calde e confortevoli le sue braccia, anche se aveva ancora l’amaro alla bocca per essere stata sottomessa ancora una volta.
Sciolto l’abbraccio, Demetra si rivolse a Trevis che nel frattempo le aveva raggiunte, farfugliarono qualcosa d’incomprensibile e poi Deme chiese all’amica di mangiare a casa sua. Connie accettò con un sorriso.
Mangiarono di gusto nella tavola della cucina.

 
 
-Dove cazzo stiamo andando, Deme?- Connie era piuttosto in imbarazzo, affrontare la giornata con quel Trevis di mezzo non era affatto una passeggiata.
L’amica non le rispose, Connie si rassegnò e continuò a camminare dietro ai due che si tenevano per mano. Che cosa estremamente ripugnante e iperglicemica.
Arrivarono ad un capannone disperso in mezzo al nulla, un capannone di cemento abbandonato, devastato di murales ovunque. Connie adocchiò un tizio che ne stava disegnando uno, sembrava stesse formando una scimmia o qualcosa di simile.
Entrarono dentro questo ammasso di cemento. Era vuoto, deserto, enorme e dispersivo.
All’interno ci saranno state una decina di persone, alcune sedute a terra, altre in piedi. Connie non capiva.
Un tipo poco più alto di Connie si avvicinò a loro, salutò Trevis, si dovevano conoscere abbastanza bene dalle parole che si scambiarono. Trevis presentò la sua ragazza, passandole il braccio attorno alle spalle.
Si dirisero verso un angolo del capannone, Connie li seguì a testa bassa.
C’era un ragazzo per terra, tra le dita aveva una canna e l’odore di quell’erba solleticava le narici di Connie.
Era Tom.
Connie cominciò a sentirsi a disagio ed inappropriata. Si chiese mentalmente cosa avesse da condividere con quella gente. Nulla. Non centravano nulla con lei e non capì perché Demetra l’aveva portata con sé, forse per compassione.
Si strofinò gli occhi e sbuffò rumorosamente. Percepì quella strana sensazione di voler cominciare a correre e lasciare che tutto il resto venga da sé, ma riuscì a controllarsi e si sedette di fianco a Demetra.
Osservò Tom, aveva gli occhi semichiusi e sembrava tranquillo, in pace con il mondo. Connie si chiese cosa stesse sognando, cosa stesse immaginando in quel momento. Chissà se anche lei era parte del sogno di Tom.
Il tizio che li aveva ‘accolti’ all’interno del capannone passò a Demetra e Trevis degli spinelli ben rollati, poi si rivolse a Connie e gliene porse uno. La ragazza cominciò subito a far cenno di no con la testa, non era roba per lei, quella.
-Dai, Connie, non fare la rompi cazzi e prendila!- Le quasi urlò dietro Demetra.
Che cazzo faceva?
La sua mano si allungò a prendere quella cosa maleodorante.
Che cazzo stava facendo?
Con la coda dell’occhio osservò Tom, immobile, ancora gli occhi semichiusi.
A turno si passarono l’accendino, anche Connie l’accese.
Inspirarono quasi simultaneamente i primi tiri.
Perché lo stava facendo? Aveva davvero bisogno di quello schifo?
Dopo alcuni minuti sentì pervadersi di una sensazione strana, la vista era annebbiata, la confusione che aveva in testa non le faceva percepire la sensazione del tempo che scorreva.
Come se tutto si fosse bloccato, come se il tempo non corresse più veloce.
A quel punto Connie chiuse gli occhi, la prima immagine, come sempre fu Tom. Tom in skate, Tom la mattina, Tom in macchina, Tom sorridente, Tom scazzato, Tom con Demetra appresso, Tom con lei. Le labbra di Tom, gli occhi di Tom, il sorriso di Tom.
Riaprì gli occhi di colpo, lui era ancora seduto tranquillamente a pochi metri da lei.
Si guardò intorno, Demetra e Trevis stavano per spogliarsi, avrebbe assistito ad un filmato porno in diretta se fosse rimasta lì ancora un poco. Che merda.
Tentò di alzarsi, cercò a stento un briciolo di equilibrio. Fissò Tom e in quel momento l’unica cosa che aveva voglia di fare era sedersi di fianco a lui e sentire la sua presenza.
Lo fece. Forse, per la prima volta in vita, fece solamente ciò di cui aveva voglia e fu una sensazione talmente leggera e libera le pareva di volare; lì, affianco a lui le pareva di volare.
Tom scrutò dall’alto al basso la ragazza, stava recuperando pian piano la lucidità.
Il ragazzo si alzò d’un tratto, allungò la mano verso Connie che l’afferrò d’istinto e s’alzò anche lei.
Cominciarono a correre. La testa girava, l’equilibrio barcollava, ma esistevano solamente le loro gambe che correvano veloci e le loro mani che si stringevano, come se per la prima volta si fossero accorte d’essere complementari e avessero paura di perdersi ancora una volta.
Il campo d’erba dove correvano era fangoso, ma a loro non fregava di nulla. Loro stavano volando sopra ogni emozione, sopra ogni regola. Si gettarono a terra sfiniti e il fango s’inzuppò nei loro vestiti.
Le loro bocche si aprirono in dei sorrisi sinceri.
Erano pieni. Pieni di vita, pieni di emozioni, pieni di felicità, pieni di speranza, pieni di vitalità e pieni di nulla.
Era una pienezza vuota, la loro.
Si sedettero uno di fronte all’altro.
-Vedi il cielo, Connie, lo vedi? Il cielo è il mio sogno, arrivare dove nessuno può, vincere l’impossibile. Non voglio smettere di sognare, di chiudere gli occhi e catapultarmi altrove. Capisci, Connie? Voglio continuare ad avere delle speranze, a credere nel cielo-
Connie rimase esterrefatta, perché diceva questo?
Quella sensazione di leggerezza e spontaneità che aveva addosso riuscirono a farle dire ciò che pensava, ciò che voleva.
-Allora prenditelo il tuo sogno, Tom, vai là e prenditelo. Ce la puoi fare, io credo in te, Tom-
Erano decisamente fatti, quella era veramente roba buona, eppure un fondo di verità c’era, le loro parole, in fin dei conti non erano del tutto insensate.
Il loro occhi affogarono gli uni negli altri; insignificanti occhi scuri che si immergevano tra loro, si univano come in un unico sguardo.
Restarono ancora lì, ad osservare il cielo che quel giorno era d’un azzurro intenso, faceva quasi male agli occhi guardarlo.
Connie voltò il viso e notò la poca distanza che c’era tra i loro corpi.
Le sue guancie si tinsero d’un rosso scarlatto, ancora una volta.

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Buondì ragaa,
allora vorrei esplicitare che volevo inserire la droga, per essere abbastanza realista, perchè queste cose capitano agli adolescenti (?) però penso questa sia la prima e l'ultima volta che la metterò. Che poi, alla fine, è come parlare dell'alcool e qui molti autori lo fanno. Voi che dite? Ho sbagliato? In effetti sono abbastanza incerta su ciò che ho scritto. A dirvela tutta, cari lettori, questo capitolo mi fa abbastanza cagare, ma vabbè, pace.
Volete un spoilerr? 
Nel prossimo capitolo parlarò di Demetra e Trevis principalmente.
Spero davvero di non annoiarvi. A me piace scrivere e vi giuro che mi sta prendendo abbastanza questa storia, perciò ringrazio di cuore tutte le persone che hanno recensito il primo capitolo, davvero, non me l'aspettavo. 
Se volete contattarmi per qualsiasi cosa, qualsiasi! Passate sul mio profilo twittah: kayas15 oppure se volete vedere il mio blog vi lascio il link: Cammciaomao's world
Grazie di tutto, lo so, ho scritto uno spazio autore lunghissimo e io odio sti cosi lunghissimi. Ahah, ok, vi prometto che d'ora in poi sarò più sintetica (?)
Scrivetemi le vostre impressioni, a presto.
Cami

  
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