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Autore: Cecia chan    01/09/2007    9 recensioni
"Ma avevo capito. Avevo capito quel mostro, quell’assassino. E avevo capito che non era né un mostro né un assassino. Non provava odio, solo paura. I suoi occhi non esprimevano odio, solo tristezza."
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara , Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Blood Red Sandman

 

 

La prima volta che lo avevo incontrato mi era parso un ragazzo tutto sommato normale. Un po’ inquietante, sì, certo, con degli occhi spaventosi, sì, è vero,ma un normale ninja del villaggio della sabbia.

La seconda volta che lo avevo incontrato non lo avevo riconosciuto: il volto inespressivo si era trasformato in una smorfia di odio e desiderio di sangue, gli occhi di ghiaccio erano diventati di fuoco e la bocca si era schiusa in un terrificante ghigno.

Non può essere lui. Questo avevo pensato.

Non è la stessa persona che ha combattuto contro il Sopracciglione

Con Shikamaru ugualmente tremante al mio fianco, lo avevo visto allontanarsi dalla stanza lentamente.

Sì, tremavo. Tremavo  perché lo avevamo fermato mentre stava per uccidere Lee. Senza un apparente motivo.

Uccidere è la mia ragione di vita.

No, non era possibile.

Una cosa così crudele non poteva essere possibile.

Eppure...

Avevo provato anche io quella sensazione di solitudine, un vuoto incolmabile dentro il mio cuore.

Quando mi chiedevo perché esistessi non riuscivo a trovare alcuna risposta.

Già. Quante volte mi ero chiesto il perché della mia esistenza. Perché mi trovavo a questo mondo se tanto nessuno mi voleva? E la risposta era sempre stata un silenzio infinito.

Se sei vivo hai bisogno di uno scopo. Perché non avere scopo equivale ad essere morti.

Uno scopo.

Uno scopo per sentirsi vivi.

Non era assurdo. Non lo era affatto.

Lo capivo.

Così sono giunto ad una conclusione: “Io esisto per uccidere tutti gli esseri umani al di fuori di me” Combatto per me stesso e amo solo me stesso.

Sì, lo capivo.

Era stato lo stesso anche per me.

Per anni avevo cercato uno scopo per sentirmi vivo.

Per anni non lo avevo trovato.

Ma poi...

Poi era arrivato Iruka.

E avevo capito che non ero solo.

C’era qualcuno che riconosceva la mia esistenza. Era bastata anche solo una sola, singola persona.  Mi ero sentito vivo, con uno scopo per esistere.

Poi c’erano stati Kakashi, Sasuke e Sakura. E poi Konohamaru, Kiba, Shikamaru, Choji, Hinata, Neji, il Sopracciglione e tutti gli altri.

Ma lui...

Lui era rimasto solo.

Finché in questo mondo ci saranno uomini da uccidere la mia esistenza non scomparirà.   

Lo capivo, ma avevo paura di lui.

Chi combatte solo per se stesso, chi considera gli altri esseri umani solo un mezzo per farti sentire vivo è impossibile da sconfiggere.

Avevo tremato a questo pensiero.

Decisi che non avrei mai combattuto contro di lui.

Mai.

La terza volta che lo avevo incontrato eravamo avversari.

Per la prima volta vidi il mostro che lui portava dentro di sé.

Era terrificante.

Un essere gigantesco che chiedeva solo di poter udire le urla strazianti delle povere vittime e assaporare l’odore del sangue.

La stessa sabbia era intrisa di quell’odore.

E lui combatteva.

Combatteva non per ambizione, né per piacere, né per vendetta.

Combatteva per sentirsi vivo.

Gli occhi di ghiaccio erano finalmente liberi di esprimere tutto il loro odio.

Ma avevo capito.

Avevo capito quel mostro, quell’assassino.

E avevo capito che non era né un mostro né un assassino.

Non provava odio, solo paura.

I suoi occhi non esprimevano odio, solo tristezza.

Era triste perché era solo.

Era triste perché era odiato.

Era triste perché non aveva una madre.

Era triste perché non sapeva amare e perché nessuno aveva mai amato lui.

E vidi dentro di lui il bambino malinconico che si dondolava sull’altalena, con la sola compagnia della sabbia.

E vidi il tradimento dell’unico essere che lo aveva mai amato.

E quando, stremato, mi chiese perché mi sforzassi così tanto per gli altri gli risposi:

Se hai qualcosa da proteggere, qualcuno per cui combattere, allora nessuno potrà mai sconfiggerti. Non è combattendo solo per se stessi che si ottiene la vera forza.

Lui non mi capì.

Ma mi avrebbe capito.

Un giorno.

Un giorno avrebbe imparato anche lui ad amare.

E nessuno lo avrebbe più chiamato “mostro”.

Ne ero sicuro perché era accaduto così anche a me.

Sarebbe stato lo stesso anche per lui.

Dopotutto noi due eravamo così simili.

Tutti e due siamo venuti al mondo grazie ad un sacrificio umano. Posseduti da un demone crudele.

Tutti e due odiati e disprezzati da bambini.

Tutti e due abbiamo conosciuto la solitudine. Il vuoto intorno a noi. Il silenzio senza fine.

E allora perché?

Perché deve accadere sempre tutto a te,Gaara?

Naruto è chino sul corpo inerme del Quinto Kazekage.

Gaara non si muove.

Sul suo viso è disegnata un’espressione di calma. I penetranti occhi di ghiaccio sono chiusi.

Sembra quasi che dorma.

Sembra solamente, perché lui non può dormire.

Non può...

Non deve...

Naruto prega dentro di sé che apra gli occhi, che si svegli, che dica che era tutto uno scherzo.

Prega perché non è giusto.

Ma una parte razionale del suo cervello gli dice che ormai è finita, Gaara non riaprirà mai più gli occhi. Che il solo pregare non restituirà al suo cuore il battito, che la speranza non permetterà al respiro di ritornare ad affiorare sulle labbra bianche.

Lui era il Kazekage della Sabbia. Lo era appena diventato!

Sì. Era finalmente riuscito a far riconoscere al mondo la sua esistenza. Il villaggio della sabbia non lo avrebbe più guardato con disprezzo.

Aveva trovato uno scopo.

Era morto per quello scopo.

E loro cosa aveva fatto per lui?

Gli avete mai chiesto come si sentisse?

Ma ora a cosa serve accusare Chiyo?

Non servirà a rimediare il torto, né tantomeno a restituire la vita a Gaara.

Lui non era un mostro.

Non lo era mai stato.

Era solo un bambino solo che cercava goffamente la compagnia.

L’aveva trovata.

Era diventato Kazekage.

E quando l’Akatsuki aveva attaccato il villaggio della sabbia per cercarlo, lui lo aveva difeso.

Si era sacrificato per salvare il villaggio.

Non è giusto! Non è giusto!

Nonostante Naruto continui a gridare l’ingiustizia, ormai non c’è più nulla che Chiyo o Sakura possano fare.

Lacrime amare gli rigano le guance.

Piange.

Non riesce a fermarsi.

Non riesce a credere ai suoi occhi.

Se pensa che, solo qualche giorno prima aveva detto che non gli sarebbe stato inferiore, che presto anche lui sarebbe diventato Hokage...

Si inginocchia.

Le lacrime non smettono di scendere.

Non vuole più sentire nulla, non vuole più credere a nulla.

Vuole solo sognare una storia diversa.

Sperare in un finale diverso.

Un mondo dove poter vivere felici e in pace...senza odio.

Ma la speranza si spenge, l’illusione finisce.

E tutto torna buio.

 

 

Ciauuuuuuu!!! Questa è la mia primissima fic...sono così emozionata! Il titolo è stata una vera tortura, ma alla fine ho deciso per il nome di una canzone dei Lordi (Blood Red Sandman, appunto)  ^.^ spero che vi sia piaciuta (lo so, fa un po’ schifo, ma cercherò di rimediare con le prossime), in ogni caso recensite!!!

P.S. cercate di non essere troppo sadici nei commenti, please...sono solo un’esordiente!

Via, ho parlato anche troppo (Infatti! NdLettori), bye!

Cecia chan

 

  
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