Serie TV > Dr. House - Medical Division
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Autore: Siyah    01/09/2007    6 recensioni
Uno scherzo del destino, un dissenso, un'idea folle.
Una lunga notte per affrontare maschere e miraggi.

[What if? dell'episodio 3.04 "Linee sulla sabbia"]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua! Lunga l’attesa, né?
Scusate, mi è capitato di tutto in questo mese e io sono una tipa pignola fino alla nausea. Mescolate il tutto, aggiungete un po’ di pigrizia et voilà!
Il commento del capitolo a fine pagina and now rispondo alle indispensabili recensioni.
The bride: W il trio lescano! Scherzi a parte, grazie! Non è stato facile mettere giù l’idea in modo sensato e sono contenta che abbia riscosso successo… In più ho corretto gli errori, sai com’è odio trascrivere dalla carta al computer e anche nella revisione qualche piccolo “orrore” mi scappa comunque…
Thia: Grazie mille ^///^
Sara: Già, già… anche io ero stufa che qualcuno interrompesse sempre perciò ho dovuto forzare le situazioni per farli stare da soli, spero che l’ultimo capitolo ti piaccia^^
Jo_Ch_90: Grazie ed ecco qua il secondo…
Roshen: Sono commossa ç///ç e mi dispiace tantissimo che forse non potrai commentare questo cap! Oh! Quale sfortuna infausta ti colpì, mia esimia! E, per di più, anche GoS è fermo… Il fato ci è avverso ma spero che la sorte modifichi le sue tele prima o poi! (Non farci caso in questo periodo sono leggermente tossicaXD)
_vally_: Grazie! Spero possa piacerti anche il seguito^^

Enjoy!



Capitolo II
Iperuranio



Tonight the moon is playing tricks again
I’m feeling sea sick again
The whole world coul just dissolve
Into a glass of water


U2 – If You Wear The Velvet Dress –


I sensi leggermente obnubilati dall’alcool si risvegliarono all’istante mentre i loro proprietari rimanevano immobili.
Ogni più piccolo sfregamento, impercettibile, contro il corpo del suo capo era una fiammata che si propagava attraverso il sangue, nelle vene e giungendo al cervello eliminava gradualmente ogni traccia di razionalità.
E come si impose di stare calmo ricordi sopiti tornarono a premere sulle tempie mentre il cuore si gonfiava di un passato che pensava di aver resettato.
Vide la Cuddy che lo guardava con un’espressione immobile, curiosa e spaventata, la bocca schiusa da parole che non si decidevano ad uscire.
Senza sapere che lo stesso passato stava per invadere pure lei.
Si rivide più giovane di almeno vent’anni, imbucato ad una festa di laurea non sua appena fuori il campus della sua università.


† † †

A quei tempi il neo dottore stava per prendere la seconda specializzazione e dato che il tirocinio, per lui quasi inesistente, lo stancava parecchio, la sera si infiltrava sempre a qualche festa portandosi dietro un restio Wilson fresco fresco di oncologia.
Una festa di laurea, poi, era sempre un’ottima occasione per conquistare ragazze disinibite e bere a scrocco. Nessuno si accorse di lui e Jimmy, che smise di borbottare il suo saggio dissenso quando fu accolto dall’atmosfera alcolica che eleggiava nell’aria.
Analizzò i vari tavolini e ogni laureando, man mano li scartava: troppo ubriachi, troppo sobri, non abbastanza casinisti, troppo casinisti…
Mentre lasciava scivolare lo sguardo sulla sala Wilson lo precedette.
-Ehi! Guarda laggiù!-
Sottolineò con l’indice la direzione.
-Non male, eh?!-
Sussurrò all’orecchio di Greg.
Un sorriso malizioso incurvò le labbra del giovane medico.
-Mmm, finalmente il piccolo Jimmy comincia a configurare i gusti del suo padrone!-
Diede un ultimo sguardo al gruppetto seduto ad uno dei divanetti in fondo alla sala e si avviò.
I ragazzi lo notarono e la serata cominciò a prospettarsi divertente.
Come c’era da aspettarsi venne accolto a braccia aperte sia grazie al quantitativo di alcool che scorreva loro nelle vene sia perché la sua fama di casinista anticonformista lo precedeva.
Ma rimase particolarmente colpito dalle uniche due ragazze.
Una gli aveva lanciato una lunghia occhiata generale, l’altra rimase indifferente, come se non l’avesse visto. Continuarono a parlare tra loro mentre lui e James cominciavano i convenevoli con i ragazzi, ordinando un paio di birre, incurante di cosa stessero discutendo le ragazze.


-Oh piantala Lisa! Che ti importa di essere la seconda miglior laureanda?! Siamo uscite, ora comincia il divertimento!-
Lisa giocherellò con il suo bicchiere tracciandone il contorno col dito affusolato.
-Tu non capisci Stacy, è una questione d’orgoglio!... Sicuramente la Willis ha copiato o si è scritta le cose sul braccio.-
Stacy alzò gli occhi al cielo, esasperata, poi si portò il bicchiere alle labbra.
Con la coda dell’occhio vide il nuovo arrivato che faceva un brindisi coi ragazzi.
-Oh! Non me n’ero accorta! Ehi! Lisa!-
La chiamò dandole una leggera gomintata al fianco.
Lei si girò svogliata verso l’amica, che le fece un cenno con il viso.
Lisa seguì il suo sguardo e di colpo spalancò gli occhi, smettendo di sorseggiare il suo cocktail.
-Gregory House, il genio-bastardo-della-medicina, la leggenda vivente, è qui?!... Merda!-
Una luce sinistra brillò negli occhi di Stacy.
-Oh-oh! La grande Lisa Cuddy ha soggezione di Greg House?!-
Lei si voltò all’istante, rossa di vergogna.
-No! Ma insomma… la gente normale studia giorno e notte per diventare medico! Lui invece sembra fregarsene, cambia le donne come i calzini e si presenta agli esami come un barbone! Cos’ha più di me?!-
Sbotto adirata mentre la neo-avvocatessa la osservava attentamente. Sorrise.
-Sei gelosa! Gelosa marcia!-
Sbuffò colpita nel segno e per una volta sincera, senza omettere un –come tutti…-
Lisa riportò gli occhi chiari sul liquido ambrato nel suo bicchiere mentre quelli dell’amica rotearono, spostandosi sul dottore.
-Io invece penso che sia un bel bocconcino, sai com’è… la tesi di laurea è stata snervante ed è da un po’ di tempo che non faccio movimento…-
Lasciò sottinteso ma Lisa capì benissimo dove voleva andare a parare.
Si voltò verso di lei con gli occhi che brillavano della stessa, giovane, malizia facendo cadere lo sguardo sull’accompagnatore di House.
-Io preferisco l’amico, ha il visino da bravo ragazzo come piace a me…-
Stacy fece un cenno con la testa e finì il suo drink mentre anche l’amica dava l’ultimo sorso.
Ciò che Lisa e Stacy non sapevano era che per i due imbucati i gusti erano invertiti.
Greg puntava a Lisa e James a Stacy.


Dopo soli dieci minuti di conversazione la neo-dottoressa cominciava a sentirsi alquanto stupida e alquanto irritata.
James Wilson era intelligente, laureato da poco in oncologia, molto carino grazie anche a quell’espressione da orsacchiotto di peluche, altruista… Insomma era proprio il suo tipo!
E non la filava neppure di striscio!
Oddio era gentile ma era palese che non era interessato a lei e Lisa comniciava ad avere dei dubbi sul suo fascino.
Probabilmente le notti che aveva passato sulla tesi si stavano riflettendo sulla sua presenza…
Forse il trucco si era sciolto e ora sembrava un panda!
Pensò allarmata.
Con una scusa scappò in bagno.
La luce al neon la colpì, impreparata.
Strinse gli occhi, probabilmente era più brilla di quel che pensava.
Si diresse verso lo specchio, preoccupata, rovistando già nella borsetta alla ricerca della trusse.
Analizzò la sua immagine.
Sulla superficie riflettente schizzata d’acqua e sapone e a tratti scheggiata si riproduceva l’immagine di una giovane donna stanca, i lunghi boccoli raccolti in una coda alta per nascondere il crespo procurato dallo stress, l’eccessiva magrezza traspariva dalla pelle marmorea a cui non aveva ancora concesso neanche una lieve tintarella estiva. Il fard a dare colore alle guance, la matira nera che cerchiava gli occhi celesti e lucidi era scivolata leggermente dalle palpebre, oltre il mascara.
Fortunatamente il correttore le copriva sapientemente le occhiaie violacee che l’avevano accompagnata all’esame.
Sorrise malinconica.
-Non mi sorprenderebbe se mi guardasse schifato, ho un aspetto orribile…-
La porta del bagno si spalancò di colpo.
-Quel bastardo!-
Stacy si diresse a grandi passi verso di lei, irata, sbattè la borsetta sul bordo del lavandino, incurante che facendo così avrebbe potuto romperla.
Le occorrè qualche secondo prima di accorgersi dell’espressione inquisitrice e stupita di Lisa.
Si voltò verso di lei.
-Sai cosa succede?! Quell’House è un arrogante spocchioso bambino viziato! Sono stati i dieci minuti più umilianti della mia vita!-
Urlò tra un singhiozzo e l’altro.
Probabilmente anche lei aveva rimediato al dispiacere con l’alcool.
Lisa cercò di consolarla mentre l’altra si rinfrescava il collo con dell’acqua.
-Bè, se è per questo io non piaccio al suo amico.-
Stacy chiuse l’acqua, commentando:
-Sarà cieco… Non puoi non piacergli!-
L’espressione di Lisa si assottigliò, giocosa.
-Penso che i suoi gusti propengano di più per le more dagli occhi scuri, per gli avvocati, suppongo…-
Sottolineò guardandola con la coda dell’occhio.
Stacy si girò finalmente verso di lei, l’aria un po’ colpevole.
-Lisa… non potrei mai farti questo e lo sai!-
Sorrise, la neo-dottoressa, ma non demorse.
-Eddai! È un bravo ragazzo, un medico, sareste una bella coppia!-
L’amica rimase in silenzio, incerta sul da farsi.
-Senti, ti stò spingendo io verso di lui, quindi non preoccuparti! Hai carta bianca!-
La guardò negli occhi cercandovi il minimo segno di indecisione.
-Davvero?-
Lisa di avvicinò, rassicurante.
-Davvero! Divertiti tu… Io ho solo bisogno di una sana dormita.-
-Bè, in effetti…-
-Ehi!-
Fece lei, indignata.
-Scherzavo! Sei sempre magnifica! Piuttosto… sei sicura?-
-Sììì!... Che rompi… Muoviti ed esci da stò bagno!-
-Ok… grazie! Sei sempre la migliore!-
La abbracciò brevemente prima di sgusciare furi dalla toilette mentre Lisa le urlava dietro un:-Lo so!- di rimando.
Rimasta sola si diede una sistemata veloce e si preparò ad andarsene, senza rimpianti, ma un'ombra dietro di se la fece sussultare.
Riflesso nello specchio proprio dietro di lei vide l’ultima persona che si aspettava di trovare.
-Gregory House!-
Esclamò contro lo specchio.
-In persona!-
Fece lui, come se stesse rispondendo ad un appello.
Si voltò, l’espressione sorpresa contro quella rilassatissima di lui.
-Ma questo è il bagno delle donne!-
-Visto che tu non ti decidevi ad uscire, sono venuto a dare una controllatina…-
L’espressione di lei si fece ancora più interrogativa.
-Ho avuto paura di trovarti in lacrime!-
Sarebbe stata una frase carina se non fosse uscita dalle labbra di House.
-E per cosa, sentiamo!-
Lui fece spallucce.
-Forse perché Wilson è un’idiota?-
-Intendi James Wilson?-
Specificò, imbarazzata.
-E chi altri, se nò?-
Lei cominciò ad adirarsi, seriamente.
Il motivo principale era che House stava dando dell’immatura all’orgogliosa Lisa Cuddy, ma la realtà era che non sopportava la piacevole sensazione che trasmettevano i suoi occhi quando incontravano i suoi.
La facevano sentire in trappola.
Si odiò per questo.
Quindi, come sempre, cominciò a straparlare.
-E tu pensi che per un idiota del genere mi metterei a piangere?! Non sono una ragazzina! Chi ti credi di essere per venire qui e insinuare certe cose?! Sei…-
La frase le venne soffocata in gola da due labbra alquanto invadenti.
A conti fatti sapeva una marea di cose su Gregory House che avrebbero potuto bastare per respingerlo violentemente e magari per assestargli anche un bel pugno.
Non rispose al bacio e vide Greg allontanarsi e guardarla negli occhi.
In quel momento capì che a lui non importava molto di tutto ciò che era attorno a loro, sembrava che la stesse supplicando, cosa quasi impossibile per la persona in questione, di baciarlo.
Sembrava che nei suoi occhi non ci fosse altro che questo bruciante desiderio.
Si sporse leggermente, una punta di curiosità che le solleticava la lingua.
Le scostò i ciuffi ribelli dal viso e l’attirò verso di sé, impaziente.
Lui azzerò le distanze tra loro, soddisfando quel bisogno impellente di sapere she sapore avevano le sue labbra.
Nessuno l’aveva mai baciata così.
Un invito sossurrato e le sue mani scivolarono intraprendenti oltre la sua camicetta.
Era tardi per tornare indietro.


Qualche ora dopo il sole svegliò con insistenza una Lisa Cuddy placidamente addormentata nel suo letto che, disturbata da tutta quella luce, dovette aprire gli occhi, strizzandoli più volte intontita.
Si girò dall’altra parte, cercando di fuggire quel fastidioso prisma mattutino.
Spalancò gli occhi.
Quella parte di cuscino aveva un profumo diverso, maschile ed intenso che la fece sobbalzare tra le lenzuola aggrovigliate, ricordandole così che era persino nuda.
Nel panico più completo, guardò oltre il letto e vide la sua stanza disseminata di vestiti, troppi per essere solo suoi.
Ora era maledettamente sicura di aver fatto qualcosa di cui si sarebbe pentita e a prova di questa nuova convinzione sentì distintamente lo sciabordio della doccia provenire dal piccolo bagno.
In un attimo i ricordi la assalirono e con loro la consapevolezza che ci fosse proprio Gregory House sotto il getto d’acqua.
Si mise una mano sulla bocca per non urlare e nello stesso tempo cercò di trovare una via di fuga a quella situazione imbarazzante e vergognosa.
Per lei.
Era andata a letto con la persona che più rappresentava ciò che lei ripudiava come poco conveniente o come inaccettabile.
Si era tradita e per cosa? Per essere usata come la puttanella di turno?
Un gemito di disgusto le attraversò le labbra e decise che non gli avrebbe dato anche l’opportunità di deriderla una seconda volta. Dovesse anche signigicare abbandonare la propria camera.
Non fece neanche in tempo ad alzarsi.
Il suono rassicurante che teneva occupato il suo “amante” cessò.
Lisa capì che era troppo tardi e lei troppo nuda per uscire in corridoio; rimaneva solo un’unica cosa.
Si infilò sotto le coperte, tirandole su il più possibile e si girò di schiena.
Aspettò pazientemente, cercando di calmare i battiti del suo cuore.
La porta si spalancò con malagrazia, passi incerti su un pavimento sconosciuto.
Sentiva i suoi occhi di ghiaccio su di sé e sapeva che non si sarebbe bevuto la sua sceneggiata, un esperto conoscitore del corpo umano come lui non poteva non notare il suo respiro irregolare, non con un silenzio così surreale come quello formatosi nella stanza.
Mentalmente lo pregò di fare in fretta, di lasciarla sola, di fare finta di niente.
Lui dopo l’iniziale immobilità cominciò a rovistare per terra alla ricerca dei suoi vestiti mentre Lisa seguiva i suoi passi con il cuore in gola.
Ad un certo punto si alzò da terra e si avvicinò al letto, silenzioso si piegò sulle ginocchia e accompagnato dal fruscio dell’asciugamano che portava in vita infilò una mano sotto le lenzuola, tastando il materasso alla ricerca di qualcosa.
Scese verso il basso e in una brusca inversione sfiorò le gambe di Lisa.
Tremò mentre quell’improvvisso contatto le formicolava lungo la coscia, obbligandola a strizzare gli occhi per evitare di rivedere davanti a sé tutto quello che il suo corpo aveva assaporato quella notte.
Per un attimo che sembrò interminabile rimase fermo poi le sue dita percorsero la pelle di lei per un breve tratto, leggere.
Lisa strinse forte le lenzuola che aveva strette tra le mani, bruciando i suoi desideri uno ad uno.
Oltre la caviglia le dita scomparvero verso il fondo del letto trovando, finalmente, quello che cercavano.
S’infilò boxer, jeans, camicia, calze e scarpe ed uscì.
Ed ella non potè fare altro che sossurrare un “grazie” alla sua muta assenza, riaprendo gli occhi sul mondo reale.
Proprio come un criminale, una doccia e qualche ora dopo, la stanza tornava di nuovo ad essere il rifugio dell’orgogliosa ed ineccepibile Lisa Cuddy che eluse abilmente le domande provocatorie di un’insistente Stacy, la quale smise di interrogarla quando l’argomento transitò sull’avvocatessa e sull’oncologo.
Poi ognuno andò per la sua strada e non si incontrarono più.
Fino ad un normalissino mattino di circa dieci anni fa durante il quale Gregory House si presentò nel suo ufficio per chiederle con arroganza, ed un po’ di disperazione mal cammuffata, di assumerlo nel suo ospedale.


† † †

Quel giorno di tanti anni fa House era stato talmente bravo a mascherare quello che c’era stato tra di loro che lei non ci aveva messo tanto a tracciare statistiche, vantaggi e conseguenze dell’introdurre un tale medico nel suo ospedale.
Chissà se in realtà non lo avesse assunto per avere una seconda possibilà.
Non avrebbe avuto mai risposte a queste antiche domande che ora, intrappolata tra le sue braccia, riproponevano il quesito fondamentale: Cosa c’era tra loro?
Lei aveva sempre creduto che il destino non esistesse. Aveva sempre pensato che il carattere di un uomo fosse il suo destino, perciò ogni sistuazione si poteva controllare; tanti piccoli gesti, punti, linee, incroci formano le mappe che tracciano continuamente le nostre vite, quindi ogni passaggio, ogni bivio è sottosposto a scelta, razionale o emotiva che sia.
In quel momento il fato giocoso e crudele le stava riproponendo la stessa domanda e il suo raziocinio, ossessivo solo quanto un amico coscienzioso possa essere, continuava a trillare: non lo fare, non importa quanto disperatamente lo vorresti.
Recepì il messaggiò e se ne infischiò.
Aderì il petto al suo, appoggiò ad esso le mani coi palmi aperti e si sporse poggiando le sue labbra sulle sue, in un contatto fugace e simbolico.
Lui al contrario di lei sapeva di non aver scelta, di non averne mai avuta.
Aveva avuto solo la possibilità di fuggire, di difendersi da quanto male lei avrebbe potuto fargli dopo quella notte di tanto tempo fà, la possibilità di continuare a maledirla esteriormente e quella di bramarla interiormente
Rise, a livello inconscio.
Non avrebbe mai potuto odiare di più nessun'altra donna.
Per questo si piegò su di lei suggellando le sue labbra con le proprie in un bacio possessivo e improvviso, le mani bisognose di rifare proprio il suo corpo lasciarono il bastone che cadde a terra in in tonfo sordo.
L’attirò a se prendendola per la vita in modo da poter sentire tutto il suo splendido corpo aderire al suo.
Impreparata, la Cuddy perse l’equilibrio e inciampò sul bastone caduto malamente a terra, ritrovandosi ai piedi del muro con House ancora attaccato alla sua bocca, come se fosse quella la sua fonte d’ossigeno.
Incrociò le gambe dietro la schiena di House il quale, incurante di quanto la stesse schiacciando contro la parete, le pizzicava il collo con la barba incolta, baci e morsi.
Non seppe come così aggrovigliati l’uno all’altra riuscirono a strapparsi di dosso i vestiti con foga.
La cosa cerca fu che fecero l’amore contro il muro del suo ufficio e non avrebbe potuto essere più strano, più scomodo o più meraviglioso.


Qualche ora dopo il sole non era ancora sorto e Lisa Cuddy stava in piedi, vestita, ad osservare il respiro regolare e profondo di Gregory House addormentato sul suo pavimento.
Sicuramente fra qualche minuto si sarebbe svegliato causa la scomodità del luogo su cui si era addormentato anche se originariamente era una persona.
Lo guardò un’ultima volta imprimendo ogni particolare del suo volto nella memoria, sicura che fosse l’ultimo in una tale circostanza.
Ognuno dei due aveva troppe cicatrici per convivere pacificamente con l’altro, per vivere felicemente insieme. Era una realtà troppo lampante per non essere visibile a tutti e due.
Con questa scusa prese il cappotto e la borsa e se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.


† † †

Come da copione non ci furono conseguenze, tranne il ritorno della moquette vecchia nello studio del dottor House.
Non che Cuddy avesse cambiato idea sulla ripugnanza di quel pezzo di stoffa ma voleva limitare ogni possibile occasione di rivedere il dottore dagli occhi di ghiaccio: se la consapevolezza del’impossibilità di una relazione duratura con House era stata accettata, tale non si poteva affermare per i sentimenti, le sensazioni e i ricordi.
L’alchimia tra due persone non si può distruggere così facilmente, a Lisa serviva tempo e tutte le sue forze per tornare ad un rapporto professionale con il diagnosta e molto più tempo per ricreare quella distanza che era stata blandemente inutile quella sera.
Ma Cuddy ignorava che House avesse tragicamente aumentato la sua dose di Vicodin e che avesse stranamente cominciato a rispettare l’etica medica.
Tutti se n’erano accorti, prima fra tutti Cameron, e lui aveva evitato sapientemente Wilson perché sapeva che uno come lui gli avrebbe scoperto la causa del suo dolore solamente guardandono in faccia.
In ospedale il Vicodin lo aiutava ad essere obiettivo nelle diagnosi ma una volta arrivato a casa l’ossessione di lei gli invadeva la mente come un fiume in piena che rompe argini sapientemente predisposti e troppo deboli per reggere ancora; innondava cuore, mente e anima.
E l’unica cosa che rimaneva dopo il suo passaggio era desolazione e un fastidioso bruciore agli angoli degli occhi che lo costringeva a sbattere più volte le ciglia.


“Dannazione!Non può essere!”
Sibilò a mezzavoce, come se qualcuno potesse sentirla imprecare.
Nel semibuio della sua casa il bagno era l’unica fonte di luce artificiale, quasi quanto un riflettore su un palcoscenico melodrammatico, dato che si era costretta a spegnere tutte le luci per non scappare da quella prossima consapevolezza, che la aspettava sul coperchio del WC.
Illuminata a tratti dalla debole luce del crepuscolo morente filtrata attraverso le persiane abbassate, stringeva tra le mani la confezione vuota, deformandola senza pietà.
Le nocche bianche ed il viso pallido di nausea, provava a placare il nervosismo che le attanagliava le mani e i capelli, rendendoli fastidiosamente crespi, camminando avanti e indietro nel corridoio di casa sua.
Si passò, ancora una volta, una mano tra i capelli spingendoli senza delicatezza all’indietro, frustrata.
“Il vomito potrebbe essere anche per la nuova influenza intestinale che stà cominciando a circolare… Perché diavolo sono andata a pensare una cosa simile! Stò andando fuori di testa!”
Nell’ultimo periodo non aveva fatto altro che riflettere e pregare.
Riflettere su lei ed House, se fosse la scelta giusta chiudere tutto così, se uccidere ad uno ad uno i ricordi fosse cosa salutare, se non fosse proprio parlarne con lui la soluzione; e poi pregare di avere la forza di evitarlo ancora senza sentirsi una vigliacca come era successo all’ora.
Questa sensazione era l’unica cosa che collegava la sua esperienza agli anni addietro.
Al tempo si era sentita ferita e se ne era pentita all’inverosimile nonostante pensasse che fosse stata una “notte e via” fantastica e mai provata prima, ora non aveva alcun rimpianto, se fosse tornata indietro nel tempo avrebbe rifatto la stessa identica cosa ma non era sicura che House la pensasse ugualmente.
Sorrise malinconica.
Probabilmente lui la stava maledicento in tutte le lingue conosciute e questa consapevolezza le fece stirare le labbra in un ghigno sinistro.
Era risaputo che Lisa Cuddy fosse anche un po’ vendicativa.
Tre minuti.
Aveva fatto talmente tante volte quei test che ora sapeva a memoria lo scadere dei 180 secondi.
Le altre volte li aveva contati con estrema impazienza, con quella voglia e quella paura di sapere tipica di chi non è sicuro di aver passato un’esame.
Crudelmente, Madre Natura l’aveva sempre bocciata.
Ora, avrebbe potuto scoprirlo un’altra volta, ora, le cose erano diverse.
Era sicura di volerlo?
Se il test fosse risultato positivo tutto sarebbe cambiato, tutto sarebbe diventato complicato, talmente complicato che gli veniva il mal di testa solo a pensarci.
Se fosse stato negativo come ci sarebbe rimasta? Male, per aver fallito un’altra volta, perché in fondo un figlio da House era stata una sua piccola fantasia o bene, perché tutto avrebbe potuto tornare ad essere come prima?
Sbuffò frustrata.
Era una contraddizione vivente.
Non avrebbe saputo niente finchè non avesse guardato lei stessa il risultato.
Sarebbe bastato anche solo oltrepassare la soglia del bagno per vedere il risultato del test, lei aveva una vista eccezionale.
Si appoggiò al muro, tremando.
Aveva così tanta paura da non riuscire a respirare.
Si sentiva una sciocca, avrebbe dovuto sapere che i miracoli non esistono e che il risultato sarebbe stato sempre negativo per lei.
Una gocciolina le scese lungo una tempia, la confezione vuota appiccicata nella sua mano, si sentiva soffocare.
Allungò un piede oltre la soglia e per un lungo attimo combattè con la sua più grande paura.
Poi, finalmente, fece un profondo respiro e spostò il peso corporeo in avanti, lasciando che anche l’altro piede raggiungesse il primo oltre la soglia.
I suoi occhi raggiunsero il responso, leggendolo.
Cadde in ginocchio e pianse come non credeva di poter più fare.




Note dell’autrice: mettete giù quei fucili! Lo so che pensate ma non me la sono sentita di fare un finale chiuso, se sia un pianto di gioia o no a voi la scelta. Questo è ciò che passa per il convento, belli!
Per il resto mi sono incentrata su un ricordo, inventato di sana pianta, perché volevo mettere delle motivazioni serie alla notte presente. (serie?! Ndtutti)(^^’ ndMe)
So che House e Stacy si sono incontrati in altra sede ma fate finta che House quella notte non le abbia nemmeno chiesto il nome (sapete come fa il dottorino quando non è interessato, no?) e poi il suo obbiettivo era Lisa.
Come avrete capito non ho un animo molto romantico e sono dell’idea che, senza un figlio di mezzo, House e Cuddy non sono proprio tipi da vivere per sempre felici e contenti… Oddio sarebbe stupendo se fossi smentita, sarei la prima a fare i salti di gioia, credetemi!
Comunque la faccenda rimane complicata e difatti tutti e due i protagonisti sono alquanto confusi XD
Spero che conprendiate perché ho in serbo un’altra long-fic che in confroto a questa è criptologia, ma per quella dovrete aspettare mooooooooolto tempo…
P.S.=Il titolo è ispirato ad una dottrina platonica, io l’ho inteso in temini letterali, “ciò che stà oltre il cielo”, nel senso si qualcosa di non figurato, un’essenza non tangibile, riferendomi al loro rapporto. Insomma, è complicato^///^
In ogni caso spero vogliate lasciarmi un commentino^^
  
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